In tema di estradizione per l'estero, il termine finale per il calcolo della prescrizione della pena inflitta con la sentenza di condanna costituente titolo per l'attivazione della procedura di estradizione è rappresentato dalla data di presentazione della richiesta di estradizione e non da quella di emissione della sentenza con cui la corte di appello dichiara sussistenti le condizioni per il relativo accoglimento.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
(ud. 29/03/2018) 20-04-2018, n. 17999
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROTUNDO Vincenzo - Presidente -
Dott. MOGINI Stefano - rel. Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -
Dott. BASSI Alessandra - Consigliere -
Dott. COSTANTINI Antonio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R.K.A., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 30/11/2017 della CORTE APPELLO di ROMA;
sentita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MOGINI STEFANO;
sentite le conclusioni del P.G. Dott. VIOLA ALFREDO POMPEO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Udito il difensore avvocato SA del foro di ROMA difensore di fiducia del ricorrente il quale insiste nell'accoglimento del ricorso con particolare riferimento alla trasmissione dello stesso alle Sezioni Unite della Corte.
Svolgimento del processo
1. R.K. ricorre per mezzo del suo difensore di fiducia avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di Roma ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione proposta nei suoi confronti dalla Polonia per l'esecuzione del mandato di arresto del 14/9/2004 del Tribunale regionale di Olsztyn emesso sulla base della sentenza pronunciata in data 28/11/2002, confermata dalla sentenza del Tribunale distrettuale di Olszyn del 29/10/2003 e poi divenuta definitiva, in virtù della quale il ricorrente è stato condannato alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione per plurimi reati di estorsione tentata, e per la quale deve ancora espiare la residua pena di un anno e otto mesi di reclusione.
2. Il ricorrente deduce con unico motivo di ricorso vizi di motivazione e erronea applicazione di legge penale e processuale, dovendosi la pena inflitta con la sentenza cui si riferisce la domanda di consegna estradizionale proposta dalle Autorità polacche ritenere estinta per il decorso del termine decennale previsto dall'art. 172 cod. pen., decorrente dalla sentenza di appello del 29/10/2003.
Nel caso di specie non opererebbero infatti cause di sospensione di tale termine, unicamente riferibili alla pronunzia di condanna e non all'attività cui si riconnette la possibile inerzia, posta in essere dagli organi deputati all'esecuzione.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è manifestamente infondato e deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata dà infatti corretta applicazione al principio di diritto secondo il quale, in tema di estradizione per l'estero, il termine finale per il calcolo della prescrizione della pena inflitta con la sentenza di condanna costituente titolo per l'attivazione della procedura di estradizione è rappresentato dalla data di presentazione della richiesta di estradizione e non da quella di emissione della sentenza con cui la corte di appello dichiara sussistenti le condizioni per il relativo accoglimento (Sez. 6, n. 44604 del 15/09/2015, Wozniak, Rv. 265454).
Quindi, nel caso di specie - posto che il "dies a quo", ai sensi dell'art. 172 c.p., comma 4, si individua nel giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile o in quello in cui il condannato si è volontariamente sottratto alla sua esecuzione, se già iniziata - il termine iniziale deve essere fissato in data comunque non antecedente il 29/10/2003, giorno nel quale è stata pronunciata nei confronti del ricorrente la sentenza di appello, mentre quello finale corrisponde alla data di presentazione della richiesta di estradizione, avvenuta il 23/7/2008.
Ne discende che a tale ultima data non risultava dunque trascorso il termine minimo decennale previsto dal citato art. 172 c.p., comma 1, e che del tutto inconferente appare il richiamo a cause di sospensione di quel termine, in vero non sussistenti e in ogni caso, per quanto sopra argomentato, del tutto irrilevanti.
Altrettanto inconferente al caso di specie deve ritenersi il richiamo operato dal ricorrente a precedente decisione di questa Corte (Sez. 6, n. 21627 del 29/04/2014, Antonszek, Rv. 259700) che riguarda fattispecie concreta diversa da quella in esame.
Conseguono a carico del ricorrente le pronunce di cui all'art. 616 cod. proc. pen., ravvisandosi, in ragione dei motivi dedotti, profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità del ricorso (Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000). Va pertanto equitativamente fissata in Euro duemila la somma da versare alla Cassa delle Ammende.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro duemila in favore della Cassa delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 29 marzo 2018.
Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2018