Il divieto di estradizione per il pericolo che l'estradando subisca la violazione dei diritti fondamentali consegue non solo al regime normativo dello Stato richiedente, ma anche alla "scelta di fatto" delle sue Autorità, la quale ricorre quando queste si limitano ad assumere l'impegno di intraprendere le dovute iniziative per assicurare ai detenuti le condizioni necessarie a salvaguardare le minime esigenze di rispetto della dignità umana, senza però approntare in concreto misure idonee, nonostante l'ufficiale conoscenza dello stato di degrado in cui versano le strutture carcerarie del Paese: dato che la Colombia si è impegnata al miglioramento delle condizioni di detenzione, può essere concessa estradizione verso quel paese.
Cassazione penale
Sez. VI, Sent., (ud. 18/09/2015) 30-10-2015, n. 43957
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO' Antonio - Presidente -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
Dott. MOGINI Stefano - rel. Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -
Dott. VILLONI Orlando - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
R.E.W., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Bologna il 14.4.2015;
visti gli atti, la sentenza impugnata, il ricorso, la nota del ricorrente in data 31.8.2015 e la memoria difensiva depositata il 14.9.2015;
udita la relazione del consigliere Stefano Mogini;
udite le conclusioni del sostituto procuratore generale Mario Fraticelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito l'Avv. P.G.L., difensore di fiducia del ricorrente, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. R.E.W. ricorre per mezzo del proprio difensore avverso la sentenza in epigrafe, con la quale la Corte d'Appello di Bologna ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l'estradizione del ricorrente verso la Colombia. La richiesta di estradizione colombiana riguarda l'esecuzione della sentenza di condanna definitiva pronunciata nei confronti del ricorrente dal Tribunale di Medellin per il reato di omicidio volontario e porto abusivo di armi alla pena di anni trentaquattro e mesi cinque di reclusione.
2. Il ricorrente censura la sentenza impugnata lamentando:
a) violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla circostanza che egli non è mai venuto a conoscenza nè del processo, nè della sentenza di condanna emessa a suo carico (in primo grado e non appellata dal difensore d'ufficio), se non successivamente alla domanda di estrazione avanzata dalle autorità colombiane.
L'incertezza circa la sussistenza nell'ordinamento processuale colombiano di rimedi che consentano all'imputato, che non sia stato messo nelle condizioni di conoscere l'esistenza del processo a suo carico, di impugnare la sentenza definitiva imporrebbero il diniego dell'estradizione ai sensi dell'art. 705 c.p.p. , comma 2, lett. a), art. 111 Cost. e art. 6 CEDU. b) violazione di legge e omessa o illogica motivazione in ordine all'esistenza di un fondato rischio che, ove estradato, il ricorrente verrà sottoposto a trattamenti inumani o degradanti o comunque ad atti costituenti violazione dei diritti umani fondamentali, con riferimento alla situazione delle carceri colombiane, caratterizzate da sovraffollamento, carenze sanitarie e in alcuni casi dalla "gestione" dei penitenziari da parte di ex terroristi delle FARC ivi detenuti.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è infondato.
3.1. In particolare infondato è il primo motivo di ricorso. Risulta infatti dalla documentazione relativa alla domanda di estradizione che all'udienza pubblica di formulazione dell'imputazione tenutasi in data 20.2.2013 dinanzi al giudice 41 Penale Municipale con funzione di controllo di garanzie di Medellin, l'imputato - attuale ricorrente - era rappresentato dal proprio difensore di fiducia (difensore contrattuale). Priva di fondamento è dunque la pretesa del ricorrente di non essere stato a conoscenza del processo a suo carico e dell'imputazione formulata nei suoi confronti, sicchè la sua posizione nel processo svoltosi in Colombia nei suoi confronti in nessun modo può essere equiparata a quella del contumace inconsapevole. Priva di un pur embrionale inizio di prova risulta del resto l'allegazione secondo la quale il difensore di fiducia non avrebbe comunicato al R., tramite la sorella di quest'ultimo che era in contatto con il legale, la contestazione dell'accusa e il conseguente rinvio a giudizio. Ne consegue che non pertinente - e non necessario - risulta nel caso di specie ogni eventuale accertamento circa l'esistenza nell'ordinamento processuale colombiano di mezzi di impugnazione straordinari riservati al condannato ignaro senza sua colpa dell'esistenza del processo a suo carico, tale non potendosi ritenere l'attuale ricorrente.
3.2. Il secondo motivo di ricorso è pure infondato.
Infatti, in tema di estradizione per l'estero, il divieto per il giudice italiano di pronunciarsi favorevolmente sull'istanza per il pericolo che l'estradando subisca la violazione dei diritti fondamentali consegue non solo al regime normativo dello Stato richiedente, ma anche alla "scelta di fatto" delle sue Autorità, la quale ricorre quando queste si limitano ad assumere l'impegno di intraprendere le dovute iniziative per assicurare ai detenuti le condizioni necessarie a salvaguardare le minime esigenze di rispetto della dignità umana, senza però approntare in concreto misure idonee, nonostante l'ufficiale conoscenza dello stato di degrado in cui versano le strutture carcerarie del Paese (Sez. 6, n. 46212 del 15.10.2013, Rv. 258082).
Risulta peraltro dal recente Rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d'America sulle Pratiche in materia di diritti umani in Colombia nel 2014 che la situazione di sovraffollamento e di carenti condizioni igieniche riscontrabile nelle carceri colombiane è in costante miglioramento per l'impegno delle autorità colombiane.
Inoltre lo stato delle carceri è sottoposto a monitoraggio indipendente e i detenuti hanno libero e costante accesso all'autorità giudiziaria, alla quale possono presentare agevolmente denunce, e possono essere assistiti a loro richiesta dall'Ombudsman e da associazioni non governative.
Il sistema di registrazione elettronica dei detenuti è regolarmente aggiornato e i detenuti possono ricevere visite da familiari e conoscenti.
Il sistema carcerario colombiano non appare dunque affetto da disfunzioni tali da far ritenere il fondato rischio che il ricorrente verrà sottoposto, ove estradato, a trattamenti inumani o degradanti o ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell'art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 18 settembre 2015.
Depositato in Cancelleria il 30 ottobre 2015