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Informativa deontologica

Chi c'è dietro a canestriniLex.com e i suoi profili social? Quale responsabilità hanno gli avvocati? Gli avvocati possono farsi pubblicità? Perchè canestriniLex non offre consulenze per via telematica? Come mai sul sito non ci sono indicate le specializzazioni? Perché non ci sono i nomi dei clienti? Che reponsabilità professionale ha l'avvocato? Quanto costa l'avvocato? Come faccio a chiedere un preventivo?

 Iscrizione all'albo di Alessandro Canestrini 1870  Un po' di storia ..

canestriniLex :: avvocati difende diritti da oltre 150 anni: il fondatore dello studio è Alessandro Canestrini, che si iscrisse nell'albo degli avvocati il 22 luglio 1870 (nell'immagine: l'albo degli avvocati dell'epoca con la data della sua iscrizione).

Per iniziare: chi c'è oggi dietro a canestriniLex.com

 Le pagine del sito canestriniLex.com, notificato al Consiglio dell'Ordine di Rovereto in data 3 gennaio 2003, così come i profili sui social mediasono intesi e predisposti ai fini informativi: secondo la normativa deontologica è necessario rispettare criteri di correttezza e verità, con osservanza della dignità e del decoro della Professione Forense e degli obblighi di riservatezza e tutela del segreto professionale.

La legge 247 del 2012 all'articolo 10 stabilisce che "... è consentita all'avvocato la pubblicità informativa sulla propria attività professionale, sull'organizzazione e struttura dello studio e sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti. La pubblicità e tutte le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere comparative con altri professionisti, equivoche, ingannevoli, denigratorie o suggestive". 

Il sito web canestriniLex.com ed i profili sui social media - raggiungibili su Twitter (twitter.com/canestriniLex), Facebook (facebook.com/canestriniLex), Instagram e Linked in (linkedin.com/nicolacanestrini profilo professionale e linkedin.com/company/CanestriniLex-studio-legale-canestrini profilo dello studio con relative sottopagine) - sono infatti realizzati al fine di offrire informazioni sullo Studio legale Canestrini, l'attività svolta, gli ambiti di attività prevalente (in attesa di poter finalmente indicare la specializzazione), i titoli professionali posseduti, convegni, e la struttura dello studio, segnalando altresì mediante contributi di vario genere (sentenze, massime, articoli, approfondimenti ecc.) problematiche giuridiche ritenute degne di approfondimento.

Il titolare  del dominio e dei profili dei social media - nonché responsabile dei loro contenuti - è l'avvocato Nicola Canestrini, iscritto dal 10 maggio 2002 all'albo degli avvocati di Rovereto, ordine professionale al quale appartengono - ove non diversamente indicato - anche gli altri professionisti che collaborano con lo studio ("canestriniLex").

L'avvocato Nicola Canestrini ha stipulato a maggiore garanzia per i clienti  e per obbligo deontologico e normativo una assicurazione per la responsabilità professionale n. 122/47049544 UNIPOLSAI Assicurazioni (massimale € 5.000.000).

Incarico professionale per iscritto

canestriniLex da sempre informa l'assistito, all'atto dell'incarico professionale che normalmente è preceduto da un colloquio informativo 

Ci piace però ricordare che il rapporto tra cliente e avvocato non è soltanto un rapporto privato di carattere libero-professionale e non può perciò essere ricondotto puramente e semplicemente ad una logica di mercato, essendo l'avvocato necessario "partecipe" dell'esercizio diffuso della funzione giurisdizionale, se è vero che nessun processo (salvo i processi civili di limitatissimo valore economico) può essere celebrato senza l'intervento di un avvocato: da qui la "forte valenza pubblicistica dell'attvità forense" (Cassazione civile, SSUU, sentenza 9861/17 dell'aprile 2017).   

L'avvocato garantisce un risultato?

 Quando ci si siede davanti ad un avvocato e gli si affida la soluzione di un problema si conduce un contratto (anche solo oralmente, il cd. contratto d'opera).

Questo contratto comporta diversi obblighi per entrambe le parti:  rimandando al relativo approfondimento, si evidenzia come la responsabilità dell'avvocato sia allo stesso tempo responsabilità da esecuzione di mandato e responsabilità professionale.  

Quella assunta dall'avvocato è però una obbligazione di mezzi e non di risultato: l'avvocato, quindi, deve svolgere ogni attività necessaria e utile  ma non risponde se l'assistito non raggiunge il risultato sperato. 

L'obbligo di diligenza, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1176, secondo comma, e 2236 cod. civ., impone all'avvocato di assolvere - sia all'atto del conferimento del mandato, sia nel corso dello svolgimento del rapporto - anche ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente, essendo il professionista tenuto a rappresentare a quest'ultimo tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di richiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; di sconsigliarlo dall'intraprendere o proseguire un giudizio dall'esito probabilmente sfavorevole (Cass., II, sentenza n. 14597 del 2004).

Quanto all'obbligo di dare informazioni al cliente, come previsto dagli articoli 13, comma 5, della l. n. 247/2012 e dall'art. 27 del Codice deontologico, l’avvocato deve specificare

  • le ”attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione” (comma 1), ivi compresa la possibilità di ricorrere a strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (comma 3) e la possibilità di avvalersi del patrocinio a spese dello Stato (comma 4);
  • “la prevedibile durata del processo” (comma 2);
  • “ il livello della complessità dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento alla conclusione dell'incarico”, nonchè il prevedibile costo della prestazione, “distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale ”, indicando anche "gli estremi della propria polizza assicurativa (comma 5)».

Ciò detto, l'avvocato non può di certo impore le proprie scelte al cliente: è infatti stato affermato che che l'attività di persuasione del cliente al compimento o non di un atto, ulteriore rispetto all'assolvimento dell'obbligo informativo, è concretamente inesigibile, oltre che contrastante con il principio secondo cui l'obbligazione informativa dell'avvocato è - come detto - un'obbligazione di mezzi e non di risultato (ex plurimis, Cass., sez. 3^, sentenza n. 10289 del 2015).

Peraltro, è stato ribadito in sede disciplinare che il dovere di lealtà e correttezza nell’esercizio della professione costituisc un "canone generale dell’agire di ogni Avvocato, che mira a tutelare l’affidamento che la collettività ripone nell’Avvocato stesso quale professionista leale e corretto in ogni ambito della propria attività" (Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 247/17; depositata il 28 dicembre).

canestriniLex offre consulenze online?

 Non si offrono né si rendono consulenze legali online: il diritto è fatto di molte sfaccettature, difficilmente riassumibili in poche righe di un form o di una mail. Giustamente quindi è stato affermato che l'avvocato è responsabile per superficialità (quindi colpa grave) se fa affidamento su informazioni atecniche rese dal proprio cliente (Cassazione civile, sez. II, sentenza 13.05.2011 n° 10686).

Eventuali richieste di "consigli" sul caso concreto via telefono, mail, messenger, .. rischiano quindi di rimanere senza risposta; in ogni caso, la eventuale risposta NON costituisce consulenza professionale.

Se avete bisogno di un consiglio, non affidatevi a FB, all'amico del bar o a "vostro cuggino": in caso di necessità rivolgetevi con fiducia al vostro avvocato difensore, se non c'è fiducia .. cambiatelo (qui come scegliere, incaricare o revocare il mandato ad un avvocato)!

 

Quanto costa l'avvocato? E' obbligatorio un preventivo?

Il compenso può essere concordato fra cliente ed avvocato oppure - se non c'è stato specifico accordo - viene calcolato seguendo delle tabelle ministeriali (cosiddetti "parametri"), come spiegato all'articolo sulle spese legali (che farà chiarezza anche sulla possibilità di fruire del patrocinio a spese dello stato, su cosa siano gli oneri accessori, e sul rimborso in caso di vittoria / assoluzione, ..). 

Quanto al preventivo, il decreto-legge 4 gennaio 2012, n. 1, aveva introdotto l'obbligo del preventivo per tutti i professionisti; per gli avvocati era poi intervenuta la Legge 31 dicembre 2012, n. 247 (“Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense”) a limitare l'obbligo del preventivo ai soli casi di "richiesta" da parte del cliente (art. 13, comma 5).

La legge 4 agosto 2017, n. 124 , cosiddetta Legge annuale per il mercato e la concorrenza, in vigore dal 29 agosto 2017, oltre ad introdurre la possibilità di esercizio della professione forense in forma societaria, con il comma 141 ha reso obbligatorio (anche per gli avvocati) l'obbligo di preventivo al momento del conferimento dell'incarico anche senza richiesta.

L'avvocato dovrà quindi

"(..) comunicare in forma scritta a colui che conferisce l'incarico professionale la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso professionale".

Con la scheda n. 67/2017 dell’Ufficio studi, il Consiglio nazionale forense ha specificato che «l'accettazione dell’incarico e la comunicazione scritta del presumibile costo della prestazione possono anche essere contestuali. […] Restano di fatto escluse dall’operatività dell’obbligo tutte quelle prestazioni che debbono necessariamente rendersi nell’immediato e che ivi si esauriscono, quali ad esempio la consulenza resa in maniera orale e contestuale alla richiesta, la difesa e l’interrogatorio in carcere di persona arrestata, il procedimento per direttissima, costituzioni e redazione di atti di particolare urgenza, e tutte le altre fattispecie nelle quali non è oggettivamente possibile assolvere al dovere di informativa, come nelle ipotesi di difesa di soggetti latitanti ed irreperibili, etc.».

canestriniLex da tempo informa l'assistito, all'atto dell'incarico professionale, degli adempimenti e dei diritti relativi al trattamento dei dati, degli obblighi antiriciclaggio, e specifica per iscritto costi presumibili dell'incarico (consulta informative e incarico professionale): ciò peraltro solo a seguito di un colloquio informativo per poter acquisire la informazioni necessarie.

Ci piace però ricordare che il rapporto tra cliente e avvocato non è soltanto un rapporto privato di carattere libero-professionale e non può perciò essere ricondotto puramente e semplicemente ad una logica di mercato, essendo l'avvocato necessario "partecipe" dell'esercizio diffuso della funzione giurisdizionale, se è vero che nessun processo (salvo i processi civili di limitatissimo valore economico) può essere celebrato senza l'intervento di un avvocato: da qui la "forte valenza pubblicistica dell'attvità forense" (Cassazione civile, SSUU, sentenza 9861/17 dell'aprile 2017).   

 
Perché gli avvocati di canestriniLex non sono specializzati?

La citata legge annuale per il mercato e la concorrenza 2017 che riguarda tutti i professionisti (legali e non) stabilisce che allo scopo di "assicurare la trasparenza delle informazioni nei confronti dell'utenza, i professionisti iscritti ad ordini (..) sono tenuti ad indicare e comunicare i titoli posseduti e le eventuali specializzazioni" (art. 1, comma 152).

L'attuale normativa professionale e deontologica, e come confermato dalla recente regolamentazione della Formazione continua degli avvocati, NON consente però ancora all'avvocato di auto-attribuirsi il titolo di "specializzato", dato che mancano i regolamenti necessari, anche a causa di un legislatore poco attento e una forte opposizione degli avvocati cd. generalisti, ciò che fanno un po' di tutto).

L'avvocato che ad oggi si definisce "specializzato" commette quindi un illecito deontologico e (che è peggio) tenta di ingannare i clienti.

E' infatti vietata l'auto-attribuzione in chiave elogiativa di titoli: la formazione specialistica di un avvocato non può essere vantata se non a fronte di un diploma o attestato approvato dal Consiglio Nazionale (per il quale allo stato, come detto, manca purtroppo una regolamentazione).

In assenza quindi di possibilità di ottenere questa attestazione in Italia, all'avvocato che approfondisca certe materie o che eserciti in maniera anche esclusiva la propria attività solo in un certo specifico settore del diritto, non resta che darne conto, ma senza fregiarsi del titolo di "specializzato" (cfr. per approfondimento Paola Parigi, "Quando un avvocato può dirsi specializzato", http://www.paolaparigi.it/pages/publications/24---quando-un-avvocato-puo-dirsi-?specializzato).

In attesa dell'entrata in vigore della normativa sulla specializzazione, canestriniLex - che diffida dagli avocati "tuttologhi" o "generalisti" e che quindi offre la prestazione professionale secondo criteri di competenza dei professionisti dello studio sotto il coordinamento del titolare - indica come "materie prevalenti" i settori nei quali gli avvocati dello studio operano con costanza e curando la formazione professionale in via preferenziale.

Tra mille resistenze, il Tar del Lazio, con tre sentenze (04424-04428/2016) depositate nell'aprile 2016, su ricorsi presentati da Oua, alcuni Consigli dell'Ordine e ANF, ha annullato alcune disposizioni del Regolamento sulle specializzazioni varato dal ministero della Giustizia: restiamo in attesa del nuovo regolamento.

 

Perchè non ci sono i nomi dei clienti sul sito? 

Anche questa pratica non è consentita (da ultimo, Cassazione civile, SSUU, sentenza 9861/17).

Pubblicare i nomi dei clienti sul sito è quindi SEMPRE vietato (e l'avvocato che viola l'impegno alla riservatezza e i doveri deontologici pubblicando i nomi andrebbe guardato con "sospetto").

 

.. e la pubblicità degli avvocati?

 La materia è di scottante attualità  e non mancano i colpi di scena.

Non pare quindi fuori luogo un breve excursus in tema di pubblicità di avvocati (aprofittando dell'ottimo articolo "Pubblicità mascherata: quelle furbizie vietate agli avvocati" del 28 maggio 2013 del Dr. Ciavola a commento della sentenza di Cass. civ., SSUU, sentenza 03.05.2013 n. 10304):

- con il "decreto Bersani" (decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in Legge 4 agosto 2006, n. 248) sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio;

- con la c.d. ''Manovra bis'' (Decreto Legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito in legge 14 settembre 2011, n. 148), è precisato che la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l'attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie;

- con il d.P.R. 7 agosto 2012, n. 137, art. 4 comma secondo, si afferma che la pubblicità informativa deve essere funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l'obbligo di segreto professionale e non deve essere equivoca, ingannevole o denigratoria.

- infine, con la L. 31 dicembre 2012, n. 247, all?art. 10, è consentita all'avvocato la pubblicità informativa sulla propria attività professionale, sulla organizzazione e struttura dello studio e sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti. La pubblicità e tutte le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere comparative con altri professionisti, equivoche, ingannevoli, denigratorie o suggestive.

Le norme sopra riportate affermano, in linea con il codice deontologico, che la pubblicità in senso tradizionale (esaltazione di un nome, di un marchio, di un servizio, anche senza evidenziare le sue caratteristiche) è vietata; è altresì vietata la divulgazione di notizie riservate o coperte dal segreto professionale nè possono essere divulgati i nomi dei clienti, anche se questi vi consentano (art. 17 Codice deontologico). Un sito di un avvocato non può contenere riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante l?indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo (art. 17 bis Codice deontologico).

Lo stesso Consiglio Nazionale Forense, con parere 15 ottobre 2012, n. 152 (sempre facendo riferimento alla disciplina del "vecchio" Codice forense) conferma che 

"l'art. 2 del d.l. n. 223/2006, convertito nella n. 248/2006, abrogando le disposizioni che non consentivano la c.d. pubblicità informativa relativamente alle attività professionali, non ha affatto abrogato l'art. 38, comma 1, del r.d.l. n. 1578/1933, il quale punisce comportamenti non conformi alla dignità ed al decoro professionale. Dovendosi pertanto interpretare alla luce di tale disposizione le norme di cui agli artt. 17 e 17 bis del codice deontologico forense, la pubblicità informativa deve essere consentita nei limiti fissati dal codice deontologico e comunque deve essere svolta con modalità che non siano lesive della dignità e del decoro professionale.

Il codice deontologico forense, infatti, a seguito dell'entrata in vigore della normativa nota come "Bersani", consente non una pubblicità indiscriminata (ed in particolare non comparativa ed elogiativa), ma la diffusione di specifiche informazioni sull'attività, anche sui prezzi (ndr: il Codice forense approvato il 31.1.2014 vieta invece tale informazione), i contenuti e le altre condizioni di offerta di servizi professionali, al fine di orientare razionalmente le scelte di colui che ricerchi assistenza, nella libertà di fissazione del compenso e della modalità del suo calcolo. La peculiarità e la specificità della professione forense, in virtù della sua funzione sociale, impongono tuttavia, conformemente alla normativa comunitaria ed alla costante sua interpretazione da parte della Corte di Giustizia, le limitazioni connesse alla dignità ed al decoro della professione, la cui verifica è dall'ordinamento affidata al potere-dovere dell'ordine professionale."

L'unica pubblicità consentita agli avvocati è solo l'informazione su attività professionale, specializzazioni e titoli professionali posseduti, nonchè struttura dello studio (essendo stati escluse le informazioni sui compensi dal Codice approvato dal CNF il 31.1.2014); si parla, a riguardo, di cd. pubblicità informativa.

Diversa dalla questione del diritto a poter fare pubblicità informativa della propria attività professionale è quella che le modalità ed il contenuto di tale pubblicità non possono ledere la dignità e il decoro professionale, in quanto i fatti lesivi di tali valori integrano l'illecito disciplinare (come ben enucleato da Cass., sez. unite, sentenza 18 novembre 2010, n. 23287). 

Per aggornamenti, cfr. l'articolo "Avvocati e pubblicità: una novità dal CNF in tema di uso dei social networks e simili", (http://www.altalex.com/documents/news/2017/02/14/avvocati-e-pubblicita-una-novita-dal-cnf-in-tema-di-uso-dei-social-networks-e-simili).

La materia è peraltro oggeto anche di colpi di scena: l'Autorità Antitrust ha nel mirino il Consiglio nazionale forense, istituzione di vertice dell'avvocatura per un "intesa, unica e continuata, restrittiva della concorrenza,  (...) limitando l'utilizzo di un canale promozionale e informativo attraverso il quale si veicola anche la convenienza economica della prestazione professionale" con specifico riferimento ad offerte professionali via Internet. 

Con il provvedimento n. 25868 del 10 febbraio 2016 l'AGCM ha inflitto al CNF una sanzione di 912.536,40 euro per non aver posto termine alle condotte restrittive della concorrenza già sanzionate dall'Autorità con una multa di identico importo (provvedimento n. 25154 del 22 ottobre 2014), poi ridotta a 513.914,17 euro (provvedimento n. 25705 dell?11 novembre 2015): nella fattispecie, la sanzione si riferiva al parere n. 48/2012 (caso "AmicaCard") con il quale CNF avrebbe limitato l'utilizzo di un canale promozionale e informativo attraverso il quale si pubblicizza anche la convenienza economica della prestazione professionale.

Per rimediare alla contestazione il CNF aveva adottato il 23 ottobre 2015 una delibera di interpretazione autentica del parere n. 48/2012, che tuttavia secondo l'AGCM non costituisce una misura di ottemperanza al provvedimento n. 25154 del 22 ottobre 2014.

Il CNF avrebbe dovuto infatti revocare la comunicazione agli iscritti contenuta nel parere n. 82/2012, anziché ribadirne in sostanza i principi informatori con la delibera interpretativa.

Da qui la decisione di infliggere una nuova sanzione che, data la gravità della violazione, l'AGCM ha determinato nella misura corrispondente al limite editale: ovvero 912.536,40 euro (pari al 10% del fatturato del CNF per l'anno 2013, che ammonta ad euro 9.125.364 euro).

La multa milionaria inflitta dall'Antitrust al CNF per inottemperanza all'ordine di cessare le condotte anticoncorrenziali accertate dall'Autorità è stata infine annullata Tar del Lazio, sez. I, con la sentenza 11 novembre 2016, n. 11169 che accoglie in pieno le ragioni del CNF, che aveva contestato la multa per motivi sia di rito che di merito.

 

Estratto dal Codice Deontologico 

 Art. 17 Informazione sull'esercizio dell'attività professionale

1. È consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti.

2. Le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative.

3. In ogni caso le informazioni offerte devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.

Art. 18  Doveri nei rapporti con gli organi di informazione

1. Nei rapporti con gli organi di informazione l’avvocato deve ispirarsi a criteri di equilibrio e misura, nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza; con il consenso della parte assistita, e nell’esclusivo interesse di quest’ultima, può fornire agli organi di informazione notizie purchè non coperte dal segreto di indagine.

2. L'avvocato è tenuto in ogni caso ad assicurare l’anonimato dei minori. 

Art. 35  Dovere di corretta informazione

1. L'avvocato che da' informazioni sulla propria attivita' professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verita', correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell'obbligazione professionale.

2. L'avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti ne' equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l'attivita' professionale.

3. L'avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l'Ordine di appartenenza.

4. L'avvocato puo' utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegnamento.

5. L'iscritto nel registro dei praticanti puo' usare esclusivamente e per esteso il titolo di «praticante avvocato», con l'eventuale indicazione di «abilitato al patrocinio» qualora abbia conseguito tale abilitazione.

6. Non e' consentita l'indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell'avvocato.

7. L'avvocato non puo' utilizzare nell'informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi.

8. Nelle informazioni al pubblico l'avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorche' questi vi consentano.

9. Le forme e le modalita' delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignita' e decoro della professione.

10. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l'applicazione della sanzione disciplinare della censura.

 ***

Si veda il codice deontologico ed al relativo approfondimento (qui il Codice approvato dal CNF il 31 gennaio 2014). Il Consiglio dell'Ordine di Rovereto ha emanato le cd. norme di cortesia che dovrebbero valere nelle relazioni tra colleghi.

Come rilevato sopra, nel mese di giugno 2015, l'Antitrust ha aperto un ulteriore procedimento per inottemperanza del CNF a quanto in precedenza statuito, rilevando anche come le disposizioni contenute nell'art. 35 del vigente codice deontologico forense (che ritiene deontologicamente scorretto e quindi sanzionabile disciplinarmente l?utilizzo di piattaforme digitali messe a disposizione degli avvocati da soggetti terzi per veicolare informazioni relative all?attivita? professionale) costituiscano potenzialmente una illecita limitazione dell?utilizzo di un canale promozionale e informativo attraverso il quale si veicola anche la convenienza economica della prestazione (cfr. provvedimento dd. 15 giugno 2016 dell'Autorità Antitrust n. 25487).

 

Sull'uso di social media da parte dell'avvocato

 (Consiglio Nazionale Forense (rel. Piacci), parere del 27 aprile 2011, n. 49)

La questione posta dall'Ordine (di Verona, ndr.) attiene alla necessità di applicare le regole sulle informazioni professionali, dettate dagli artt. 17 e 17-bis c.d.f., al settore delle comunicazioni elettroniche e della rete internet in particolare.

Questa Commissione ha da tempo indicato come internet sia uno strumento senz'altro idoneo all'effettuazione di comunicazioni al pubblico e financo alla trasmissione di consulenze o pareri (v. già parere 21 novembre 2001, quesito del COA di Forlì-Cesena). Peraltro, quando un avvocato cura e pubblica un sito internet, va precisato se si tratti di un sito di natura scientifica o culturale, o piuttosto lo stesso sia riferibile direttamente allo studio legale. Allo stesso modo, va evitata ogni informazione che risulti fuorviante, o decettiva, in merito alla natura o alle modalità di effettuazione delle prestazioni professionali offerte, o altrimenti descritte. In questo senso, giova richiamare il parere con cui si è stigmatizzato il contegno di colui che introduca elementi ambigui, o fuorvianti, che portino la clientela a non percepire l'appartenenza del sito ad uno specifico professionista legale, ad esempio tramite l'inserimento nel sito di contenuti culturali od informativi pubblicati a titolo gratuito, senza enunciare chiaramente la propria qualità di legale (cfr. parere 27 aprile 2005, n. 35). In altri termini, all'avvocato è evidentemente garantita sulla rete la più piena libertà di espressione e comunicazione, con l?eccezione di contegni che portino ad un'elusione del principio di correttezza dell?informazione, nonché alla violazione dei criteri di trasparenza e veridicità.
Ciò posto, in linea di principio va poi osservato che il rispetto dei predetti criteri è affidato dall'art. 17 del Codice Deontologico al controllo del competente Consiglio dell'Ordine che deve anche verificarne il contenuto affinché l'informazione sia conforme a verità e correttezza, non potendo altresì avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto professionale.
L?informazione deve poi rispettare la dignità e il decoro della professione e non deve mai assumere i connotati della pubblicità ingannevole, elogiativa o comparativa.
Al riguardo, l'art. 17 bis del Codice Deontologico prevede una serie di adempimenti per l'avvocato che intenda dare informazioni sulla propria attività professionale (denominazione dello studio, Consiglio dell'Ordine presso cui è iscritto, la sede di esercizio con i relativi recapiti, gli eventuali titoli riconosciuti, ecc.) e prevede altresì che l'avvocato possa "utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e direttamente riconducibili a sé, allo Studio Legale Associato o alla Società di Avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione tempestiva al Consiglio dell'Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espressa".
In altri termini, pur nella libertà di informativa sulla propria attività professionale, le modalità e i contenuti della stessa devono essere aderenti a ben precisi requisiti deontologici, il cui rispetto, come già sopra si è osservato, è affidato al controllo del Consiglio dell?Ordine competente.
Nel caso di specie, l'utilizzo di un social network come Facebook e Twitter, in cui il primo accesso è del tutto libero e che contemporaneamente dà la possibilità di consentire l'ulteriore accesso ai propri dati esclusivamente a discrezione del titolare del profilo, impedisce da un lato la conoscenza al COA della frequentazione da parte dell'avvocato, e dall'altra parte una possibilità di accedere al profilo in maniera non "filtrata" dallo stesso avvocato.
D'altro canto, sarebbe impensabile che i Consigli dell'Ordine, soprattutto per quelli con elevatissimo numero di iscritti, in decine di migliaia, potessero effettuare continuamente controlli a tappeto per verificare se un iscritto, nell'utilizzo di social network  (nel caso di Youtube l'accesso è totalmente libero e privo di qualsiasi forma di iscrizione) nel fornire informazioni sulla propria attività, si attenga a quei principi deontologici sopra richiamati.
Anche perché, nel caso di Facebook e Twitter, potendo il titolare del profilo consentire l'accesso solo a persone di proprio gradimento (cd. "contatti" o "amicizie"), l'Ordine potrebbe non essere in grado di consultare le pagine sulle quali siano pubblicate informazioni che in qualche modo riguardino l'attività forense del soggetto iscritto al sito.
Al contrario, non può dubitarsi che la pubblicazione di messaggi, informazioni o altri contenuti su pagine di tali networks che siano visibili a chiunque si connetta ad internet sia oggetto di verifica e vada trattata e giudicata alla stessa stregua di ogni altro sito web, anche curato direttamente dall'interessato.
Un social network può essere utilizzato tanto per messaggi a carattere strettamente personale (e quindi insindacabili anche ove contengano riferimenti alla professione), quanto per informative volte alla conoscenza presso la clientela o alla promozione del ?nome? dello studio legale (e come tali sottoposte alla disciplina e vigilanza deontologiche). Ciò che va distinto a fini deontologici non è quindi il mezzo in sé e per sé, bensì l'uso che ne viene fatto e la cerchia di destinatari che, volontariamente o meno, vengano a contatto con l?utente titolare del profilo personale online.
Se l?avvocato utilizza il network per scopi di comunicazione professionale dovrà comunicare tale intendimento in via previa al Consiglio di appartenenza, come prescritto dal già citato art. 17-bis c.d.f. Ne consegue che, in mancanza di tale adempimento e valutate le circostanze concrete del caso, egli potrà essere sanzionato disciplinarmente dal Consiglio di appartenenza. Quest'ultimo sarà necessariamente chiamato, nell'esame di fattispecie di utilizzo di reti sociali, a valutare nella fattispecie concreta quegli elementi che ne siano tipici (come ad es. accessibilità del profilo, decoro della pagina personale, contatti palesemente volti all'acquisizione di clientela, sfruttamento della visibilità connessa al mezzo, etc.).

 

Misure di sicurezza e di tutela della salute (d.lgs. 81/2008)

 Quanto alle misure di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori e collaboratori, lo Studio cura l'adeguamento al TU sulla sicurezza (d.lgs. 81/2008) riassumendo gli adempimenti dovuti nel documento di valutazione dei rischi per la sicurezza.