In tema di diffamazione, il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta, che deve essere strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e non trasmodare nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione.
L'esimente che prevede che non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie e amministrative non si applica alle accuse calunniose contenute in tali atti, considerato che la predetta disposizione si riferisce esclusivamente alle offese e non può, pertanto, estendersi espressioni calunniose.
L’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. - funzionale al libero esercizio del diritto di difesa- invero è limitata alle espressioni offensive contenute in scritti difensivi inviati alle "parti" processuali attuali del giudizio ordinario o amministrativo nel quale siano profferite, non potendo operare la previsione normativa nei riguardi di soggetti solo "interessati" al giudizio o, come nella fattispecie, di soggetti svolgenti funzioni di ausilio allo svolgimento del processo, come gli appartenenti al personale di Cancelleria.
Corte di Cassazione
sez. V Penale, sentenza 17 maggio – 17 settembre 2019, n. 38424
Presidente Palla – Relatore Pezzullo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 29.11.2017 il Tribunale di Parma ha confermato la sentenza del locale Giudice di Pace di condanna di P.F. alla pena di Euro 1000,00 di multa, per il reato di diffamazione nei confronti di F.S. , per aver trasmesso in data 11.11.2013 uno scritto a mezzo fax alla Cancelleria delle esecuzioni presso il medesimo Tribunale di Parma, evidenziando che "l’atto di precetto e di pignoramento presso terzi eseguito" dal F. nei suoi confronti "riporta la sentenza trascritta, falsata, rispetto al testo originario, ma soprattutto modifica l’importo complessivo indicato nel dispositivo dal giudice in Euro 1500,00. L’importo richiesto dal F. , secondo la sua sentenza, è un ulteriore importo IVA e CPA".
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia, affidato a due motivi di ricorso, con i quali lamenta:
-con il primo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b); ed invero, nella fattispecie in esame andava applicata la scriminante di cui all’art. 598 c.p., essendo stata inoltrata la missiva oggetto di imputazione alla cancelleria dell’esecuzione del Tribunale di Parma ed il contenuto della missiva concerneva appunto in modo diretto ed immediato l’oggetto della controversia; invero, non può ritenersi disattivata la portata scriminate dell’art. 598 c.p., solo perché lo scritto difensivo non ha rivestito i caratteri formali dell’opposizione a pignoramento, laddove la forma esteriore dell’atto non elide il senso dello scritto di opposizione per via giurisdizionale all’atto di precetto e pignoramento presso terzi; in ogni caso, occorreva valutare nella fattispecie l’efficacia putativa della causa di giustificazione in questione o dell’art. 599 c.p., comma 2;
con il secondo motivo, la ricorrenza del vizio di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. d) per mancata assunzione e conseguente rinnovazione del dibattimento, della prova decisiva della testimonianza del Giudice di Pace Dott. C. , estensore della sentenza penale oggetto dello scritto difensivo del P. e del documento con cui lo stesso aveva fornito una sorta di interpretazione autentica scritta sull’entità delle spese; peraltro, la decisione di escludere prove così rilevanti per l’esito del processo è intervenuta con motivazione viziata dall’erronea interpretazione dell’art. 598 c.p..
Ritenuto in fatto
Il ricorso va respinto.
1. Il primo motivo di ricorso è infondato, non meritando censure la valutazione della Corte territoriale che ha ritenuto non configurabile, nella fattispecie in esame, la scriminante di cui all’art. 598 c.p..
1.1. Il Tribunale, invero, dopo aver ricostruito la vicenda in esame- che ha avuto origine da altro procedimento penale per il reato di cui all’art. 581 c.p. nei confronti del P. , condannato al pagamento di Euro 1000,00 di multa ed al risarcimento di Euro 3000,00 in favore del F. , per aver colpito quest’ultimo, lanciandogli documenti sul viso nel corso di una riunione condominiale- ha innanzitutto evidenziato come le espressioni utilizzate nel fax oggetto di contestazione, inviato alla cancelleria delle esecuzioni del Tribunale di Parma, abbiano contenuto offensivo della reputazione della persona offesa, accusata di aver tenuto une condotta volutamente truffaldina nei confronti dell’imputato, consistita nel modificare il contenuto della sentenza di primo grado, indicando un importo maggiore per le spese.
1.2. In particolare, va condivisa la valutazione operata Tribunale, secondo cui le espressioni utilizzate dall’imputato si presentano lesive della reputazione del F. , tacciato di aver riportato in sede esecutiva una sentenza falsata rispetto al testo originario, "con modifica dell’importo complessivo indicato nel dispositivo dal giudice".
1.3. Più volte questa Corte ha evidenziato come, in tema di diffamazione, il requisito della continenza postula una forma espositiva corretta della critica rivolta- e cioè strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione (Sez. 5, n. 31669 del 14/04/2015, Rv. 264442), laddove nella fattispecie in esame, la sottesa falsità di quanto riportato dal F. in sede esecutiva, esorbita senz’altro il limite della continenza, traducendosi in un giudizio di disvalore ne. confronti dello stesso additato, appunto, nella sostanza, come un truffatore/falsificatore.
1.4. Le espressioni in contestazione, inoltre, con l’invio del fax alla "Cancelleria delle esecuzioni" del Tribunale di Parma sono state comunicate a più persone, come evidenziato dalle testi A.C. , funzionario della cancelleria, e Fe.Su. , dipendente del Tribunale, che, per prima prese conoscenza del contenuto del fax inviato dal P. , passandolo poi alla A. , che, a sua volta lo trasmetteva in visione al giudice Ca. .
1.5. Del pari condivisibile, come già accennato in premessa, si presenta la valutazione del Tribunale, secondo cui risulta inapplicabile nella fattispecie in esame la scriminante di cui all’art. 598 c.p., essendo state le espressioni lesive pronunciate al di fuori di atti processuali di pertinenza dell’imputato, senza alcun collegamento con specifiche e concrete argomentazioni difensive con falsa attribuzione di atti illeciti commessi dalla p.o. che avrebbero potuto integrare anche il concorrente reato di calunnia.
Con tale valutazione il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi più volte affermati da questa Corte, secondo cui l’esimente di cui all’art. 598 c.p. - per quelle non sono punibili le offese contenute negli scritti e nei discorsi pronunciati dinanzi alle autorità giudiziarie e amministrative - non si applica alle accuse calunniose contenute in tali atti, considerato che la predetta disposizione si riferisce esclusivamente alle offese e non può, pertanto, estendersi espressioni calunniose (Sez. 5, n. 29235 del 19/05/2011, Rv. 250466).
1.5.1. Nel caso di specie, peraltro, le espressioni oggetto di contestazione erano state inserite in uno scritto trasmesso alla Cancelleria delle esecuzioni del Tribunale, che non era la legittima contraddittrice del P. e sul punto giova innanzitutto richiamare i principi affermati da questa Corte, secondo cui l’esimente di cui all’art. 598 c.p. - concernente la non punibilità delle offese contenute in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie e amministrative non è applicabile, qualora le espressioni offensive siano contenute in scritti inviati a soggetti che non siano appunto i contraddittori del procedimento, in quanto l’operatività dell’esimente funzionale al libero esercizio del diritto di difesa - deve restare circoscritta all’ambito del giudizio, ordinario od amministrativo nel corso del quale le offese siano profferite, a condizione che siano pertinenti all’oggetto della causa o del ricorso amministrativo (cfr. Sez. 5, n. 7633 del 18/11/2011, Rv. 252161), con la conseguenza che essa non è applicabile qualora le espressioni offensive siano divulgate in altra sede (Sez. 5, n. 20058 del 06/11/2014).
1.5.2. Nella fattispecie, invero, trattasi di una nota personale del P. contenente apprezzamenti di disvalore nei confronti della p.o., che non si inseriscono in un articolato scritto "difensivo" in merito alla non correttezza degli importi richiesti, risultando piuttosto funzionale a gettare discredito sull’operata attività esecutiva del F. , mettendo in risalto l’illegittima "modifica" dell’importo dovuto per le spese ad opera della stessa p.o..
L’applicabilità dell’esimente di cui all’art. 598 c.p. -funzionale al libero esercizio del diritto di difesa- invero è limitata alle espressioni offensive contenute in scritti difensivi inviati alle "parti" processuali attuali del giudizio ordinario o amministrativo nel quale siano profferite, non potendo operare la previsione normativa nei riguardi di soggetti solo "interessati" al giudizio (Sez. 5, n. 45173 del 22/05/2015, Rv. 265505; Sez. 5, n. 7633 del 18/11/2011, Rv. 252161) o, come nella fattispecie, di soggetti svolgenti funzioni di ausilio allo svolgimento del processo, come gli appartenenti al personale di Cancelleria.
1.5.4. Del tutto generiche e, comunque, prive di significative argomentazioni si presentano le relazione all’efficacia putativa della causa di giustificazione in questione e dell’applicabilità dell’art. 599 c.p., comma 2.
2. Manifestamente infondato si presenta, altresì, il secondo motivo di ricorso, concernente la mancata assunzione e conseguente rinnovazione del dibattimento, attraverso la testimonianza del Giudice di Pace Dott. C. , e del documento con cui lo stesso aveva fornito una sorta di interpretazione autentica scritta sull’entità delle spese. Sul punto, non merita censura alcuna la valutazione del Tribunale che ha ritenuto irrilevanti le prove richieste, atteso che, quantunque fosse stato dimostrato che il P. era stato indotto a credere che IVA e CPA erano inclusi nell’importo di cui alla condanna alle spese quantificata in Euro 1500,00, ciò non avrebbe comunque reso legittimo il contenuto dello scritto inviato dal P. di evidente contenuto diffamatorio.
2.1. Peraltro, alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello, di cui all’art. 603 c.p.p., comma 1, può ricorrersi solo quando il giudice ritenga di non poter decidere allo stato degli atti", sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che o stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza (Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Rv. 256228). In tema di ricorso per cassazione, può essere censurata la mancata rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale qualora si dimostri l’esistenza, nell’apparato motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all’assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello. (Sez. 6, n. 1400 del 22/10/2014).
3. Il ricorso va, dunque, respinto ed il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile liquidate in Euro 2.200,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese di parte civile liquidate in Euro 2.200,00, oltre accessori di legge