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Dottrina Petruhhin impedisce estradizione senza consultazione dello stato UE di cittadinanza (Cass. 21955/24)

31 maggio 2024, Cassazione penale

In caso di richiesta estradizionale di un paese terzo di un cittadino di un paese UE che si trovi nell'Unione europea ma fuori dal territorio dello stato di cittadinanza il meccanismo di collaborazione tra gli Stati dell'Unione europea impone uno scambio di informazioni con lo Stato membro di cui l'interessato ha la cittadinanza, al fine di fornire alle autorità di tale Stato, purché siano competenti in base al loro diritto nazionale a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal territorio nazionale, l'opportunità di emettere un mandato d'arresto europeo ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

In tema N. Canestrini, CITTADINANZA EUROPEA ED ESTRADIZIONE VERSO STATI TERZI: OBBLIGHI E LIMITI PER GLI STATI MEMBRI NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA , in Cassazione penale, 5/2021.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SESTA SEZIONE PENALE

Sentenza

Numero: 21955, ud. 16 maggio 2024 - deposito del 31 maggio 2024

Presidente: G. De Amicis, Relatore: P. Di Geronimo

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Roma dichiarava la sussistenza delle condizioni per l'estradizione del ricorrente verso gli Stati Uniti, in tal modo accogliendo la richiesta di consegna avanzata in relazione al reato di sottrazione di minore commesso in data 1 luglio 2018, sulla base del Trattato di estradizione Trattato in materia di estradizione fra l'Italia e i'USA., ratificato con legge n.222 del 26 maggio 1984.

2.  Avverso tale sentenza, il ricorrente ha proposto un unico motivo di ricorso per violazione di legge, rappresentando di essere cittadino francese e dolendosi dell'omessa comunicazione della procedura di estradizione alla Francia quale Stato membro dell'Unione europea, con conseguente lesione delle prerogative collegate alla cittadinanza.

Dopo aver richiamato la sentenza della CGUE nel caso Petruhhin e le successive conformi, sostiene la difesa che l'obbligo di comunicazione della procedura di estradizione è direttamente collegato alla previsione, secondo la normativa francese, del divieto di estradizione del cittadino.

L'omesso adempimento della comunicazione, pertanto, avrebbe impedito allo Stato francese di avanzare una eventuale richiesta di consegna dell'estradando, al fine di negare il successivo trasferimento allo Stato terzo, in applicazione del richiamato divieto.

Il ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che il meccanismo di notifica, delineato dalla sentenza "Petruhhin", debba applicarsi nel solo caso in cui lo Stato richiesto opponga l'eccezione relativa alla cittadinanza e non anche, come nella fattispecie in esame, nell'ipotesi inversa, in cui la suddetta eccezione è prevista nell'ordinamento dello Stato di cittadinanza dell'estradando e non in quello dello Stato richiesto di provvedere alla consegna.

3.  Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.  Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate.

2.    Il ricorrente pone una specifica questione, dovendosi stabilire se il meccanismo di notifica descritto nella sentenza della CGUE del 6 settembre 2016, Petruhhin, C-182/15, sia o meno applicabile nell'ipotesi in cui lo Stato membro dell'Unione europea, cui si chiede la consegna sulla base del trattato estradizionale esistente con lo Stato terzo che ha proposto la relativa domanda, non preveda quale causa ostativa la cittadinanza dell'estradando, mentre tale garanzia è prevista nella normativa dello Stato di cittadinanza della persona richiesta.

Nel caso di specie, è incontroverso che l'art. 4 del Trattato di estradizione Italia-Stati Uniti del 13 ottobre 1983 stabilisce che non può rifiutarsi l'estradizione di una persona solo perché questa è cittadina della Parte richiesta.

Per completezza, deve sottolinearsi come l'Accordo estradizionale tra l'Unione europea e gli Stati Uniti del 25 giugno 2003 (ratificato dall'Italia con legge 16 marzo 2009, n. 25), integrativo di quello nazionale, non contiene alcuna eccezione alla consegna basata sulla cittadinanza comunitaria dell'estradando.

Ben diversa è, invece, la corrispondente disciplina francese, lì dove l'art. 696-4 del codice di procedura penale, al primo comma, stabilisce che l'estradizione non può essere accordata quando la persona richiesta ha la cittadinanza francese.

Analoga previsione è contenuta nel Trattato di estradizione Francia-Stati Uniti del 23 aprile 1996, il cui art. 3 prevede che lo Stato richiesto non è tenuto a concedere l'estradizione di un suo cittadino, e se la richiesta di estradizione viene respinta unicamente perché la persona richiesta è cittadina dello Stato richiesto, quest'ultimo, su richiesta dello Stato richiedente, sottopone il caso alle sue autorità competenti per l'esercizio dell'azione penale.

Sulla base di tale quadro normativo, è innegabile che il ricorrente - ove fosse stato raggiunto dalla richiesta di estradizione nel suo Stato di cittadinanza - avrebbe goduto del richiamato motivo ostativo alla consegna.

Viceversa, per il sol fatto di essersi trovato in Italia, analoga garanzia, pur direttamente connessa allo status di cittadino francese, non è immediatamente applicabile, posto che la domanda di estradizione deve essere valutata sulla base della diversa normativa italiana.

Quanto detto comporta la necessaria verifica della compatibilità delle conseguenze discriminatorie e limitative del diritto alla libera circolazione, potenzialmente contrarie alle previsioni contenute negli artt. 18 e 21 TFUE.

3.   Il tema della diversa tutela nazionale accordata al cittadino, nel caso di richiesta di estradizione verso Stati terzi, è stato ampiamente esaminato nella giurisprudenza eurounitaria che, sia pur con riguardo ad una problematica diversa da quella in esame, ha costantemente ribadito che la presenza dell'estradando in uno Stato membro, che prevede una disciplina diversa rispetto a quella dello Stato membro di cittadinanza, impone un obbligo comunicativo a quest'ultimo.

È bene premettere che la giurisprudenza in questione ha sempre esaminato fattispecie in cui lo Stato richiesto riconosce ai propri cittadini il divieto di estradizione, senza che analoga garanzia sia estesa anche ai cittadini di altri Stati membri.

Con la richiamata sentenza "Petruhhin" la Corte di giustizia ha affermato che uno Stato membro dell'Unione europea, a fronte di una domanda di estradizione presentata da uno Stato terzo riguardante un cittadino di un altro Stato membro dell'UE, è tenuto ad avviare una procedura di consultazione con lo Stato membro di appartenenza del cittadino europeo, dando a tale Stato la possibilità di perseguire penalmente il proprio cittadino con l'emissione di un mandato d'arresto europeo.

La Corte ha affermato che, in astratto, le norme in materia di estradizione rientrano nella competenza esclusiva degli Stati membri, salvo restando il necessario controllo della loro potenziale idoneità a compromettere l'esercizio della libertà di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri, quale conferita dall'art. 21 TFUE. Sul punto si è affermato, in particolare, che «la disparità di trattamento consistente nel permettere l'estradizione di un cittadino dell'Unione, cittadino di un altro Stato membro, come il sig. Petruhhin, si traduce in una restrizione alla libertà di circolazione, ai sensi dell'articolo 21 TFUE>> (§33).

3.1.   La garanzia riservata all'estradando pone la necessità di bilanciare le esigenze di tutela del divieto di discriminazione e della libertà di circolazione con le esigenze di perseguimento dei reati.

Il punto di equilibrio è stato individuato nel prevedere un meccanismo di collaborazione tra gli Stati dell'Unione europea, privilegiando lo scambio di informazioni con lo Stato membro di cui l'interessato ha la cittadinanza, al fine di fornire alle autorità di tale Stato, purché siano competenti in base al loro diritto nazionale a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal territorio nazionale, l'opportunità di emettere un mandato d'arresto europeo ai fini dell'esercizio dell'azione penale.

In quest'ottica, l'obbligo di comunicazione della pendenza della richiesta di estradizione è essenzialmente finalizzata a consentire allo Stato di cittadinanza dell'estradando di richiederne la consegna, sulla base della normativa in tema di mandato di arresto europeo, per esercitare l'azione penale in relazione al medesimo reato per il quale la consegna è stata richiesta da parte dello Stato terzo.

3.2.  La giurisprudenza successiva si è sostanzialmente attestata sui medesimi principi, applicandoli anche nell'ipotesi di estradizione esecutiva e ribadendo in ogni caso che l'obbligo di comunicazione della pendenza della procedura allo Stato membro di cui !'estradando è cittadino rappresenta una ineludibile forma di collaborazione, volta a tutelare la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione.

In particolare, nella successiva sentenza "Pisciotti" (CGUE, 10 aprile 2018, C- 191/16), la Corte di giustizia ha applicato lo strumento collaborativo elaborato nella sentenza "Petruhhin" in una situazione in cui sussisteva un accordo di estradizione in vigore tra l'Unione europea e lo Stato terzo richiedente l'estradizione, affermando che uno Stato membro non è tenuto ad estendere il divieto di estradare i propri cittadini verso gli Stati Uniti a tutti i cittadini dell'Unione che viaggiano sul suo territorio.

Al riguardo, tuttavia, la Corte ha precisato che, prima di estradare un cittadino dell'Unione, lo Stato membro destinatario della domanda di estradizione deve porre lo Stato membro di cittadinanza in grado di chiederne la consegna nell'ambito di un mandato d'arresto europeo (nello stesso senso si veda anche CGUE, 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Berlin, C-398/19; in relazione alla diversa ipotesi dell'estradizione richiesta per fini esecutivi si veda, inoltre, la recente sentenza resa da CGUE del 22 dicembre 2022, S.M., C-237/21).

4.  Traendo le conclusioni dall'esame della giurisprudenza eurounitaria sopra richiamata, deve valorizzarsi l'emersione di un principio costante, improntato a garantire l'informazione dello Stato membro di cui è cittadino !'estradando circa la pendenza della procedura di consegna e fin tanto che !'estradando si trova nel territorio dell'Unione europea (Sez. 6, n. 26310 del 26/05/2021, Klug, Rv. 281543).

È bene premettere che la valorizzazione degli obblighi informativi ha una portata generalizzata, tant'è che la sentenza "Petruhhin" non pone sostanzialmente alcuna limitazione all'obbligo di comunicazione, statuendo nel dispositivo che «Gli articoli 18 e 21 TFUE devono essere interpretati nel senso che, quando a uno Stato membro nel quale si sia recato un cittadino dell'Unione avente la cittadinanza di un altro Stato membro viene presentata una domanda di estradizione da parte di uno Stato terzo con il quale il primo Stato membro ha concluso un accordo di estradizione, esso è tenuto a informare lo Stato membro del quale il predetto cittadino ha la cittadinanza e, se del caso, su domanda di quest'ultimo Stato membro, a consegnargli tale cittadino, conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, purché detto Stato membro sia competente, in forza del suo diritto nazionale, a perseguire tale persona per fatti commessi fuori dal suo territorio nazionale».

4.1.   Il principio, interpretato nella sua massima estensione, deve ritenersi applicabile anche nel caso - qual è quello oggetto del presente procedimento - nel quale lo Stato membro richiesto non preveda l'eccezione della cittadinanza in ambito estradizionale, mentre tale garanzia è stabilita dalla diversa legislazione nazionale dello Stato membro del quale è cittadino l'estradando.

In una simile fattispecie, invero, ciò che viene in rilievo non è tanto il divieto di discriminazione ex art. 18 TFUE, posto che il cittadino estero non verrebbe ad essere sottoposto ad un trattamento deteriore rispetto a quello riservato al cittadino italiano (si veda Sez. 6, n. 46912 del 30/10/2019, Kokotovic, Rv. 277564), quanto invece l'esigenza di tutelare il diritto alla libera circolazione sul territorio dell'Unione europea.

Omettendo l'informativa allo Stato membro di cui !'estradando è cittadino, ciò che verrebbe pregiudicato è essenzialmente il diritto alla libera circolazione sul territorio europeo, anzichè il divieto di discriminazione.

Ove si ammettesse che, per effetto della mera presenza del cittadino francese in territorio italiano, quest'ultimo venisse privato delle prerogative riconosciutegli dalla Corte di giustizia avverso l'estradizione in uno Stato estero, di cui avrebbe invece goduto nel Paese di cittadinanza, si determinerebbe un'indiretta compromissione della libertà di circolazione, nella misura in cui l'esercizio di tale diritto si traduce in una implicita e necessaria rinuncia ad un diritto connesso allo status di cittadino francese.

4.2.   L'obbligo di informazione e collaborazione tra Stato richiesto e Stato membro di cui l'estradando è cittadino attua, peraltro, anche il principio previsto dall'art. 3 TUE, il quale recita: «l'Unione offre ai suoi cittadini uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui sia assicurata la libera circolazione delle persone insieme a misure appropriate per quanto concerne i controlli alle frontiere esterne, l'asilo, l'immigrazione, la prevenzione della criminalità e la lotta contro quest'ultima», nonché dall'art. 67 TFUE che stabilisce che: «l'Unione realizza uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonchè dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri».

Lo status di cittadino dell'Unione impone che, a prescindere dallo Stato membro in cui si trovi al momento della richiesta, l'estradando possa esercitare quelle prerogative che sono proprie della sua condizione, non potendo subire un trattamento deteriore per il solo fatto che lo Stato membro chiamato a pronunciarsi preveda condizioni meno stringenti per la consegna verso uno Stato terzo.

Si deve, altresì, evidenziare come l'obbligo di collaborazione estradizionale assunto da uno Stato membro verso uno Stato terzo (art. 4 del Trattato Italia­ USA) non deroga espressamente alle pertinenti disposizioni previste dal TUE ed è pertanto recessivo rispetto ai prevalenti obblighi euro-unitari che lo Stato membro, in forza del TUE e della CDFUE, è tenuto a rispettare verso altro Stato membro nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell'Unione europea.

5.   La necessità di instaurare la procedura informativa in favore dello Stato membro di cui l'estradando è cittadino deriva inoltre dall'esigenza di garantire, in condizioni di parità rispetto al cittadino italiano, la verifica dell'eventuale esercizio  dell'azione penale nello Stato di cittadinanza.

In base all'art. 7 del Trattato di estradizione Italia - Stati Uniti, infatti, l'estradizione può essere rifiutata se la persona richiesta è sottoposta a procedimento, per gli stessi fatti, dallo Stato che dovrebbe provvedere alla consegna.

Analoga garanzia non potrebbe esser fatta valere dal cittadino di altro Stato membro, posto che l'autorità italiana - ove non provvedesse ad informare lo Stato di cittadinanza dell'estradando - non potrebbe conoscere l'eventuale instaurazione del procedimento per i medesimi fatti, il che determinerebbe una disparità di trattamento tra cittadino italiano e cittadino di altro Stato membro.

Sotto tale ulteriore profilo, pertanto, la necessità di procedere con l'onere informativo dettato dalla sentenza "Petruhhin" previene anche il rischio di discriminazione nei confronti del cittadino di un diverso Stato membro, vietato dall'art. 18 TFUE e dall'art. 21, par. 2, della Carta dei diritti fondamentali, così come richiamata nell'art. 6 TUE.

Per completezza, deve sottolinearsi che, a fronte di un'interpretazione della normativa interna conforme alle previsioni in tema di libertà di circolazione e divieto di discriminazione di cui alla richiamata normativa europea, nonché in considerazione della chiarezza di tali disposizioni, non si rende necessario il ricorso allo strumento del rinvio pregiudiziale.

6.  Una volta acclarata la necessità di applicare, anche nel caso di specie, gli obblighi informativi in favore dello Stato membro di cui l'estradando è cittadino, si pone l'ulteriore necessità di delimitare il contenuto di tali obblighi e, soprattutto, di individuare l'esito della fase informativa.

Si tratta di tematiche che hanno già trovato adeguata soluzione nella richiamata sentenza del 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Berlin, C- 398/19, con la quale la Corte di giustizia ha ulteriormente precisato i requisiti del meccanismo di cooperazione delineato nella sentenza "Petruhhin", affermando che:

-un cittadino dell'Unione può essere estradato verso uno Stato terzo solo previa consultazione dello Stato membro di cui ha la cittadinanza;

-lo Stato membro di cittadinanza deve essere informato dallo Stato membro richiedente di tutti gli elementi di fatto e di diritto comunicati nella domanda di estradizione e deve disporre di un termine ragionevole per emettere un mandato d'arresto europeo nei confronti del cittadino interessato;

-nel caso in cui lo Stato membro di cittadinanza non adotti una decisione formale sull'emissione del mandato d'arresto europeo, lo Stato membro richiesto non è tenuto a rifiutare l'estradizione di un cittadino dell'Unione che ha la cittadinanza di un altro Stato membro e ad esercitare esso stesso l'azione penale nei suoi confronti per fatti commessi in uno Stato terzo.

Tali principi, peraltro, sono stati già recepiti dalla giurisprudenza di questa Corte, essendosi affermato che, in tema di estradizione per l'estero di un cittadino dell'Unione Europea, pur sussistendo, per lo Stato membro richiesto, l'obbligo di informare lo Stato membro di cittadinanza affinché questo possa reclamare la consegna dell'interessato con un mandato d'arresto europeo sui medesimi fatti, nondimeno, ove lo Stato di cittadinanza rimanga inerte, lo Stato richiesto non è tenuto a rifiutare l'estradizione e ad esercitare esso stesso l'azione penale nei confronti del cittadino comunitario, qualora il diritto nazionale lo autorizzi, al fine di evitare disparità di trattamento con i propri cittadini, poiché ciò travalicherebbe i limiti che il diritto unionale può imporre al potere discrezionale degli Stati nazionali nell'esercizio dell'azione penale (Sez. 6, n. 24555 del 30/05/2022, Deamandel, Rv. 283604).

Le regole sopra indicate devono essere ulteriormente integrate individuando anche l'ambito temporale entro il quale la collaborazione tra Stati membri è destinata ad esaurirsi, posto che, al fine di evitare forme surrettizie di impunità, l'informazione circa la domanda di estradizione rivolta allo Stato membro di cui l'estradando è cittadino non può ritardare immotivatamente la definizione della procedura.

Anche tale aspetto risulta compiutamente affrontato dalla richiamata sentenza della Corte di giustizia, lì dove ha chiarito che spetta allo Stato membro richiesto fissare un termine ragionevole, scaduto il quale, se lo Stato membro di cittadinanza non ha emesso un mandato d'arresto europeo, può procedere all'estradizione, non dovendo neppure attendere che lo Stato membro di cittadinanza adotti una decisione formale di rinuncia al diritto di emettere un mandato d'arresto europeo nei confronti dell'interessato (CGUE, 17 dicembre 2020, Generalstaatsanwaltschaft Berlin, C-398/19).

7.  Alla luce di tali considerazioni, la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio, dovendo la Corte di appello in dispositivo indicata procedere ad informare lo Stato di cittadinanza dell'estradando (Francia) circa la pendenza della procedura di consegna, fissando un termine congruo per consentire l'adozione di eventuali richieste di mandato di arresto europeo e procedendo, infine, alla decisione sulla richiesta di estradizione nel caso in cui, alla scadenza del termine, lo Stato membro richiesto non abbia adottato alcun provvedimento.

La Cancelleria curerà l'espletamento degli incombenti previsti dall'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 16 maggio 2024 (dep. 31 maggio 2024)