Il rifiuto di consegna in ragione della "territorialità" italiana del reato oggetto del m.a.e. estero opera esclusivamente a condizione che risulti rigorosamente provato che l'eventuale concomitante (e potenzialmente preminente) giurisdizione italiana emerga in termini di piena certezza sulla base di un quadro fattuale che possa desumersi, in modo affidabile e non controverso, dagli stessi elementi storici offerti dallo Stato di emissione del m.a.e. (L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
sentenza 17.10.2017, n. 47892
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MOGINI Stefano - Presidente -
Dott. CRISCUOLO Anna - rel. Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -
Dott. CORBO Antonio - Consigliere -
Dott. D’ARCANGELO Fabrizio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.J., nata in (OMISSIS) il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/09/2017 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CRISCUOLO Anna;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PRATOLA Gianluigi, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Decidendo in sede di rinvio la Corte di appello di Brescia ha disposto la consegna allo Stato richiedente di A.J., destinataria del m.a.e. emesso dall'autorità giudiziaria francese in data 31 maggio 2017, con esclusivo riferimento ai reati di favoreggiamento dell'ingresso, della circolazione del soggiorno illegale di un cittadino straniero in Francia o in uno Stato parte della convenzione Schengen in banda organizzata; tratta di esseri umani, commessa in banda organizzata; partecipazione ad un'associazione per delinquere con finalità di preparare un delitto punito con la reclusione dai 10 anni: fatti commessi dal (OMISSIS) al (OMISSIS), nonchè per partecipazione ad associazione a delinquere con finalità di preparare un crimine, in quanto avente base operativa in Francia.
Dopo aver premesso che: a) la A. fu tratta in arresto il 6 giugno 2017, in quanto destinataria di mandato di arresto europeo emesso il 31 maggio 2017 dalla Procura di Nancy per i reati suindicati e per il reato di sfruttamento della prostituzione commesso in banda; b) con sentenza del 28 luglio 2017 fu disposta la consegna solo per i suddetti reati (con esclusione del reato di sfruttamento della prostituzione), in quanto non commessi neppure in parte in Italia; c) con sentenza del 22 agosto 2017 questa Corte ha annullato la sentenza con rinvio, demandando alla Corte territoriale di verificare, agli atti, l'eventuale sussistenza della giurisdizione italiana, in quanto la stessa Autorità giudiziaria francese aveva indicato le condotte associative di tratta e di ingresso clandestino di cittadini stranieri, poste in essere dalla consegnanda e dai coindagati, "in Francia e indivisibilmente in Italia", la Corte di appello di Brescia ha precisato che dalla ricostruzione dei fatti, contenuta nel mandato di arresto europeo e nel titolo cautelare interno risultava che l'operatività dell'associazione si era sviluppata in territorio francese. Infatti, le intercettazioni telefoniche avevano consentito di accertare l'esistenza di una rete di prostituzione nigeriana esistente a (OMISSIS), agevolata dal trasferimento di giovani nigeriane attraverso una rete di immigrazione clandestina, esistente da anni a (OMISSIS), della quale facevano parte tali G. e J. (identificata in J.A.J.), (OMISSIS) (identificata in O.S.) e (OMISSIS) (identificata in O.N.): è stato ritenuto pertanto, irrilevante che alcuni delitti scopo fossero stati commessi in Italia, emergendo dagli atti unicamente lo sfruttamento della prostituzione di due giovani nigeriane in (OMISSIS) da parte dell' I., compagno della A., per il quale era stata rifiutata la consegna, trattandosi di fatti per i quali deve procedere l'A.G. italiana.
La Corte di appello ha, quindi, ritenuto che tale elemento non consente di individuare il territorio italiano quale luogo di operatività dell'associazione, in assenza degli elementi costitutivi della stessa in territorio italiano, non risultando, peraltro, pendente in Italia alcun procedimento a carico della consegnanda per i fatti oggetto del procedimento.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore della A., che ne chiede l'annullamento per i seguenti motivi:
2.1 inosservanza ed erronea applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 18, comma 1, lett. p): deduce che in sede di rinvio la Corte di appello ha ripetuto i vizi di motivazione del provvedimento annullato, disattendendo le censure difensive, ritenute fondate anche dal P.G., che aveva concluso per il rigetto della richiesta di consegna, in quanto ha omesso di compiere la verifica indicata nella sentenza di annullamento, attribuendo una non meglio specificata secondaria importanza ai reati fine posti in essere sul territorio italiano, senza il preventivo vaglio dei rapporti tra la consegnanda ed il coindagato operante in (OMISSIS) e delle modalità di consumazione del reato-fine di sfruttamento della prostituzione di due ragazze sul territorio italiano. Segnala l'incongruenza logica della secondaria importanza attribuita al reato fine, connesso alle condotte radicate in territorio francese, come dimostrato dai passaggi di denaro tra i coindagati, e l'illogico riferimento al numero ed alla consistenza dei reati commessi in Italia, in quanto nè la sentenza nè gli atti trasmessi dall'A.G. richiedente descrivono i reati commessi in territorio francese. Reputa apodittica la ritenuta insussistenza dei presupposti integranti il reato associativo in territorio italiano, in quanto uno degli associati, l' I., aveva la propria base logistica in (OMISSIS) ed i passaggi di denaro tra la Francia e l'Italia smentiscono l'affermazione della Corte di appello. Segnala che secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale anche la commissione di un frammento della condotta in territorio italiano è sufficiente a radicare la giurisdizione nazionale ed il mandato di arresto europeo indica quale luogo di commissione dei reati ascritti alla ricorrente "in (OMISSIS) e indivisibilmente in Italia tra il (OMISSIS) e il (OMISSIS)": avverbio che indica la stretta connessione tra i reati ed è presente anche nel mandato di arresto emesso nei confronti dell' I., per il quale è stata rifiutata la consegna. Sussiste pertanto, la condizione ostativa di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p);
2.2 contraddittorietà della motivazione, in quanto in presenza di identiche contestazioni a carico dell' I. la stessa Corte di appello ha rifiutato la consegna con sentenza, divenuta irrevocabile. Rileva il contrasto tra le decisioni e la palese contraddittorietà del percorso motivazionale seguito nei due casi esaminati pur a fronte di contestazioni concorsuali identiche.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
Contrariamente all'assunto della ricorrente, la Corte di appello ha effettuato la verifica richiesta dalla sentenza di annullamento e rilevato che dagli atti risultava che le indagini avviate in Francia avevano dimostrato la risalente operatività di un'associazione finalizzata all'ingresso clandestino di ragazze nigeriane da avviare alla prostituzione ed effettivamente sfruttate in territorio francese, con base logistica in (OMISSIS), nell'appartamento di (OMISSIS), ove abitava anche la ricorrente.
La Corte territoriale ha ritenuto che dalla ricostruzione dei fatti risultante dal m.a.e. emerge che la ricorrente era una delle sfruttatrici della rete creata con base logistica in (OMISSIS) e che non vi sono elementi per ritenere che l'associazione abbia mai operato in Italia, in modo da radicare la giurisdizione italiana, non essendo a tal fine sufficiente la commissione del reato di sfruttamento della prostituzione di due ragazze nigeriane, per il quale non è stata disposta la consegna.
Non sussiste, peraltro, la dedotta contraddizione con la diversa soluzione adotta per l' I., giustificata dalla circostanza che questi non risulta aver operato in Francia, ma sempre e solo in Italia, a differenza della ricorrente, che sin dal 2015 gli ha inviato i proventi dell'attività illecita da lei gestita in Francia, raggiungendolo sporadicamente a (OMISSIS).
La Corte distrettuale ha correttamente rilevato che dal mandato di arresto europeo si evince che l'autorità giudiziaria francese procede per una pluralità di condotte associative consumate in Francia e che le fonti di prova acquisite non evidenziano la commissione di tali condotte in Italia.
Va al riguardo ribadito che perchè operi la casistica del rifiuto di consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p), in ragione della "territorialità" italiana ( art. 6 c.p. , comma 2) del reato oggetto del m.a.e. estero è indispensabile che l'eventuale concomitante (e potenzialmente preminente) giurisdizione italiana emerga in termini di piena certezza sulla base di un quadro fattuale che possa desumersi, in modo affidabile e non controverso, dagli stessi elementi storici offerti dallo Stato di emissione del m.a.e. (Sez. 6, n. 27825 del 30/06/2015, Ignat, Rv. 264055; Sez. 6, n. 45914 del 12/11/2013, Uglava, Rv. 257469; Sez. F, n. 35856 del 29/08/2013, Napolitano, Rv. 256720; Sez. 6, n. 7580 del 25/02/2011, H., Rv. 249233; Sez. 6, n. 45669 del 29/12/2010, Llanaj, Rv. 248973; Sez. F., 11.9.2008 n. 35288, Filippa, rv. 240719).
In proposito il Collegio sottolinea l'esigenza che questo accertamento sia condotto in modo particolarmente rigoroso, al fine di evitare la creazione di situazioni di litispendenza internazionale prive di effettivo fondamento e una sterile duplicazione dei procedimenti condotti per gli stessi fatti dagli uffici giudiziari degli Stati membri dell'Unione Europea, con conseguente determinarsi di aree perniciose di non effettività della giurisdizione penale all'interno dell'unico Spazio Europeo di libertà, sicurezza e giustizia.
Va conclusivamente rilevato che la valutazione della Corte territoriale volta alla verifica della sussistenza della condizione ostativa alla consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p), risulta fedele alla prospettazione dei fatti compiuta dall'Autorità emittente, senza che risultino concrete e concludenti evidenze di segno contrario.
Mancano pertanto, le condizioni di fatto per affermare con piena certezza che una parte delle condotte per le quali specificamente, e solo, si procede all'estero, precisata in sufficienti estremi oggettivi e con riferimento a concludenti fonti di prova, sia stata commessa in Italia, con ciò difettando l'unica condizione che consentirebbe all'autorità giudiziaria nazionale di procedere esattamente per il reato per il quale procede l'autorità giudiziaria straniera, così realizzandosi quel peculiare effettivo e concreto contesto che, solo, fonda e spiega il rifiuto della consegna di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 18, lett. p) (Sez. 6, n. 45524 del 20.12.2010; Sez. F, n. 35288 dell'11.9.2008; Sez. 6, n. 40287 del 28-29.10.2008).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
Così deciso in Roma, il 13 ottobre 2017.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2017