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Libertà di difesa consente offese (Cass. 38235/16)

14 settembre 2016, Cassazione penale

Non sono punibili le offese provenienti dal difensore, a patto che riguardino l'oggetto della causa in modo diretto ed immediato: ciò perchè il difensore esercita un diritto / dovere di difesa, non essndo necessario che le offese abbiano anche un contenuto minimo di verità, o che la stessa sia in qualche modo deducibile dal contesto, in quanto l'interesse tutelato è la libertà di difesa nella sua correlazione logica con la causa a prescindere dalla fondatezza  dell'argomentazione o continenza delle espressioni usate.

 

Corte di Cassazione, sez. Feriale Penale, sentenza 30 agosto ? 14 settembre, n. 38235

Fatto e diritto

1. II difensore di L.C. ha proposto ricorso in cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Messina, con la quale era stata confermata la pronunzia di primo grado di condanna del suddetto imputato per il reato di diffamazione in danno di F.U.. Al C. era stato contestato di "avere, nella comparsa di costituzione e risposta presentata nell'ambito del procedimento civile Miscela d'Oro - C., offeso la reputazione di U.F., con una serie di affermazioni avulse dai fatti oggetto di causa" (così il capo di imputazione).
2. II difensore ricorrente ha denunziato in primo luogo violazione di legge, riproponendo l'eccezione di nullità del decreto di citazione per indeterminatezza del capo di imputazione. Ha quindi svolto una serie di deduzioni finalizzate a sostenere che quanto scritto nella comparsa (indicata nel capo di imputazione) era attinente ai fatti di causa e che quindi le argomentazioni ritenute diffamatorie erano pertinenti, diversamente da quanto ipotizzato nella generica contestazione.
Ha poi denunziato violazione di legge per omessa rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale e ha chiesto l'applicazione della esimente di cui all'art. 598 cod. pen. 3. Il ricorso è fondato nei termini qui di seguito indicati.
4. Non può essere accolta l'eccezione di nullità del decreto di citazione.
Invero, sebbene l'imputazione come riportata nell'atto introduttivo del giudizio sia indubbiamente generica, si evince dalla stessa articolazione delle deduzioni difensive dei ricorrente che l'imputato ha avuto la possibilità di conoscere appieno quanto ascrittogli, tanto da poter esercitare in maniera esaustiva il diritto di difesa.

Non sussiste alcuna incertezza sull'imputazione, quando il fatto sia contestato nei suoi elementi strutturali e sostanziali in modo da consentire un completo contraddittorio ed il pieno esercizio dei diritto di difesa; la contestazione, inoltre, non va riferita soltanto al capo di imputazione in senso stretto, ma anche a tutti quegli atti che, inseriti nel fascicolo processuale, pongono l'imputato in condizione di conoscere in modo ampio l'addebito (Sez. 5, n. 51248 dei 05/11/2014, Cutrera, Rv. 261741; conf. ex multis Sez. 2, n. 36438 del 21/07/2015, Bilotta e altri, Rv. 264772; Sez. F, n. 43481 del 07/08/2012, Ecelestino e altri, Rv. 253582).

Peraltro, così come si evince dalla sentenza di primo grado, la suddetta eccezione non è stata formulata tempestivamente (pag. 2 della sentenza).

In proposito va rimarcato che, nel procedimento dinanzi al giudice di pace, la nullità della citazione a giudizio per insufficiente determinazione dei fatto non è di ordine generale, a norma dell'art. 178 cod. proc. pen., ma rientra tra quelle relative di cui all'art. 181 dello stesso codice, con Ià conseguenza che essa non può essere rilevata d'ufficio, ma deve essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine previsto dall'art. 491 cod. proc. pen.. (Sez. 5, n. 29933 del 16/06/2006, Diano e altri, Rv. 235150).

5. Fondato è invece il motivo con il quale è stata invocata l'applicazione dell'esimente di cui all'art. 598 cod. pen., per il quale non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie o amministrative.
Così come si evince dalla sentenza impugnata in questa sede, il C., a fronte di un ricorso di sfratto intimato dall'Urbano, si è difeso negando il contestato inadempimento e fornendo la prova dell'avvenuto pagamento delle fatture relative ai canoni di locazione, aggiungendo di essere vittima di "vessazioni con carattere sapientemente estorsivo" e accusando la controparte di una serie di comportamenti penalmente rilevanti attinenti però sempre il rapporto obbligatorio intercorrente (si veda quanto riportato nella sentenza dei Tribunale a pagg. 5 e 6).

Si tratta, quindi, di censure pertinenti all'oggetto dei giudizio ovvero funzionali al libero esercizio dei diritto di difesa.

Questa Corte da tempo ha avuto modo di chiarire che l'esimente di cui all'art. 598 cod. pen. costituisce applicazione estensiva dei più generale principio posto dall'art. 51 cod. pen. (esercizio di un diritto o adempimento di un dovere) ed è applicabile sempre che le stesse riguardino l'oggetto della causa in modo diretto ed immediato. Deve essere esclusa, al contrario, la necessità che le offese abbiano anche un contenuto minimo di verità, o che la stessa sia in qualche modo deducibile dal contesto, in quanto l'interesse tutelato è la libertà di difesa nella sua correlazione logica con la causala prescindere dalla fondatezza dell'argomentazione (Sez. 5, n. 40452 dei 21/09/2004, Ummarino ed altro, Rv. 230063).


Peraltro, l'esimente di cui all'art. 598 cod. pen. si fonda esclusivamente sul rapporto di strumentalità tra le frasi offensive e le tesi prospettate nell'ambito di una controversia giudiziaria, sicché non si richiede che le offese abbiano una base di veridicità o una particolare continenza espressiva (Sez. 5, n. 6701 del 08/02/2006, Massetti ed altro, Rv. 234008). 6. In ragione dei suesposti motivi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto come contestato non è punibile ai sensi dell'art. 598 cod. proc. pen..

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è punibile.