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Ordinanza cautelare estradizione va tradotta per iscritto (Cass. 40153/24)

16 novembre 2024, Cassazione penale

Costituisce una condizione preliminare all'esercizio delle prerogative difensive del soggetto alloglotta la comprensione dei motivi per i quali è intervenuta la privazione della libertà personale, che presuppone la conoscenza linguistica, diretta o mediata da un interprete, delle accuse che gli vengono rivolte, che trae il suo fondamento dall'art. 24, secondo comma, Cost. Solo in tal modo è possibile assicurare «una garanzia essenziale al godimento di un diritto fondamentale di difesa [...]»: va dunque annullata l'ordinanza di applicazione provvisoria di misura cautelare estradizionale non tradotta per iscritto ma solo verbalmente, purchè la nullità sia stata  tempestivamente eccepita. 

 

Corte di Cassazione

Sent. Sez. VI penale  

Num. 40153 Anno 2024 Presidente: DI STEFANO PIERLUIGI Relatore: TONDIN FEDERICA
Data Udienza: 23/10/2024 - deposito 30/10/2024

 

sul ricorso proposto da:
R**s , alias ^^, nato il 23/06/1979 in Russia

avverso l'ordinanza del 05/07/2024 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Federica Tondin;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo l'annullamento dell'ordinanza impugnata;
letta la memoria del difensore, avvocato Nicola Canestrini, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso;
udito l'avvocato Nicola Canestrini che ha insistito per l'accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. E' impugnata l'ordinanza indicata in epigrafe con la quale la Corte d'appello di Milano, convalidatone l'arresto ai fini estradizionali, ha applicato a R**s la misura della custodia cautelare in carcere.

La Corte ha rilevato che è stato emesso a carico del ricorrente un mandato di cattura internazionale il 26 gennaio 2024 dalla Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto della Florida, in relazione ai reati di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio di denaro -in violazione del titolo 18 del codice degli Stati Uniti 1956(h)- e gestione di attività di trasmissione di denaro senza licenza — in violazione del titolo 18 del codice degli Stati Uniti, sezioni 1960 (B-1-B9, B-1-c, e 2)- puniti anche dal codice penale italiano (artt. 416 e 648 cod. pen.).

Rilevato che lo Stato richiedente ha fornito elementi sufficienti per la comprensione degli addebiti mossi nei confronti dell'arrestato, ha convalidato l'arresto e, ravvisato un concreto e attuale pericolo di fuga, in applicazione dell'art. 12 del Trattato di estradizione tra Italia e Stati uniti del 13 ottobre 1983, ratificato con legge 26 maggio 1984 n. 224, ha disposto che R**s rimanga in stato di custodia cautelare in esecuzione del mandato di cattura.

2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di R**s denunciando un unico motivo di annullamento, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

Si deducono i vizi di violazione di legge processuale in relazione agli artt. 143 e 180 cod. proc. pen.

L'ordinanza di convalida dell'arresto e di applicazione di misura cautelare non è stata tradotta in lingua comprensibile al ricorrente che, fin dal momento dell'arresto, ha dichiarato di non parlare la lingua italiana. Tenuto conto che l'ignoranza della lingua italiana era nota all'autorità procedente, la mancata traduzione dell'ordinanza costituisce causa di nullità della stessa.

La nullità è stata eccepita dalla difesa alla prima occasione utile, ossia all'udienza fissata ai sensi dell'art. 717 cod. proc. pen., evidenziando altresì che, per effetto della mancata traduzione, l'estradando non ha compreso gli addebiti a suo carico, non ha potuto interloquire con il suo difensore e articolare la propria difesa in sede di audizione in udienza. La difesa ha prodotto memoria sul punto, limitandosi, poi, a dedurre argomentazioni difensive non di merito (relative alla astratta sussumibilità dei fatti contestati a fattispecie previste nell'ordinamento italiano, alla sussistenza di un rischio concreto di trattamenti inumani o degradanti, alla possibilità di sostituire la misura in atto con gli arresti domiciliari) di talché la nullità non può dirsi sanata ai sensi dell'art. 183, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.

Né può essere ritenuta equipollente alla traduzione la lettura dell'ordinanza in lingua inglese da parte dell'interprete disposta alla fine dell'udienza ex art. 717 cod. proc. pen. Il diritto di avvalersi di un interprete di cui all'art. 143, comma 1 cod. proc. pen., infatti, è distinto dal diritto alla traduzione degli atti fondamentali di cui al comma 2 successivo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. Al momento dell'arresto, eseguito i sensi dell'art. 716 cod. proc. pen. il 3 luglio 2024, il ricorrente ha dichiarato di non parlare e di non comprendere la lingua italiana e ha chiesto gli atti gli venissero tradotti in lingua inglese. Così, il verbale di identificazione e dichiarazione di domicilio, contenente anche l'informazione sul diritto di difesa, è stato tradotto in lingua inglese.

L'ordinanza di convalida dell'arresto e di applicazione di misura cautelare, del successivo 5 luglio 2024, invece, non è stata tradotta.

All'udienza fissata ai sensi dell'art. 717 cod. proc. pen. per l'identificazione e l'audizione della persona arrestata si è svolta il successivo 9 luglio 2024, alla presenza di un interprete di lingua inglese.

Il ricorrente ha ribadito di non essere in grado di interloquire sulle accuse mosse nei suoi confronti per non aver compreso gli atti, redatti solo in lingua italiana; il difensore ha eccepito la nullità dell'ordinanza per difetto di traduzione e ha chiesto la revoca della misura. Su disposizione del giudice, l'interprete ha dato lettura dell'ordinanza in lingua inglese.

2. I provvedimenti che dispongono misure cautelari personali rientrano tra quelli che, ai sensi dell'art. 143, comma 2, cod. proc. pen., debbono essere necessariamente tradotti, nel caso in cui la persona nei cui confronti sono emessi non conosca la lingua italiana.

Le Sezioni unite della Corte di cassazione, chiamate a dirimere un contrasto interpretativo riguardante l'individuazione delle conseguenze processuali derivanti dall'omessa o tardiva traduzione del provvedimento che dispone una misura cautelare personale nei confronti di un soggetto alloglotta che non conosce la lingua italiana, hanno precisato che diritto dell'imputato e dell'indagato alloglotti di ottenere la traduzione in una lingua conosciuta dei provvedimenti che dispongono una misura cautelare personale nei loro confronti si ricava da una pluralità di fonti normative, sia nazionali che sovranazionali: l'art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che, al terzo paragrafo, riconosce il diritto di ogni persona accusata di un reato di: «a) essere informato, nel più breve tempo, in una lingua che comprende ed in maniera dettagliata del contenuto dell'accusa contro di lui»; l'art. 111 Cost., così come novellato dalla legge cost. 23 novembre 1999, n. 2, che, nel suo terzo comma prevede che la persona accusata di un reato «sia, nel più breve termine possibile, informata riservatamente della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico [...]», «disponga del tempo e delle condizioni necessari per preparare la sua difesa [.1» e «sia assistita da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo»; la direttiva 2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 ottobre 2010, recepita nel nostro ordinamento dal d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32, che ha riformulato l'art. 143 cod. proc. pen.

Sul piano del diritto internazionale pattizio la disposizione dell'art. 6, par. 3, lett. a), CEDU appare speculare all'art. 14, par. 3, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, sottoscritto a New York il 19 dicembre 1966 e ratificato in Italia dalla legge 25 ottobre 1977, n. 881, che riconosce all'accusato un contenuto minimo di garanzie, indispensabili per consentirgli di esercitare il suo diritto di difesa, tra cui quello, previsto dalla lettera a), di «essere informato sollecitamente e in modo circostanziato, in una lingua a lui comprensibile, della natura e dei motivi dell'accusa a lui rivolta».

Ciò premesso, le Sezioni unite hanno distinto le ipotesi in cui la mancata conoscenza della lingua italiana da parte del cittadino straniero emerga già prima dell'emissione del provvedimento che disponga una misura cautelare personale da quelle in cui essa emerga in un momento successivo.

Nel primo caso, che interessa in questa sede in quanto fin dal momento dell'arresto il ricorrente ha dichiarato di non parlare né comprendere la lingua italiana, «la misura cautelare deve ritenersi adottata, ove la traduzione non sia eseguita in termini congrui, così come previsto dall'art. 143, comma 2, cod. proc. pen., in assenza di uno dei suoi elementi costitutivi, rappresentato dalla comprensione da parte del cittadino straniero delle ragioni che giustificano la privazione della sua libertà.

Costituisce, invero, una condizione preliminare all'esercizio delle prerogative difensive del soggetto alloglotta la comprensione dei motivi per i quali è intervenuta la privazione della libertà personale, che presuppone la conoscenza linguistica, diretta o mediata da un interprete, delle accuse che gli vengono rivolte, che trae il suo fondamento dall'art. 24, secondo comma, Cost.

Solo in tal modo è possibile assicurare «una garanzia essenziale al godimento di un diritto fondamentale di difesa [...]» (Corte cost., sent. n. 10 del 1993, cit.).

A ben vedere, è l'art. 292, comma 2, cod. proc. pen. a fare ritenere imprescindibile la comprensione linguistica delle accuse rivolte all'arrestato, laddove prescrive, nella lettera b), che l'ordinanza applicativa di una misura cautelare deve contenere «la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate». Tale atto, inoltre, come prescritto dalla lettera c) della stessa norma, deve contenere «l'esposizione e l'autonoma valutazione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di l'atto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato». L'art. 292, comma 2, cod. proc. pen. mira ad assicurare le condizioni necessarie per l'esercizio del diritto di difesa da parte del soggetto sottoposto a una misura cautelare, che possono essere garantite anche con un'esposizione sintetica delle accuse, purché queste presentino «un minimo di specificità quanto alle concrete modalità di realizzazione della condotta rispetto alla norma violata e al suo tempo di commissione, così da porre l'interessato in condizione di difendersi» (Sez. 3, n. 23978 del 15/05/2014, Alleva, Rv. 259671 - 01).

Il rispetto delle prescrizioni dell'art. 292 cod. proc. pen. è, dunque, indispensabile per assicurare al soggetto privato della libertà personale l'esercizio delle prerogative difensive; prerogative, che, evidentemente, presuppongono appunto la comprensione delle accuse elevate, in una lingua conosciuta dalla persona accusata. Per queste ragioni, nel caso in cui il destinatario della misura restrittiva sia un cittadino straniero che non conosce la lingua italiana, l'art. 292 cod. proc. pen. deve essere letto in correlazione sistematica con l'art. 143 cod. proc. pen., che disciplina le modalità con cui deve essere eseguita la traduzione degli atti fondamentali. Dal combinato disposto delle due norme deriva un obbligo di traduzione del provvedimento restrittivo della libertà personale emesso nei confronti dei soggetti che ignorano la lingua italiana, la cui violazione determina una nullità a regime intermedio, in linea con l'opzione ermeneutica risalente che ritiene tale inquadramento corroborato dal fatto che il citato art. 143 non prevede alcuna sanzione processuale per le ipotesi in esame (tra le altre, Sez. 4, n. 27347 del 13/06/2001, Sharp, Rv. 220040 - 01; Sez. 3, n. 882 del 12/12/1998, Daraij, Rv. 213068 - 01; Sez. 1, n. 2228 del 10/04/1995, Polisi, Rv. 201461 - 01; Sez. 1, n. 4179 del 02/10/1994, Kourami, Rv. 199465 - 01).

Occorre, pertanto, ribadire la necessità di ricondurre le ipotesi in cui la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell'indagato o dell'imputato alloglotta emerga prima dell'emissione del provvedimento cautelare alla categoria processuale delle nullità a regime intermedio, derivante, nel caso di specie, dal combinato disposto degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen.» (Sez. U - , Sentenza n. 15069 del 26/10/2023, Niecko, Rv. 286356).

3. Seguendo l'impostazione delle Sezioni unite (art. 618 cod. proc. pen.) nel caso di specie, quindi, l'ordinanza applicativa di misura cautelare, nei limiti in cui non è stata tradotta, deve ritenersi nulla.

La nullità è stata tempestivamente eccepita dal difensore alla prima occasione utile, ossia all'udienza di identificazione e audizione del ricorrente, fissata ai sensi dell'art. 717 cod. proc. pen., mediante deposito di memoria scritta il cui contenuto è stato ribadito oralmente.

Deve, altresì, ritenersi sussistente l'interesse a dedurre tale nullità, in quanto la mancata comprensione dell'ordinanza, che riporta gli addebiti formulati dallo Stato richiedente nel mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte distrettuale degli Stati Uniti per il distretto medio della Florida nonché l'esposizione delle esigenze cautelari poste a base dell'adozione della misura, ha pregiudicato il diritto di difesa, come dedotto dal ricorrente, che ha tempestivamente rilevato di non essere stato in grado di interloquire sulle accuse a lui rivolte.

Va, inoltre, precisato che la lettura in lingua inglese dell'ordinanza effettuata dall'interprete alla fine dell'udienza di convalida non può essere considerata equipollente alla traduzione scritta. Non ricorrono, infatti, i presupposti per l'applicazione dell'art. 51-bis, disp. att. cod. proc. pen. (che prevede, al comma 2, che «quando ricorrono particolari ragioni di urgenza e non è possibile avere prontamente una traduzione scritta degli atti di cui all'articolo 143, comma 2, del codice l'autorità giudiziaria dispone, con decreto motivato, se ciò non pregiudica il diritto di difesa dell'imputato, la traduzione orale, anche in forma riassuntiva, redigendo contestualmente verbale»), in difetto di decreto dell'autorità procedente.

Quanto alle conseguenze della dedotta nullità, va innanzitutto considerato che, con riferimento alle misure cautelari comuni, le SS.UU. hanno rilevato che la nullità in questione non comporta l'effetto della inefficacia della misura previste per altre ipotesi ("stando, in particolare, al contenuto degli artt. 284 e ss., 300 e 306 cod. proc. pen."). Valgono, quindi, le regole ordinarie in tema di nullità di cui all'art. 185 cod. proc. pen. con la regressione allo stato in cui fu compiuto l'atto nullo per procedere alla sua rinnovazione e di quelli "consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo".

Va, poi, considerato che un effetto di inefficacia per effetto della mancata o tardiva audizione dell'estradando, secondo il modello dell'art. 302 cod. proc. pen. per il caso di omesso (o invalido) interrogatorio.è testualmente escluso operando la specifica, e diversa, disciplina dell'art. 717 cod. proc. pen. («In tema di estradizione, l'inosservanza del termine di cinque giorni, previsto dall'art. 717, comma primo, cod. proc. pen., entro cui deve avvenire l'audizione della persona sottoposta a una misura coercitiva, non determina alcuna conseguenza, non trattandosi di un termine perentorio e dovendosi comunque escludere un'applicazione delle disposizioni vigenti in materia di misure cautelari personali, per le quali è espressamente prevista l'inefficacia della misura nell'ipotesi di omesso o intempestivo interrogatorio di garanzia» Sez. 6, n. 41732 del 02/10/2006, Rv. 235298).

 4. In conclusione, l'ordinanza impugnata va annullata, nei limiti in cui non è stata disposta la traduzione, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano per la traduzione e la rinnovazione di tutti gli atti successivi.

P.Q.M.

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 94, comma disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 23/10/2024