In tema di estradizione, il termine finale per il calcolo della prescrizione della pena, oggetto della sentenza di condanna costituente titolo per l'attivazione della procedura di estradizione, è rappresentato dalla data di presentazione della richiesta di estradizione e non da quella di emissione della sentenza con cui la corte di appello dichiara sussistenti le condizioni per il relativo accoglimento.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Sez. VI, Sent., (data ud. 15/09/2015) 04/11/2015, n. 44604
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Giovann - Presidente -
Dott. CITTERIO Carlo - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierlui - Consigliere -
Dott. VILLONI O. - rel. Consigliere -
Dott. PATERNO' RADDUSA Benedet - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, Sezione Distaccata di Sassari;
avverso la sentenza n. 6/13 della Corte d'Appello di Cagliari, Sezione Distaccata di Sassari del 30/04/2013 nel procedimento di estradizione passiva riguardante;
W.M.;
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata, la Sezione Distaccata di Sassari della Corte d'Appello di Cagliari ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dalla Repubblica di Polonia nei confronti del cittadino polacco W.M., finalizzata all'esecuzione della pena detentiva di un anno e sei mesi di reclusione irrogatagli con sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale Distrettuale di Krasnystaw in data 14 giugno 2000, rimasta condizionalmente sospesa fino a successiva decisione del 25 febbraio 2004 con cui è stata ordinata l'esecuzione della pena.
Superando le obiezioni del rappresentante della Procura Generale in udienza, mostratosi di diverso avviso rispetto al Procuratore Generale in sede che aveva attivato la procedura ai sensi dell'art. 703 cod. proc. pen., la Corte territoriale ha osservato preliminarmente che il ricorso alla procedura ordinaria di estradizione da parte di Paese membro dell'Unione Europea era dovuto all'epoca di commissione del reato oggetto di condanna, antecedente la data del 7 agosto 2002 di entrata in vigore del sistema di cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione costituito dal mandato di arresto europeo di cui alla Decisione quadro 2202/584/GAI. Di conseguenza, la Corte territoriale ha escluso l'applicazione alla fattispecie della causa di rifiuto alla consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. r) nella lettura estensiva imposta dalla sentenza Corte Costituzionale n. 227 del 2010, osservando come l'allegata disparità di trattamento tra il soggetto richiesto in consegna e l'estradando non può essere superata sul piano interpretativo, dal momento che la stessa Corte Costituzionale ha per due volte dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 705 cod. proc. pen. e L. n. 69 del 2005, art. 40 nella parte in cui non prevedono la rilevanza della citata causa di rifiuto di consegna in favore di cittadini comunitari dimoranti o residenti in Italia nei cui confronti sia stata avanzata richiesta non già in forza di MAE ma di estradizione per ragioni di diritto intertemporale (C. Cost. sent. n. 274 del 2011 e ord. n. 10 del 2012).
La Corte sarda ha anche disatteso la richiesta difensiva di consentire comunque l'esecuzione della pena in Italia, non spettando all'autorità giudiziaria tale facoltà nel sistema della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, fatte salve le attribuzioni del Ministero della Giustizia di attivare la procedura per il riconoscimento della sentenza straniera alla luce dei vigenti accordi internazionali.
La Corte territoriale ha, infine, respinto l'eccezione sollevata dal rappresentante della Procura Generale in udienza, di intervenuta estinzione della pena oggetto della sentenza irrevocabile, ai sensi sia della legislazione polacca che di quella nazionale.
2. Avverso la sentenza ha proposto impugnazione il Sostituto Procuratore presso la Sezione Distaccata di Sassari della Corte territoriale, che deduce erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 705 cod. proc. pen. e L. n. 69 del 2005, art. 40.
Il ricorrente sostiene che nonostante la ricordata duplice pronunzia d'inammissibilità della relativa questione di illegittimità costituzionale permanga spazio per un'applicazione adeguatrice di dette previsioni, nel senso di consentire l'applicabilità della causa di rifiuto di cui alla L. n. 69, art. 18, lett. r) anche ai casi di estradizione passiva concernenti cittadini comunitari dimoranti o residenti in Italia, non avendo la Corte Costituzionale, in primo luogo, esaminato nel merito le censure formulate, limitandosi a verificare gli effetti della pronunzia invocata sul piano processuale e in secondo luogo, avendo lasciato aperta la possibilità di formulare più soluzioni, parimenti praticabili perchè tutte non obbligate costituzionalmente (sent. n. 271 del 2011 cit.).
Il ricorrente sostiene, inoltre, che l'applicazione alla fattispecie della causa di rifiuto della consegna eviterebbe di consumare una manifesta violazione dei diritti fondamentali costituzionalmente tutelati del ricorrente, del quale è stato accertato il comprovato e perdurate radicamento nella città di (OMISSIS), dove risiede stabilmente dall'anno 2006 e dove lavora in seguito a regolare assunzione; senza, infine, considerare che la possibilità di scontare la pena in Italia comporterebbe la possibilità di applicare al W. una misura alternativa all'esecuzione in carcere in ragione della sua entità.
Il ricorrente deduce, ancora, che dalla traduzione giurata del documento originale in lingua polacca sembra doversi evincere che l'esecuzione di detta pena è stata nuovamente sospesa con decisione dell'8 ottobre 2009.
Deduce, infine, l'intervenuta estinzione della pena irrogata dall'autorità giudiziaria polacca, essendo decorso il termine di dieci anni previsto dall'art. 172 cod. pen. computato dalla data d'irrevocabilità (22/06/2000) della sentenza del Tribunale Distrettuale di Krasnystaw del 14 giugno 2000 o dal 14 gennaio 2003, data di pronunzia dell'ulteriore sentenza emessa a carico del W. che ha dato luogo alla revoca della sospensione condizionale della pena irrogatagli con la decisione del 14 giugno 2000.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Sostiene il P.G. ricorrente esservi ancora spazio per quella che definisce un'applicazione costituzionalmente orientata dell'art. 705 cod. proc. pen., nel senso che al pari di quanto previsto in tema di mandato d'arresto europeo, anch'esso dovrebbe contemplare quale causa di rifiuto della consegna la residenza o la stabile dimora del cittadino dell'Unione Europea nel paese richiesto dell'estradizione secondo la previsione della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. r).
Questo Collegio non ravvisa in realtà alcuno spazio in tal senso, dal momento che tra gli argomenti utilizzati dalla Corte Costituzionale per ritenere inammissibile la relativa questione di legittimità v'è quello dell'impossibilità di procedere ad una interpolazione delle due discipline, pervenendosi alla creazione di una terza, spuria anche rispetto alla norma transitoria di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 40, comma 2 che stabilisce l'applicabilità delle disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge in materia di estradizione alle richieste di consegna relative a reati commessi prima del 7 agosto 2002.
La riproposizione di profili di asserita illegittimità costituzionale della disciplina transitoria, ancorchè riguardanti diritti rilevanti della persona (alla risocializzazione nell'esecuzione della pena, di non discriminazione, di uniformità di trattamento dei cittadini europei, etc), costituisce, pertanto, sforzo vano a fronte dei puntuali rilievi già in due occasioni (C. Cost. sent. n. 274 del 2011 e ord. n. 10 del 2012 citt.) svolti dal giudice delle leggi.
2. Risulta parimenti infondato il motivo di ricorso riguardante la dedotta estinzione della pena ai sensi quanto meno della normativa nazionale (art. 172 cod. pen.), giusta la previsione dell'art. 10 della Convenzione europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, che sancisce il principio del miglior trattamento per l'estradando dal raffronto comparato tra le legislazioni degli Stati interessati.
Il ricorrente dubita in primo luogo che la pena irrogata all'estradando sia in atto esecutiva e consenta di procedere legittimamente alla sua consegna, ma la presentazione della domanda di estradizione da parte delle autorità polacche non lascia dubbi in proposito.
Assume egli, inoltre, che in base alla legge italiana, il termine decennale applicabile al caso di specie (pena di un anno e sei mesi di reclusione, art. 172 c.p., commi 1 e 4), decorrente dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile (14/06/2000), sarebbe maturato alla data del 22/06/2010.
Tenendo, invece, conto del periodo in cui l'esecuzione della pena è rimasta sospesa per concessione del beneficio della sospensione condizionale, poichè la successiva condanna riportata dall'estradando è intervenuta in data 14/01/2003, è da questo momento che deve calcolarsi il termine di estinzione della pena ai sensi dell'art. 172 c.p., comma 5, essendo lo stesso maturato il 14 gennaio 2013.
Ciò predetto, reputa il Collegio che correttamente il P.G. ricorrente ha richiamato l'art. 172 c.p., comma 5 il quale fa decorrere il tempo necessario per l'estinzione della pena dal giorno in cui si è verificata la condizione cui l'esecuzione della pena è subordinata, trattandosi di causa di sospensione riferita alla sentenza di condanna (da ultimo sul punto v. Sez. 6, sent. n. 21627 del 29/04/2014, Antoszek, Rv. 259700), non avendo, però, egli considerato - come, invece, registrato da parte della Corte territoriale - che solo in data 07/04/2004 è passata in giudicato la decisione che ha concluso il procedimento di esecuzione volto alla revoca della sospensione condizionale della pena di cui il W. aveva beneficiato con la sentenza pronunciata a suo carico nel 2000.
Tuttavia ed in maniera dirimente, deve rilevarsi come sia il ricorrente sia la Corte territoriale ritengano, in forma non resa esplicita, che ai fini del calcolo dell'estinzione della pena debba essere assunto come limite temporale ad quem la data di emissione della sentenza con cui la Corte d'Appello dichiara sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda d'estradizione, non considerando, invece, che a tal fine rileva propriamente la data di presentazione della richiesta di estradizione, nella specie avvenuta il 24 maggio 2011.
E' infatti con la formale presentazione della domanda di estradizione che lo Stato richiedente fa valere la pretesa alla consegna del soggetto e dimostra il suo concreto interesse all'esecuzione della pena oggetto della sentenza di condanna, costituente titolo per l'attivazione della procedura estradizionale.
Pertanto, anche a voler considerare, come propugna il P.G. ricorrente, rilevante la data di emissione della sentenza (14/01/2003) con cui è stata revocata la sospensione condizionale della pena concessa all'estradando W. con la precedente decisione del 2000, a quella del 24 maggio 2011 non era ancora maturato il termine decennale di estinzione della pena irrogatagli.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2015
ass. pen., Sez. VI, Sent., (data ud. 15/09/2015) 04/11/2015, n. 44604
Sentenza
Massime (1)
Codici (3)
IntestazioneSvolgimento del processoMotivi della decisioneP.Q.M.Conclusione
Intestazione
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Giovann - Presidente -
Dott. CITTERIO Carlo - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierlui - Consigliere -
Dott. VILLONI O. - rel. Consigliere -
Dott. PATERNO' RADDUSA Benedet - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA presso la CORTE D'APPELLO di CAGLIARI, Sezione Distaccata di Sassari;
avverso la sentenza n. 6/13 della Corte d'Appello di Cagliari, Sezione Distaccata di Sassari del 30/04/2013 nel procedimento di estradizione passiva riguardante;
W.M.;
esaminati gli atti e letti il ricorso ed il provvedimento decisorio impugnato;
udita in camera di consiglio la relazione del consigliere, dott. Orlando Villoni;
udito il pubblico ministero in persona del sostituto P.G., Dott. SALZANO Francesco, che ha concluso per il rigetto.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata, la Sezione Distaccata di Sassari della Corte d'Appello di Cagliari ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dalla Repubblica di Polonia nei confronti del cittadino polacco W.M., finalizzata all'esecuzione della pena detentiva di un anno e sei mesi di reclusione irrogatagli con sentenza irrevocabile emessa dal Tribunale Distrettuale di Krasnystaw in data 14 giugno 2000, rimasta condizionalmente sospesa fino a successiva decisione del 25 febbraio 2004 con cui è stata ordinata l'esecuzione della pena.
Superando le obiezioni del rappresentante della Procura Generale in udienza, mostratosi di diverso avviso rispetto al Procuratore Generale in sede che aveva attivato la procedura ai sensi dell'art. 703 cod. proc. pen., la Corte territoriale ha osservato preliminarmente che il ricorso alla procedura ordinaria di estradizione da parte di Paese membro dell'Unione Europea era dovuto all'epoca di commissione del reato oggetto di condanna, antecedente la data del 7 agosto 2002 di entrata in vigore del sistema di cooperazione tra gli Stati membri dell'Unione costituito dal mandato di arresto europeo di cui alla Decisione quadro 2202/584/GAI. Di conseguenza, la Corte territoriale ha escluso l'applicazione alla fattispecie della causa di rifiuto alla consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. r) nella lettura estensiva imposta dalla sentenza Corte Costituzionale n. 227 del 2010, osservando come l'allegata disparità di trattamento tra il soggetto richiesto in consegna e l'estradando non può essere superata sul piano interpretativo, dal momento che la stessa Corte Costituzionale ha per due volte dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 705 cod. proc. pen. e L. n. 69 del 2005, art. 40 nella parte in cui non prevedono la rilevanza della citata causa di rifiuto di consegna in favore di cittadini comunitari dimoranti o residenti in Italia nei cui confronti sia stata avanzata richiesta non già in forza di MAE ma di estradizione per ragioni di diritto intertemporale (C. Cost. sent. n. 274 del 2011 e ord. n. 10 del 2012).
La Corte sarda ha anche disatteso la richiesta difensiva di consentire comunque l'esecuzione della pena in Italia, non spettando all'autorità giudiziaria tale facoltà nel sistema della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, fatte salve le attribuzioni del Ministero della Giustizia di attivare la procedura per il riconoscimento della sentenza straniera alla luce dei vigenti accordi internazionali.
La Corte territoriale ha, infine, respinto l'eccezione sollevata dal rappresentante della Procura Generale in udienza, di intervenuta estinzione della pena oggetto della sentenza irrevocabile, ai sensi sia della legislazione polacca che di quella nazionale.
2. Avverso la sentenza ha proposto impugnazione il Sostituto Procuratore presso la Sezione Distaccata di Sassari della Corte territoriale, che deduce erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 705 cod. proc. pen. e L. n. 69 del 2005, art. 40.
Il ricorrente sostiene che nonostante la ricordata duplice pronunzia d'inammissibilità della relativa questione di illegittimità costituzionale permanga spazio per un'applicazione adeguatrice di dette previsioni, nel senso di consentire l'applicabilità della causa di rifiuto di cui alla L. n. 69, art. 18, lett. r) anche ai casi di estradizione passiva concernenti cittadini comunitari dimoranti o residenti in Italia, non avendo la Corte Costituzionale, in primo luogo, esaminato nel merito le censure formulate, limitandosi a verificare gli effetti della pronunzia invocata sul piano processuale e in secondo luogo, avendo lasciato aperta la possibilità di formulare più soluzioni, parimenti praticabili perchè tutte non obbligate costituzionalmente (sent. n. 271 del 2011 cit.).
Il ricorrente sostiene, inoltre, che l'applicazione alla fattispecie della causa di rifiuto della consegna eviterebbe di consumare una manifesta violazione dei diritti fondamentali costituzionalmente tutelati del ricorrente, del quale è stato accertato il comprovato e perdurate radicamento nella città di (OMISSIS), dove risiede stabilmente dall'anno 2006 e dove lavora in seguito a regolare assunzione; senza, infine, considerare che la possibilità di scontare la pena in Italia comporterebbe la possibilità di applicare al W. una misura alternativa all'esecuzione in carcere in ragione della sua entità.
Il ricorrente deduce, ancora, che dalla traduzione giurata del documento originale in lingua polacca sembra doversi evincere che l'esecuzione di detta pena è stata nuovamente sospesa con decisione dell'8 ottobre 2009.
Deduce, infine, l'intervenuta estinzione della pena irrogata dall'autorità giudiziaria polacca, essendo decorso il termine di dieci anni previsto dall'art. 172 cod. pen. computato dalla data d'irrevocabilità (22/06/2000) della sentenza del Tribunale Distrettuale di Krasnystaw del 14 giugno 2000 o dal 14 gennaio 2003, data di pronunzia dell'ulteriore sentenza emessa a carico del W. che ha dato luogo alla revoca della sospensione condizionale della pena irrogatagli con la decisione del 14 giugno 2000.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
2. Sostiene il P.G. ricorrente esservi ancora spazio per quella che definisce un'applicazione costituzionalmente orientata dell'art. 705 cod. proc. pen., nel senso che al pari di quanto previsto in tema di mandato d'arresto europeo, anch'esso dovrebbe contemplare quale causa di rifiuto della consegna la residenza o la stabile dimora del cittadino dell'Unione Europea nel paese richiesto dell'estradizione secondo la previsione della L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. r).
Questo Collegio non ravvisa in realtà alcuno spazio in tal senso, dal momento che tra gli argomenti utilizzati dalla Corte Costituzionale per ritenere inammissibile la relativa questione di legittimità v'è quello dell'impossibilità di procedere ad una interpolazione delle due discipline, pervenendosi alla creazione di una terza, spuria anche rispetto alla norma transitoria di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 40, comma 2 che stabilisce l'applicabilità delle disposizioni vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore della legge in materia di estradizione alle richieste di consegna relative a reati commessi prima del 7 agosto 2002.
La riproposizione di profili di asserita illegittimità costituzionale della disciplina transitoria, ancorchè riguardanti diritti rilevanti della persona (alla risocializzazione nell'esecuzione della pena, di non discriminazione, di uniformità di trattamento dei cittadini europei, etc), costituisce, pertanto, sforzo vano a fronte dei puntuali rilievi già in due occasioni (C. Cost. sent. n. 274 del 2011 e ord. n. 10 del 2012 citt.) svolti dal giudice delle leggi.
2. Risulta parimenti infondato il motivo di ricorso riguardante la dedotta estinzione della pena ai sensi quanto meno della normativa nazionale (art. 172 cod. pen.), giusta la previsione dell'art. 10 della Convenzione europea di estradizione firmata a Parigi il 13 dicembre 1957, che sancisce il principio del miglior trattamento per l'estradando dal raffronto comparato tra le legislazioni degli Stati interessati.
Il ricorrente dubita in primo luogo che la pena irrogata all'estradando sia in atto esecutiva e consenta di procedere legittimamente alla sua consegna, ma la presentazione della domanda di estradizione da parte delle autorità polacche non lascia dubbi in proposito.
Assume egli, inoltre, che in base alla legge italiana, il termine decennale applicabile al caso di specie (pena di un anno e sei mesi di reclusione, art. 172 c.p., commi 1 e 4), decorrente dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile (14/06/2000), sarebbe maturato alla data del 22/06/2010.
Tenendo, invece, conto del periodo in cui l'esecuzione della pena è rimasta sospesa per concessione del beneficio della sospensione condizionale, poichè la successiva condanna riportata dall'estradando è intervenuta in data 14/01/2003, è da questo momento che deve calcolarsi il termine di estinzione della pena ai sensi dell'art. 172 c.p., comma 5, essendo lo stesso maturato il 14 gennaio 2013.
Ciò predetto, reputa il Collegio che correttamente il P.G. ricorrente ha richiamato l'art. 172 c.p., comma 5 il quale fa decorrere il tempo necessario per l'estinzione della pena dal giorno in cui si è verificata la condizione cui l'esecuzione della pena è subordinata, trattandosi di causa di sospensione riferita alla sentenza di condanna (da ultimo sul punto v. Sez. 6, sent. n. 21627 del 29/04/2014, Antoszek, Rv. 259700), non avendo, però, egli considerato - come, invece, registrato da parte della Corte territoriale - che solo in data 07/04/2004 è passata in giudicato la decisione che ha concluso il procedimento di esecuzione volto alla revoca della sospensione condizionale della pena di cui il W. aveva beneficiato con la sentenza pronunciata a suo carico nel 2000.
Tuttavia ed in maniera dirimente, deve rilevarsi come sia il ricorrente sia la Corte territoriale ritengano, in forma non resa esplicita, che ai fini del calcolo dell'estinzione della pena debba essere assunto come limite temporale ad quem la data di emissione della sentenza con cui la Corte d'Appello dichiara sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda d'estradizione, non considerando, invece, che a tal fine rileva propriamente la data di presentazione della richiesta di estradizione, nella specie avvenuta il 24 maggio 2011.
E' infatti con la formale presentazione della domanda di estradizione che lo Stato richiedente fa valere la pretesa alla consegna del soggetto e dimostra il suo concreto interesse all'esecuzione della pena oggetto della sentenza di condanna, costituente titolo per l'attivazione della procedura estradizionale.
Pertanto, anche a voler considerare, come propugna il P.G. ricorrente, rilevante la data di emissione della sentenza (14/01/2003) con cui è stata revocata la sospensione condizionale della pena concessa all'estradando W. con la precedente decisione del 2000, a quella del 24 maggio 2011 non era ancora maturato il termine decennale di estinzione della pena irrogatagli.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 15 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 4 novembre 2015