Il riconoscimento fotografico costituisce uno strumento probatorio atipico la cui efficacia è condizionata dall'adozione di opportune cautele - fra le quali va annoverata, previa acquisizione del fascicolo fotografico in base al quale è stato effettuato il riconoscimento, la disponibilità delle immagini in tale occasione utilizzate - che consentano al giudice di eseguire la necessaria verifica postuma del grado di attendibilità di colui che abbia operato il riconoscimento.
Corte di Cassazione
sez III penale
ud. 10 maggio 2022 (dep. 17 ottobre 2023), n. 42213
Presidente Ramacci – Relatore Gentili
Ritenuto in fatto
La Sezione minorile della Corte di appello di Bari ha, con sentenza pronunziata in data 4 marzo 2022, riformato la sentenza con la quale, il precedente (omissis) , il Tribunale per i minorenni di Bari aveva dichiarato G.C.D. e R.D. (oltre a P.V., la cui posizione ora non rileva) colpevoli dei reati loro ascritti, aventi ad oggetto sia la commissione di una violenza sessuale di gruppo che un sequestro di persona, commessi in concorso anche con altri soggetti che, in quanto maggiorenni, sono stati sottoposti ad altro giudizio, in danno di tale M.F. , anche lei minorenne all'epoca dei fatti, e li aveva, pertanto, condannati, esclusa la circostanza aggravante di cui all'art. 609-octies c.p., comma 3, riuniti i reati sotto il vincolo della continuazione ed applicate le circostanze attenuanti generiche, alla pena, sospesa in favore del solo G., (oltre che del P.), comprensiva della diminuente per la minore età di anni 2 e mesi 9 di reclusione ciascuno.
Nel riformare la sentenza emessa dal giudice di primo grado la Sezione specializzata della Corte territoriale, ha assolto i due prevenuti dal reato di sequestro di persona, per insussistenza del fatto, ed ha ritenuto sussistere in favore degli imputati la circostanza attenuante di cui all'art. 609-octies c.p., comma 4, conseguentemente riducendo la sanzione loro inflitta in complessivi anni 1 e mesi 8 di reclusione, confermandone la sospensione condizionale (oltre che per il P.) per il G.
Avverso detta sentenza hanno interposto ricorso per cassazione, tramite i propri difensori il R. ed il G., affidando le proprie doglianze sia il primo che il secondo a 4 motivi di impugnazione.
L'uno ha censurato, col primo motivo di ricorso, la sentenza osservando che la motivazione della stessa sarebbe carente e, comunque, contraddittoria in quanto in essa non sarebbe stato chiarito in che termini il prevenuto, del quale è indiscussa la mancata diretta realizzazione di condotte sussumibili nella nozione di atto sessuale, avrebbe cooperato nella perpetrazione del reato de quo.
Il secondo motivo concerne egualmente la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata in quanto, pur essendo stato dato atto della esistenza di un contrasto fra le dichiarazioni della persona offesa e quelle di alcuni testi di accusa, tale distonia istruttoria non è stata risolta.
Anche il terzo motivo di ricorso attiene ad un vizio della motivazione, che è indicata come carente in ordine alla giustificazione da dare al contrasto logico esistente fra la ricostruzione dei fatti resa dalla persona offesa e l'utilizzo che è stato fatto, per come risultante dai tabulati telefonici, della sua utenza cellulare, non essendo ad avviso del ricorrente compatibile il tempo in cui l'apparecchio ad essa collegato è rimasto inutilizzato con la durate della condotte delittuose cui la stessa sarebbe stata sottoposta.
Infine, con il quarto motivo di ricorso è lamentata la contraddittorietà motivazionale della sentenza in relazione alla determinazione del trattamento sanzionatorio applicato al R.
Quanto al ricorso del G., il primo dei motivi di cui lo stesso si compone ha ad oggetto il vizio riguardante il riconoscimento fotografico del G. come di uno dei soggetti che ha partecipato alla vicenda delittuosa; il secondo, connesso col precedente, attiene alla mancanza di motivazione in punto di attribuzione soggettiva del reato all'imputato in esame.
Il terzo motivo riguarda la erronea applicazione della disposizione incriminatrice essendo stata questa ascritta a carico dell'imputato pur in mancanza di elementi dimostrativi della sua partecipazione ai fatti per cui è processo.
Infine, con il quarto motivo, articolato con riferimento al trattamento sanzionatorio, si censura l'errata applicazione dell'art. 98 c.p. e la mancanza di motivazione sul punto, riguardo alla capacità dell'imputato, soggetto circa quindicenne al momento dei fatti, di rendersi conto dell'effettiva antigiuridicità del proprio comportamento.
Con atto sottoscritto presso l'Ufficio matricola della Casa circondariale di (omissis) ed ivi debitamente autenticato quanto alla firma dell'interessato, il R., in data (omissis), dichiarava espressamente di rinunziare al ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza depositato in ordine alla sentenza emessa dalla Sezione minorile della Corte distrettuale barese nel suo interesse dall'avv. AM.
Considerato in diritto
Mentre il ricorso proposto da R.D. è inammissibile stante la assorbente ragione costituita dall'avvenuta rinunzia ad esso, a firma dell'interessato, prevenuta in data (omissis), di tal che in ordine a tale statuizione non vi è luogo, difettando all'evidenza le ragioni per una pronunzia di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., ad alcuna ulteriore disamina, il ricorso presentato dal G.C.D. e, per le ragioni che saranno di seguito illustrate, infondato ed esso, pertanto, deve essere rigettato.
Osserva, infatti, il Collegio, quanto al profilo, dedotto col primo due motivi di ricorso, riguardante la conducenza della ricognizione fotografica del G., come di uno dei soggetti che hanno preso personalmente parte all'episodio di violenza sessuale di gruppo perpetrato ai danni delle M,, che le ragioni impugnatorie, riposanti sulla circostanza, diligentemente riassunta dalla stessa parte ricorrente nella parte finale della esposizione del motivo di ricorso, che non può essere utilizzata quale prova decisiva ai fini dell'affermazione della responsabilità del prevenuto il riconoscimento fotografico compiuto dalla persona offesa se di tale operazione, eseguita presso gli uffici della Pg, manca il verbale e se la stessa emerge solamente tramite il resoconto di essa riportato in sede di esame dibattimentale dall'ufficiale dei Pg che ha sovrainteso allo svolgimento delle operazioni ricognitive.
Per come riportato il motivo di ricorso è inammissibile.
Rileva, infatti, il Collegio che alla identificazione del G. come uno dei soggetti partecipanti all'episodio per cui è processo si è giunti non contestualmente alla identificazione degli altri coimputati; infatti, secondo quanto riportato in sentenza, in termini non oggetto di contestazione, una volta emerso nei suoi tratti essenziali l'episodio di violenza di gruppo subito dalla persona offesa, questa, esaminato il fascicolo fotografico che le veniva sottoposto dalle forze dell'ordine, riconosceva in prima battuta, in data (omissis), alcuni dei soggetti successivamente imputati, per la precisione tali R.A., R.D., P.D. e M.C.; mentre il giorno successivo, essendole stato sottoposto un ulteriore fascicolo fotografico, riconosceva anche un altro imputato, tale T.N.; per ciò che concerne la posizione del G., questi era oggetto di ricognizione fotografica, secondo quanto emergente dalla sentenza di primo grado, in un secondo momento, allorché, in evasione ad una specifica delega di indagini loro rilasciata dal Pm procedente volta alla identificazione di un ulteriore individuo menzionato dalla persona offesa fra coloro i quali avevano partecipato alla sua aggressione, e dalla stessa indicato solo con il nome di "[…]", i c.c. di […], sottoposero alla ragazza un ulteriore fascicolo fotografico esaminando il quale ella riconobbe nell'effigie riproducente il G. il soggetto da lei indicato come […].
Ciò posto va effettivamente rilevato che le modalità attraverso le quali siffatto riconoscimento non appaiono essere le più limpide, posto che, secondo quanto emergente dalla sentenza di primo grado, a differenza delle altre immagini esaminate dalla M., la fotografia ritraente il G., il quale non risultava essere stato mai in precedenza fotosegnalato, era stata estrapolata dal suo "profilo" Facebook, di tal che è del tutto lecito presumere cha la stessa si distinguesse rispetto alle altre immagini, frutto, invece, di precedenti fotosegnalazioni, di diversi soggetti che erano state sottoposte alla persona offesa.
Al riguardo, tuttavia, pare significativo segnalare che, sebbene sia vero che il riconoscimento fotografico costituisce uno strumento probatorio atipico la cui efficacia è condizionata dall'adozione di opportune cautele - fra le quali va annoverata, previa acquisizione del fascicolo fotografico in base al quale è stato effettuato il riconoscimento, la disponibilità delle immagini in tale occasione utilizzate (Corte di cassazione, Sezione II penale, 8 giugno 2017, n. 28391) - che consentano al giudice di eseguire la necessaria verifica postuma del grado di attendibilità di colui che abbia operato il riconoscimento (Corte di cassazione, Sezione VI penale, 7 aprile 2017, n. 17747), nella occasione la doglianza fatta dalla difesa dell'imputato in sede di gravame, come da lui stesso compendiata nel proprio ricorso, aveva ad oggetto non la impossibilità di operare da parte del Tribunale la verifica in ordine alla affidabilità della prova espletata in sede di indagini preliminari, ma il fatto che della operazione di ricognizione fotografica non vi fosse processo verbale e del fatto che dei suoi esiti la dimostrazione sarebbe stata data dalle dichiarazioni rese in tale senso dall'ufficiale di Pg che vi aveva sovrainteso.
Sul punto, rileva la Corte che, quanto al processo verbale della prova in questione, non vi sono motivi per ritenere che lo stesso, non essendo stato celebrato il processo a carico del G. in primo grado nelle forme del rito abbreviato nè essendo stato in qualche modio acquisito con il consenso delle parti, non vi è ragione per ritenere che un tale atto dovesse transitare nel fascicolo del dibattimento ed essere annoverato fra gli atti utilizzabili ai fini della decisione (nel senso della ordinaria acquisibilità in caso di giudizio abbreviato: Corte di cassazione, Sezione V penale, 22 ottobre 2015, n. 42577; ed in caso di accordo delle parti: Corte di cassazione, Sezione V penale, 15 aprile 2015, n. 15624), mentre per quanto attiene alla inutilizzabilità della dichiarazione dell'ufficiale di Pg, in quanto la stessa avrebbe ad oggetto quanto dichiarato da un teste in violazione di quanto previsto dall'art. 195 c.p.p., comma 4, ritiene il Collegio che la prospettiva ermeneutica da cui prende le mosse la censura mossa dal ricorrente sia fallace, posto che nell'occasione il teste di Pg non ha riferito su circostanze che egli ha appreso attraverso le propalazioni di altro teste (in altre parole: egli non è un teste de relato), ma riferisce su un fatto, l'avvenuto riconoscimento di uno dei colpevoli operato, nella ipotesi ora in esame, dalla persona offesa, avvenuto in sua presenza e del quale egli ha avuto diretta ed immediata percezione (per una fattispecie perfettamente aderente e sovrapponibile alla presente, si veda, infatti: Corte di cassazione, Sezione V penale 20 giugno 2018, n. 28550).
Va, d'altra parte segnalato il dato - non oggetto di contestazione da parte della difesa del ricorrente, e tale da concentrare su di lui degli ulteriori elementi indizianti idonei a fornire un riscontro al suo riconoscimento effettuato dalla persona offesa - che il prevenuto non solo è (o quanto meno era all'epoca dei fatti) noto con il nomignolo di […], quello cioè con il quale la persona offesa aveva a priori designato il soggetto che avrebbe poi riconosciuto nel G., ma anche che lo stesso era anche intraneo all'ambiente dei due R., cioè altri due soggetti riconosciuti responsabili del reato ora in discorso.
Venendo ai due successivi motivi di ricorso, argomentati in funzione della ritenuta violazione di legge con riferimento alla ricorrenza nella condotta del G. degli elementi costitutivi del concorso nel reato di cui all'art. 609-octies c.p. e nel difetto di motivazione in ordine alla dimostrazione della rilevanza penale di tale condotta.
Anche in questo caso la doglianza è priva di pregio ove si rifletta sul dato che, ai fini della responsabilità in ordine al reato in questione non vi è la necessità che ciascuno dei concorrenti tenga dei comportamenti qualificabili astrattamente in termini di compimento di atti sessuali violenti, ma è sufficiente che tale condotta tipica sia commessa anche da uno solo dei concorrenti e il concorrente, materialmente presente sul luogo del fatto, abbia tenuto un qualunque atteggiamento coadiuvante tale da facilitare, anche solo moralmente, la condotta del correo; nel presente caso è emerso - non solo che il G. al momento in cui la ragazza riuscì ad allontanarsi scappando dai suoi aguzzini, si stava avvicinando a lei col preciso intento di pretendere dalla medesima, essendo giunto il suo "turno", quanto sino a quel momento aveva visto conseguire dagli altri correi, condotta di per sé atta a rafforzare, attraverso l'atteggiamento, verrebbe da dire di "vigile attesa", sino a quel momento tenuto, l'intento predatorio dei sodali, ma anche - che nella fase precedente al suo diretto intervento egli si era adoperato, con gli altri sinistri individui presenti alla scena, nel deridere e schernire la povera ragazza che, invece, sperava in un qualche loro aiuto; comportamento quello tenuto dal ricorrente indubbiamente idoneo ad incitare (ed eccitare) la parossistica esaltazione criminale da cui erano presi gli altri correi.
Nessuna carenza nè sul versante applicativo della vigente disciplina nè su quello dimostrativo della rilevanza penale del comportamento dell'imputato è, pertanto, riscontrabile nella sentenza impugnata che fatto adeguato e buon governo delle regole che presiedono alla materia in questione.
Nè, infine, può ritenersi, scrutinando l'ultimo motivo di impugnazione, che abbia difettato nel G. l'elemento soggettivo del reato a lui ascritto; non sono emersi, nè per il vero sono stati allegati, fattori che possano avere inciso sulla capacità dell'imputato di liberamente autodeterminarsi nè di apprezzare convenientemente il significato dei propri gesti; considerato che al momento dei fatti il G. , sebbene minorenne, era sicuramente imputabile, e sebbene egli si sia, per tale ragione, potuto giovare del beneficio sanzionatorio derivante dalla applicazione dell'art. 98 c.p., comma 1, con congrue argomentazioni i giudici del merito hanno ritenuto pienamente integrato l'elemento soggettivo del reato in discorso, posto che lo stesso, avente le caratteristiche del dolo generico, si deve intendere sussistere ogni qual volta l'individuo abbia la piena consapevolezza che, attraverso il suo agire e la sua presenza, egli stia, nel caso del G., coadiuvando altre persone nel compimento di un reato di violenza sessuale; circostanza questa che, sempre con riferimento al caso di specie, le concrete forme di manifestazione dell'operato degli altri correi (i quali hanno palesemente coartato la volontà della persona offesa imponendole con la forza umilianti pratiche erotiche) e il descritto comportamento personale dell'imputato hanno, del tutto correttamente, determinato i giudici del merito a ritenere.
In definitiva, tirando le fila di quanto sin qui esposto, mentre il ricorso del R. va, per le indicate ragioni, dichiarato inammissibile, quello del G., risultato infondato, va, invece, rigettato.
La condizione di minorità degli imputati al momento del fatto esclude che gli stessi debbano essere condannati sia al pagamento delle spese processuali sia, per ciò che attiene al R., al pagamento di alcuna somma in favore della Cassa delle ammende.
Egualmente non vi è luogo alla condanna degli imputati al ristoro delle spese in favore della persona offesa, essendo una tale pronunzia giudiziale prevista esclusivamente in favore della costituita parte civile, figura processuale che nel giudizio minorile non è consentita ai sensi del D.P.R. n. 448 del 1988, art. 10, salva restando la possibilità, nell'eventuale giudizio civile risarcitorio derivante dalla presente pronunzia, di allegare anche tali spese quali elementi costituenti un'autonoma voce di danno patito per effetto dell'illecito subito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso di R.D. e rigetta il ricorso di G.C.D.
In caso di diffusione del presente provvedimento, si dispone che siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle persone, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.