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Sanzione per manifestazione non preavvisata viola CEDU (Corte Edu, Bumbes, 2022)

3 maggio 2022, Corte europa per i diritti dell'Uomo

Ai sensi dell'articolo 10 § 2 della Convenzione Europea per i diritti dell'Uomo, c'è poco spazio per restrizioni al discorso politico o ai dibattiti su questioni di interesse pubblico. E' stato l'approccio costante della Corte a richiedere ragioni molto forti per giustificare le restrizioni al dibattito politico, poiché ampie restrizioni imposte in singoli casi inciderebbero senza dubbio sul rispetto della libertà di espressione in generale nello Stato interessato.

Se le norme che disciplinano le assemblee pubbliche, come il sistema di notifica preventiva, possono essere essenziali per il regolare svolgimento delle manifestazioni pubbliche, nella misura in cui consentono alle autorità di ridurre al minimo i disagi al traffico e di adottare altre misure di sicurezza, la loro applicazione non può diventare fine a se stessa.

Una situazione di illegalità, come quella derivante, secondo la legge rumena, dall'allestimento di una manifestazione senza previa notifica, non giustifica necessariamente (cioè, da sola) un'interferenza con il diritto di una persona alla libertà di riunione: l'assenza di notifica preventiva e la conseguente "illiceità" dell'evento, che le autorità considerano come un'assemblea, non danno carta bianca alle autorità; la reazione delle autorità nazionali ad un evento pubblico rimane limitata dai requisiti di proporzionalità e necessità dell'articolo 11 della Convenzione.

Laddove i manifestanti non si impegnino in atti di violenza, è importante che le autorità pubbliche mostrino un certo grado di tolleranza nei confronti dei raduni pacifici se non si vuole privare di ogni sostanza la libertà di riunione garantita dall'articolo 11 della Convenzione. Il "grado di tolleranza" appropriato non può essere definito in abstracto: la Corte deve esaminare le circostanze particolari del caso e in particolare l'entità della "perturbazione della vita ordinaria", poiché è inteso che qualsiasi riunione su larga scala in un luogo pubblico crea inevitabilmente disagi per la popolazione o qualche perturbazione della vita ordinaria. Il grado effettivo di tale tolleranza e le sue manifestazioni specifiche variano a seconda delle circostanze particolari di ogni caso, ad esempio quando la dispersione della manifestazione è prevista con il ricorso alla forza fisica o quando si tratta di un evento che non è stato notificato in anticipo alle autorità, ma (i) era una reazione urgente ad un evento politico in corso o (ii) era un'azione di protesta puramente ostruzionistica che per la sua stessa natura è dubbio, in linea di principio e come una questione pratica, che potrebbe essere sottoposto a requisiti di notifica preventiva.

Rimane in primo luogo nell'ambito della discrezionalità delle autorità nazionali, che hanno un contatto diretto con le persone coinvolte, determinare come reagire ad un evento pubblico. Tuttavia, data la rilevanza dei principi sopra riassunti per il caso di specie, la Corte ritiene che il suo compito, nel trattare il reclamo del ricorrente ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione come descritto al precedente paragrafo 91, sia quello di valutare se le decisioni prese dalle autorità in relazione alla sua protesta abbiano debitamente considerato la portata della "perturbazione della vita ordinaria" da essa causata.

 La Corte ribadisce che, come riconosciuto anche dai giudici nazionali, il principio di proporzionalità esige un equilibrio tra le esigenze delle finalità elencate nell'articolo 11 § 2, da un lato, e quelle della libera espressione delle opinioni con la parola, il gesto o anche il silenzio da parte delle persone riunite nelle strade o in altri luoghi pubblici, dall'altro. Tuttavia, la Corte osserva che i giudici nazionali non hanno cercato di raggiungere questo equilibrio dando il peso preponderante all'illegalità formale della manifestazione in questione.

Per quanto riguarda l'affermazione dei giudici nazionali circa la necessità di una notifica preventiva della manifestazione inscenata dalla ricorrente, essa non è stata accompagnata da alcuna apparente considerazione sul fatto se, dato il numero di partecipanti, una tale notifica sarebbe servita allo scopo di consentire alle autorità di adottare misure necessarie come quelle descritte al precedente paragrafo 94 per garantire il regolare svolgimento della manifestazione. Essa osserva inoltre che l'applicazione di tale norma alle espressioni - piuttosto che alle sole assemblee - creerebbe una limitazione preventiva incompatibile con la libera comunicazione delle idee e potrebbe minare la libertà di espressione.

Le azioni impugnate dalle autorità hanno ignorato l'enfasi ripetutamente posta dalla Corte sul fatto che l'applicazione delle norme che disciplinano le assemblee pubbliche non dovrebbe diventare un fine in sé.

L'ammenda inflitta al ricorrente per aver partecipato alla manifestazione in questione era l'importo minimo previsto dalla legge per l'infrazione impugnata e il ricorrente non ha sostenuto o presentato prove che il pagamento dell'ammenda fosse al di là delle sue possibilità finanziarie. Nondimeno, essa ribadisce che l'imposizione di una sanzione, amministrativa o di altro tipo, per quanto clemente, all'autore di un'espressione qualificabile come politica può avere un indesiderabile effetto deterrente sul discorso pubblico.

Corte europea per i diritti dell'UOMO

QUARTA SEZIONE

CASO DI BUMBEȘ c. ROMANIA

(Applicazione n. 18079/15)

 

SENTENZA

Art. 10 letto alla luce dell'art. 11 - Libertà di espressione - Attivista multato per un breve e pacifico raduno, senza preavviso, con altre tre persone, che si sono ammanettate alla barriera di un parcheggio governativo, per protestare contro un progetto minerario - Tribunali nazionali che danno il peso preponderante all'illegalità formale della manifestazione - Mancanza di valutazione del livello di disturbo, delle azioni della ricorrente - Inosservanza da parte delle autorità del principio secondo cui l'applicazione delle norme sulle assemblee pubbliche non è fine a se stessa - Imposizione di una sanzione all'autore di un'espressione politica, per quanto clemente, con possibile effetto raggelante sulla parola pubblica

STRASBURGO

3 maggio 2022



Questa sentenza diventerà definitiva nelle circostanze di cui all'articolo 44 § 2 della Convenzione. Essa può essere soggetta a revisione editoriale.

Nella causa Bumbeș c. Romania,
La Corte europea dei diritti dell'uomo (quarta sezione), riunita in sezione composta da:
Yonko Grozev, presidente,
Tim Eicke,
Faris Vehabović,
Iulia Antoanella Motoc,
Armen Harutyunyan,
Pere Pastor Vilanova,
Jolien Schukking, giudici,
e Ilse Freiwirth, cancelliere di sezione aggiunto,
visto:
il ricorso (n. 18079/15) contro la Romania presentato alla Corte ai sensi dell'articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali ("la Convenzione") da un cittadino rumeno, il sig. Mihail-Liviu Bumbeș ("il ricorrente"), il 25 marzo 2015
la decisione di notificare il ricorso al governo rumeno ("il governo")
le osservazioni presentate dal governo e le osservazioni in risposta presentate dal ricorrente
le osservazioni presentate dalla Open Society Justice Initiative e da Greenpeace Romania, che sono state autorizzate a intervenire dal presidente della sezione;
avendo deliberato in privato il 29 marzo 2022,
pronuncia la seguente sentenza, adottata in tale data:
INTRODUZIONE

1. Il ricorrente lamentava che la sentenza dei giudici nazionali, confermando una sanzione inflittagli per aver organizzato e partecipato a un'azione di protesta, aveva violato i suoi diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica previsti dagli articoli 10 e 11 della Convenzione.
I FATTI

2. Il ricorrente è nato nel 1981 e vive a Curtea de Argeș. Era rappresentato dalla signora D.O. Hatneanu, un avvocato che esercita a Bucarest.
3. Il governo era rappresentato dai suoi agenti, da ultimo dalla signora O. Ezer, del ministero degli Affari esteri.
4. I fatti del caso possono essere riassunti come segue.
CONTESTO DEL CASO
5. Il ricorrente è membro fondatore e presidente dell'Associazione Movimento Civico Milizia Spirituale (Asociaţia Mișcarea Civică Miliţia Spirituală). È un noto attivista ed è stato coinvolto in varie azioni civiche, tra cui la campagna Save Roșia Montană (Salvaţi Roșia Montană).
6. Tale campagna, che ha attirato un notevole sostegno e attenzione a livello nazionale e internazionale, è stata avviata dalla comunità locale di Roșia Montană nell'anno 2000 come protesta contro un progetto di estrazione dei depositi locali di oro e argento. Il progetto, che prevedeva l'uso del cianuro, era controverso a causa del suo impatto negativo stimato sull'ambiente e sul patrimonio locale. La campagna ha infine portato alla registrazione del paesaggio minerario di Roșia Montană nella lista del patrimonio mondiale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura nel luglio 2021.
L'EVENTO IN QUESTIONE
La decisione della ricorrente di partecipare all'evento
7. Secondo il ricorrente, il 28 agosto 2013 ha letto sui giornali un comunicato stampa del governo che informava l'opinione pubblica che durante la loro riunione delle 16 del 27 agosto 2013 avevano approvato un progetto di legge (proiect de lege) riguardante l'estrazione dei giacimenti d'oro e d'argento di Roșia Montană e lo avevano inviato al Parlamento per essere adottato. Il progetto di legge in questione era stato approvato dal governo senza alcuna consultazione o informazione pubblica preliminare e aveva praticamente dato il via libera all'estrazione dei giacimenti di Roșia Montană.
8. Nella stessa data il ricorrente e altre tre persone hanno deciso di esprimere la loro opinione negativa sull'operato del governo sopra menzionato e di sensibilizzare l'opinione pubblica sul disegno di legge ammanettandosi a una delle barriere che bloccavano l'accesso al parcheggio della sede del governo e tenendo in mano dei cartelli.
La videoregistrazione dell'evento
9. L'evento è stato filmato da un conoscente del ricorrente e il filmato risultante è stato pubblicato sul sito Internet YouTube il 29 agosto 2013. Il filmato era lungo 5 minuti e 32 secondi. I primi 3 minuti e 55 secondi coprivano l'evento vero e proprio e il resto copriva un'intervista al ricorrente e a due dei partecipanti effettuata qualche ora dopo l'evento sulle ragioni che hanno spinto le loro azioni.
10. Il filmato ha mostrato che un agente di polizia che sorvegliava la barriera del parcheggio in questione ha immediatamente cercato di impedire al ricorrente e alle altre persone di ammanettarsi alle rotaie della barriera. Altri poliziotti sono accorsi per aiutarlo, ma il ricorrente e le altre tre persone sono riusciti ad attaccarsi alle sbarre e a tenere in mano dei cartelli con scritto "Save Roșia Montană" e "United to save Roșia Montană". (Uniţi pentru a salva Roșia Montană). Il ricorrente e le altre persone sono rimasti completamente in silenzio per quasi tutta la durata della manifestazione. Le manette di due dei partecipanti sono state staccate dalle guide della barriera molto rapidamente, ma quelle del ricorrente e di un altro partecipante non hanno potuto essere rimosse altrettanto rapidamente perché il ricorrente si lamentava che il processo gli faceva male al braccio.
11. Un ufficiale della gendarmeria chiese al ricorrente e all'altro partecipante ammanettato di lasciare l'area perché le loro azioni erano illegali, ma si rifiutarono di farlo a meno che un rappresentante del governo non uscisse dall'edificio per parlare con loro. Di conseguenza, gli agenti hanno deciso di portare il richiedente e l'altra persona ammanettata alla barriera in una stazione di polizia con la motivazione che avevano rifiutato di collaborare con la polizia. Gli agenti di polizia hanno staccato il ricorrente e l'altra persona dalle rotaie della barriera tagliando la rotaia a cui erano attaccate le manette e li hanno portati in braccio a un'auto della polizia. Anche ad uno degli altri due partecipanti fu chiesto dagli agenti di salire su un'auto della polizia e di andare alla stazione di polizia, e lui si adeguò.
12. Il filmato ha inoltre mostrato che, a parte le forze dell'ordine e alcuni passanti che si sono fermati a guardare o filmare la rimozione del ricorrente dalla barriera, non erano presenti altre persone e l'evento non ha influenzato in alcun modo il traffico automobilistico e pedonale nella zona. Inoltre, nessuna auto ufficiale o non ufficiale ha cercato di utilizzare la barriera in questione per accedere al parcheggio dell'edificio governativo.
13. Il filmato ha anche mostrato che nell'intervista effettuata poche ore dopo l'evento, una delle partecipanti ha giustificato le sue azioni affermando che era rimasta colpita dal modo in cui gli abitanti di Roșia Montană si erano battuti contro il progetto minerario e dal fatto che la gente non era stata a conoscenza della loro lotta. Di conseguenza, aveva sentito la necessità di fare qualcosa al riguardo e di convincere altri giovani a fare lo stesso con la forza dell'esempio. Riteneva che le azioni dovessero essere più radicali, dato che la gente aveva presentato petizioni per anni solo per essere ignorata.
14. Durante la stessa intervista, un altro partecipante ha dichiarato che le loro azioni erano state per cercare di rompere il silenzio dei media intorno all'argomento Roșia Montană. Egli era del parere che, poiché il tipo di proteste pacifiche che si erano tenute in precedenza non avevano avuto alcun impatto significativo e le persone coinvolte in esse non erano state prese sul serio né dalle autorità né dai mass media, il loro tipo di protesta poteva dare risultati.
IL RAPPORTO DELLA POLIZIA E L'AMMENDA INFLITTA ALLA RICORRENTE
15. Secondo un rapporto di polizia redatto il 28 agosto 2013 alle ore 18.20 presso la stazione di polizia n. 1 di Bucarest, il ricorrente è stato multato di 500 lei rumeni (RON) (circa 113 euro (EUR)) perché aveva commesso gli atti di cui all'articolo 3 § 2 e puniti dall'articolo 4 § 1 (c) della legge n. 61/1991 sulla punizione degli atti che violano alcune norme di convivenza sociale e l'ordine pubblico e la pace. Il rapporto di polizia riportava in particolare che "... alle ore 17.15 ... [il ricorrente] era stato avvistato ... presso la sede del governo rumeno in Piazza Victoria, all'ingresso del Boulevard Iancu de Hunedoara, avendo formato un gruppo con ... [S.M.B.], [F.B.], e [R.B.] al fine di commettere atti antisociali, bloccando l'accesso all'istituzione [e] attaccandosi insieme a S.M.B. con le manette alla barriera del cancello di accesso, mentre le altre persone tenevano in mano il messaggio 'Uniti per Roșia Montană' [Uniţi pentru Roșia Montană]".
16. Il rapporto di polizia indicava inoltre che il ricorrente aveva riconosciuto l'atto da lui commesso, ma che si era rifiutato di firmare il rapporto di polizia.
L'IMPUGNAZIONE DELLA RICORRENTE CONTRO L'AMMENDA
17. Il 18 settembre 2013 il ricorrente ha impugnato il rapporto di polizia e l'ammenda inflittagli, chiedendo al tribunale di annullarli. In subordine, chiedeva al giudice di sostituire l'ammenda con un avvertimento. Egli sosteneva che il verbale di polizia era stato illegittimo perché, nella misura in cui una sanzione era stata necessaria nel suo caso, egli avrebbe dovuto essere punito sulla base delle disposizioni della legge n. 60/1991 sull'organizzazione e lo svolgimento dei raduni pubblici. Il suo comportamento era stato erroneamente qualificato come punibile ai sensi della legge n. 61/1991, perché la manifestazione dei propri diritti alla libertà di espressione e di riunione attraverso la protesta non poteva essere un atto antisociale che turbasse l'ordine pubblico e la pace.
18. Il ricorrente sosteneva inoltre che il rapporto di polizia era stato infondato. Gli atti che gli erano stati imputati erano stati una forma di manifestazione legittima dei suoi diritti summenzionati (cfr. paragrafo 17). La protesta aveva rappresentato una reazione spontanea a una decisione presa dal governo, senza alcun preavviso, con la quale non era d'accordo. In tali circostanze, secondo la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo in Bukta e altri c. Ungheria (n. 25691/04, CEDU 2007-III), il diritto di una persona alla libertà di riunione potrebbe essere esercitato senza una previa notifica alle autorità. Rispettando il requisito del termine di tre giorni previsto dalla legge n. 60/1991, la protesta spontanea contro la decisione del governo in questione sarebbe stata priva di qualsiasi sostanza.
19. Inoltre, durante la protesta egli aveva tenuto un comportamento pacifico e non aveva disturbato o influenzato in modo significativo l'attività dell'istituzione. La protesta si era svolta davanti a un cancello che era utilizzato solo da alti dignitari e quindi era quello meno utilizzato per l'accesso all'edificio; nessuno aveva tentato di utilizzare il cancello in questione durante la sua presenza lì e l'edificio era rimasto accessibile durante la protesta attraverso i suoi numerosi altri cancelli. Non si poteva dire, quindi, che egli avesse formato un gruppo di tre o più persone per commettere atti illeciti, violando la pace e l'ordine pubblico e le norme di convivenza sociale.
20. Infine, il ricorrente ha sostenuto che la sanzione inflittagli non era stata necessaria in una società democratica. In quest'ultima società l'esistenza e l'espressione di opinioni critiche nei confronti del governo erano essenziali, anche se fatte in modi non convenzionali volti ad attirare l'attenzione del pubblico e dei decisori.
SENTENZA DI PRIMO GRADO
21. Il 7 luglio 2014 la Corte distrettuale di Bucarest ("la Corte distrettuale") ha respinto la contestazione del ricorrente, ritenendo che il rapporto di polizia fosse stato legittimo. Dato il contenuto dell'atto che era stato descritto nel rapporto di polizia e le immagini filmate sul luogo dell'evento, la qualificazione giuridica dell'atto come rientrante nell'articolo 3 § 2 della legge n. 61/1991 era stata giustificata perché la forma di protesta scelta dal ricorrente aveva violato la legge n. 60/1991, configurandosi quindi come un atto illecito, e il suo essersi ammanettato alla barriera e l'espressione fatta potevano essere considerati atti che avevano violato la pace e l'ordine pubblico e le norme di convivenza sociale.
22. La corte ritenne inoltre che il ricorrente non avesse fornito ragioni fondate su circostanze eccezionali che potessero giustificare lo svolgimento di questa forma di protesta senza seguire la procedura preliminare prevista dalla legge n. 60/1991 di dichiarazione alle autorità dei raduni pubblici. Non si poteva dire che le norme previste dalla legge n. 60/1991 non coprissero le forme spontanee di protesta, poiché la manifestazione dei propri diritti alla libertà di espressione e di riunione poteva essere fatta solo nei limiti stabiliti dalla legge e la legge n. 60/1991 richiedeva che fosse fatta una dichiarazione preventiva su qualsiasi tipo di riunione pubblica.
23. Tenendo conto del testo dell'articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, non si poteva affermare che la sanzione inflitta al ricorrente non avesse rispettato le condizioni di cui al paragrafo 2 di tale articolo, poiché la misura era stata prevista dalla legge, era stata imposta per proteggere l'ordine pubblico e i diritti e le libertà altrui e per prevenire la criminalità ed era stata proporzionata allo scopo perseguito data la forma e i mezzi specifici di protesta scelti dal ricorrente.
24. Infine, la Corte ha ritenuto che il ricorrente non avesse confutato in alcun modo la versione dei fatti contenuta nel rapporto di polizia, anche se l'onere della prova era stato a suo carico, e che non vi erano motivi legittimi per annullare il rapporto di polizia. Inoltre, non c'era motivo di sostituire l'ammenda con un avvertimento, poiché il ricorrente era stato correttamente punito con l'ammenda più bassa prevista dalla legge per le sue azioni.
L'APPELLO DEL RICORRENTE CONTRO LA SENTENZA DI PRIMO GRADO
25. Il ricorrente ha impugnato la sentenza. Egli ha ribadito gli argomenti secondo cui le sue azioni erano state una forma di manifestazione del suo diritto alla libertà di espressione (si veda il paragrafo 18 supra) e che durante la protesta si era comportato in modo pacifico e non aveva disturbato la quiete pubblica né inciso in modo significativo sull'attività dell'istituzione (si veda il paragrafo 19 supra).
26. Nel caso in cui le sue azioni dovessero essere considerate come costituenti l'organizzazione e la partecipazione a un raduno pubblico privo della necessaria notifica preliminare, la sua punizione sarebbe stata legittima solo se fosse stato punito sulla base dell'articolo 26 della legge n. 60/1991, e non sulla base della legge n. 61/1991. La Corte distrettuale non aveva preso in considerazione la videoregistrazione dell'evento che aveva dimostrato che sul luogo della protesta le forze dell'ordine avevano applicato la procedura prevista dalla legge n. 60/1991 e non aveva fatto alcun riferimento alla legge n. 61/1991. Inoltre, aveva ritenuto che la sanzione inflittagli fosse stata legittima basandosi sulle disposizioni della legge n. 60/1991, pur avendo constatato allo stesso tempo che le sue azioni erano state una forma di protesta che aveva violato la legge n. 61/1991.
27. La Corte distrettuale aveva omesso di esaminare il suo argomento relativo alla violazione del suo diritto alla libertà di espressione (cfr. paragrafi 17-20 sopra). Le conclusioni della Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza Tatár e Fáber c. Ungheria (nn. 26005/08 e 26160/08, 12 giugno 2012), che riguardavano circostanze simili alla sua, avevano reso ancora più necessario l'esame del suo suddetto argomento, poiché la corte aveva ritenuto che le sue azioni non fossero state coperte dalle disposizioni della legge n. 61/1991.
28. Il giudice di primo grado aveva inoltre ignorato le conclusioni della Corte europea dei diritti dell'uomo nella causa Bukta e altri (citata in precedenza), secondo cui i raduni spontanei giustificati potevano essere tenuti in assenza di un preavviso richiesto. Di conseguenza, aveva interpretato male l'articolo 11 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
29. Anche se il ricorrente aveva dimostrato che il governo aveva approvato un disegno di legge controverso che egli aveva voluto contestare solo un giorno prima della protesta, improvvisamente e senza alcun preavviso, la Corte distrettuale aveva ritenuto che la protesta spontanea non fosse giustificata dalle circostanze. Allo stesso tempo, in contraddizione con questa conclusione e nonostante il fatto che i raduni spontanei per loro natura non potessero essere notificati in anticipo, il tribunale aveva ritenuto che la procedura di preavviso prevista dalla legge n. 60/1991 coprisse anche i raduni spontanei. Tuttavia, se questa constatazione del giudice di primo grado fosse stata vera, la sua affermazione secondo cui il ricorrente doveva fornire giustificati motivi per non seguire la procedura di preavviso prevista dalla legge n. 60/1991 sarebbe stata resa irrilevante.
SENTENZA DEL GIUDICE DI ULTIMA ISTANZA
30. Con una sentenza definitiva del 10 giugno 2015, il tribunale della contea di Bucarest ha respinto il ricorso della ricorrente e ha confermato la sentenza del tribunale di primo grado. Ha ritenuto che le azioni del ricorrente fossero state correttamente classificate e punite. Secondo il contenuto del rapporto della polizia e della domanda del ricorrente al tribunale, il 27 agosto 2013 il ricorrente e altre tre persone avevano deciso di formare un gruppo per protestare il giorno seguente davanti al palazzo del governo contro il governo e la sua decisione di approvare un disegno di legge che dava il via libera all'estrazione dei giacimenti di Roșia Montană. Non vi poteva essere alcun dubbio che l'accordo delle quattro persone per riunirsi il giorno seguente in un certo luogo e a una certa ora allo scopo di condurre una riunione non autorizzata soddisfacesse le condizioni della contravvenzione prevista dall'articolo 3 § 2 della legge n. 61/1991 letto alla luce dell'articolo 26 § 1 (a) della legge n. 60/1991.
31. L'argomento del ricorrente secondo cui le autorità avrebbero dovuto basarsi sulla legge n. 60/1991 piuttosto che sulla legge n. 61/1991 per imporgli la sanzione è infondato perché le due leggi sono complementari e non si escludono a vicenda come previsto anche dall'articolo 2 della legge n. 60/1991. Accettare la tesi del ricorrente significherebbe che quei casi di disturbo dell'ordine e della quiete pubblica che non erano stati contemplati dalla legge n. 60/1991 sarebbero rimasti impuniti.
32. L'argomento del ricorrente secondo cui i suoi diritti alla libertà di espressione e di riunione erano stati violati era ugualmente infondato. Se è vero che la Costituzione e la legge n. 60/1991 prevedevano il diritto di una persona di protestare in luoghi pubblici esprimendo le proprie opinioni, quest'ultima legge prevedeva anche che le proteste dovevano essere condotte nel rispetto della procedura legale, dei diritti e delle libertà degli altri cittadini e delle altre condizioni previste dalla legge. Dato il contenuto del quadro giuridico applicabile che stabiliva le regole e le condizioni per manifestare i propri diritti alla libertà di espressione e di riunione e che richiedeva una notifica scritta almeno tre giorni prima della data della protesta, la misura adottata contro il ricorrente non aveva violato il suo diritto alla libertà di espressione.
ALTRE INFORMAZIONI
33. Il disegno di legge adottato dal governo il 27 agosto 2013 relativo al progetto minerario di Roșia Montană (cfr. paragrafo 7 sopra) ha scatenato numerose altre grandi proteste in tutta la Romania a partire dal 1° settembre 2013. Le proteste hanno infine portato il Parlamento a respingere il progetto di legge.
QUADRO GIURIDICO PERTINENTE

34. Le disposizioni pertinenti della legge n. 60/1991 sull'organizzazione e lo svolgimento di raduni pubblici, come in vigore all'epoca dei fatti, recitano come segue:
Articolo 1

"...

I raduni pubblici - riunioni, dimostrazioni, manifestazioni ... e altri simili [eventi] - che devono aver luogo nelle piazze, sulle vie pubbliche o in altri luoghi all'aperto, possono essere organizzati solo dopo aver presentato la dichiarazione preliminare prevista dalla presente legge.

..."

Articolo 2

"I raduni pubblici devono svolgersi in modo pacifico e civile, con la tutela dei partecipanti e dell'ambiente, senza turbare il normale uso delle strade pubbliche ..., salvo quelli autorizzati, il funzionamento delle istituzioni pubbliche ... o degenerare in azioni turbolente capaci di mettere in pericolo la pace e l'ordine pubblico, l'incolumità delle persone, ... o i loro beni o quelli del demanio pubblico, e non possono protrarsi oltre le ore 23.00, nel qual caso rientrano nelle disposizioni della legge n. 61/1991 ..."

Articolo 7

"Gli organizzatori di raduni pubblici devono presentare, almeno tre giorni prima della data in cui si terranno, una dichiarazione scritta all'ufficio del sindaco ... sul cui territorio si terranno, in cui devono menzionare il nome del gruppo organizzatore, lo scopo, il luogo, la data, l'ora di inizio e la durata dell'azione, le vie di afflusso e di deflusso, il numero stimato di partecipanti, le persone autorizzate a garantire e ad essere responsabili delle misure organizzative, i servizi che richiedono al comune, alla polizia locale e alla gendarmeria ..."

Articolo 13

"I partecipanti ai raduni pubblici devono:

...

(d) abbandonare immediatamente i raduni pubblici o il luogo in cui si svolgono, quando sono stati invitati [a farlo] dalla ... polizia."

Articolo 26

"I seguenti atti sono contravvenzioni, a meno che non siano commessi in circostanze che soddisfano gli elementi di un reato secondo la legge penale:

(a) organizzare e tenere ... raduni pubblici non registrati e non dichiarati;

...

(d) partecipare a raduni pubblici ... non dichiarati, seguiti dal rifiuto di lasciare il luogo in cui si sono svolti quando sono stati avvertiti e invitati [a farlo] a norma di legge dalle forze dell'ordine

...

(i) il rifiuto di lasciare immediatamente il raduno quando gli viene chiesto [di farlo] dalle forze dell'ordine secondo la legge;

..."

35. Le disposizioni pertinenti della legge n. 61/1991 sulla punizione degli atti che violano alcune norme della convivenza sociale e dell'ordine pubblico e della pace, come in vigore all'epoca dei fatti, recitano come segue:
Articolo 3

"La commissione di uno dei seguenti atti costituisce una contravvenzione, a meno che non siano commessi in circostanze che costituiscono un reato secondo la legge penale:

...

2. formare un gruppo di tre o più persone al fine di commettere atti illeciti contrari all'ordine pubblico e alla pace e alle norme di convivenza sociale, nonché gli atti di incoraggiamento e sostegno, sotto qualsiasi forma, di tali gruppi di persone che incitano al disordine sociale;

..."

Articolo 4

"1. Le contravvenzioni di cui all'articolo 3 sono punite come segue:

...

(c) con una multa da 500 lei a 1.500 lei, quelle di cui al paragrafo 2 ...;

..."

LA LEGGE

I. PRESUNTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 10 E 11 DELLA CONVENZIONE

36. Il ricorrente lamentava che la sentenza definitiva del 10 giugno 2015 del Tribunale della Contea di Bucarest, che confermava la sanzione inflittagli, aveva violato i suoi diritti alla libertà di espressione e di riunione pacifica previsti dagli articoli 10 e 11 della Convenzione, le cui parti pertinenti recitano come segue:
Articolo 10

"1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Questo diritto include la libertà di opinione e la libertà di ricevere e di comunicare informazioni e idee senza interferenze da parte della pubblica autorità e senza riguardo alle frontiere...

2. L'esercizio di queste libertà, in quanto comporta doveri e responsabilità, può essere sottoposto alle formalità, condizioni, restrizioni o sanzioni previste dalla legge e necessarie in una società democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale, dell'integrità territoriale o della pubblica sicurezza, per la prevenzione di disordini o reati, per la protezione della salute o della morale, per la protezione della reputazione o dei diritti altrui..."

Articolo 11

"1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione pacifica e alla libertà di associazione con altri ...

2. Nessuna restrizione è ammessa all'esercizio di tali diritti se non quelle previste dalla legge e necessarie, in una società democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale o della pubblica sicurezza, per la prevenzione di disordini o reati, per la protezione della salute o della morale o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui..."

Ammissibilità
Le osservazioni delle parti
(a) Il Governo

37. Il Governo ha sostenuto che, alla luce della giurisprudenza della Corte, ossia Kudrevičius e altri c. Lituania ([GC], n. 37553/05, § 85, CEDU 2015), il caso del ricorrente doveva essere esaminato solo dall'angolazione dell'articolo 11 della Convenzione, che era lex specialis rispetto all'articolo 10. Hanno indicato, tuttavia, che le loro osservazioni relative all'articolo 11 si applicavano anche all'articolo 10.
38. Essi sostenevano inoltre che, secondo il rapporto della polizia e la sentenza dei giudici nazionali, il ricorrente era stato punito perché aveva commesso atti contrari all'ordine pubblico a causa del modo in cui aveva scelto di protestare, in particolare ammanettandosi alla barriera del cancello di accesso al palazzo del governo. Non era stato punito per la sua partecipazione alla protesta, per le opinioni personali espresse o per il contenuto degli slogan scanditi in quell'occasione, o perché non aveva dato il preavviso necessario per l'assemblea.
39. Pertanto l'articolo 11, che conferiva al ricorrente il diritto di riunirsi pacificamente, non era applicabile nel caso di specie.
(b) Il ricorrente

40. Il ricorrente non era d'accordo con le affermazioni del Governo secondo cui né l'articolo 10 né l'articolo 11 erano applicabili nel suo caso. Il Governo non aveva spiegato perché l'articolo 10 fosse inapplicabile e il ricorrente esprimeva l'opinione che il suo caso potesse essere considerato sotto entrambi gli articoli.
41. Il suo caso era simile a quello di Tatár e Fáber c. Ungheria (nn. 26005/08 e 26160/08, 12 giugno 2012) e pertanto la Corte doveva dichiarare ammissibile il suo reclamo ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione. Era stato sanzionato per un disordine che era stato il risultato del ricorrente e di alcune altre persone che avevano espresso la loro opinione in modo provocatorio, ma pacifico. La manifestazione era stata molto breve, non si era rivolta a nessun gruppo particolare di persone e, poiché non era stata pubblicizzata in anticipo, non era stata concepita per attirare una grande folla, il che avrebbe giustificato misure specifiche da parte delle autorità. L'obiettivo era solo quello di raccogliere il sostegno del pubblico.
42. Per quanto riguarda gli argomenti del Governo secondo cui l'articolo 11 della Convenzione era inapplicabile perché il raduno non era stato pacifico (si veda il paragrafo 40 sopra), il ricorrente ha sostenuto che la manifestazione non era stata violenta e che egli era rimasto passivo e silenzioso per tutta la durata, anche quando si era staccato dalla barriera.
La valutazione della Corte
43. La Corte osserva che le circostanze esatte che hanno portato alla multa del ricorrente, compresa l'esatta cronologia delle sue azioni del 27 e 28 agosto 2013, rimangono in qualche misura poco chiare (cfr. paragrafi 7-14, 15-16, 24 e 30). Le autorità nazionali e i giudici non hanno affrontato e chiarito questo punto.
44. Ciononostante, la Corte osserva che nel presentare le sue denunce ai sensi degli articoli 10 e 11 della Convenzione, il ricorrente ha presentato la propria versione degli eventi, nonché prove scritte e video a sostegno, che non sono state contestate come tali dal Governo (vedere i paragrafi 7-15 e 41-42 sopra, e 53-58 sotto). La Corte nota inoltre che la versione del ricorrente degli eventi sembra essere ampiamente coerente con le prove da lui presentate, le conclusioni dei tribunali nazionali e il rapporto di polizia (vedi paragrafi 15, 21-24 e 30-32 sopra). Pertanto, ritiene ragionevole accettare la versione degli eventi del ricorrente.
45. La Corte osserva che il ricorrente non ha negato in nessuna fase del procedimento interno o davanti alla Corte di aver avuto l'intenzione di organizzare e partecipare alla manifestazione del 28 agosto 2013 insieme ad altre tre persone. Inoltre, è chiaro che sia la manifestazione stessa che i cartelli che il ricorrente e le altre persone tenevano in mano erano stati concepiti e miravano a inviare un messaggio diretto sia al governo in carica che al pubblico in generale (si veda il successivo paragrafo 56). Inoltre, nel motivare la sanzione inflitta al ricorrente, le autorità preposte all'applicazione della legge hanno fatto espresso riferimento al messaggio lanciato dai partecipanti alla manifestazione (si veda il paragrafo 15).
46. In queste circostanze, la Corte non può accettare che la sanzione inflitta al ricorrente possa essere dissociata dalle opinioni da lui espresse attraverso le sue azioni o avallare l'argomentazione del governo secondo cui il ricorrente è stato punito solo per aver commesso atti che incidono sull'ordine pubblico (cfr. paragrafo 38 supra). A questo proposito, la Corte osserva che ha costantemente ritenuto applicabile l'articolo 10 alle opinioni o ai pareri espressi attraverso i comportamenti (si veda Mătăsaru c. Repubblica di Moldova, nn. 69714/16 e 71685/16, § 29, 15 gennaio 2019, con ulteriori riferimenti).
47. Nella misura in cui gli argomenti del Governo possono essere intesi nel senso di suggerire che l'articolo 11, o l'articolo 10 per quella materia, fosse inapplicabile perché il raduno non era stato pacifico (si vedano i paragrafi 40 e 42 supra), la Corte osserva che la condotta del ricorrente, pur comportando l'ammanettamento a una barriera e alcuni danni subiti dalle rotaie di tale barriera (si veda il paragrafo 11 supra), non equivaleva alla violenza né incitava ad essa, e nessuno fu ferito durante la manifestazione in cui era coinvolto (si veda Olga Kudrina v. Russia, no. 34313/06, §§ 53-54, 6 aprile 2021, con ulteriori riferimenti). Infatti, né il rapporto di polizia prodotto il 28 agosto 2013 né le sentenze dei tribunali nazionali menzionano espressamente l'uso o la minaccia di violenza da parte del ricorrente nei confronti di persone o l'inflizione di danni fisici a qualcuno. Inoltre, il danno alle rotaie della barriera è stato fatto da uno dei funzionari delle forze dell'ordine nel tentativo di rimuovere il ricorrente e non dal ricorrente stesso (cfr. paragrafo 11 sopra) e non vi è alcuna indicazione che le autorità nazionali o i tribunali abbiano ritenuto il ricorrente responsabile del suddetto danno. Il Governo non ha presentato alcuna prova che le accuse per violenza fisica o per danneggiamento della proprietà pubblica siano state presentate contro il ricorrente o gli altri partecipanti.
48. La Corte è quindi del parere che i fatti del caso del ricorrente rientrino nell'ambito di applicazione degli articoli 10 e 11 della Convenzione. Ne consegue che l'obiezione del Governo relativa all'applicabilità di questi articoli deve essere respinta.
49. La Corte rileva inoltre che il ricorso non è manifestamente infondato né irricevibile per altri motivi elencati all'articolo 35 della Convenzione. Deve pertanto essere dichiarato ricevibile.
Merito
Gli argomenti delle parti
(a) Il ricorrente

50. Il ricorrente ha sostenuto di aver invocato sia l'articolo 10 che l'articolo 11 nei suoi ricorsi dinanzi ai giudici nazionali e alla Corte a causa delle circostanze specifiche del caso che erano risultate dall'approccio dei giudici nazionali nell'esaminarlo. Entrambi i tribunali avevano indicato che l'atto illegale in cui il ricorrente aveva cospirato con altri era stato quello di partecipare a un raduno che era stato illegale perché non aveva rispettato l'obbligo di notifica preventiva stabilito dalla legge. Il tribunale distrettuale aveva specificamente dichiarato che anche le proteste spontanee come quella in cui il ricorrente era stato coinvolto dovevano rispettare l'obbligo di notifica preventiva (cfr. paragrafo 22 sopra). Tale tribunale aveva fatto riferimento solo molto brevemente nella sua valutazione alla forma di protesta scelta dal ricorrente e solo al momento di considerare la proporzionalità della sanzione inflittagli (cfr. paragrafo 23).
51. Il ricorrente ha spiegato che il 28 agosto 2013 aveva intenzione di rispondere rapidamente ed esprimere il suo disaccordo con l'iniziativa del governo. Aveva optato per un modo più provocatorio per mostrare la sua insoddisfazione e per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla questione perché le varie altre forme di protesta che erano state utilizzate prima del 28 agosto 2013 non avevano dato risultati. Il fatto che la protesta fosse stata filmata e che il filmato fosse stato diffuso online (si veda il paragrafo 9) dimostra che egli aveva solo l'intenzione di mostrare la sua insoddisfazione per l'iniziativa in questione e di attirare l'attenzione del pubblico su di essa. La sua protesta era stata seguita da grandi manifestazioni più tardi lo stesso anno contro il progetto minerario di Roșia Montană che avevano infine portato alla cancellazione del progetto (cfr. paragrafo 33 sopra).
52. Il ricorrente ha sostenuto che la sanzione inflittagli era stata un'interferenza nei suoi diritti alla libertà di espressione o alla libertà di riunione che, date le circostanze della sua protesta, non era stata necessaria in una società democratica. Non era quindi necessario che egli si soffermasse sulla prevedibilità della legge che prevedeva la sua punizione.
53. Il ricorrente riconosceva che la misura aveva perseguito lo scopo legittimo di proteggere l'ordine pubblico. Tuttavia, non poteva concordare sul fatto che la misura fosse stata finalizzata a prevenire il turbamento dell'attività di un'istituzione pubblica. Il filmato degli eventi e la sentenza dei tribunali avevano chiaramente dimostrato che l'attività dell'istituzione non era stata affatto disturbata. Il cancello utilizzato per la protesta era lontano dall'edificio e nessuno aveva tentato di utilizzarlo durante la protesta. La protesta era stata silenziosa e nessuno dei partecipanti aveva intrapreso altre azioni che avrebbero potuto disturbare l'attività degli occupanti dell'edificio.
54. La manifestazione era stata di brevissima durata e non aveva portato alla distruzione di beni pubblici. Il traffico pedonale nella zona non era stato influenzato, il pubblico di passaggio non si era radunato per guardare ciò che stava accadendo e non c'era stata alcuna indignazione pubblica per la protesta o qualsiasi grave interruzione intenzionale delle attività pubbliche. Inoltre, l'imposizione di un preavviso obbligatorio di tre giorni anche per le proteste spontanee e il fatto che le autorità non abbiano dimostrato un alto grado di tolleranza nei confronti della sua protesta, dato che era stato allontanato dalla barriera e portato in una stazione di polizia quasi immediatamente, era in contrasto con la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sull'articolo 11 della Convenzione. Pertanto, non vi era stata alcuna pressante necessità sociale per le autorità di punire il ricorrente.
55. I giudici nazionali non avevano fornito ragioni pertinenti e sufficienti per spiegare l'ingerenza nei suoi diritti tutelati dall'articolo 10 o dall'articolo 11. Avevano ignorato gli argomenti che egli aveva sollevato a questo proposito e si erano limitati a considerare che l'ingerenza era stata giustificata perché egli aveva scelto di protestare senza rispettare il quadro giuridico pertinente che richiedeva una notifica preventiva della protesta.
(b) Il governo

56. Ribadendo i loro argomenti sopra menzionati (si veda il paragrafo 38), il Governo ha sostenuto che la misura imposta al ricorrente non aveva costituito un'ingerenza nel suo diritto alla libertà di riunione pacifica.
57. Anche supponendo che ci fosse stata un'interferenza con il diritto del ricorrente, l'interferenza in questione era stata prescritta dalla legge. Inoltre, cercando di impedire l'interruzione delle attività all'interno del palazzo del governo, aveva perseguito gli scopi legittimi di prevenire i disordini e di proteggere i diritti e le libertà degli altri. Inoltre, era stato necessario in una società democratica.
58. Le autorità nazionali non avevano impedito al ricorrente di partecipare alla manifestazione in questione e lo avevano punito infliggendogli solo l'ammenda minima prevista dalla legge. Nella loro valutazione del caso, i giudici avevano trovato un giusto equilibrio tra gli interessi in gioco. Avevano debitamente esaminato la contestazione del ricorrente contro il rapporto di polizia e le sue argomentazioni e avevano constatato che le sue azioni avevano violato il quadro giuridico a tutela dell'ordine pubblico basandosi su motivi pertinenti e sufficienti.
(c) I terzi intervenienti

59. Nel loro intervento congiunto, The Open Society Justice Initiative e Greenpeace Romania hanno sostenuto che il caso del ricorrente forniva alla Corte l'opportunità di riconoscere che le proteste ostruzionistiche o simboliche, talvolta denominate azioni dirette non violente, costituivano una forma importante di comunicazione in una società democratica protetta dall'articolo 10 e non dovevano essere soggette a obblighi di notifica. In alternativa, nel caso in cui la Corte dovesse ritenere che la condotta del ricorrente dovesse essere esaminata come un'assemblea pacifica protetta dall'articolo 11, potrebbe riconoscere che qualsiasi obbligo di notifica per le assemblee dovrebbe prevedere eccezioni per circostanze speciali che giustificano una risposta immediata, e che una di queste circostanze era la recente adozione senza previa consultazione di una legislazione che riguarda una comunità.
60. Come si poteva evincere dalla giurisprudenza della Corte e dalle opinioni espresse dalla Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa, le questioni chiave che la Corte doveva considerare nel decidere se la condotta del ricorrente fosse un'espressione ai sensi dell'articolo 10 o un'assemblea pacifica ai sensi dell'articolo 11 erano se: (i) la condotta implicava un raduno intenzionale di ulteriori partecipanti; (ii) la facilitazione dell'evento da parte delle autorità avrebbe potuto oggettivamente essere considerata necessaria, e il mancato preavviso aveva impedito loro di farlo; e (iii) un requisito di preavviso avrebbe interferito con la forma prevista della protesta, dato che la protesta comportava un elemento di confronto o sorpresa o era una risposta immediata a un evento in corso.
61. I terzi intervenienti hanno ritenuto che, poiché nel caso del ricorrente si poteva rispondere negativamente alle prime due domande e positivamente alla terza, la sua protesta doveva essere esaminata ai sensi dell'articolo 10 letto alla luce dell'articolo 11, piuttosto che dell'articolo 11 da solo.
La valutazione della Corte
(a) Principi generali

62. La Corte ribadisce che la libertà di espressione costituisce uno dei fondamenti essenziali di una società democratica e una delle condizioni fondamentali per il suo progresso e l'autorealizzazione di ogni individuo. Fatto salvo il paragrafo 2 dell'articolo 10, essa è applicabile non solo alle "informazioni" o alle "idee" che sono accolte favorevolmente o considerate inoffensive o indifferenti, ma anche a quelle che offendono, scandalizzano o disturbano. Tali sono le esigenze del pluralismo, della tolleranza e dell'apertura mentale, senza le quali non esiste una "società democratica" (si veda Handyside c. Regno Unito, 7 dicembre 1976, § 49, serie A n. 24, e Jersild c. Danimarca, 23 settembre 1994, § 37, serie A n. 298).
63. Inoltre, l'articolo 10 protegge non solo la sostanza delle idee e delle informazioni espresse, ma anche la forma in cui sono trasmesse (si veda Oberschlick c. Austria (n. 1), 23 maggio 1991, § 57, serie A n. 204; Thoma c. Lussemburgo, no. 38432/97, § 45, CEDU 2001-III; e Women On Waves e altri c. Portogallo, no. 31276/05, § 30, 3 febbraio 2009).
64. Allo stesso modo, il diritto alla libertà di riunione è un diritto fondamentale in una società democratica e, come il diritto alla libertà di espressione, è uno dei fondamenti di tale società. Pertanto, non dovrebbe essere interpretato in modo restrittivo (si veda Djavit An c. Turchia, no. 20652/92, § 56, CEDU 2003-III, e Barraco c. Francia, no. 31684/05, § 41, 5 marzo 2009). Occorre sempre trovare un equilibrio tra le finalità legittime elencate nell'articolo 11 § 2 e il diritto alla libera espressione delle opinioni con la parola, il gesto o anche il silenzio da parte delle persone riunite in strada o in altri luoghi pubblici (si veda Ezelin c. Francia, 26 aprile 1991, § 52, serie A n. 202).
65. Tuttavia, l'articolo 11 della Convenzione protegge soltanto il diritto di "riunione pacifica". Tale nozione non copre una manifestazione in cui gli organizzatori e i partecipanti hanno intenzioni violente (si veda Stankov e l'Organizzazione macedone unita Ilinden c. Bulgaria, nn. 29221/95 e 29225/95, § 77, CEDU 2001-IX, e Galstyan c. Armenia, n. 26986/03, § 101, 15 novembre 2007). Nondimeno, anche se esiste un rischio reale che una manifestazione pubblica sfoci in disordini a causa di sviluppi al di fuori del controllo di coloro che la organizzano, tale manifestazione non esula dall'ambito di applicazione dell'articolo 11 § 1, ma qualsiasi restrizione posta a tale assemblea deve essere conforme ai termini del paragrafo 2 di tale articolo (si veda Schwabe e M.G. c. Germania, nn. 8080/08 e 8577/08, § 103, CEDU 2011 (estratti)).
66. Infine, la Corte ribadisce che qualsiasi misura che interferisca con la libertà di riunione e di espressione al di fuori dei casi di incitamento alla violenza o di rifiuto dei principi democratici rende un cattivo servizio alla democrazia e spesso la mette addirittura in pericolo (si veda Fáber c. Ungheria, n. 40721/08, § 37, 24 luglio 2012).
(b) Applicazione di questi principi al caso di specie

(i) Portata della valutazione della Corte

67. La Corte osserva che le questioni della libertà di espressione e della libertà di riunione pacifica sono strettamente collegate nel caso di specie. Infatti, la protezione delle opinioni personali, assicurata dall'articolo 10 della Convenzione, è uno degli obiettivi della libertà di riunione pacifica sancita dall'articolo 11 della Convenzione (si veda Taranenko c. Russia, no. 19554/05, § 68, 15 maggio 2014, con ulteriori riferimenti).
68. Le parti e i terzi intervenienti hanno presentato argomenti sia ai sensi dell'articolo 10 che dell'articolo 11 e hanno esposto varie opzioni che la Corte potrebbe scegliere per quanto riguarda la sua valutazione del caso in termini dell'articolo più pertinente a tale riguardo (si vedano i paragrafi 37, 40, 50, 59 e 61 supra).
69. Date le spiegazioni dettagliate fornite dal ricorrente circa lo scopo e la portata della manifestazione che aveva inscenato e a cui aveva partecipato (si vedano i paragrafi 51 e 54 supra), la Corte ritiene che l'essenza della sua denuncia sia che egli è stato punito per aver protestato, insieme ad altri partecipanti all'azione diretta non violenta, contro le politiche del governo. La Corte è quindi persuasa che l'evento abbia costituito prevalentemente un'espressione, tanto più che ha coinvolto solo quattro persone ed è durato un tempo molto breve (si veda il precedente paragrafo 10 e, mutatis mutandis, Tatár e Fáber, sopra citato, § 29). Inoltre, essendo il risultato di una decisione piuttosto spontanea (si vedano i paragrafi 7 e 30 supra) e mancando qualsiasi pubblicità preventiva, è difficile concepire che un tale evento avrebbe potuto generare la presenza di ulteriori partecipanti o il raduno di una folla significativa che giustificasse misure specifiche da parte delle autorità (ibidem).
70. La Corte ritiene pertanto opportuno esaminare il caso di specie ai sensi dell'articolo 10, che sarà tuttavia interpretato alla luce dell'articolo 11 (si veda Women On Waves e altri, sopra citata, § 28, e Taranenko, sopra citata, § 69).
(ii) Esistenza di un'interferenza

71. La Corte osserva che le parti non sono d'accordo sul fatto che la misura adottata nei confronti del ricorrente abbia costituito un'ingerenza nel suo diritto alla libertà di espressione (si vedano i paragrafi 52 e 56 supra).
72. La Corte ha stabilito che la misura in questione non poteva essere interpretata come se avesse riguardato solo il comportamento del ricorrente in quanto tale e non anche le opinioni e il messaggio da lui espressi attraverso le sue azioni (si veda il precedente paragrafo 51). Ne consegue che vi è stata un'ingerenza nel suo diritto alla libertà di espressione (si veda Tatár e Fáber, sopra citata, § 30).
73. Una tale ingerenza porterà alla constatazione di una violazione dell'articolo 10 della Convenzione, a meno che non fosse prescritta dalla legge, perseguisse uno scopo legittimo e fosse necessaria in una società democratica per raggiungere tale scopo (ibidem).
(iii) Prescritto dalla legge

74. La Corte nota che mentre il Governo ha sostenuto che l'interferenza con il diritto del ricorrente era stata legittima, il ricorrente ha ritenuto che l'interferenza non fosse necessaria in una società democratica, il che ha reso superfluo elaborare la prevedibilità della legge che prevedeva la sua punizione, suggerendo che egli considerava l'interferenza con il suo diritto come illegittima (vedere i paragrafi 52 e 57 di cui sopra).
75. I principi pertinenti per la valutazione della liceità di un'ingerenza, compresi i requisiti di accessibilità e prevedibilità della legge, sono esposti in Kudrevičius e altri (citato sopra, §§ 108-110).
76. La Corte osserva che la base giuridica dell'ammenda inflitta alla ricorrente era l'articolo 3 § 2 della legge n. 61/1991 letto alla luce dell'articolo 26 § 1 (a) della legge n. 60/1991 (si vedano i precedenti paragrafi 15 e 30).
77. Tuttavia, il riferimento a questa disposizione per la sanzione, ossia l'articolo 3 § 2 della legge n. 61/1991, è stato contestato dal ricorrente dinanzi ai giudici nazionali in quanto la base giuridica della sua punizione avrebbe dovuto essere la legge n. 60/1991. Per le ragioni da lui sottolineate ai paragrafi 17-19, il ricorrente ha contestato di aver formato un gruppo di tre o più persone al fine di commettere atti illeciti, violando la pace e l'ordine pubblico e le norme di convivenza sociale come richiesto dalla legge n. 61/1991. Egli ha anche sostenuto davanti ai giudici che sul luogo della protesta le forze dell'ordine si erano basate sulla procedura della legge n. 60/1991 e non avevano fatto alcun riferimento alla legge n. 61/1991. Dato che le sue azioni potevano essere considerate come costituenti l'organizzazione e la partecipazione a un raduno pubblico privo della necessaria notifica preventiva, la sua punizione sarebbe stata legittima solo se fosse stato punito sulla base dell'articolo 26 della legge n. 60/1991 (si veda il precedente paragrafo 26).
78. I giudici nazionali hanno respinto i suddetti argomenti del ricorrente in quanto la qualificazione giuridica delle sue azioni ai sensi dell'articolo 3 § 2 della legge n. 61/1991 era stata giustificata dal fatto che la forma di protesta scelta dal ricorrente aveva violato la legge n. 60/1991, equivalendo quindi a un atto illecito, e il suo essersi ammanettato alla barriera e l'espressione fatta potevano essere considerati atti che avevano violato la pace e l'ordine pubblico e le norme di convivenza sociale. Il ricorrente non aveva addotto ragioni che potessero giustificare lo svolgimento di questa forma di protesta senza seguire la procedura preliminare prevista dalla legge n. 60/1991 di dichiarazione alle autorità dei raduni pubblici, e non si poteva dire che la disciplina prevista dalla legge n. 60/1991 non avesse contemplato le forme spontanee di protesta in quanto richiedeva una dichiarazione preventiva su qualsiasi tipo di raduno pubblico. Non c'era dubbio che l'accordo di incontrarsi con altre tre persone in un certo luogo e in una certa ora allo scopo di condurre una riunione non autorizzata soddisfacesse le condizioni della contravvenzione prevista dall'articolo 3 § 2 della legge n. 61/1991 letta alla luce dell'articolo 26 § 1 (a) della legge n. 60/1991. Inoltre, l'argomento secondo cui le autorità avrebbero dovuto basarsi sulla legge n. 60/1991 piuttosto che sulla legge n. 61/1991 per imporre la sanzione è infondato perché le due leggi sono complementari e non si escludono a vicenda. Accettare il punto di vista del ricorrente avrebbe significato che i casi di disturbo dell'ordine pubblico e della pace che non erano stati coperti dalla legge n. 60/1991 sarebbero rimasti impuniti. Dato il contenuto del quadro giuridico applicabile che richiedeva una notifica scritta almeno tre giorni prima della data della protesta, la misura presa nei confronti del ricorrente non aveva violato il suo diritto alla libertà di espressione (cfr. paragrafi 21-24 e 30-32 sopra).
79. La Corte ribadisce che il suo potere di controllare il rispetto del diritto interno è limitato, poiché spetta principalmente alle autorità nazionali, in particolare ai tribunali, interpretare e applicare il diritto interno (si veda, tra le altre autorità, Kudrevičius e altri, sopra citata, § 110, e Satakunnan Markkinapörssi Oy e Satamedia Oy c. Finlandia [GC], no. 931/13, § 144, 27 giugno 2017). A meno che l'interpretazione sia arbitraria o manifestamente irragionevole, il ruolo della Corte si limita a verificare se gli effetti di tale interpretazione siano compatibili con la Convenzione (si veda Centre for Democracy and the Rule of Law c. Ucraina, n. 10090/16, § 108, 26 marzo 2020, con ulteriori riferimenti).
80. La Corte osserva che nulla nel linguaggio delle leggi nn. 60/1991 e 61/1991 (si vedano i paragrafi 34-35 supra) la induce a ritenere che la valutazione dei giudici nazionali secondo cui le disposizioni di queste due leggi sono complementari e non si escludono a vicenda fosse arbitraria o manifestamente irragionevole (si veda il paragrafo 78 supra). Inoltre, le parti non hanno presentato alcun elemento di prova che suggerisca che la suddetta conclusione dei giudici vada contro la prassi giuridica consolidata. Pertanto, la Corte è pronta ad accettare che le due leggi in questione fossero complementari e potessero essere lette congiuntamente.
81. 81. Come indicato anche dalla valutazione dei giudici nazionali, la Corte osserva inoltre che una lettura congiunta delle leggi n. 60/1991 e 61/1991 suggerisce che qualsiasi raduno pubblico - non importa quanto piccolo o breve, indipendentemente dalla sua natura, vale a dire assemblea o espressione, e indipendentemente dal suo potenziale di causare disturbi alla vita ordinaria - potrebbe essere dichiarato illegale a meno che una dichiarazione sia stata presentata alle autorità al più tardi tre giorni prima dell'evento. Indipendentemente dal fatto che fosse associata ad altri atti che potevano essere considerati come violazioni della pace e dell'ordine pubblico e delle norme di convivenza sociale, questa trasgressione da sola dava la possibilità alle autorità di imporre una sanzione per tale evento.
82. Pertanto, il quadro normativo in questione prevedeva un'interpretazione ampia di ciò che costituiva un evento soggetto a notifica preliminare e conferiva alle autorità una discrezionalità piuttosto ampia nell'imporre restrizioni a tali eventi, in assenza della suddetta notifica.
83. La Corte osserva inoltre che, come suggerito dal Governo (si vedano i paragrafi 38 e 56 supra) e le conclusioni del rapporto di polizia (si veda il paragrafo 15 supra), a parte la questione dell'esistenza o meno di una notifica preventiva, il comportamento scelto dal ricorrente e dagli altri partecipanti per diffondere il loro messaggio, ossia ammanettarsi a una barriera del parcheggio, preso da solo, avrebbe potuto essere considerato come equivalente a un atto illecito contrario all'ordine pubblico e alla pace e alle norme di convivenza sociale, dando quindi luogo alla possibilità che la sanzione gli fosse imposta.
84. Alla luce di quanto precede, la Corte è disposta ad ammettere che il quadro giuridico interno pertinente applicato nel caso del ricorrente per imporgli la sanzione era formulato in modo sufficientemente chiaro per soddisfare il requisito della prevedibilità ai sensi dell'articolo 10 § 2 della Convenzione.
85. Pertanto, la Corte ritiene che l'ingerenza nel diritto del ricorrente fosse "prescritta dalla legge".
(iv) Scopo legittimo

86. La Corte osserva che le parti hanno convenuto, esplicitamente o implicitamente, che la sanzione in questione mirava a proteggere l'ordine pubblico e i diritti e le libertà altrui (si vedano i paragrafi 53 e 57 supra), anche se il ricorrente sembrava indicare che il suo accordo dipendeva dal fatto che le finalità in questione potessero essere lette nel senso che le autorità cercavano di impedire il turbamento dell'attività dell'istituzione pubblica in questione (si veda il paragrafo 53 supra).
87. La Corte può ammettere che la sanzione inflitta al ricorrente per aver organizzato o partecipato alla protesta in questione, per la quale non era stata fatta alcuna dichiarazione preventiva, potesse essere finalizzata alla prevenzione dei disordini e alla protezione dei diritti e delle libertà altrui (si veda, mutatis mutandis, Tatár e Fáber, sopra citata, § 32, e Novikova e altri c. Russia, nn. 25501/07 e 4 altri, § 147, 26 aprile 2016).
88. Pertanto, si procederà sul presupposto che la misura nei confronti del ricorrente abbia perseguito gli scopi legittimi citati dal Governo.
(v) Necessario in una società democratica

89. La Corte ribadisce che il test della "necessità in una società democratica" impone alla Corte di determinare se l'ingerenza lamentata corrispondeva a un "bisogno sociale pressante". Gli Stati contraenti hanno un certo margine di apprezzamento nel valutare l'esistenza di tale necessità, ma esso va di pari passo con il controllo europeo, abbracciando sia la legislazione che le decisioni che la applicano, anche quelle emesse da un tribunale indipendente. La Corte ha quindi il potere di pronunciarsi in via definitiva sulla conciliabilità di una "restrizione" con la libertà di espressione tutelata dall'articolo 10 (si veda, tra le altre autorità, Association Ekin v. France, no. 39288/98, § 56, CEDU 2001-VIII, e Perna c. Italia [GC], no. 48898/99, § 39, CEDU 2003-V).
90. Il compito della Corte nell'esercizio della sua funzione di vigilanza non è quello di sostituirsi ai tribunali interni competenti, ma piuttosto di riesaminare ai sensi dell'articolo 10 le decisioni che essi hanno preso in virtù del loro margine di apprezzamento (si veda Fressoz e Roire c. Francia [GC], no. 29183/95, § 45, CEDU 1999-I). Ciò non significa che il controllo si limiti ad accertare se lo Stato convenuto abbia esercitato la sua discrezionalità in modo ragionevole, attento o in buona fede; la Corte esamina l'ingerenza lamentata alla luce del caso nel suo complesso, compresi il contenuto della dichiarazione ritenuta contro il ricorrente e il suo contesto (si veda News Verlags GmbH & CoKG c. Austria, no. 31457/96, § 52, CEDU 2000-I).
91. In particolare, la Corte deve determinare se le ragioni addotte dalle autorità nazionali per giustificare l'ingerenza fossero "pertinenti e sufficienti", e se la misura adottata fosse "proporzionata agli scopi legittimi perseguiti" (si veda Chauvy e altri c. Francia, n. 64915/01, § 70, CEDU 2004-VI). Nel fare ciò, la Corte deve accertarsi che le autorità nazionali, basandosi su una valutazione accettabile dei fatti pertinenti, abbiano applicato norme conformi ai principi sanciti dall'articolo 10 (si veda Zana c. Turchia, 25 novembre 1997, § 51, Reports of Judgments and Decisions 1997-VII).
92. Nel caso del ricorrente, la Corte ha stabilito che lui e gli altri partecipanti alla manifestazione desideravano attirare l'attenzione dei loro concittadini e dei funzionari pubblici sulla loro disapprovazione delle politiche del governo relative al progetto minerario di Roșia Montană (cfr. paragrafi 45 e 69 supra). Si trattava di un argomento di interesse pubblico che contribuiva al dibattito in corso nella società sull'impatto di questo progetto e sull'esercizio dei poteri governativi e politici che lo avevano reso possibile. La Corte ribadisce a questo proposito che, ai sensi dell'articolo 10 § 2 della Convenzione, c'è poco spazio per restrizioni al discorso politico o ai dibattiti su questioni di interesse pubblico. E' stato l'approccio costante della Corte a richiedere ragioni molto forti per giustificare le restrizioni al dibattito politico, poiché ampie restrizioni imposte in singoli casi inciderebbero senza dubbio sul rispetto della libertà di espressione in generale nello Stato interessato (si veda Sürek c. Turchia (n. 1) [GC], n. 26682/95, § 61, CEDU 1999-IV, e Feldek c. Slovacchia, n. 29032/95, § 83, CEDU 2001-VIII).
93. La Corte osserva a questo proposito che l'azione di protesta si è svolta in una piazza liberamente aperta al pubblico (si veda il precedente paragrafo 15). La manifestazione è stata interrotta rapidamente dalle forze dell'ordine e il ricorrente e gli altri partecipanti sono stati portati in una stazione di polizia e multati dopo aver avuto pochissimo tempo per esprimere le loro opinioni (si vedano i paragrafi 9-15 e 44 supra). I tribunali nazionali sembrano aver trattato la situazione derivante dalla protesta della ricorrente come una questione che rientra principalmente nell'ambito delle norme riguardanti le manifestazioni pubbliche che richiedono una notifica preventiva e l'esercizio del diritto alla libertà di riunione pacifica (cfr. paragrafi 21-24 e 30-32 sopra). Pertanto, la Corte ritiene particolarmente pertinente a questo punto fare riferimento ai principi che ha stabilito nel contesto dell'articolo 11 della Convenzione.
94. Essa ribadisce che se le norme che disciplinano le assemblee pubbliche, come il sistema di notifica preventiva, possono essere essenziali per il regolare svolgimento delle manifestazioni pubbliche, nella misura in cui consentono alle autorità di ridurre al minimo i disagi al traffico e di adottare altre misure di sicurezza, la loro applicazione non può diventare fine a se stessa (si veda Novikova e altri, sopra citata, § 163, con ulteriori riferimenti). La Corte ribadisce la sua posizione costante secondo cui una situazione di illegalità, come quella derivante, secondo la legge rumena, dall'allestimento di una manifestazione senza previa notifica, non giustifica necessariamente (cioè, da sola) un'interferenza con il diritto di una persona alla libertà di riunione (si veda Kudrevičius e altri, sopra citata, § 150). In altre parole, l'assenza di notifica preventiva e la conseguente "illiceità" dell'evento, che le autorità considerano come un'assemblea, non danno carta bianca alle autorità; la reazione delle autorità nazionali ad un evento pubblico rimane limitata dai requisiti di proporzionalità e necessità dell'articolo 11 della Convenzione (si veda Primov e altri c. Russia, n. 17391/06, § 119, 12 giugno 2014, e Novikova e altri, sopra citata, § 163).
95. Laddove i manifestanti non si impegnino in atti di violenza, è importante che le autorità pubbliche mostrino un certo grado di tolleranza nei confronti dei raduni pacifici se non si vuole privare di ogni sostanza la libertà di riunione garantita dall'articolo 11 della Convenzione (si veda Oya Ataman c. Turchia, n. 74552/01, § 42, CEDU 2006-XIV). Il "grado di tolleranza" appropriato non può essere definito in abstracto: la Corte deve esaminare le circostanze particolari del caso e in particolare l'entità della "perturbazione della vita ordinaria", poiché è inteso che qualsiasi riunione su larga scala in un luogo pubblico crea inevitabilmente disagi per la popolazione o qualche perturbazione della vita ordinaria (si veda Primov e altri, citata, § 145, e Novikova e altri, citata, § 165). Il grado effettivo di tale tolleranza e le sue manifestazioni specifiche variano a seconda delle circostanze particolari di ogni caso, ad esempio quando la dispersione della manifestazione è prevista con il ricorso alla forza fisica (vedi Primov e altri, sopra citata, § 156-63, e Novikova e altri, sopra citata, § 166) o quando si tratta di un evento che non è stato notificato in anticipo alle autorità, ma (i) era una reazione urgente ad un evento politico in corso (vedi Bukta e altri, sopra citato, §§ 36-38, e Novikova e altri, sopra citato, § 166) o (ii) era un'azione di protesta puramente ostruzionistica che per la sua stessa natura è dubbio, in linea di principio e come una questione pratica, che potrebbe essere sottoposto a requisiti di notifica preventiva (vedi Chernega e altri v. Ucraina, n. 74768/10, § 239, 18 giugno 2019).
96. La Corte sottolinea che rimane in primo luogo nell'ambito della discrezionalità delle autorità nazionali, che hanno un contatto diretto con le persone coinvolte, determinare come reagire ad un evento pubblico (si veda Novikova e altri, sopra citata, § 169). Tuttavia, data la rilevanza dei principi sopra riassunti (si vedano i paragrafi 94-95) per il caso di specie, la Corte ritiene che il suo compito, nel trattare il reclamo del ricorrente ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione come descritto al precedente paragrafo 91, sia quello di valutare se le decisioni prese dalle autorità in relazione alla sua protesta abbiano debitamente considerato la portata della "perturbazione della vita ordinaria" da essa causata (si veda, mutatis mutandis, Novikova e altri, citata, § 168).
97. A questo proposito, la Corte osserva che nel respingere l'impugnazione del ricorrente contro il rapporto di polizia e l'ammenda inflittagli, i giudici nazionali non hanno valutato il livello di perturbazione che le sue azioni avevano causato, se del caso. Essi si sono limitati ad osservare che il ricorrente non aveva rispettato l'obbligo di dichiarazione preventiva rispetto ad una situazione che, a loro avviso, ne aveva senza dubbio richiesto uno e che il suo essersi ammanettato alla barriera e l'espressione fatta potevano essere considerati atti che avevano violato la pace e l'ordine pubblico e le norme di convivenza sociale (si vedano i paragrafi 21-24 e 30-32 sopra).
98. La Corte ribadisce che, come riconosciuto anche dai giudici nazionali, il principio di proporzionalità esige un equilibrio tra le esigenze delle finalità elencate nell'articolo 11 § 2, da un lato, e quelle della libera espressione delle opinioni con la parola, il gesto o anche il silenzio da parte delle persone riunite nelle strade o in altri luoghi pubblici, dall'altro (si veda Kudrevičius e altri, sopra citata, § 144). Tuttavia, la Corte osserva che i giudici nazionali non hanno cercato di raggiungere questo equilibrio dando il peso preponderante all'illegalità formale della manifestazione in questione (si veda Obote c. Russia, n. 58954/09, § 43, 19 novembre 2019).
99. La Corte osserva che, per quanto riguarda l'affermazione dei giudici nazionali circa la necessità di una notifica preventiva della manifestazione inscenata dalla ricorrente, essa non è stata accompagnata da alcuna apparente considerazione sul fatto se, dato il numero di partecipanti, una tale notifica sarebbe servita allo scopo di consentire alle autorità di adottare misure necessarie come quelle descritte al precedente paragrafo 94 per garantire il regolare svolgimento della manifestazione (si veda, mutatis mutandis, Novikova e altri, sopra citata, § 171). Essa osserva inoltre che l'applicazione di tale norma alle espressioni (si veda il precedente paragrafo 69) - piuttosto che alle sole assemblee - creerebbe una limitazione preventiva incompatibile con la libera comunicazione delle idee e potrebbe minare la libertà di espressione (si veda Tatár e Fáber, sopra citata, § 40).
100. Le azioni impugnate dalle autorità hanno ignorato l'enfasi ripetutamente posta dalla Corte sul fatto che l'applicazione delle norme che disciplinano le assemblee pubbliche non dovrebbe diventare un fine in sé (si veda la giurisprudenza citata ai precedenti paragrafi 94; e anche Kudrevičius e altri, sopra citata, § 155; e Obote, sopra citata, § 42).
101. La Corte osserva, infine, come sottolineato anche dai giudici nazionali, che l'ammenda inflitta al ricorrente per aver partecipato alla manifestazione in questione era l'importo minimo previsto dalla legge per l'infrazione impugnata e il ricorrente non ha sostenuto o presentato prove che il pagamento dell'ammenda fosse al di là delle sue possibilità finanziarie. Nondimeno, essa ribadisce che l'imposizione di una sanzione, amministrativa o di altro tipo, per quanto clemente, all'autore di un'espressione qualificabile come politica (si veda il precedente paragrafo 92) può avere un indesiderabile effetto raggelante sul discorso pubblico (si veda, mutatis mutandis, Tatár e Fáber, già citata, § 41).
102. Alla luce di quanto precede, la Corte ritiene che la decisione di limitare la libertà di espressione del ricorrente non fosse sostenuta da ragioni pertinenti e sufficienti ai fini del test di "necessità" ai sensi dell'articolo 10 § 2 della Convenzione. L'interferenza non era quindi necessaria in una società democratica ai sensi dell'articolo 10 della Convenzione. Vi è stata pertanto una violazione di tale articolo interpretato alla luce dell'articolo 11.
II. APPLICAZIONE DELL'ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

103. L'articolo 41 della Convenzione prevede:
"Se la Corte constata che vi è stata una violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli, e se il diritto interno dell'Alta Parte contraente interessata consente solo una riparazione parziale, la Corte accorda, se necessario, una giusta soddisfazione alla parte lesa."

Danno
104. Il ricorrente ha chiesto 113 euro (EUR) a titolo di danno patrimoniale corrispondente all'importo della multa inflittagli dalle autorità. Egli ha presentato copia di una ricevuta che attesta il pagamento dell'importo richiesto.
105. Il ricorrente ha anche chiesto 5.000 euro a titolo di danno non patrimoniale per la violazione dei suoi diritti da parte delle autorità nazionali.
106. Il governo ha sostenuto che il ricorrente non aveva diritto a un riconoscimento per il danno patrimoniale, date le ragioni fornite dalle autorità nazionali per le loro azioni.
107. Per quanto riguarda la richiesta del ricorrente relativa al danno non patrimoniale, il Governo ha sostenuto che essa era eccessiva e che l'eventuale constatazione di una violazione avrebbe costituito una sufficiente giusta soddisfazione nel suo caso.
108. La Corte osserva che esiste un chiaro legame tra l'ammenda inflittagli dalle autorità nazionali e l'importo da lui pagato. La Corte concede quindi al ricorrente 113 euro, più le imposte eventualmente applicabili, a titolo di danno patrimoniale.
109. Per quanto riguarda la domanda del ricorrente relativa al danno non patrimoniale, la Corte ritiene che la semplice constatazione di una violazione da parte della Corte non sia sufficiente a compensare il senso di ingiustizia e di frustrazione che il ricorrente deve aver provato a causa della sanzione impostagli. Effettuando la sua valutazione su base equitativa, la Corte concede quindi al ricorrente 5.000 euro, oltre a qualsiasi imposta applicabile, per il danno non patrimoniale.
Costi e spese
110. Il ricorrente ha anche chiesto EUR 1.872 per i costi e le spese sostenute per la sua rappresentanza legale davanti alla Corte, da pagare direttamente al suo rappresentante. Egli ha presentato un accordo da lui firmato con il suo avvocato per quanto riguarda la tariffa oraria applicata dall'avvocato, e una ripartizione del numero di ore lavorate dall'avvocato sulla causa, per un totale di EUR 1.872.
111. Il Governo ha sostenuto che la Corte dovrebbe concedere al ricorrente solo un importo corrispondente alle sue spese effettive che sono state provate e necessariamente sostenute.
112. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente ha diritto al rimborso dei costi e delle spese solo nella misura in cui è stato dimostrato che questi sono stati effettivamente e necessariamente sostenuti e sono ragionevoli per quanto riguarda il quantum. Nel caso di specie, tenuto conto dell'importo richiesto dal ricorrente per le spese, dei documenti in suo possesso e dei criteri di cui sopra, la Corte ritiene ragionevole attribuire al ricorrente la somma di EUR 1.872 per gli onorari del suo avvocato, più le imposte eventualmente a suo carico. Tale somma deve essere versata direttamente sul conto bancario del rappresentante del ricorrente (si veda, mutatis mutandis, Khlaifia e altri c. Italia [GC], no. 16483/12, § 288, 15 dicembre 2016).
Interessi di mora
113. La Corte ritiene opportuno che il tasso di interesse di mora sia basato sul tasso di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea, al quale vanno aggiunti tre punti percentuali.
PER QUESTI MOTIVI, LA CORTE, ALL'UNANIMITÀ,

Dichiara il ricorso ammissibile;
Dichiara che vi è stata una violazione dell'articolo 10 della Convenzione interpretato alla luce dell'articolo 11;
Dichiara
(a) che lo Stato convenuto deve pagare al ricorrente, entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventa definitiva in conformità con l'articolo 44 § 2 della Convenzione, i seguenti importi, da convertire nella valuta dello Stato convenuto al tasso applicabile alla data del regolamento:
(i) 113 EUR (centotredici euro), più le tasse eventualmente applicabili, per il danno patrimoniale;
(ii) EUR 5.000 (cinquemila euro), più le imposte eventualmente applicabili, per il danno morale;
(iii) 1.872 euro (milleottocentosettantadue euro), più l'eventuale imposta a carico del ricorrente, per costi e spese, da versare sul conto corrente del rappresentante del ricorrente;
(b) che dalla scadenza dei suddetti tre mesi fino al saldo, sugli importi di cui sopra saranno dovuti interessi semplici ad un tasso pari al tasso di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea durante il periodo di mora, maggiorato di tre punti percentuali.
Fatto in inglese e notificato per iscritto il 3 maggio 2022, ai sensi dell'articolo 77 §§ 2 e 3 del Regolamento del Tribunale.