Ai fini del dell'accertamento della condizione ostativa di un generale rischio di trattamento disumano o degradante nel Paese richiedente l'estradizione (qui: Albania), il giudice di merito deve utilizzare fine, elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente e, verificata la sussistenza di tale rischio, deve svolgere un'indagine "mirata", anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l'interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante.
A fronte di indagini giornalistiche o rapporti di associaizoni della cui attendibilità il giudice di merito non dubiti, non basta la mera affermazione dello Stato richiedente di rispett dei diritti fondamentali, ma vanno richiesti specifici elementi di informazion.e
La veridicità e l'effettiva consistenza delle situazioni oggetto delle notizie di stampa diffuse on line dalle testate giornalistiche albanesi devono costituire contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'appello la prima base di una puntuale attività di verifica e riscontro, eventualmente anche attraverso una richiesta supplementare di informazioni allo Stato richiedente, dal momento che quelle notizie facevano riferimento ad abusi commessi in danno di persone detenute proprio nel carcere di (**), ovvero a gravi situazioni di sovraffollamento ivi di recente manifestatesi.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
sentenza 23.10.2017 (ud. 21/09/2017), n. 48635
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CONTI Giovanni - Presidente -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
Dott. RICCIARELLI Massimo - Consigliere -
Dott. VILLONI Orlando - Consigliere -
Dott. DE AMICIS Gaetano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
D.A., nato il (OMISSIS) a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 26/04/2017 della Corte di appello di Brescia;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. DE AMICIS Gaetano;
udita la requisitoria del P.G., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa LORI Perla, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore del ricorrente, Avv. FORTUNA Daniela, che ha concluso per l'accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 26 aprile 2017 la Corte d'appello di Brescia ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione di D.A. verso la Repubblica di Albania, in relazione alla sentenza di condanna emessa in data 11 dicembre 2015 dal Tribunale di primo grado di Tirana (e confermata dalla Corte d'appello di Tirana con sentenza del 16 marzo 2016), che lo condannava alla pena di anni otto di reclusione per il reato di traffico di stupefacenti punito dagli artt. 283/a/2 e 22 c.p. albanese.
2. Nell'interesse di D.A. ha proposto ricorso per cassazione il difensore, deducendo due motivi.
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione di legge con riferimento al principio della immutabilità del Giudice ex art. 525 c.p.p. , comma 2, sul rilievo che il procedimento in esame è stato caratterizzato dallo svolgimento di una vera e propria istruttoria tesa a comprendere quale fosse l'attuale situazione del sistema penitenziario albanese e che nel corso di cinque udienze il Collegio è più volte mutato (in quattro diverse composizioni) senza che la difesa abbia mai prestato il suo assenso a tale cambiamento.
2.2. Con il secondo motivo, inoltre, si deduce la violazione dell'art. 705 c.p.p. , comma 2, lett. c) e art. 698 c.p.p. , comma 1, in considerazione del serio e concreto pericolo che l'estradando, come risulta da più fonti di informazione, ed in particolare dall'ultimo rapporto (pubblicato in data 3 marzo 2016) del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, subisca trattamenti inumani e degradanti per effetto delle condizioni di sovraffollamento in cui versano gli istituti di pena albanesi. Del tutto generiche ed insufficienti, a tale riguardo, devono ritenersi le risposte fornite dalle Autorità albanesi in merito all'oggetto della richiesta di informazioni trasmessa dalla Corte territoriale con ordinanza del 17 gennaio 2017.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è parzialmente fondato e deve pertanto accogliersi nei termini e per gli effetti qui di seguito esposti e precisati.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato, dovendosi al riguardo ribadire la linea interpretativa costantemente tracciata da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 41635 del 24/10/2007, Bogariu, Rv. 237670; Sez. 6, n. 22693 del 01/04/2004, Vasile, Rv. 229638), secondo cui il principio dell'immutabilità del giudice, sancito dall'art. 525 c.p.p. , comma 2, non è applicabile alla pronuncia sull'estradizione emessa dalla Corte di appello. Ne consegue che, una volta rinviato il giudizio sull'estradabilità ad altra udienza per l'acquisizione di ulteriore documentazione, non è imposta la stessa composizione del collegio, dovendo la pronuncia essere resa in base alla documentazione trasmessa dallo Stato richiedente e a conclusione della discussione orale delle parti, nei limiti entro cui queste ultime intendano sviluppare argomenti ulteriori rispetto a quelli già risultanti dai documenti acquisiti agli atti e prodotti dalla difesa.
Linea interpretativa, questa, la cui portata applicativa è stata estesa, per le medesime ragioni, anche alla nuova procedura di consegna basata sul mandato di arresto europeo (Sez. 6, n. 7792 del 18/02/2014, Manolache, Rv. 259001).
3. Fondato, di contro, deve ritenersi, alla luce degli elementi di conoscenza già emersi dalla documentazione allegata dal ricorrente alle note di udienza depositate nel giudizio di appello in data 26 aprile 2017, il secondo motivo di ricorso, non avendo la Corte distrettuale offerto una esauriente e convincente risposta in merito all'incidenza, sulla effettiva sussistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda estradizionale, delle attuali condizioni di detenzione nelle strutture carcerarie dello Stato richiedente.
Al riguardo questa Corte ha stabilito il principio secondo cui, ai fini del dell'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art. 705 c.p.p. , comma 2, lett. c), la Corte di appello deve valutare se sussiste un generale rischio di trattamento disumano o degradante nel Paese richiedente, utilizzando, a tal fine, elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente e, verificata la sussistenza di tale rischio, deve svolgere un'indagine "mirata", anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l'interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante (ex multis v. Sez. 6, n. 28822 del 28/06/2016, Diuligher, Rv. 268109).
Ora, nella nota di riscontro alla richiesta di notizie specifiche sul trattamento penitenziario che sarà riservato all'estradando, trasmessa alla richiedente Corte d'appello di Brescia il 27 febbraio 2017 dal Ministero della Giustizia albanese, è stata indicata la struttura carceraria dove la persona dovrebbe essere custodita (l'Istituto di detenzione di (OMISSIS)), in condizioni che si affermano tali da ottemperare ai criteri prescritti dall'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Dalla su citata nota di riscontro, tuttavia, non emergono specifici elementi di informazione riguardo ai concorrenti aspetti dello "spazio minimo inframurario" assicurato al detenuto e delle "condizioni igieniche e di salubrità dell'alloggio": profili, questi, il cui approfondimento era oggettivamente imposto dall'esame della documentazione relativa alle recenti notizie di stampa prodotte dal ricorrente, e che la stessa Corte d'appello in effetti aveva ritenuto rilevanti, sì da farne oggetto, in data 17 gennaio 2017, di una espressa richiesta di informazioni all'Autorità richiedente.
Ne discende che la veridicità e l'effettiva consistenza delle situazioni oggetto delle notizie di stampa diffuse on line dalle testate giornalistiche albanesi, che la difesa del ricorrente, peraltro, aveva già allegato a sostegno delle sue deduzioni, avrebbero dovuto costituire, contrariamente a quanto affermato dalla Corte d'appello, la prima base di una puntuale attività di verifica e riscontro, eventualmente anche attraverso una richiesta supplementare di informazioni allo Stato richiedente, dal momento che quelle notizie facevano riferimento ad abusi commessi in danno di persone detenute proprio nel carcere di (OMISSIS), ovvero a gravi situazioni di sovraffollamento ivi di recente manifestatesi.
Non pertinente, dunque, deve ritenersi il richiamo operato dalla sentenza impugnata al passaggio motivazionale di un precedente giurisprudenziale di questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 8958 del 30 gennaio 2017, Buxaj), ove si poneva in rilievo, con riferimento ad un caso analogo, il fatto che "il carcere di (OMISSIS), dove l'estradando è stato destinato, è indicato, nell'ambito della valutazione del sistema penitenziario albanese da parte del Comitato per la prevenzione della Tortura del Consiglio d'Europa, come una delle nuove strutture (all'epoca in via di finalizzazione) destinate a migliorare, per capienza e servizi, l'efficienza del sistema carcerario (documento del 3 marzo 2016, CPT/Inf.7)": le considerazioni al riguardo espresse da questa Corte si sono basate, evidentemente, su un complesso di valutazioni rese da fonti di informazione senza dubbio attendibili, ma attinenti ad una situazione di fatto precedente e temporalmente delimitata, che i numerosi elementi di conoscenza successivamente emersi dalle notizie di stampa oggetto di produzione documentale potrebbero avere, se in concreto confermati, radicalmente disatteso.
Ciò a maggior ragione ove si consideri il contenuto della successiva documentazione dalla difesa allegata a sostegno del ricorso introduttivo del presente procedimento, ed in particolare il Rapporto elaborato in data 1 maggio 2017 dall'Associazione albanese degli Avvocati anticorruzione, ove si fa riferimento ad una serie di ispezioni e verifiche effettuate presso l'Istituto penitenziario di (OMISSIS) nel periodo ricompreso tra i mesi di gennaio-aprile 2017, il cui esito ha consentito di constatare, fra l'altro, la presenza di situazioni di carenza sanitaria e di grave sovraffollamento carcerario in relazione al rapporto fra il numero dei detenuti e la superficie di ogni singola cella, come tali potenzialmente elusive dei principii stabiliti dalla Corte EDU (Grande Camera, 20 ottobre 2016, Mursic c. Croazia) e da questa Suprema Corte (Sez. 1, n. 41211 del 26 maggio 2017, Gobbi Heros; Sez. 1, n. 13124 del 17/11/2016, dep. 2017, Morello, Rv. 269514; Sez. 1, n. 52819 del 09/09/2016, Sciuto, Rv. 268231) in tema di violazione del divieto di trattamenti inumani o degradanti stabilito dall'art. 3 CEDU.
4. Sulla base delle su esposte considerazioni s'impone, limitatamente ai profili critici su evidenziati, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per un nuovo giudizio che, nella piena libertà del relativo apprezzamento di merito, ponga rimedio ai vizi riscontrati.
La Cancelleria provvederà all'espletamento degli incombenti ex art. 203 disp. att. c.p.p..
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Brescia. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Così deciso in Roma, il 21 settembre 2017.
Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2017