Nel procedimento estradizionale regolato dal mandato di arresto europeo, è causa di rifiuto della consegna la c.d. litispendenza internazionale, ossia la pendenza di un processo penale nei confronti della persona ricercata, per gli stessi fatti che costituiscono oggetto del mandato d'arresto europeo.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 ? 23 aprile 2014, n. 17704
Presidente Agrò ? Relatore Di Salvo
Ritenuto in fatto
1. A.G., cittadina colombiana, ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Roma, in data 11-3-14, con cui è stata ordinata la consegna del ricorrente all'autorità giudiziaria belga, in esecuzione del mandato d'arresto europeo emesso, sulla base di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, il 10-12-13, in ordine ai reati di cui agli artt 1, 1 bis, 2 bis, 4 e 6 l. 24-2-1921, 324, 324 ter, 325 e 505 cod pen belga, corrispondenti agli artt 81 cpv, 110, 648 bis cp, 73, 74, 80 DPR 309/90, 4 l. 146 /2006 per aver partecipato ad un'associazione a delinquere finalizzata all'importazione dalla Colombia al Belgio, all'Olanda e all'Italia nonché al trasporto e alla vendita di ingenti quantità di cocaina, con successivo riciclaggio delle somme derivanti dal narcotraffico, con le aggravanti di avere agito quale capo o promotore del gruppo criminale e di avere commesso un reato transnazionale. In Belgio, Olanda e Italia, dal 1-5-12 al 10-12-12.
2. Il ricorrente deduce, con unico, articolato motivo violazione degli artt 18 lett. o ) e p) e 24 l. 69/05 poiché, per gli stessi fatti oggetto del mandato d'arresto europeo, commessi anche in Italia, insieme a B.G. e nell'ambito del medesimo sodalizio, la Procura di Reggio Calabria aveva aperto, sin dal 2010, il procedimento penale n 8354/10, in relazione alla medesima notizia di reato, come si evince dal decreto di sequestro emesso dal PM di Reggio Calabria solo pochi giorni dopo l'arresto della A.. Del resto, dalla stessa documentazione inviata dall'Autorità belga emerge chiaramente che la A. ha collegamenti in Italia, dove si recava frequentemente e dove infatti è stata tratta in arresto. La consegna deve dunque essere rifiutata
Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
Considerato in diritto
3. La regiudicanda in disamina pone due interrogativi: se per lo stesso fatto oggetto del mandato d'arresto europeo sia in corso, nei confronti dell'A., un procedimento penale in Italia; se il mandato d'arresto europeo riguardi reati che, secondo la legge italiana, debbano considerarsi commessi, in tutto o in parte, nel territorio dello Stato
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3.1. Esaminiamo il primo profilo, che si colloca nella prospettiva delineata dall'art 18 lett. o) l. 69/05, che prevede come causa di rifiuto della consegna la c.d. litispendenza internazionale, ossia la pendenza di un processo penale nei confronti della persona ricercata, per gli stessi fatti che costituiscono oggetto del mandato d'arresto europeo (Sez. 6, n. 41370 del 16/11/2010, P.G. in proc. Iliev Penchev, Rv. 248530). La norma in esame presuppone dunque la coincidenza tra il fatto storico oggetto della richiesta di consegna, considerato in relazione ai suoi aspetti temporali, spaziali e fattuali, e quello per il quale pende un procedimento in Italia. La valutazione sull'identità del fatto consiste pertanto nell'analitico raffronto degli elementi costitutivi del reato (condotta, evento, nesso causale), delle sue circostanze di tempo e di luogo, delle modalità attuative, delle parti offese, degli eventuali concorrenti, così da accertare o escludere la corrispondenza storico-naturalistica dei fatti costituenti illecito penale nei due Stati membri. Tale corrispondenza non ricorre, ad esempio, allorchè il mandato di arresto sia stato emesso per il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e al riciclaggio di denaro mentre in Italia si procede per il reato di cui all'art 73 DPR 309/90, commesso in epoca successiva (Sez VI 10-5-12 n. 18084, rv. n. 252510).
3.2. Al riguardo, non è dato enucleare dal tessuto motivazionale della sentenza impugnata né dagli atti trasmessi dall'autorità estera indicazioni univoche. Il giudice a quo accenna infatti all'apertura, a seguito del MAE di cui trattasi, di un procedimento penale presso la Procura della Repubblica di Reggio Calabria. Ma la Corte territoriale non specifica se il predetto procedimento riguardi i fatti oggetto del mandato d'arresto europeo o altri fatti, eventualmente ad essi collegati ma comunque distinti. Nè tale dato è enucleabile dalla documentazione acquisita. Si tratta di una lacuna che non consente di stabilire se si versi nella situazione contemplata dall'art 18 lett. 0) l. 69/05 oppure in quella prevista dall'art 24 della stessa legge, che inerisce al caso in cui il procedimento penale nei confronti del consegnando riguardi fatti diversi da quelli per i quali è stato emesso il MAE.
4. Analoghe considerazioni ineriscono al secondo profilo, che si inscrive nell'ottica delineata dall'art. 18 lett. p) l. 69/05, a norma del quale costituisce motivo ostativo alla consegna la perpetrazione, in tutto o in parte, del reato oggetto del MAE sul territorio italiano. Deve quindi essere rifiutata la consegna richiesta dall'autorità giudiziaria straniera, allorquando almeno una parte della condotta criminosa si sia verificata nel territorio dello Stato (Sez. VI, n. 47133 del 18/12/2007, Lichtenberger, Rv. 238159). Tuttavia, la giurisdizione italiana deve risultare con certezza, sulla base del quadro fattuale incontrovertibilmente desumibile dagli stessi elementi offerti dall' autorità di emissione o da quelli forniti in sede di sollecitazione integrativa ex art. 16 legge n. 69/2005 (Sez. 6, n. 45669 del 29/12/2010, Llanaj, Rv. 248973 ; Sez. F, n. 34299, del 21/8/2008, Ratti, Rv. 240912; Sez. F, n. 34576, del 28/8/2008, Maloku, Rv. 240917; Sez. F, n. 34295, del 21/8/2008, Zanotti, non mass. sul punto ). Al riguardo, risulta dall'imputazione riportata nella sentenza impugnata che i reati contestati sarebbero stati commessi in Belgio, Olanda e Italia. Non è dato però comprendere dalla sentenza emessa dalla Corte d'appello e dalla documentazione disponibile quali siano le condotte concretamente poste in essere in Italia. Occorre infatti tenere presente che il mandato d'arresto non può essere eseguito allorchè anche soltanto una parte della condotta, naturalisticamente intesa, si sia verificata sul territorio dello Stato, a norma dell'art 6 cp, purchè essa integri gli estremi di una notizia di reato e consenta all'Autorità giudiziaria italiana l'esercizio dell'azione penale per gli stessi fatti per i quali si procede nello Stato membro di emissione (Sez VI 25-2-11 n 7580, rv. n. 249233) La Corte d'appello deve dunque rifiutare la consegna sia quando la condotta criminosa si sia realizzata, nella sua parte iniziale, sul territorio italiano mentre l'attività svolta nello Stato membro di emissione sia materialmente attribuibile si soli coimputati (Sez VI 10-12-2007 n. 46843, rv. n. 238158); sia quando sul territorio italiano abbia avuto luogo la progettazione, organizzazione e predisposizione del reato poi consumato nello Stato membro di emissione. Si è infatti precisato, in giurisprudenza, che il concetto di "parte" dell'azione non si identifica con la nozione di tentativo e quindi non richiede necessariamente la sussistenza di atti idonei e univoci. In relazione infatti al diverso criterio e alle diverse esigenze a cui si informa il disposto dell'art 6 cp, è sufficiente che sia avvenuta in Italia anche una minima parte dell'azione o dell'omissione, pur se priva dei requisiti richiesti per la configurabilità del tentativo (Sez IV 22-5-97, Franzoni, Cass. pen 1998, 2355; Sez 112-5-04 n. 38019, rv. n. 229734; Sez VI 2812-08 n. 40287, Cass. pen. 2009, 3460; Sez IV 17-12-2008 n. 17026, rv. n. 243476). Non si radica invece la giurisdizione italiana e deve dunque essere eseguito il mandato d'arresto europeo allorchè i fatti posti in essere in Italia si esauriscano nel proposito generico e privo di concretezza e specificità, di perpetrare all'estero fatti delittuosi, poi effettivamente realizzati, per intero, nel territorio di un altro Stato (Sez Fer 4-9-2008 n. 34956, rv. n. 240918). Laddove poi, come nel caso in disamina, sia contestato un reato associativo, occorre verificare il luogo in cui è operativa, in tutto o in parte, la struttura organizzativa mentre ha un'importanza secondaria il luogo in cui sono stati realizzati i singoli delitti commessi in attuazione del programma criminoso, a meno che essi, per numero e consistenza, rivelino il luogo di operatività della societas sceleris (ex plurimis, Sez li, 25-2-1999 n. 993, Cohan, rv. n. 212974).
Orbene, dal mandato di arresto europeo in atti si evince l'effettuazione di una serie di operazioni in Belgio, dove sono state poste in essere trattative relative alla compravendita di stupefacente e trasferimenti di danaro, con rinvenimento di rilevante documentazione al riguardo. Dal MAE si evince inoltre l'approdo presso il porto di Rotterdam di alcune navi portacontainer che trasportavano stupefacente. Ma, come si diceva, non è dato comprendere quali condotte siano state poste in essere in Italia. A tale proposito si impone dunque un approfondimento poiché il radicarsi della giurisdizione italiana non può basarsi su mere ipotesi circa la commissione del reato, in tutto o in parte, nel territorio dello Stato (Sez VI 29-12-10 n. 45669, rv. n. 248973; Sez VI 16-11-10 n. 42159, rv. n. 248689).
5. In merito ai profili fin qui evidenziati, la Corte di cassazione non può d'altronde compiere nuove attività istruttorie. La sua cognizione, per quanto estesa al merito, a norma dell'art 22 l. 69/05, è infatti limitata ad un esame cartolare delle informazioni acquisite (Sez II 29-9-11 n. 37023, rv. n. 251141). Pertanto, la pronuncia della Corte d'appello che, nel disporre la consegna, abbia omesso di verificare la sussistenza dei presupposti di cui all'art 18 lett. o) e p) è suscettibile di annullamento con rinvio (Sez VI 24-4-2008 n. 18726, rv. n. 239723; Sez VI 16-1-07 n. 3461, rv. n. 235476).
6. La sentenza impugnata va dunque annullata, con rinvio, per nuova deliberazione, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma. Vanno infine espletati, a cura della Cancelleria, gli adempimenti di cui all'art 22 co 5 l. 69/05.
P.Q.M.
La Corte annulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuova deliberazione, ad altra sezione della Corte d'appello di Roma. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art 22 co. 5 l. 69/05.