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Estradizione con condizioni di detenzione inumane, giudice deve approfondire (Cass. 3485/21)

21 gennaio 2021, Cassazione penale

In presenza di una situazione di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti attestata da fonti internazionali affidabili costituisce onere del Giudice di appello, ai fini dell'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art. 698, comma 1, cod. proc. pen., richiedere informazioni integrative tese a conoscere il trattamento penitenziario cui sarà in concreto sottoposto l'estradando, anche in mancanza di allegazioni difensive al riguardo.

Qualora sussista un generale rischio di trattamento disumano o degradante nel Paese richiedente, in ipotesi rilevante quale condizione ostativa alla consegna ai sensi dell'art. 698, comma 1, cod. proc. pen., la Corte d'appello è tenuta ad acquisire elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati in merito alle condizioni di detenzione colà vigenti, svolgendo un'indagine mirata, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l'interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante.

Le informazioni suppletive da richiedere all'autorità competente dello stato richiedente devono accertare

a) in quale istituto penitenziario l'estrandando dovrà scontare la pena in relazione alla quale è stata richiesta la sua estradizione; b) a quale tipo di trattamento penitenziario egli sarà sottoposto; c) quali siano le condizioni - specifiche e concrete - della struttura e della cella ove l'estradando sarà ristretto.

 La pendenza della richiesta di protezione internazionale avanzata dall'estradando non è di per sé causa ostativa alla consegna, non essendovi rapporto di pregiudizialità tra le due procedure.

 

Corte di Cassazione

Penale Sent. Sez. 6 Num. 3485 Anno 2021

Presidente: PETRUZZELLIS ANNA

Relatore: BASSI ALESSANDRA

Data Udienza: 14/01/2021

 

SENTENZA

 sul ricorso proposto da

FA nato a K (Moldavia) il **/1979

avverso la sentenza del 05/10/2020 della Corte d'appello di Bologna

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Alessandra Bassi;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Locatelli, che ha concluso chiedendo che il primo motivo di ricorso sia dichiarato inammissibile e che il secondo ed il terzo motivo siano invece rigettati.

 RITENUTO IN FATTO

 1. Con il provvedimento in epigrafe, la Corte d'appello di Bologna ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione presentata dall'autorità  giudiziaria della Repubblica della Moldavia nei confronti di AF, ai fini della esecuzione della sentenza resa dal Tribunale di Cahul (Moldavia) in data 12 luglio 2019, definitiva il 29 luglio 2019, alla pena di anni otto e mesi sei di reclusione, per il reato di truffa.

 2. Con atto a firma del difensore di fiducia avv. MGC, AF chiede l'annullamento del provvedimento per i motivi di seguito sunteggiati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

 2.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 698 e 705, comma 2 lett. b), cod. proc. pen., per avere la Corte d'appello riconosciuto i presupposti per la consegna del F alla Moldavia nonostante l'eccessiva gravosità ed irragionevolezza del trattamento sanzionatorio applicato con la sentenza di cui si chiede l'esecuzione, all'evidenza contrastante con il principio di proporzionalità garantito dall'art. 25 della Costituzione, nonché sproporzionato rispetto alla effettiva gravità della condotta, stante la mancanza di qualunque circostanza aggravante e il riconoscimento di una circostanza attenuante.

 2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 698 e 705 cod. proc. pen., 24 Cost., 6 CEDU e 48 della Carta di Nizza, per avere il Collegio di merito disposto la consegna del F alla Moldavia nonostante l'omessa indicazione del luogo di futura esecuzione della pena inflitta, così impedendo di verificare quale sia la situazione attuale della struttura carceraria, allo scopo di scongiurare che l'estradando possa essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti. La difesa aggiunge come, in sede di audizione presso la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di *, in data 4 novembre 2019, F abbia narrato di essere stato vittima di una serie di atti persecutori nel paese di origine, in quanto membro del partito democratico moldavo, riferendo altresì di essere stato ricoverato senza motivo presso una struttura psichiatrica per ben tre volte e di essere infine riuscito ad evadere e ad arrivare in Italia.

 2.3. Violazione di legge in relazione agli artt. 2, 3 e 6 CEDU, artt. 4, 19, 51 e 52 della Carta di Nizza, art. 33 della Convenzione di Ginevra, artt. 3, 24 e 27 Cost. e 698 e 705 cod. proc. pen., per avere la Corte distrettuale disposto la consegna del F alla Moldavia in violazione del principio del non refoulement, avendo il consegnando richiesto asilo in considerazione del rischio di violazione dei dirittiumani in Moldavia, paese pericoloso, da cui il ricorrente è fuggito per salvarsi dalle persecuzioni e dalle intimidazioni subite per motivi politici, essendo stata la necessità di essere sottoposto a cure psichiatriche smentita dalla stessa Corte moldava che lo ha dichiarato capace di agire.

 CONSIDERATO IN DIRITTO

 1. Il ricorso è fondato con limitato riguardo alla valutazione delle condizioni carcerarie, mentre va rigettato nel resto.

 2. Il primo motivo - con cui il ricorrente chiede che sia respinta la richiesta di estradizione per eccessiva gravosità della pena applicata con la sentenza di condanna irrevocabile pronunciata dall'autorità giudiziaria della Repubblica della Moldavia - concerne una questione non dedotta dinanzi alla Corte di appello che risulta comunque non deducibile ed all'evidenza destituita di fondamento. 

Ed invero, la sproporzione del trattamento sanzionatorio applicato con la sentenza del Paese che chieda l'estradizione non costituisce di per sé ragione di rifiuto della consegna, salvo che essa non si traduca in una disposizione contraria ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato a norma del'art. 705, comma 2 lett. b), cod. proc. pen., situazione che certamente non ricorre nella specie, là dove la pena inflitta al F per il reato per il quale egli ha riportato condanna irrevocabile è compatibile con l'intervallo edittale di pena comminato nel nostro ordinamento per il reato dì truffa aggravata continuata ex artt. 81, comma secondo, e 640, comma secondo, cod. pen.

 3. Non coglie nel segno il secondo motivo, con il quale l'estradando ha invocato la pendenza del procedimento conseguente alla richiesta di protezione internazionale quale causa ostativa alla consegna alla Moldavia.

 3.1. Costituisce difatti ius receptum che, in tema di estradizione per l'estero, la pendenza della richiesta di protezione internazionale avanzata dall'estradando non è di per sé causa ostativa alla consegna, non essendovi rapporto di pregiudizialità tra le due procedure (In motivazione, la Corte ha affermato che la Corte d'Appello, nel compiere l'autonoma valutazione, ai sensi dell'art.705 cod. proc. pen., in ordine al rischio che l'estradando possa essere sottoposto agli atti di cui all'art.698 cod. proc. pen., può valorizzare il provvedimento di rigetto dell'istanza di protezione internazionale) (Sez. 6, n. 29910 del 12/06/2019, Touji, Rv. 276465 - 01).

 3.2. Ciò a tacer del fatto che, medio tempore, la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la richiesta di protezione avanzata dal ricorrente.

 4. E', di contro, fondata la deduzione in punto di pericolo di sottoposizione di F a trattamenti inumani e degradanti.

 4.1. Come questa Sezione Sesta penale ha avuto modo di rilevare pronunciandosi, di recente, in un caso - sovrapponibile - di richiesta di estradizione verso la Moldavia, il Comitato per la prevenzione della tortura (C.P.T.) del Consiglio d'Europa - nel rapporto del 27 luglio 2020, pubblicato il 15 settembre 2020, a seguito di una nuova verifica dello stato complessivo delle condizioni detentive della Moldavia (ivi comprese quelle relative al carcere n. 13 di Chisinau), sulla base di una visita di controllo effettuata dal 28 gennaio al 7 febbraio 2020 -, pur riconoscendo dei progressi concreti in alcuni ambiti di intervento già sottoposti ai precedenti controlli ispettivi del Comitato, ha espresso preoccupazione per il fatto che diverse raccomandazioni da tempo formulate (in particolare quelle incentrate sulle violenze e sugli atti di intimidazione tra detenuti, sul regime applicato alle persone in custodia preventiva ed a quelle condannate e sulla scarsità del personale, sanitario e di sorveglianza, operante nelle carceri) non siano state prese in considerazione, ponendo in luce le condizioni insoddisfacenti in cui versa, in particolare, l'istituto penitenziario di Chisinàu in termini di igiene, ventilazione, accesso alla luce naturale e sovraffollamento in alcune celle, ove è stata verificata una distribuzione irregolare dei detenuti.

 Pur dandosi atto dell'intervenuta ristrutturazione della maggior parte delle celle del carcere, il menzionato rapporto ha sottolineato che le condizioni generali di detenzione in tale istituto penitenziario sono rimaste tuttora insoddisfacenti in relazione ai parametri rilevanti ai sensi dell'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo ed ha rimarcato il fatto che, come nel passato, plurime celle si trovavano in un cattivo stato di conservazione e che molti detenuti continuano ad essere ristretti in celle sovraffollate, con uno spazio vitale per ciascuno che, spesso, è stato registrato significativamente al di sotto del minimo nazionale dello standard riconosciuto di quattro metri quadrati (Sez. 6 n. 31257 del 06/10/2020, N). 

Sulla scorta di tali evidenze, facendo richiamo al consolidato insegnamento di legittimità, questa Corte ha affermato che, in presenza di una situazione di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti attestata da fonti internazionali affidabili (come appunto il citato rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa) costituisce onere del Giudice di appello, ai fini dell'accertamento della condizione ostativa prevista dall'art. 698, comma 1, cod. proc. pen., richiedere informazioni integrative tese a conoscere il trattamento penitenziario cui sarà in concreto sottoposto l'estradando, ai sensi dell'art. 13 della Convenzione Europea di Estradizione, anche in mancanza di allegazioni difensive al riguardo. (Fattispecie relativa ad estradizione richiesta dalla Repubblica di Moldavia successivamente al rapporto dell'ONU del 21 dicembre 2017 sul tema del sovraffollamento carcerario ed ai rapporti del 30 giugno 2016 e 13 dicembre 2018 del Comitato Europeo per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa, relativi a tale Stato). (Sez. 6, n. 22818 del 23/07/2020, Balcan, Rv. 27956701).

 In altri termini, qualora sussista un generale rischio di trattamento disumano o degradante nel Paese richiedente, in ipotesi rilevante quale condizione ostativa alla consegna ai sensi dell'art. 698, comma 1, cod. proc. pen., la Corte d'appello è tenuta ad acquisire elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati in merito alle condizioni di detenzione colà vigenti, svolgendo un'indagine mirata, anche attraverso la richiesta di informazioni complementari, al fine di accertare se, nel caso concreto, l'interessato alla consegna sarà sottoposto, o meno, ad un trattamento inumano o degradante (Sez. 6 n. 31257 del 06/10/2020, N, cit.; Sez. 6, n. 28822 del 28/06/2016, Diuligher, Rv. 268109).

 5. Alla luce delle considerazioni che precedono - in particolare, del recentissimo rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura (C.P.T.) del Consiglio d'Europa sulle condizioni delle carceri in Moldavia -, si impone un approfondimento in ordine al trattamento detentivo che sarà riservato al ricorrente dalle competenti Autorità dello Stato richiedente ed alla conformità di esso rispetto ai parametri rilevanti ai sensi dell'art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo tracciati dalla Corte EDU e da questa Corte.

 5.1. La sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio, limitatamente alla valutazione delle condizioni penitenziarie che saranno riservate al F ove estradato in Moldavia.

Nel giudizio di rinvio, la Corte d'appello dovrà riesaminare le questioni dedotte con il terzo motivo di ricorso richiedendo informazioni suppletive all'autorità competente della Repubblica della Moldavia, così da acclarare: a) in quale istituto penitenziario F dovrà scontare la pena in relazione alla quale è stata richiesta la sua estradizione; b) a quale tipo di trattamento penitenziario egli sarà sottoposto; c) quali siano le condizioni - specifiche e concrete - della struttura e della cella ove l'estradando sarà ristretto.

 A tale riguardo, il Collegio di merito dovrà assumere quale parametro di valutazione, non solo l'aspetto del sovraffollamento all'interno della singola cella destinata alla sua accoglienza, ma il complesso dei su esposti profili di criticità che hanno costituito oggetto delle rinnovate raccomandazioni rivolte allo Stato richiedente dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa.

 P.Q.M.

 annulla la sentenza impugnata limitatamente alla valutazione delle condizioni carcerarie, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna.

Rigetta nel resto il ricorso.

 Così deciso in Roma il 14 gennaio 2021 deposito 21 gennaio 2021