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Generale Vannacci un coglione? Allegoria lecita (Tr Ravenna, 611/24)

16 ottobre 2024, Tribuinale di Ravenna

L'allegoria è quella figura retorica "per la quale si affida a una scrittura (o in genere a un contesto, orale o figurativo) un senso riposto e allusivo, diverso da quello che è il contenuto logico/letterale delle parole: diversamente dalla metafora, la quale consiste in una parola, o tutt'al più in una frase, trasferita dal concetto a cui solitamente e propriamente si applica ad altro che abbia qualche somiglianza col primo, l'allegoria è il racconto di una azione che dev'essere interpretata diversamente dal suo significato apparente.

Vale evidenziare che la metafora opera per similitudine, l'allegoria per connessione connotativa, che a volte si esprime anche "a contrario".

Sotto il profilo giuridico, in ordine alla pertinenza espressiva, è noto il principio secondo cui il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta (e cioè strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione all'altrui reputazione) e non può ritenersi superato per il solo fatto dell'utilizzo di termini che, pur avendo accezioni indubitabilmente offensive, hanno però anche significati di mero giudizio critico negativo, di cui deve tenersi conto anche alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato: le espressioni utilizzate non possono, quindi, essere riguardate nell'astratto tenore testuale e semantico, ma debbono essere valutate nella loro concreta articolazione e nella complessiva portata significativa, nel contesto loro proprio, non esorbitando dai limiti della critica consentita quando le stesse siano funzionali alla formulazione di censure pertinenti con il tema devoluto.


TRIBUNALE DI RAVENNA

SENTENZA

n. 611/24

dd. 16 ottobre 2024

Giudice per le Indagini Preliminari            Dott. **                                          ha pronunciato la seguente

SENTENZA
Nei confronti di

BERSANI Pier Luigi
nato a ** (PC) il **/1951

residente **

elett. domiciliato c/o avv. DL (Difensore di fiducia : avv. DL)

IMPUTATO

del reato p. e p. dall'art. 595 comma 3 c.p. perché, nel corso di una lunga intervista rilasciata alla giornalista Francesca Schianchi dal palco della sala dibattiti "Salvador Allende" del "Pala De André" di Ravenna, in occasione della locale Festa de L'Unità, alla presenza di un pubblico di circa 350/400 persone, oltre a giornalisti di testate locali e cineoperatori ingaggiati dal Partito Democratico per le videoriprese dell'evento, trasmesso contestualmente anche in diretta streaming sul canale YouTube del predetto partito, utilizzava espressioni lesive della reputazione di VANNACCI Roberto.

Nello specifico, riferendosi esplicitamente al contenuto del libro "Il mondo al contrario", pubblicato dal VANNACCI Roberto, generale dell'Esercito Italiano, l'indagato, tra le altre cose, affermava: "quando leggi quelle robe lì (...) pensi, vabbè, allora, dai, sciogliamo l'esercito, sciogliamo le istituzione e facciamo un grandissimo bar (. ..) dove puoi dare dell'invertito a un omosessuale, dove puoi dare della fattucchiera ad una femminista, dove puoi dare del negro ad un nero, dove puoi dire ad un ebreo, si ho capito la Shoà, però adesso non esagerare (. ..) quindi dopo questa cosa mi resta una domanda, una domanda sincera che vorrei fare: scusa, ma se in quel bar lì è possibile dare dell'anormale ad un omosessuale, è possibile anche dare del coglione ad un generale?(...)".

Con l'aggravante di aver recato l'offesa anche con mezzo di pubblicità, in quanto l'intervista era trasmessa in diretta streaming sul canale YouTube del Partito Democratico.

In Ravenna, il 1° settembre 2023.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il 27 febbraio 2024 il P.M. ha chiesto l'emissione di un decreto penale di condanna nei confronti di Bersani Pier Luigi per il reato di diffamazione aggravata, in epigrafe specificato.

In tesi d'accusa l'imputato, nel corso di una lunga intervista rilasciata alla giornalista Schianchi Francesca dal palco della sala dibattiti della Festa Nazionale dell'Unità 2023, trasmessa contestualmente anche in diretta streaming sul canale YouTube del Partito Democratico e comunque alla presenza di centinaia di persone, avrebbe utilizzato espressioni lesive della reputazione di Vannacci Roberto, ufficiale generale dell'Esercito Italiano, affermando, con riferimento ai contenuti del libro scritto dallo stesso Vannacci, "Il mondo al contrario": "quando leggi quelle robe lì (...) pensi, vabbè, allora, dai, sciogliamo l'esercito, sciogliamo le istituzioni e facciamo un grandissimo bar (. ..) dove puoi dare dell'invertito a un omosessuale, dove puoi dare della fattucchiera ad una femminista, dove puoi dare del negro a un nero, dove puoi dire ad un ebreo, si ho capito la Shoà, però adesso non esagerare (. ..) Quindi dopo questa cosa mi resta una domanda, una domanda sincera che vorrei fare: scusa, ma se in quel bar lì è possibile dare dell'anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione ad un generale? (. ..)".

Ritiene il Giudice che la richiesta del P.M. non possa essere accolta, per insussistenza giuridica (e prima ancora "linguistica") del fatto.

Una breve premessa è opportuna, trattandosi di vicende che non coinvolgono persone qualificabili come semplici "privati cittadini", ma soggetti "pubblici" o, comunque, a esposizione pubblica qualificata. Per quanto risulta dalla storia e dalla cronaca italiana recente, tecnicamente fatto notorio, in quanto di comune conoscenza e reperibile consultando un'ampia gamma di "fonti aperte" (utilizzabili, nel caso in esame, in quanto attinenti  a  fatti  "non  oggetto  di  contestazione  e,  comunque,  non  riguardanti l'imputazione"1), Bersani Pier Luigi, laureato in filosofia, ha rivestito numerose cariche istituzionali e di partito, essendo stato eletto due volte Presidente della Regione Emilia­ Romagna, più volte deputato, eurodeputato, in tre occasioni Ministro della Repubblica (dell'Industria, dei Trasporti e dello Sviluppo Economico), Presidente del Consiglio dei Ministri incaricato, cofondatore e poi Segretario Nazionale del Partito Democratico; il Generale di Divisione Vannacci Roberto, che, sotto il profilo dei titoli accademici vanta tre lauree di livello magistrale e due master universitari di II livello, ha percorso l'intera ca1Tiera militare, prestando servizio in Italia, dove ha comandato reparti prestigiosi, e in molti teatri di conflitto esteri delicati (fra cui Libia, Afghanistan, Iraq), anche con funzioni di comando, per poi approdare, a seguito della pubblicazione del suo libro, "Il mondo al contrario", a incarichi politici, essendo stato eletto europarlamentare nell'anno in corso (quindi solo successivamente alla querela).

I sommari ritratti dell'imputato e della persona offesa rendono evidente che i protagonisti della vicenda oggetto di vaglio giudiziale sono personaggi pubblici molto noti, come tali particolarmente esposti alle critiche, anche aspre, di terzi e, quanto ai protagonisti della vicenda in esame, anche a contrapposizioni dure e intransigenti, e che, quindi, la vicenda è lato certamente supportata da un interesse pubblico particolarmente palpabile, che consente anche l'ingresso a una accezione più ampia del concetto giuridico di fatto notorio.

La querela del Generale Vannacci.

Il 20 novembre 2023 Vannacci Roberto, per il tramite del proprio difensore, ha depositato alla Procura della Repubblica di Ravenna, via PEC, l'atto di denuncia querela, datato 17 novembre 2023, con il quale ha chiesto la punizione di "Pier Luigi Bersani (omissis) per il delitto di cui all'art. 595 c.p., nonché per tutti quei reati che la S.V. Ill.ma riterrà di ravvisare nei fatti sopra esposti".

Il querelante, dopo avere premesso di essere Generale di Divisione dell'Esercito Italiano e rappresentato cenni della sua lunga e positiva ca1Tiera militare, compresi significativi incarichi di comando, ha lamentato di essere stato diffamato da Bersani, nel corso di una intervista rilasciata dal querelato il 1° settembre 2023, organizzata nell'ambito della Festa Nazionale dell'Unità, a Ravenna.

 Nella ordinarietà dei casi, procedimenti quale quello in esame, concernendo accadimenti semplici, a volte ai limiti del banale, non richiedono una analisi letterale particolarmente approfondita, né un esame analitico delle doglianze del querelante. Nella fattispecie esaminata, al contrario, è proprio il confronto fra i contenuti della querela e il tenore delle dichiarazioni assunte come diffamatorie a indicare la strada per una corretta valutazione del thema decidendum.

Il Generale ha esposto le proprie doglianze in questi termini:

"Recentemente, nel mese di agosto 2023, lo scrivente decideva di pubblicare un libro autoprodotto denominato «[I]1 mondo al contrario», dedicato all'esposizione di riflessioni ed opinioni personali riguardo i principali temi sociali e di attualità della società contemporanea.

Il libro suscitava, sin dalla pubblicazione, un clamore mediatico a dir poco smisurato, in particolare causato dal fraintendimento (se non addirittura travisamento) di alcuni passaggi riportati all'interno dello stesso (secondo chi scrive, in molti casi, da parte di persone che non lo avevano neppure letto). Così - data la centralità mediatica a livello nazionale del libro - lo scrivente diveniva oggetto di numerosi commenti da parte di politici ed opinionisti all'interno di articoli di giornale, talk show e dibattiti politici.

Tra i tanti interventi, riguardanti la persona dello scrivente ed il suo libro, non mancavano commenti da parte di coloro che - superando il legittimo esercizio del diritto di critica - sfociavano in offese personali e gratuite, volte a ledere la reputazione e l'onore dell'odierno querelante.

Difatti, fra i numerosi attacchi subiti, lo scrivente intende fare specifico riferimento a quello avvenuto nell'intervento effettuato dall'ex Ministro, nonché ex Segretario del Partito Democratico, l'On. Pier Luigi Bersani, durante il dibattito organizzato dal Partito Democratico in occasione della Festa dell'Unità di Ravenna (RA), tenutasi in data 01.09.2023. In particolare, l'intervento, come dimostrato dal video pubblicato da numerose testate giornalistiche, nonché sul canale Youtube ufficiale del Partito Democratico che riproduceva l'intervento in diretta streaming (link: https:/lwww.youtube.comt/watch?v=Sdz5qBZN6I8) - veniva rivolto ad una vastissima platea di persone presenti nella sala dibattiti "Salvador Allende ", con la moderazione della Sig.ra Francesca Schianchi che si occupava di intervistare l'Onorevole Bersani dinanzi al pubblico (All. n. 1).

 Orbene, utilizzando come riferimento il video pubblicato sul canale Youtube ufficiale del Partito Democratico, l'Onorevole Bersani -      precisamente dal minuto "40:18" - diffamava lo scrivente, in primo luogo definendolo «coglione» e, in secondo luogo, nel passaggio del!'intervento in cui alludeva al fatto che l'odierno querelante possa minimizzare la tragedia della Shoà nel corso della metafora riferita ai contenuti e al linguaggio utilizzato da chi scrive in alcuni passaggi del suo libro (si allega esclusivamente la parte, data la durata di un'ora del video integrale, riportante l'intervento in cui l'Onorevole Bersani diffamava lo scrivente: All. n. 2).

L'intervento dell'Onorevole Bersani nel corso del dibattito - come dimostrato dal video presente su Youtube - era un intervento piuttosto lungo,· infatti, ciò che interessa sottolineare allo scrivente sono i tre minuti circa di intervento in cui Bersani si riferiva al querelante ed al suo libro.

Invero, l'Onorevole Bersani cominciava a riferirsi direttamente all'esponente, partendo una critica generica al mondo politico della "destra", sostenendo che la "destra" (in cui implicitamente rientrerebbe anche il querelante, visto che Bersani menzionava testualmente il cognome di chi scrive) stesse sdoganando progressivamente «della robaccia che c'è nel fondo del nostro Paese». In seguito, dopo aver mosso tale critica generale, Bersani si soffermava sulla figura dello scrivente e sui contenuti del libro utilizzando la metafora del c.d. "bar Italia" per schernire il linguaggio espressivo e contenutistico utilizzato dall'odierno querelante nel proprio libro.

In particolare, Bersani utilizzava la metafora Cd. "bar Italia" per indicare un luogo - a suo intendere di bassezza culturale - in cui il linguaggio e i contenuti presenti nel libro dello scrivente troverebbero spazio, andando così a deridere la figura del querelante.

Difatti, l'Onorevole Bersani, nel corso della propria metafora utilizzata per schernire e attaccare chi scrive, proponeva di sciogliere le istituzioni e l'esercito (in modo ironico per non dire provocatorio) per entrare a far parte del grande "bar Italia".

 Il riferimento allo scrivente è chiarito in un primo momento quando, prima di esporre la metafora, menzionava espressamente il suo cognome, nonché nel testuale passaggio in cui l'On. Bersani diceva: «quando leggi quelle robe lì (in r(ferimento al libro dell'esponente) (. .), io ho letto solo i sommari di questo libro (..), pensi, vabbè, allora, dai, sciogliamo l'esercito, sciogliamo le istituzioni e facciamo un grandissimo bar (..) il bar Italia, il bar del mondo per il diritto e non per il rovescio (sic! il libro dello scrivente si chiama "[I]1 mondo al contrario''), dove puoi dare dell'invertito ad un omosessuale, dove puoi dare della fattucchiera ad una femminista, dove puoi dare del nego ad un nero, dove puoi dire ad un ebreo, sì ho capito la Shoà, però... adesso, non esagerare. Quel bar lì non sarebbe mai vuoto in Italia(..)».

Pochi istanti dopo, l'On. Bersani si lasciava andare ad una vera e propria offesa gratuita e personale nei confronti dell'odierno querelante, dicendo: «e qui bisogna andare diritti, quindi dopo questa cosa mi resta una domanda, una domanda sincera che vorrei fare: scusa, ma se in quel bar lì è possibile dare dell'anormale ad un omosessuale, è possibile anche dare del COGLIONE ad un generale? Vorrei chiederlo. Perché se parlano da bar, dobbiamo parlare da bar anche noi un po' eh».

L'intervento del!'On. Bersani veniva altresì riportato sul canale Youtube di "La7 Attualità" con titolo «"Vannacci è un coglione? ": la risposta a sorpresa di Bersani» (All. n. 3).

Ebbene. a parere dello scrivente, il contenuto qui sopra riportato integra il delitto p. e p. ex art. 595 c.p. Invero, sussistono tutti gli elementi strutturali della fattispecie di diffamazione: la lesione della reputazione e dell'onore del querelante (rectius: nella parte in cui si alludeva che lo scrivente potesse minimizzare la tragedia della Shoà, nonché nel definire chi scrive un «coglione») arrecata mediante una comunicazione a più persone e in assenza del soggetto passivo del reato.  Orbene, per quanto attiene alla condotta, ai fini del!'applicazione dell'art. 595 c.p., è necessario che essa sia posta in essere in assenza del soggetto passivo del reato e comunicando con più persone. Nel caso di specie l'On. Bersani proferiva i contenuti diffamatori nell'ambito del suo intervento nel corso del comizio politico organizzato dal Partito Democratico per la Festa dell'Unità di Ravenna (RA) dinanzi ad una platea vastissima di persone, il cui numero è talmente elevato da non poter essere determinato.

L'indeterminatezza del numero di persone è certamente un elemento che rende ancor più grave il delitto consumato, in quanto la capacità diffusiva del contenuto lesivo è decisamente più intensa. Oltre a ciò, il fatto che la diffamazione venisse posta in essere da una figura a livello nazionale di così alta caratura (ex Segretario del Partito Democratico, ex Ministro dello Sviluppo Economico, ex Ministro dei trasporti e della navigazione, ex Ministro dell'industria, del commercio e del!'artigianato, ex Presidente della Regione Emilia-Romagna, nonché Deputato della Repubblica Italiana per numerose legislature), quale l'On. Pier Luigi Bersani, deve considerare la lesione subita alla reputazione di chi scrive di una gravità maggiore.

Per quanto riguarda il contenuto diffamatorio di quanto espresso dall 'On. Bersani nel suo intervento, vi sono due momenti in cui venivano lesi l'onore e la reputazione del querelante:

in primo luogo, nella parte del discorso di Bersani in cui quest'ultimo - nell'utilizzare la metafora del "bar Italia" - mediante allusione induceva la platea a ritenere che lo scrivente potesse minimizzare una gravissima tragedia nella storia dell'umanità, rappresentata dalla Shoà. In particolare, l'elemento diffamatorio consta proprio nell'alludere ad una presa di posizione minimizzatrice della persecuzione degli ebrei durante il regime nazifascista che !'esponente non soltanto ripugna con assolutezza, ma che neppure all'interno del libro veniva mai menzionata. Ad abudantiam, proprio perché lo stesso Bersani affermava di aver letto soltanto i sommari del libro dello scrivente,

!'elemento diffamatorio è riscontrabile altresì nell'attribuire una presa di posizione. gravissima, ragionando per mero "sentito dire", senza conoscere effettivamente il pensiero del querelante.

In secondo luogo, !'On. Bersani offendeva la reputazione dello scrivente laddove definiva lo scrivente un «coglione» nell'esporre una domanda di natura provocatoria al pubblico presente durante il comizio.

Ebbene, nel caso de quo non può dirsi applicabile tantomeno la scriminante del delitto di diffamazione consistente nel del legittimo esercizio del diritto di critica ex art. 51 c.p.. Difatti, perché il delitto di diffamazione sia scriminato è necessario che vengano rispettati tre requisiti: la veridicità del fatto, la pertinenza rispetto al contesto circostante e la continenza delle modalità espressive. L'On. Bersani nella parte del suo intervento in cui attaccava l'esponente non adottava un linguaggio espressivo che rientrasse nei limiti della continenza richiesta, scadendo in una volgare offesa gratuita e personale al!'onore del querelante, definendolo un «coglione». (omissis)".

Nella sostanza, Vannacci lamenta due tratti diffamatori nel discorso di Bersani: l'averlo indicato come persona che ha minimizzato la Shoà, in quanto attributivo di un fatto falso; l'averlo definito "un coglione", in quanto espressione denigratoria.

In tema di diffamazione, è compito del Giudice, su un piano eminentemente giuridico, procedere, in primo luogo, a constatare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, subito dopo, a valutare la portata offensiva delle paroleritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, dichiarare l'insussistenza giuridica del fatto.

L'indagine.

In esito all'istruzione del procedimento, i fatti sono stati compiutamente ricostruiti nei termini che seguono.

La vicenda si è dipanata, come anticipato, in occasione della Festa Nazionale dell'Unità, tenutasi a Ravenna dal 30 agosto all'l 1 settembre 2023, avente come tema "Il nostro tempo". Il 1° settembre 2023, alle ore 21,00, presso la sala "Salvador Allende" del Pala De André di Ravenna, era in programma un dibattito, avente quali ospiti Bersani Pier Luigi e Calenda Carlo (deputato), che si è poi trasformato, in assenza di quest'ultimo, in un'intervista "a tutto campo" a Bersani.

L'indagine condotta dalla Digos della Questura di Ravenna ha consentito chiarire gli esatti termini della vicenda, principalmente mediante l'acquisizione della registrazione audio-video dell'intera intervista (e non solo dei tre minuti rilevanti secondo l'opinione di Vannacci), che ha dato conto, senza necessità di ulteriori apporti probatori, non solo della parte del discorso dell'imputato che il P.M. ha espressamente ripreso nel capo d'incolpazione, ma anche dei circa quaranta minuti precedenti e dei circa venti minuti successivi dell'intervista.

Non essendo necessaria alcuna integrazione ed essendo compiutamente valutabile il fatto nella sua interezza2, sotto il profilo processuale il Giudice per le indagini preliminari è tenuto a valutare, semplicemente, se il fatto sussista, se l'imputato lo abbia commesso e se ricorra l'elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie incriminatrice, con conseguente emissione del decreto penale di condanna richiesto, ovvero se taluno di detti elementi difetti comprovatamente, nel qual caso l'esito non può che essere il proscioglimento dell'inquisito ai sensi dell'art. 129 c.p.p..

Nel corso della lunga intervista, della durata di più di un'ora, Bersani Pier Luigi ha ripercorso, insieme alla giornalista Francesca Schianchi, varie tematiche coinvolgenti lo scenario economico, sociale, politico nazionale e internazionale, formulando, nell'ultima parte del suo intervento, aspre e diffuse critiche a un assetto culturale abbracciato o, quantomeno, "cavalcato", secondo le sue opinioni, dai partiti della destra italiana e dedicando, in quel contesto, poco più di un minuto, e alcuni specifici riferimenti, al libro scritto dal Generale Roberto Vannacci.

In particolare, l'articolato discorso politico del Bersani, ha preso le mosse da una serie di considerazioni di natura squisitamente politica sul centrodestra, di cui il querelante ha trascritto solo alcuni stralci evocativi, poi ripercorsi dal P.M. in imputazione, e che, invece, pare indispensabile trascrivere integralmente, onde valutare il contesto in cui erano calate le frasi pronunciate dall'imputato e oggetto dell'incriminazione.

Al minuto 38.13 della videoregistrazione Bersani dichiarava: "Questa destra qui, cosa sta facendo, cosa ha fatto fin qui alla fine? Sta via via sdoganando della robaccia che c'è nel fondo del nostro paese ... e cos'è questa robaccia? Per esempio, l'istinto corporativo e la spinta a dare un lento tramonto ai criteri di solidarietà, per esempio un individualismo contro beni collettivi svalorizzati, svalorizzare il lavoro che si deve mettere a disposizione, fare il corporativismo del fisco, si paga per categorie e chi non paga, beh, non bisogna trattarlo troppo male, venir via dai diritti civili, ma, soprattutto, venir via dal rispetto delle minoranze, dal valore delle minoranze. Ora queste robe qui non è che se le sono inventate loro, ci sono nel paese, loro le stanno sdoganando, vien su, sentite l'aria che tira (?), vien su della roba poco buona, allora io credo che una risposta civica da qualche lato possa sbucare, perché ho capito Vannacci, no, che aiuta anche lui, no?". Giunti così al minuto 40.06, Bersani proseguiva: "quando leggi, io ho letto solo i sommari di questo libro, quelle robe lì (...) pensi, vabbè, allora, dai, sciogliamo l'esercito, sciogliamo le istituzione e facciamo un grandissimo bar, il Bar Italia, il bar del mondo per il diritto e non per il rovescio, dove puoi dare del!'invertito a un omosessuale, dove puoi dare della fattucchiera ad una femminista, dove puoi dare del negro ad un nero, dove puoi dire ad un ebreo, si ho capito la Shoà, però adesso non esagerare, quel bar lì non sarebbe mai vuoto in Italia, basta andar nei bar, e qui bisogna andare diritti e quindi dopo questa cosa mi resta una domanda, una domanda sincera che vorrei fare: scusa, ma se in quel bar lì è possibile dare del!'anormale ad un omosessuale, è possibile anche dare del coglione ad un generale? Perché se parlano da bar, dobbiamo parlare un po' da bar anche noi, eh?!!!". Dopo una risata della platea interveniva la moderatrice dell'incontro, Francesca Schianchi, al minuto 41.40: "Ecco, chi ha difeso Vannacci, dice: è la sua libertà di espressione, voi che siete la sinistra delle libertà e dei diritti, come perché un Generale non ha libertà di espressione?" a cui l'imputato rispondeva: "Per l'amor di Dio (. ..) non venirmi a raccontare, a contrabbandare per critica al politicamente corretto quel che è un arretramento della civiltà, delle conquiste per cui della gente si è fatta un mazzo così, più di te nell'esercito, va bene? Perché se c'è da fare il politicamente scorretto son capace anch'io, ma quelle non sono parole, eh?!!!" (fino al minuto 42.33).

Una prima annotazione appare necessaria comparando le parole di Bersani alla querela di Vannacci: fra tutte, il generale ha contestato come inveritiere solo le parole riferite dal politico in merito alla tragedia della Shoà, non quelle di chiaro stampo razzista, quelle discriminatorie delle idee femministe o quelle denigratorie sull'orientamento delle persone non eterosessuali, lasciando bene intendere che, a eccezione del genocidio degli ebrei negli anni della Seconda guerra mondiale, le altre asserzioni sono state effettivamente dette o condivise dalla persona offesa.

La presente disamina, in sostanza, deve essere processualmente confinata nei limiti dei due pilastri accusatori oggetto di doglianza del querelante ed espressamente richiamati dal P.M. in imputazione: se Bersani abbia mai effettivamente attribuito a Vam1acci lo svilimento della tragedia della Shoà (e, eventualmente, qualora lo avesse fatto, se il querelante abbia mai profferito frasi in tal senso) e se Bersani abbia mai appellato come "coglione" Vannacci, così utilizzando "espressioni lesive della reputazione di Vannacci Roberto".

L'analisi del discorso di Bersani Pier Luigi.

La visione, e soprattutto l'ascolto, dell'intero intervento di Bersani, con i suoi tempi, le sue pause e i suoi intercalari, consente una comprensione completa del thema decidendum.

Il significato delle parole di Bersani appare chiaro: a suo avviso la destra italiana starebbe rendendo accettabili tendenze culturali presenti nella società ("Ora queste robe qui non è che se le sono inventate loro, ci sono nel paese, loro le stanno sdoganando") e ritenute, dal relatore, censurabili sotto il profilo politico e civile; i libri quale quello del Gen. Vannacci, secondo l'imputato, contribuirebbero ad alimentare ("ho capito Vannacci, no, che aiuta anche lui, no?") questo processo di collettiva accettazione di principi da combattere politicamente (auspicava infatti una "risposta civica"). I riferimenti al libro di  Vannacci devono essere collocati in questo contesto e sono rappresentati quali espressioni esemplificative di una visione culturale, che diviene espressione linguistica, della destra italiana, nei confronti della quale il politico di sinistra è esplicitamente critico. Il tema dell'intervento non è stato, quindi, Vannacci, "utilizzato" come mero esempio in un discorso politico più ampio, nel quale il generale è stato considerato uno dei tasselli di una cultura giudicata inaccettabile.

Nel discorso politico di Bersani, che lo si condivida o meno, c'è il dipinto a tinte fosche di una realtà che l'intervistato ritiene esistente nella società italiana, immaginificamente definita "Il bar Italia", nel quale si potrebbe dare della "fattucchiera" a una femminista, del "negro" a un nero, dell"'invertito" a un omosessuale, dell'esagerato a chi evocasse l'immenso portato criminale e disumano della tragedia della Shoà contro le donne e gli uomini di fede ebraica o i loro discendenti. In questo contesto, le parole di Bersani non indicano specifici contenuti del libro di Vannacci (che l'imputato dichiara di avere letto solo per "sommari", quindi, verosimilmente, per resoconti o stralci), ma il chiaro riferimento è molto più generico e il "quelle robe lì" è chiaramente un'accusa a Vannacci non di avere detto esattamente quello che poi segue nel discorso, quanto di alimentare un assetto culturale ritenuto culturalmente deteriore e degradato, nel quale possono essere espresse anche opinioni discriminatorie, quale quelle esemplificate, senza alcuna remora morale e sociale, dietro lo scudo, come poi verrà specificato, della critica al politicamente corretto3.

Al termine di questa disamina sociale e culturale, Bersani fa verosimilmente riferimento a una frase del libro di Vannacci (che, peraltro, non è stata stigmatizzata nella querela), relativa alla "anormalità" degli omosessuali (invero riportata lo scorso anno da pressoché tutte le testate giornalistiche), per chiosare con una domanda retorica, quella incriminata e presuntamente diffamatoria, che tuttavia suona non come un epiteto ingiurioso, ma come una censura e un richiamo: "scusa, ma se in quel bar lì è possibile dare del!'anormale a un omosessuale, è possibile anche dare del coglione ad un generale?". Esan1inando la querela del Vannacci si deve evidenziare come la stessa persona offesa ricostruisca la vicenda in termini analoghi, sebbene in un'ottica invertita nel rapporto fra "centro" e "periferia" del discorso 4. Invero, nell'ultima parte delle sue asserz10m Vannacci devia dalle strette espressioni di Bersani, che tratteggia il bar Italia non come l'ambiente disegnato da Vannacci, ma come quello già esistente e, a suo avviso, sdoganato dalla destra italiana, a sua volta associata anche agli scritti del generale.

Ciò che è chiaro allo stesso querelante, per sua stessa ammissione, è che l'imputato ha utilizzato una figura retorica, pur avendola erroneamente indicata, in querela, come metafora, laddove, invece, si tratta di una allegoria5.

Ora, anche a voler prescindere dal fatto che l"'intuizione" o la convinzione che i bar della penisola siano popolati da "legioni di imbecilli" circola da lungo tempo in illustri scritti sociologici (e non politici)6, proprio l'uso della figura retorica, e la sua comprensione, appare indispensabile per comprendere anche il contenuto delle frasi.

La metafora è un "processo linguistico espressivo, e figura della retorica tradizionale, basato su una similitudine sottintesa, ossia su un rapporto analogico, per cui un vocabolo o una locuzione sono usati per esprimere un concetto diverso da quello che normalmente esprimono" 7 . Pare pertanto evidente che le parole di Bersani non possano essere qualificate come metaforiche, ma che il querelante abbia confuso la figura retorica della metafora con quella dell'allegoria8, ovvero quella figura retorica "per la quale si affida a una scrittura (o in genere a un contesto, orale o figurativo) un senso riposto e allusivo, diverso da quello che è il contenuto logico/letterale delle parole (I 'allegoria dell '«Amorosa visione» del Boccaccio; le allegorie della Divina Commedia; le allegorie rappresentate dalle parabole nel Vangelo). Diversamente dalla metafora, la quale consiste in una parola, o tutt'al più in una frase, trasferita dal concetto a cui solitamente e propriamente si applica ad altro che abbia qualche somiglianza col primo, l'allegoria è il racconto di una azione che dev'essere interpretata diversamente dal suo significato apparente". Ampiamente diffusa in campo letterario, nell'allegoria la denotazione del mezzo significante serve a esprimere la connotazione dello stesso, mediante una decodificazione che porti alla rivelazione del valore significato (dal greco αλληγορία, che significa "parlare diversamente"). Normalmente l'allegoria svolge una funzione attiva, creativa, realizzata da chi consapevolmente elabora una immagine simbolica o allegorica, e diretta a chi, comprendendola, effettua una operazione interpretativa in chiave allegorica del testo letterario o figurativo ("anche con lo scopo di velare a menti profane significati particolari").

Per quanto di interesse nel presente procedimento, vale evidenziare che la metafora opera per similitudine, l'allegoria per connessione connotativa, che a volte si esprime anche "a contrario".

Esaminando tutta la porzione di intervista, da cui poi è stata estrapolata la frase riportata in imputazione, la natura allegorica, e non semplicemente metaforica, del discorso dell'imputato emerge chiaramente, atteso che Bersani descrive un luogo inesistente, in cui sarebbero leciti e addirittura perfettamente accettabili comportamenti e linguaggi che sono in netto contrasto con la sensibilità civile (quantomeno di Bersani, ma verosimilmente non solo di Bersani). Il suo pensiero è chiaro e chiaramente stigmatizzante, laddove bolla non solo le affermazioni della destra politica, o di una parte di essa, ma anche la propria domanda retorica sulla possibilità di ingiuriare un alto ufficiale dell'Esercito, come frutto non del ''politicamente corretto", ma di un "arretramento della civiltà, delle conquiste per cui della gente si è fatta un mazzo così, più di te nell'esercito, va bene?", un mondo con cui, palesemente l'imputato non vuole avere nulla a che fare e di cui, altrettanto evidentemente, non condivide i valori "perché se c'è da fare il politicamente scorretto son capace anch'io, ma quelle non sono parole". Dunque, nell'allegoria del "Bar Italia" esposta dal Bersani, sarebbe normale, e addirittura corretto, forse manifestazione di libertà di pensiero, dare della fattucchiera a una femminista, minimizzare la Shoà, dare del negro a una persona di colore, dare dell'anormale o dell'invertito a un omosessuale e quindi anche dare del coglione a un generale (significato apparente dell'allegoria), ma il significato reale del discorso (poiché nell'allegoria l'interpretazione è diversa dal significato apparente) è che poter esprimere tranquillamente tutte le succitate affermazioni, ivi incluso insultare gratuitamente un generale, connoterebbe un arretramento della civiltà, delle conquiste (quali il riconoscimento dei diritti e del ruolo delle donne, il superamento del razzismo, l'accoglienza delle diversità) per cui molti cittadini si sono tanto duramente battuti, sacrificando anche la loro stessa vita.

E' quindi evidente che, essendo nota la storia personale e l'ironia di cui il Bersani ha fatto sfoggio in decenni di carriera politica, la frase incriminata appare all'ascoltatore non credibile nei suoi contenuti letterali e non può che essere colta esattamente per quello che è, ovvero un artificio retorico volto all'ironia politica nei confronti della destra italiana e non all'offesa personale contro il querelante, specie tenendo a mente la vibrata critica nei confronti di questo modo di agire e di pensare, che costituisce la chiosa del discorso di Bersani9.

Dovendosi escludere che il querelante abbia volutamente frainteso le parole di Bersani, pare che Vannacci, colpito dalla salacità della singola parola, quindi dal significante, abbia perso l'allegoria e il contesto, ovvero il significato, che lo riguardava solo marginalmente, perché "quelle robe lì" (ovvero, in italiano, "discorsi come quelli") era pacificamente riferito non solo al suo libro, ma anche ad altri testi ed espressioni verbali riferibili a quella che Bersani ha individuato come la parte politica di Vannacci nel suo complesso.

Tutto questo conduce a un giudizio di legittimità del discorso di Bersani, anche prescindendo dal fatto che, come battuto a suo tempo da diverse agenzie di stampa nazionali e internazionali, Vannacci Roberto ha effettivamente sostenuto di avversare la legge Mancino e ha affermato: "Ho capito: c'è stata la Shoah, va bene, ma questo non configura la religione ebraica come protetta". La frase appare passibile di diverse interpretazioni, fra le quali tuttavia rientra anche quella proposta da Bersani Pier Luigi, il quale, poche battute prima, aveva sostenuto il valore della tutela delle minoranze, quindi di una tutela rafforzata nei confronti delle minoranze discriminate, a cui indubbiamente appartiene la parte di popolazione italiana che professa o che ha origini nella religione ebraica10.                                                                        

Ciò che Bersani esprime molto chiaramente nel suo discorso è la contrapposizione fra la sua idea di società a quella della avversa parte politica, rifiutando di ritenere critica al politicamente corretto l'idea di poter serenamente dare pubblicamente dell'anormale a un omosessuale e del "coglione" a un generale.

Se poi Vannacci lamenta la particolare efficacia retorica dell'allegorico discorso di Bersani, che lascia nell'ascoltatore l'idea, il retropensiero, di un pur non formulato giudizio (invero soprattutto per provocare una reazione nell'auditorio), tale doglianza appare estranea all'area della diffamazione: sostenere la propria avversità nei confronti di una politica che riduca la portata collettiva di certi tragici eventi o che annulli il significato offensivo di allocuzioni discriminatorie e oltraggiose, esemplificandole, non costituisce lesione all'onore e alla reputazione di nessuno. Diversamente opinando s1 raggiungerebbe, paradossalmente, l'aberrante risultato di invertire il diffamatore e il diffamato, l'offensore e l'offeso, il discriminatore e il discriminato.

Né rileva, nel presente vaglio processuale, constatare che, come purtroppo talvolta accade, parte della stampa abbia fornito un resoconto poco fedele, qualificabile come strumentale o sterilmente sensazionalistico, delle parole di Bersani, attribuendo loro significati che il complesso del discorso non trasmetteva, tanto che a buon diritto il Generale Vannacci avrebbe potuto diversamente indirizzare le proprie doglianze e cogliere maggiormente nel segno orientando diversamente le proprie querele.

Sotto il profilo strettamente giuridico, in ordine alla pertinenza espressiva, è noto il principio secondo cui il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta (e cioè strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione all'altrui reputazione) e non può ritenersi superato per il solo fatto dell'utilizzo di termini che, pur avendo accezioni indubitabilmente offensive, hanno però anche significati di mero giudizio critico negativo, di cui deve tenersi conto anche alla luce del complessivo contesto in cui il termine viene utilizzato 11.

Nella delineata prospettiva, le espressioni utilizzate non possono, quindi, essere riguardate nell'astratto tenore testuale e semantico, ma debbono essere valutate nella loro concreta articolazione e nella complessiva portata significativa, nel contesto loro proprio, non esorbitando dai limiti della critica consentita quando le stesse siano funzionali alla formulazione di censure pertinenti con il tema devoluto 12.

Dalla lettura delle frasi incriminate, come riportate in querela, fedelmente accolte nel capo d'imputazione ed effettivamente pronunciate dall'imputato, non risultano, al riguardo, opportunamente valutate talune espressioni, ritenute dal querelante non continenti, che, invece, sono esplicitamente formulate in modo allegorico e ironico, quasi sarcastico, denunciando un non detto, sottinteso, di tenore diametralmente opposto a quello proposto in querela: "attenzione, se nel mondo della sottocultura, che tu auspichi, puoi appellare omosessuali, femministe, persone di colore come è stato fatto, sarà possibile anche dare del coglione a un generale e io ritengo che questo sia un arretramento della civiltà".

La stessa Suprema Corte di Cassazione ha più volte rilevato che ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione, è necessario che le parole utilizzate siano attributive di qualità sfavorevoli alla persona offesa, ovvero che gettino, comunque una luce negativa su quest'ultima, ossia si sostanzino in un'affermazione che "contiene una carica spregiativa" tale da essere avvertita nel "comune sentire" come espressione lesiva della reputazione, che può cogliersi anche quando "il contesto determini il mutamento del significato apparente di una o più frasi, altrimenti non diffamatorie, attribuendo ad esse un contenuto allusivo percepibile" dal soggetto medio, ma che al contrario non è dato cogliere quando l'apparentemente diffamatorio, la parola, assuma una connotazione diversa, addirittura, come nel caso di specie, contraria.

In sostanza, Bersani Pier Luigi, nel corso di un'intervista durata circa un'ora, all'interno di un più generale ragionamento politico sull'attuale situazione politica nazionale e internazionale, planando sulle manifestazioni di sottocultura presenti nel Paese e rimproverando ai partiti di destra di sdoganare "della robaccia"13, ha aperto un inciso in cui, inizialmente, ha nominato esplicitamente il Vannacci, al solo fine di far rilevare la sua funzionalità a questo più generale tentativo di sdoganamento, per poi, tramite l'allegoria del "Bar Italia", introdurre un discorso ironico-sarcastico finalizzato a evidenziare quali potrebbero essere le conseguenze dello sdoganamento (di questo modo di agire e di parlare) su numerosi temi delicati (quali, ad esempio, la tutela delle minoranze e il loro valore) e, solo a quel punto, introdurre in forma retorica la "domanda sincera che vorrei fare: scusa, ma se in quel bar lì è possibile dare dell'anormale ad un omosessuale, è possibile anche dare1del coglione ad un generale?" e, subito dopo chiarire che, secondo la sua opinione, ragionare e discutere in tal modo costituirebbe un "arretramento della civiltà, delle conquiste per cui della gente si è fatta un mazzo così", valutando questi sacrifici come molto più significativi, rispetto alle pur indubbie glorie militari del generale (e, in punto di valutazione, nulla può essere contestato a Bersani, in quanto libera e legittima manifestazione del pensiero).

Alla luce di tutte le considerazioni fin qui esposte, ritiene il Giudice che non possa condividersi l'assunto accusatorio formulato dal P.M. e che la condotta materialmente realizzata dal Bersani non contenga alcuna carica diffamatoria (o che potesse essere percepita come tale) nei confronti di Vannacci Roberto, della sua storia personale e professionale, non avendo il relatore attribuito allo stesso alcuna qualità sfavorevole in maniera diretta, ma anzi, esprimendo una vibrata critica verso un determinato modo di pensare della destra istituzionale, cogliendosi che Bersani abbia inteso segnare la sua distanza da questo modo di agire e ragionare, ma soprattutto che abbia voluto evidenziare, facendo uso di un linguaggio allegorico volutamente ironico, che, come è sbagliato dare dell'anormale a un omosessuale, è altrettanto sbagliato dare del coglione a un generale, concludendo che l'accettare questa modalità espressiva non costituirebbe una banale seccatura bagatellare, ma un vero e proprio problema culturale.

Nei termini prospettati, quindi, non può che concludersi per la carenza dell'elemento oggettivo del delitto contestato e per il conseguente rigetto della richiesta di emissione di decreto penale di condanna.

P.Q.M.

Visto l'art. 129 c.p.p., assolve Bersani Pier Luigi dal reato a lui ascritto in rubrica, perché il fatto non sussiste.

Ravenna, 16 ottobre 2024.

 

Note

1 V. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 57741 del 21/09/2018, Scalia, non massimata; Cass. Sez. 4, Sentenza n. 21310 del 26/04/2022, Dangeli, Rv. 283314 -01; analogamente, sebbene in contesto parzialmente diverso, anche Cass. Sez. 3, Sentenza n. 30720 del 18/09/2020, Villari, Rv. 280020-01.

2 La concreta fattispecie esaminata è quasi un caso di scuola, essendo assai rari i casi in cui chi giudica dispone delle riprese audio-video dell'evento da giudicare.

3 Che il riferimento sia generico è perfettamente comprensibile anche da un passaggio precedente del discorso di Bersani, nel quale torna l'allocuzione "queste robe qui" riferito non alla persona offesa, ma al linguaggio accolto, a suo avviso, dalla destra italiana

4 Querela Vannacci, 17 novembre 2023, P.2. "Bersani cominciava a riferirsi direttamente all'esponente, partendo da una critica generica al mondo politico della destra, sostenendo che la destra (in cui implicitamente rientrerebbe anche il querelante./ (..) stesse sdoganando progressivamente «della robaccia che c'è nel fondo del nostro paese»" e che "si soffermava sullafigura dello scrivente(..) utilizzando la metafora del «bar Italia»".

5 Ibid. P.2: "Bersani utilizzava la metafora del Bar Italia per indicare un luogo - a suo intendere di bassezza culturale".

6 Umberto Eco: "/ socia! network sono un fenomeno positivo, ma danno diritto di parola anche a legioni di imbecilli, che prima parlavano solo al bar, dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Ora questi imbecilli hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel".

7 V. voce Metafora in Voc. Treccani: "così, per es., alla base della metafora l'ondeggiare delle spighe, è la comparazione istituita tra la distesa delle spighe e quella delle acque del mare e il conseguente trasferimento del concetto di ondeggiare dal movimento della superficie marina a quello di una distesa di spighe".

8 V. voce Allegoria in Voc. Treccani

9 "Per l'amor di Dio(...) non venirmi a raccontare, a contrabbandare per critica al politicamente corretto quel che è un arretramento della civiltà, delle conquiste per cui della gente si è fatta un mazzo così più di te nell'esercito, va bene? Perché se c'è da fare il politicamente scorretto son capace anch'io, ma quelle non sono parole".

10 Sul punto, va ricordato che l'opinione di Bersani pare richiamare un ben più illustre precedente, sebbene giuridico e non strettamente politico, cristallizzato nell'art. 3 Cost., laddove recita, al primo comma, che recita "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" e, soprattutto, al secondo comma, che "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Ma, sul tema, deve essere richiamata anche la Relazione al progetto di Costituzione della Repubblica Italiana, presentata dalla Commissione Ruini alla Presidenza dell'Assemblea costituente il 6 febbraio 1947: "Preliminare ad ogni altra esigenza è il rispetto della personalità umana; qui è la radice delle libertà, anzi della libertà, cui fanno capo tutti i diritti che ne prendono il nome. Libertà vuol dire responsabilità. Né i diritti di libertà si possono scompagnare dai doveri di solidarietà di cui sono l'altro ed inscindibile aspetto. Dopo che si è scatenata nel mondo tanta efferatezza e bestialità, si sente veramente il bisogno di riaffermare che i rapporti fra gli uomini devono essere umani. Il principio dell'eguaglianza di fronte alla legge, conquista delle antiche carte costituzionali, e riaffermato con più concreta espressione, dopo le recenti violazioni per motivi politici e razziali. E trova oggi nuovo ed ampio sviluppo con l'eguaglianza piena, anche nel campo politico, dei cittadini indipendentemente dal loro sesso. Col giusto risalto dato alla personalità dell'uomo non vengono meno i compiti dello Stato. Se le prime enunciazioni dei diritti dell'uomo erano avvolte da un'aureola d'individualismo, si è poi sviluppato, attraverso le stesse lotte sociali, il senso della solidarietà umana. Le dichiarazioni dei doveri si accompagnano mazzinianamente a quelle dei diritti. Contro la concezione tedesca che riduceva a semplici riflessi i diritti individuali, diritti e doveri avvincono reciprocamente la Repubblica ed i cittadini. Caduta la defonnazione totalitaria del «tutto dallo Stato, tutto allo Stato, tutto per lo Stato», rimane pur sempre allo Stato, nel rispetto delle libertà individuali, la suprema potestà regolatrice della vita in comune. «Lo Stato - diceva Mazzini - non è arbitrio di tutti, ma libertà operante per tutti, in un mondo il quale, checché da altri si dica, ha sete di autorità».

11 V. Cass. Sez. 5, Sentenza n. 31669 del 14/04/2015, Marcialis, Rv. 264442 - 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17243 del 19/02/2020, Lunghini, Rv. 279133 - 01; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17784 del 07/03/2022, Guidi, Rv. 283252 - 01 (nel quale i termini incriminati erano "sottocultura da letamaio").

12 Cass, Sez. 5, Sentenza n. 121O1 del 02/02/2023, Cavallari, non massimata: "Una declinazione particolare del diritto di critica è costituita da quello di satira, che costituisce una modalità corrosiva e spesso impietosa del primo. Diversamente dalla cronaca e dalla stessa critica, la satira è sottratta al parametro della verità, in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto, ma, per la giurisprudenza di legittimità, rimane assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito. Conseguentemente, nella formulazione del giudizio critico, possono essere utilizzate espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla man(festazione di un dissenso ragionato dall'opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano, anche in questo caso, in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e della reputazione del soggetto interessato (ex multis Sez. 5, Sentenza n. 320 del 14/10/2021, dep. 2022, Mihai, Rv. 282871; Sez. I, Sentenza n. 5695 del 05/11/2014, dep. 2015, Montanari, Rv. 262531; Sez. 5, Sentenza n. 37706 del 23/05/2013 (..)".

13 "Questa destra qui, cosa sta facendo, cosa ha fatto .fin qui alla fine? Sta via via sdoganando della robaccia che c'è nel fondo del nostro paese ... e cos'è questa robaccia? Per esempio, l'istinto corporativo e la spinta a dare un lento tramonto ai criteri di solidarietà, per esempio un individualismo contro beni collettivi svalorizzati, svalorizzare il lavoro che si deve mettere a disposizione, fare il corporativismo del fisco, si paga per categorie e chi non paga, beh, non bisogna trattarlo troppo male, venir via dai diritti civili, ma, soprattutto, venir via dal rispetto delle minoranze, dal valore delle minoranze".