Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Estradizione e pericolo di fuga (Cass. 23632/24)

12 giugno 2024, Cassazione penale

In tema di estradizione per l'estero, non è applicabile alle misure cautelari  il divieto di disporre la misura della custodia cautelare in carcere quando il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni, costituendo, quest'ultimo, disposizione riguardante il diritto interno.

In tema di misure coercitive disposte nell'ambito di una procedura d'estradizione passiva, il pericolo di fuga, che giustifica l'applicazione del provvedimento limitativo della libertà personale, può essere inteso come pericolo d'allontanamento dell'estradando dal territorio dello Stato richiesto, con conseguente rischio d'inosservanza dell'obbligo assunto a livello internazionale di assicurarne la consegna al Paese richiedente: la sussistenza di tale pericolo deve essere motivatamente fondata su elementi concreti, specifici e rivelatori di una vera propensione e di una reale possibilità d'allontanamento clandestino da parte dell'estradando.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

SENTENZA

 (data ud. 17/04/2024) 12/06/2024, n. 23632

sul ricorso proposto dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste avverso l'ordinanza della Corte di appello di Trieste del 17/02/2024, nel procedimento nei confronti di:

A.A., nata in Bosnia-Erzevogina il (omissis) (CUI omissis);

visti gli atti e l'ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Enrico Gallucci;

lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Vincenzo Senatore, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.

Svolgimento del processo

1. Il Consigliere delegato della Corte di appello di Trieste, con ordinanza emessa in data 17 febbraio 2024 (motivazione contestuale), non ha convalidato l'arresto provvisorio a fini estradizionali di A.A. effettuato il precedente 16 febbraio, in relazione alla procedura attivata in ordine alla sentenza del Tribunale di B.B. (Bosnia) del 26 ottobre 2022 che ha condannato la predetta alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di false dichiarazioni (art. 384 del codice penale della Bosnia Erzegovina), ordinando per l'effetto l'immediata liberazione di A.A.

 

2. In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto, da un lato, che non ricorresse il concreto pericolo di fuga - presupposto richiesto dall'art. 716 cod. proc. pen. per la convalida dell'arresto provvisorio e l'applicazione di misure cautelari all'estradando - in ragione della richiesta di asilo politico presentata in Italia e delle circostanze che la donna era conosciuta all'ufficio di polizia, era regolare assegnataria di un alloggio in P, si era presentata, a seguito di invito motivato, presso gli Uffici della Questura e non aveva cercato in alcun modo di scappare.

 

Inoltre, indicava l'ordinanza, la pena inflitta dall'Autorità giudiziaria straniera è inferiore al limite che consente l'applicazione della misura della custodia cautelare ex art. 275 comma 2 cod. proc. pen. (in base al quale dette misure non possono essere applicate a fronte di prognosi di condanna a pena detentiva inferiore a tre anni, ove il condannato abbia un alloggio idoneo).

 

3. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Trieste, deducendo due motivi. Con il primo, si eccepisce che vi è concreto pericolo di fuga della A.A., sottrattasi all'esecuzione della pena inflitta in Bosnia ed entrata illegalmente in Italia; con il secondo motivo, si denuncia la violazione di legge in quanto il limite suindicato di prognosi della pena non può applicarsi all'arresto estradizionale e alle conseguenti misure cautelari.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è complessivamente infondato.

2. Il ricorrente Procuratore generale ha ragione nell'eccepire l'erroneità del ragionamento della Corte di appello in ordine all'insussistenza dei presupposti di pena per potere applicare la misura cautelare. Infatti, "in tema di estradizione per l'estero, non è applicabile alle misure cautelari ex art. 714 cod. proc. pen., il divieto previsto dall'art. 275, comma secondo bis, cod. proc. pen. di disporre la misura della custodia cautelare in carcere quando il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a tre anni, costituendo, quest'ultimo, disposizione riguardante il diritto interno" (così, Sez. 6, n. 24245 del 21/05/2015, Pg in proc. Bibileishvili, Rv. 264169 - 01).

3. Infondato è, invece, il primo motivo di ricorso. L'ordinanza impugnata motiva in modo non manifestamente illogico in ordine alla insussistenza di un concreto pericolo di fuga della A.A., indicando una serie di elementi dai quali deduce l'inesistenza di tale rischio. Sul punto, si è rilevato come "in tema di misure coercitive disposte nell'ambito di una procedura d'estradizione passiva, il pericolo di fuga, che giustifica l'applicazione del provvedimento limitativo della libertà personale, può essere inteso come pericolo d'allontanamento dell'estradando dal territorio dello Stato richiesto, con conseguente rischio d'inosservanza dell'obbligo assunto a livello internazionale di assicurarne la consegna al Paese richiedente.

Tuttavia, la sussistenza di tale pericolo deve essere motivatamente fondata su elementi concreti, specifici e rivelatori di una vera propensione e di una reale possibilità d'allontanamento clandestino da parte dell'estradando" (Sez. 6, n. 28758 del 09/04/2008, Costan, Rv. 240322 -01). Nella specie, l'ordinanza impugnata - con motivazione non manifestamente illogica e quindi non sindacabile in questa sede - ha specificamente indicato gli elementi ritenuti dimostrativi di un effettivo radicamento della A.A. sul territorio nazionale e dell'assenza di un concreto pericolo di fuga.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2024.

Depositata in Cancelleria il 12 giugno 2024.