Come noto, con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione (o da altro luogo di privata dimora o luogo pubblico di cura o di assistenza, art. 284 codice di procedura penale).
Tipicamente, quindi chi si trovi agli arresti domiciliari non può lasciare senza autorizzazione il luogo indicato dal giudice (neanche per breve tempo, e attenzione agli spazi comuni come pianerottolo, garage, scale, ..!), ma può comunicare con altre persone sia conviventi che non conviventi, anche ad. esempio via mail, al telefono o anche ricevendole in casa.
Arresti domiciliari “ristretti”: limiti anche ai contati personali
Solo quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'indagato o imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.
La specifica prescrizione serve naturalmente per adeguare l'intervento coercitivo alla situazione concreta da tutelare il giudice: le limitazioni, che devono costituire oggetto di specifica motivazione da parte del giudice sotto il profilo della "necessità" e della sussistenza di specifiche esigenze processuali, non possono, tuttavia, dar luogo ad una totale soppressione dei diritti e delle facoltà spettanti ad ogni singolo individuo (Cassazione penale, Sez. feriale, 16.8.1995, Barbieri) ovvero esplicarsi i limiti o divieti diversi da quelli previsti dall'art. 284. Specificamente, «non possono considerarsi modalità esecutive quelle che, incidendo sulla qualità della misura, la snaturano, rendendola diversa da quella disciplinata dal legislatore» ed equiparandola di fatto alla restrizione intramuraria (Cassazione penale, Sez. VI, 2.2.1995, Paziente).
È inibito, inoltre, imporre all'indagato e/o imputato limitazioni «per ragioni di sicurezza» in quanto «eventuali disposizioni aggravatorie della "ordinaria" disciplina degli arresti" possono essere disposte solamente "quando è necessario" e "tale necessità deve essere collegata a motivate esigenze di cautela processuale» (C., Sez. VI, 2.2.1995, Paziente cit.).
E se si trasgredisce?
La trasgressione delle prescrizione imposte al destinatario della misura degli arresti domiciliari (anche solo per vedere la fidanzata) può comportare il cd. aggravamento della misura, con possibile carcerazione per l’indagato e costare una condanna per evasione.
Si possono usare Internet o i social dagli arresti domiciliari?
Nessun dubbio sulla possibilità di usare Internet o i social dagli arresti domiciliari per chi si trovi ai domiciliari “ordinari”, cioè senza limitazioni alla comunicazione con terzi.
Peraltro, si discute se sia lecito l’uso di Internet e/o dei social media (Facebook, Instagram, Whatsapp, ..) per chi si trovi ai domiciliari cd. “ristretti”, cioè con limiti o divieti alla facoltà di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.
Certamente chi si trovi nella situazione di cui si è detto NON può utilizzarli per mandare messaggi, postare comunicazioni, spedire mail, lettere o pec, .. (a meno non si tratti di atti giuridici, come la diffida o simili: “l'indagato ristretto agli arresti domiciliari (..) non incontra infatti alcuna restrizione a compiere atti giuridici, posto che da un lato un divieto in tal senso non sarebbe neppure imponibile ai sensi dell'art. 284 c.p.p., comma 2, e dall'altro che la misura cautelare non è finalizzata a limitarne la capacità di agire ovvero la sua idoneità a svolgere attività giuridica riguardante la sfera dei propri interessi..”, come ha chiarito Corte di Cassazione, sentenza 41120/14).
La prescrizione per chi si trovi agli arresti domiciliari di non comunicare con persone estranee deve infatti essere inteso nel senso di un divieto non solo di parlare con persone non conviventi, ma anche di stabilire contatti con altri soggetti, sia vocali che a mezzo congegni elettronici (cfr. Corte di cassazione, sentenza 46874/16).
La risposta pare invece potersi dire comunque affermativa, nel senso che è lecito utilizzare Intenet e altri strumenti di comunicazione in forma passiva, cioè per mera ricezione di comunicazioni (cioè la sola lettura, salvo naturalmente l’utilizzo sempre consentito per comunicare con il difensore, le forze dell’ordine, e servizi di emergenza).
Infatti, estendere il divieto di comunicare anche alla capacità di ricevere comunicazioni si dovrebbe estendere a qualsiasi mezzo di informazione (TV, giornali, ..) con intollerabile eliminazione del diritto ad essere informati che trova – “pietra angolare del sistema democratico” trova nell’art. 21 Cost. copertura costituzionale: è infatti legittima la limitazione, nei confronti di soggetto sottoposto al suddetto regime, di diritti e facoltà normalmente spettanti ad ogni persona libera, a patto che detta limitazione non dia luogo ad una loro totale soppressione.
Vietare anche la ricezione di comunicazioni sarebbe quindi una limitazione del tutto sproporzionata rispetto all’esigenza cautelare, che il più delle consiste nell’impedire che il reato venga reiterato o testimoni vengano minacciati (cioè pericolo di reiterazione o di inquinamento probatorio) sottesa alla misura cautelare.
“L'individuazione del contenuto delle prescrizioni accessorie di una misura cautelare deve [infatti] avvenire in base al principio del favor rei, nel senso che laddove un comportamento non sia espressamente vietato esso deve ritenersi consentito, atteso che l'imposizione della misura costituisce comunque una deroga al principio di inviolabilità della libertà personale che per previsione costituzionale non ammette restrizione se non nei casi e modi previsti dalla legge (art. 13 Cost., comma 2)”, come è stato limpidamente statuito ( Corte di Cassazione, sentenza 41120/14).