Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Indizi di colpevolezza nell'estradizione convenzionale (Cass, 29014/17)

8 agosto 2017, Cassazione penale

Nel regime di consegna disciplinato dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l'autorità giudiziaria italiana è tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando.

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

 ud. 18/07/2017 - deposito 08/08/2017, n. 39014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

S.A., nato in (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 03/03/2017 della Corte d'appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CORBO Antonio;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Dott. ROSSI Agnello, che ha concluso chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso;

udito, per il consegnando, l'avvocato PM, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con sentenza emessa in data 3 marzo 2017, la Corte d'appello di Firenze ha disposto l'estradizione di S.A. verso la Repubblica di Corea del Sud, in riferimento al mandato di arresto a fini estradizionali emesso dal Tribunale di Incheon per i reati di truffa e di utilizzo di carte di credito falsificate, commessi in quello Stato dal 12 giugno al 15 luglio 2014.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza indicata in epigrafe l'avvocato MPA, quale difensore di fiducia dello S., articolando tre motivi ed una richiesta conclusiva.

2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento all'art. 12 della Convenzione Europea di Estradizione, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), avendo riguardo al difetto del requisito formale del mandato di arresto.

Si deduce che, a norma dell'art. 12 della Convenzione Europea di Estradizione, a corredo della richiesta deve essere prodotto l'originale o la copia autentica di una decisione esecutiva di condanna o di un mandato di arresto o di un qualsiasi atto avente la stessa forza, rilasciato nelle forme prescritte dalla legge della Parte richiedente, e che, invece, nel caso in esame, vi è un documento al più equiparabile ad un invito a comparire ex art. 375 c.p.p.. Invero, tale atto, pur denominato "mandato di arresto", è stato emesso perchè "l'indagato rifiuta o è probabile che rifiuti la richiesta del procuratore di comparire per l'interrogatorio senza ragionevoli motivi"; e, quindi, anche in contrasto con la legge italiana che non obbliga l'imputato o l'indagato a comparire per l'interrogatorio.

2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento all'art. 705 c.p.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), avendo riguardo al difetto dei gravi indizi di colpevolezza.

Si deduce che, secondo giurisprudenza ormai costante, ai fini dell'estradizione, il giudice italiano è tenuto a valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza anche in presenza di una convenzione internazionale, e che, nella specie, la documentazione prodotta è generica, ed è costituita da un mero riepilogo degli atti, non corredato da originali o copie autentiche.

2.3. Con il terzo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento all'art. 13 c.p., a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), avendo riguardo al difetto del presupposto della doppia incriminabilità in relazione alla contestazione del reato di truffa.

Si deduce che lo S., in occasione di ogni acquisito, si è limitato ad esibire la carta di credito, da lui non contraffatta, ed il passaporto; difetta, quindi, qualunque artificio o raggiro. D'altro canto, anche da un punto di vista normativo, l'art. 347 c.p. della Repubblica di Corea non fa riferimento alla necessità di artifici o raggiri. Inoltre, anche il presunto complice, Se.Be., ha negato di aver contraffatto carte di credito.

2.4. Con la richiesta conclusiva, si domanda che, in caso di estradizione, si imponga allo Stato richiedente la detrazione della custodia cautelare sofferta dalla pena eventualmente da scontare.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito precisate.

2. Occorre premettere che i rapporti di estradizione con la Repubblica della Corea del Sud sono regolati dalla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, per effetto dell'adesione dello Stato asiatico a detto Trattato.

3. Le doglianze espresse con il primo motivo lamentano l'omessa produzione di copia autentica della decisione straniera costituente il presupposto della richiesta di estradizione, e, comunque, l'assenza nel caso di specie di un atto qualificabile come mandato di arresto.

Occorre osservare, quanto al primo aspetto che, secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in materia di estradizione per l'estero, l'autenticità dei titoli giustificativi della relativa domanda è garantita dal carattere ufficiale e pubblico della richiesta proveniente dallo Stato estero, alla quale siano state allegate le copie degli atti giudiziari d'interesse per la procedura estradizionale (cfr., tra le tante, Sez. 6, n. 41836 del 30/09/2014, Rivis, Rv. 260453, nonchè Sez. 6, n. 48414 del 09/10/2008, Dalli Cardillo, Rv. 242425).

Si può rilevare, poi, che, nel caso di specie, la richiesta di estradizione è stata trasmessa dal Ministro della Repubblica della Corea del Sud e che tale circostanza offre la più piena garanzia sulla provenienza della stessa.

E' da aggiungere, quanto al secondo aspetto, che, sempre secondo l'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, in tema di estradizione per l'estero, a fronte di una richiesta avanzata da uno Stato aderente alla Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, ratificata dall'Italia con la L. 30 gennaio 1963, n. 300, l'autorità giudiziaria italiana non è tenuta a verificare, ai sensi dell'art. 12, comma 2, lett. a), della predetta Convenzione, l'efficacia dei titoli esecutivi in base ai quali è richiesta l'estradizione, non trattandosi di un requisito menzionato nella disposizione sopra citata (cfr., tra le altre, Sez. 6, n. 1122 del 07/01/2009, Hajdini, Rv. 242151, nonchè Sez. 6, n. 284 del 28/01/1999, Motger, Rv. 213911).

Del resto, nel caso in esame, puntuali indicazioni sulla natura del "mandato di arresto" emesso dal Tribunale di Incheon posto a base della richiesta di estradizione sono fornite nella nota di accompagnamento del Procuratore presso quel giudice. Non risulta pertanto possibile dubitare che l'atto appena indicato sia qualificabile, a norma dell'art. 12, comma 2, lett. a), della Convenzione europea di estradizione citata, come "mandato di cattura o (...) qualsiasi altro atto avente la stessa efficacia".

Non è possibile, inoltre, sostenere che il "mandato di arresto", in quanto emesso perchè "l'indagato rifiuta o è probabile che rifiuti la richiesta del procuratore di comparire per l'interrogatorio senza ragionevoli motivi", contenga disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano. Invero, è sufficiente considerare che il nostro ordinamento, da un lato, indica il pericolo di fuga come specifica esigenza idonea a fondare l'applicazione di una misura cautelare, e, dall'altro, prevede espressamente, all'art. 376 c.p.p., che il pubblico ministero possa disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato o indagato per procedere ad interrogatorio, previa autorizzazione del giudice.

4. Le doglianze formulate con il secondo motivo lamentano la mancata valutazione dei gravi indizi di colpevolezza da parte della Corte d'appello di Firenze, o, comunque, la genericità ed inidoneità della documentazione prodotta dalle Autorità coreane.

Occorre premettere che, secondo la condivisa giurisprudenza di legittimità, nel regime di consegna disciplinato dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l'autorità giudiziaria italiana è tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando (così, tra le tante, Sez. 6, n. 9758 del 30/01/2014, Bulgaru, Rv. 258810, nonchè Sez. 6, n. 16287 del 19/04/2011, Xhatolli, Rv. 249648). E' quindi sufficiente una delibazione "sommaria" e non una disamina approfondita del merito della controversia.

Nella vicenda per cui si procede, la sentenza impugnata rappresenta che, dall'esame degli atti trasmessi, emergono i gravi indizi di colpevolezza. In particolare, la Corte d'appello di Firenze rileva che, a carico dello S., risultano 68 utilizzi di carta di credito contraffatta, desumibili dalle dichiarazioni delle vittime, dalla documentazione relativa alle ricevute di vendita di carta di credito recanti la firma falsa apposta dal medesimo estradando, e dalle dichiarazioni di Se.Be., il quale ha affermato di aver rinvenuto dal precisato S. circa sedici carte di credito contraffatte. Aggiunge, poi, che gli artifici o raggiri sono evidenti in considerazione dell'esibizione, da parte dello S., di carte di credito di cui era apparentemente titolare, e dell'apposizione, sempre da parte dello S., di firme false sulle ricevute di vendita, al fine di ingannare i commercianti dai quali acquistava i beni.

Trattasi di una motivazione corretta e sicuramente congrua, pure alla luce dell'esame diretto degli atti trasmessi, ammissibile in questa sede, stante la giurisdizione anche di merito spettante alla Corte di cassazione in materia di estradizione; dagli atti trasmessi, in effetti, è rinvenibile, accanto ad una ricostruzione generale delle vicende, un'indicazione analitica e dettagliata di specifici episodi.

Nè, poi, è in alcun modo fondata la questione sull'inidoneità della documentazione trasmessa, perchè di tipo riassuntivo e riepilogativo, e non costituita dalle copie degli atti del procedimento. Invero, l'art. 12, comma 2, lett. b), della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, si limita a prevedere semplicemente "una esposizione dei fatti per i quali l'estradizione viene richiesta", mentre il successivo art. 13 contempla l'acquisizione di "informazioni complementari" solo "se le informazioni fornite dalla Parte richiedente si rivelino insufficienti per consentire alla Parte richiesta di prendere una decisione in applicazione della presente Convenzione".

5. Le doglianze esposte nel terzo motivo lamentano l'insussistenza del presupposto della doppia incriminabilità.

In argomento, va premesso che, secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità, ai fini della concedibilità dell'estradizione per l'estero, per soddisfare il requisito della doppia incriminabilità, di cui all'art. 13 c.p., comma 2, non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell'ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma del nostro ordinamento, ma è sufficiente che lo stesso fatto sia previsto come reato da entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l'eventuale diversità del titolo e la difformità del trattamento sanzionatorio (cfr., con specifico riferimento a richieste presentate a norma della Convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, Sez. 6, n. 4965 del 13/01/2009, Mihai, Rv. 242697, e Sez. 6, n.47614 del 01/10/2003, Buda, Rv. 227818).

Nel caso di specie, l'estradizione nei confronti dello S. è stata richiesta perchè lo stesso avrebbe esibito ed utilizzato carte di credito di cui era solo apparentemente titolare, ed avrebbe inoltre apposto firme false sulle ricevute di vendita.

E' evidente che tali condotte, per come prospettate, risultano integrare, secondo la legge italiana, gli estremi sia del reato di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, sia del reato di truffa (cfr., a titolo esemplificativo, per una fattispecie di truffa commessa mediante sottoscrizione con firma apocrifa, Sez. F, n. 33884 del 23/08/2012, Savoca, Rv. 253474).

7. Resta ovviamente fermo quanto già disposto dalla Corte d'appello di Firenze, laddove si precisa che l'Autorità giudiziaria dello Stato richiedente dovrà procedere alla detrazione della custodia cautelare sofferta in Italia dalla pena eventualmente irrogata all'esito del giudizio, in linea con il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr., tra tante, Sez. 6, n. 20148 del 11/05/2010, Farris, Rv. 247386, e Sez. 6, n. 2824 del 24/11/2006, dep. 2007, Bala Ione, Rv. 235625, secondo cui il principio stabilito dall'art. 285 c.p.p., comma 3, deve ritenersi attuativo di un principio fondamentale dell'ordinamento italiano).

8. Alla manifesta infondatezza dei motivi dedotti segue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonchè - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al versamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di Euro duemila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 18 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 8 agosto 2017

ROTUNDO (Presidente) CORBO (relatore)