Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Pena osta all'estradizione solo se irragionevole (Cass. 16507/18)

13 aprile 2018, Cassazione penale

Nel procedimento estradizionale passivo non assume rilievo l'eventuale difformità del trattamento sanzionatorio previsto nello Stato richiedente: l'aspetto sanzionatorio rientrare tra le condizioni ostative all'estradizione solo nell'ipotesi in cui il trattamento sia del tutto irragionevole e manifestamente in contrasto con il principio di proporzionalità della pena. 

Eventuali riserve in ordine alla severità e rigidità del sistema punitivo dello Stato richiedente potranno rilevare nelle valutazioni di ordine politico spettanti al Ministro della giustizia, in sede di decisione sulla richiesta di estradizione ai sensi dell'art. 708 cod. proc. pen.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(data ud. 20/03/2018) 13/04/2018, n. 16507

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo - Presidente -, Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

N.V.A., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 27/11/2017 della Corte di appello di Milano;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott.ssa CALVANESE Ersilia;

udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, dichiarava l'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda estradizionale presentata dal Governo della Romania nei confronti del cittadino italiano N.V.A. al fine della esecuzione della pena di anni dieci di reclusione per i reati di messa in circolazione e detenzione di moneta contraffatta e di induzione alla truffa.

La Corte di appello dava atto che avverso la sentenza di condanna della Pretura di Timisoara del primo aprile 2002, divenuta definitiva con sentenza del Tribunale di Timis del 28 febbraio 2003, l'estradando aveva avanzato in Romania domanda di riapertura del processo; che tale richiesta era stata dichiarata inammissibile dalla Pretura di Timisoara il 19 aprile 2017; che avverso quest'ultima decisione, l'estradando aveva proposto appello, che era stato rigettato dalla Corte di appello di Timisoara il 7 settembre 2017; e che l'interessato non aveva presentato altra impugnazione.

2. Avverso la suddetta sentenza l'estradando, a mezzo del suo difensore, ricorre per l'annullamento, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Mancanza e vizio di motivazione.

Secondo il ricorrente, la Corte di appello avrebbe omesso di analizzare le doglianze versate nella memoria difensiva, con le quali si era dedotto la ricorrenza delle ipotesi ostative previste dall'art. 705 c.p.p., comma 2, lett. a) e b), avendo le decisioni assunte dai giudici romeni violato i principi dell'art. 6 CEDU, gli artt. 24 e 111 Cost. e l'art. 3 del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione europea di estradizione.

Si evidenzia in particolare che il ricorrente, all'esito della condanna di primo grado con pena sospesa per i reati di messa in circolazione e detenzione di moneta contraffatta, era rientrato in Italia; che, per errore di trascrizione della autorità romena del suo indirizzo, non veniva edotto del giudizio di impugnazione, proposto dal P.M. e da un coimputato, nel quale rimaneva pertanto contumace, privato della possibilità di difendersi e riportando una condanna ad una pena più severa; che i rimedi azionati, secondo la legge romena, per ottenere la riapertura del procedimento, una volta venuto a conoscenza della sentenza definitiva, per il tramite della domanda estradizionale, non gli riconoscevano lo stato di contumace, in quanto aveva partecipato al primo grado di giudizio.

Quindi, secondo il ricorrente, l'ordinamento romeno avrebbe dimostrato di non fornire all'estradando le garanzie a tutela del diritto di difesa.

2.2. Vizio di motivazione sul punto n. 2 della memoria difensiva.

La motivazione risulterebbe carente e insufficiente in ordine alla questione sollevata dalla difesa della violazione del principio fondamentale della proporzionalità della pena, avendo le autorità rumene inflitto una pena così gravosa, eccessiva ed irragionevole rispetto ai fatti contestati.

2.3. Violazione del principio del diritto di difesa in merito alla corretta contestazione del reato.

Nel giudizio di impugnazione, il ricorrente sarebbe stato privato del diritto di essere sentito sulla nuova contestazione suppletiva (induzione alla truffa), con evidente violazione del diritto di difesa.

Motivi della decisione

1. Il ricorso non può essere accolto.

2. Il primo ed il terzo motivo non hanno fondamento.

La Corte di appello, contrariamente all'assunto difensivo, ha preso in debita considerazione la questione sollevata dal ricorrente, tant'è che ha più volte disposto il rinvio dell'udienza ex art. 704 cod. proc. pen. al fine di consentire la celebrazione in Romania della procedura attivata dal medesimo per la riapertura del procedimento in caso di processo in absentia (art. 466 c.p.p. romeno).

La stessa Corte territoriale ha inoltre rilevato che il ricorrente, dopo la decisione di rigetto del 7 settembre 2017 dalla Corte di appello di Timisoara, non aveva proposto altra impugnazione, e che dagli atti non risultava dimostrata la violazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 24 Cost..

Il ricorrente, nel reiterare in questa sede le questioni sollevate davanti alla Corte di appello, non si confronta con le argomentazioni in base alle quali l'autorità giudiziaria romena, con la decisione del 7 settembre 2017, ha respinto l'istanza per accedere al rimedio straordinario previsto dall'art. 466 c.p.p..

La Corte di appello di Timisoara non ha consentito al ricorrente di ottenere la riapertura del processo poichè non si versava in una delle ipotesi previste dal codice romeno di giudizio celebrato in absentia: l'imputato, non solo aveva avuto conoscenza della celebrazione del procedimento a suo carico, in quanto legalmente citato in giudizio, ma aveva partecipato attivamente al giudizio di primo grado e aveva nominato un difensore di fiducia (avv. ClMa), che lo aveva ampiamente assistito in giudizio. Inoltre risultava dagli atti che l'imputato, dopo la comunicazione della sentenza di condanna di primo grado, non aveva proposto impugnazione.

Va a tal riguardo evidenziato che, secondo l'art. 466 c.p.p. romeno, comma 2, ha diritto alla riapertura del processo l'imputato, risultato assente nel procedimento penale, che non ha ricevuto la notificazione per comparire al processo o che non ha ricevuto in altro modo notizia del processo stesso ovvero che era legittimamente assente ed impossibilitato a darne comunicazione; invece non può accedere a tale rimedio il condannato, che ha nominato un difensore di fiducia, se quest'ultimo in qualsiasi momento ha partecipato al processo, ovvero che, dopo la notifica della condanna, ha presentato o rinunciato a presentare, appello.

Questa Corte di legittimità ha già affermato che la procedura prevista dall'art. 466 c.p.p. romeno risulta conforme alle garanzie richieste in tema di giudizio contumaciale alla previsione di cui all'art. 3 del Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione ("Quando una Parte Contraente chiede a un'altra Parte Contraente l'estradizione di una persona allo scopo di eseguire una pena o una misura di sicurezza pronunciata nei suoi confronti con sentenza contumaciale, la Parte richiesta può rifiutare l'estradizione a tale scopo se, a suo parere, la procedura giudiziale non ha rispettato i diritti minimi della difesa riconosciuti a ogni persona accusata di un reato. L'estradizione sarà nondimeno concessa se la Parte richiedente offre garanzie ritenute sufficienti per assicurare all'estradando il diritto a un nuovo processo che salvaguardi i diritti della difesa. Questa decisione autorizza la Parte richiedente, sia a eseguire la sentenza in questione se il condannato non si oppone, sia, se questi si oppone a perseguire l'estradato") (tra le tante, Sez. 6, n. 9151 del 21/02/2013, Amoasei, in motivazione; Sez. 6, n. 28648 del 31/05/2007, Holenda, non mass.; Sez. 6, n. 41561 del 05/10/2005, Sova, in motivazione).

Anche con riferimento allo strumento del mandato di arresto europeo, che contiene una più puntuale definizione di giudizio celebrato in absentia e delle garanzie che la legislazione dello Stato di emissione deve prevedere perchè si faccia luogo alla consegna di una persona così giudicata, questa Corte si è espressa più volte nel senso che l'art. 466 c.p.p. romeno (applicato nella fattispecie in esame) soddisfa lo standard richiesto dalla normativa europea (da ultimo, Sez. 6, n. 47893 del 12/10/2017, Istrate, non mass.; Sez. 6, n. 1741 del 13/01/2017, Durnoi, non mass.; Sez. 6, n. 1945 del 15/01/2016, Mera, non mass.).

La esaminata disposizione del codice romeno risulta invero in linea con la decisione quadro del 2009/299 sui processi in absentia, che ha previsto "motivi chiari e comuni" per il riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine di un processo a cui l'interessato non è comparso personalmente, in conformità con i principi dettati dalla Corte EDU in ordine al diritto ad un equo processo di cui all'art. 6 CEDU. Secondo tale decisione quadro, è eseguibile, in quanto conforme ai diritti minimi della difesa stabiliti dall'art. 6 CEDU, la sentenza di condanna emessa nei confronti dell'imputato che, al corrente della data fissata del processo, abbia conferito un mandato ad un difensore (nominato dall'interessato o dallo Stato), per patrocinarlo in giudizio, che lo abbia effettivamente difeso in giudizio (art. 2, lett. b), ovvero che, dopo avere ricevuto la notifica della decisione ed essere stato espressamente informato dei suoi diritti, abbia dichiarato espressamente di non opporsi alla decisione o non ha richiesto un nuovo processo o presentato ricorso in appello (art. 2, lett. c). Queste disposizioni sono state recepite nella L. n. 69 del 2005, art. 19.

D'altra parte, anche nel sistema disegnato dal legislatore italiano all'art. 420-bis cod. proc. pen. è previsto che si proceda in assenza dell'imputato quando quest'ultimo, pur non avendo ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza, nel corso del procedimento abbia nominato un difensore di fiducia. In questi casi è stata ritenuta sufficiente sola la conoscenza della pendenza del procedimento, desunta dalla nomina fiduciaria effettuata, perchè l'interessato può acquisire notizie sulla celebrazione del processo interpellando il difensore di fiducia o l'autorità procedente.

Deve infine rilevarsi, per completezza, quanto alla tutela del ricorrente all'effettiva partecipazione al giudizio di appello, che il ricorrente, limitando le sue critiche alla procedura ex art. 466 cit. relativa al procedimento in absentia, non ha dedotto l'inefficacia dei diversi strumenti processuali previsti dal codice romeno volti a rimediare la suddetta situazione (il codice romeno prevede infatti all'art. 426 un altro rimedio per l'annullamento del giudizio di appello celebrato senza consentire ad una parte di parteciparvi a causa di una notifica irregolare).

Da come si rileva dalla sentenza, acquisita agli atti, della Corte di cassazione rumena del 21 novembre 2016, il ricorrente si era opposto alla riqualificazione della sua impugnazione straordinaria in atto di appello, insistendo per la sola riapertura del processo.

3. Anche il secondo motivo non può essere accolto.

La Corte di appello ha fornito risposta anche al profilo del trattamento sanzionatorio, ritenendo non provata dalla difesa la sussistenza del pericolo della sottoposizione dell'estradando a pene contrarie all'art. 3 CEDU.

Va ribadito al riguardo che, ai fini della concedibilità dell'estradizione per l'estero, non assume rilievo l'eventuale difformità del trattamento sanzionatorio previsto nello Stato richiedente, potendo l'aspetto sanzionatorio rientrare tra le condizioni ostative all'estradizione solo nell'ipotesi in cui il trattamento sia del tutto irragionevole e manifestamente in contrasto con il principio di proporzionalità della pena (tra le tante, Sez. 6, n. 7183 del 02/02/2011, Ghita, Rv. 249225). Situazione quest'ultima non emergente dall'esame degli atti.

In ogni caso, le eventuali riserve in ordine alla severità e rigidità del sistema punitivo dello Stato richiedente potranno rilevare nelle valutazioni di ordine politico spettanti al Ministro della giustizia, in sede di decisione sulla richiesta di estradizione ai sensi dell'art. 708 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 5747 del 09/01/2014, Homm, in motivazione).

4. Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..

Così deciso in Roma, il 20 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 13 aprile 2018