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Doppia incriminabilità va valutata di ufficio e contano soglie di punibilità (Cass. 346/23)

9 gennaio 2023, Cassazione penale

Ai fini della verifica sulla "doppia incriminabilità" in un procedimento esradizionale sono rileanti eventuali soglie di punibilità previste dal diritto penale nazionale e la difesa non ha onere di allegazione in ordine al mancato superamento nella specie di dette soglie.

Se non viene superata tale soglia di punibilità, il legislatore esclude la rilevanza penale della condotta incriminata, sicchè il comportamento sotto-soglia è ritenuto non lesivo del bene giuridico tutelato consistente, nel caso in esame, nella salvaguardia degli interessi patrimoniali dello Stato connessi alla percezione dei tributi. Vale il principio di offensività, sicchè la soglia di punibilità ha anche la funzione, secondo quanto previsto dall'art. 9, comma 1, lett. b), della legge-delega, di "limitare l'intervento punitivo ai soli illeciti di significativo rilievo economico", consentendo di riflesso un conseguente alleggerimento del carico penale 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

(data ud. 27/10/2022) 09/01/2023, n. 346

 

Dott. COSTANZO Angelo - Presidente - Dott. CALVANESE Ersilia - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

A.A., nata in (Omissis);

avverso la sentenza del 15/06/2022 della Corte di appello di Bologna;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Ersilia Calvanese;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dr. Morosini Piergiorgio, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bologna dichiarava la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda estradizionale presentata dal Governo degli Stati Uniti d'America nei confronti di A.A. al fine del suo perseguimento limitatamente ai capi di accusa IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI e XII. In particolare, la A.A. era ricercata da detto Stato per i reati di evasione fiscale (capi dal IV al VII), omessa presentazione della dichiarazione dei redditi (capi da VIII a XI) e frode nell'ottenimento della naturalizzazione (capo XII).

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessata, denunciando, a mezzo del suo difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Violazione di legge in relazione alla doppia incriminazione per i reati di evasione fiscale e di omessa dichiarazione dei redditi.

La legislazione americana prevede la punibilità del reato di omessa dichiarazione dei redditi e di evasione fiscale senza soglie di punibilità a differenza del D.Lgs. n. 74 del 2000, artt. 4 e 5, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, sono elementi costitutivi della fattispecie penale.

2.2. Vizio di motivazione quanto al capo XII e alla sussistenza dei presupposti per l'estradizione e alle questioni sollevate dalla difesa; violazione di legge in ordine ai presupposti indiziari per l'estradabilità.

Il controllo della Corte di appello è stato meramente formale quanto al presupposto indiziario, senza verificare la sussistenza di una ragionevole base legale delle accuse, come esige il Trattato bilaterale.

A ciò va aggiunto che non vi è stata la discovery da parte delle autorità statunitensi di un elemento documentale decisivo (ovvero il documento in cui era contenute le false dichiarazioni) e che la Corte di appello è incorsa in un errore nel ritenere che la ricorrente abbia ammesso i fatti.

Non ha motivato la Corte di appello sul dolo, soltanto apoditticamente affermato dalle autorità statunitensi. In ogni caso la difesa aveva dedotto che la ricorrente non si era rivolta ad un professionista qualificato per seguire i suoi adempimenti fiscali e che avesse coscienza della provenienza dei suoi mezzi finanziari da rimesse paterne.

3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, conv. dalla L. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato nei termini e nei limiti di seguito illustrati.

2. Quanto al primo motivo, la Corte di appello ha ritenuto di superare il rilievo difensivo sulla assenza del presupposto della "doppia incriminabilità" per i capi da IV a XI della domanda di estradizione facendo riferimento, da un lato alla irrilevanza delle soglie di punibilità previste dal diritto penale nazionale e dall'altro al mancato assolvimento da parte della difesa di un onere di allegazione in ordine al mancato superamento nella specie di dette soglie.

Si tratta di un ragionamento errato sotto entrambi i suddetti profili.

2.1. In primo luogo, va osservato che il Trattato bilaterale di estradizione, vigente tra l'Italia e gli Stati Uniti d'America del 13 ottobre 1983, come modificato dall'Accordo del 3 maggio 3006 (L. 16 marzo 2009, n. 25), prevede quale condizione per l'estradizione che il reato, oggetto della domanda, comunque denominato, sia "punibile secondo le leggi di entrambe le parti contraenti con una pena restrittiva della libertà per un periodo superiore ad un anno o con una pena più severa" (art. II). Uniche eccezioni a tale regola sono dettate per il reato tentato o commesso in concorso con altri e per il reato associativo.

Come più volte chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il requisito della doppia incriminazione, come disciplinato dal suddetto Trattato, non postula l'esatta corrispondenza della configurazione normativa e del trattamento della fattispecie, ma solo la applicabilità della sanzione penale, in entrambi gli ordinamenti, ai fatti per cui si procede (tra tante, Sez. 6, n. 42777 del 24/09/2014, Rv. 260432).

Ebbene, la normativa fiscale italiana sanziona penalmente le condotte di evasione fiscale e di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi solo in presenza di un determinato ammontare dell'imposta evasa.

Tali soglie di punibilità costituiscono elemento costitutivi dei suddetti reati e si traducono nella fissazione di una quota di rilevanza quantitativa e/o qualitativa del fatto tipico, con la conseguenza che, se non viene superata tale soglia, il legislatore esclude la rilevanza penale della condotta incriminata, sicchè il comportamento sotto-soglia è ritenuto non lesivo del bene giuridico tutelato consistente, nel caso in esame, nella salvaguardia degli interessi patrimoniali dello Stato connessi alla percezione dei tributi. Vale il principio di offensività, sicchè la soglia di punibilità ha anche - come si legge nella Relazione di accompagnamento al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 - la funzione, secondo quanto previsto dall'art. 9, comma 1, lett. b), della legge-delega, di "limitare l'intervento punitivo ai soli illeciti di significativo rilievo economico", consentendo di riflesso un conseguente alleggerimento del carico penale (così, Sez. 3, n. 27007 del 22/07/2020, Rv. 279917).

Nel campo dell'estradizione, al fine di superare le difficoltà derivanti dalle diverse politiche criminali in materia tributaria, sono state elaborate apposite disposizioni per facilitare la cooperazione giudiziaria e per superare la specificità e complessità delle rispettive discipline fiscali che determinava l'inevitabile differente modulazione delle ipotesi di reato.

E a tali speciali norme si riferiscono gli arresti di legittimità richiamati dalla Corte di appello.

Così in tema di mandato di arresto Europeo (L. n. 69 del 2005, art. 7) e di estradizione regolata dal secondo Protocollo addizionale del 17 marzo 1978 alla Convenzione Europea di estradizione (art. 2), il principio della doppia incriminabilità è stato mitigato per dar rilevanza in materia fiscale soltanto alla "equivalenza" delle concezioni repressive, senza pretendere una loro totale sovrapponibilità. In tale quadro sono state ritenute irrilevanti le soglia di punibilità previste dal D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74 (cfr. Sez. 6, n. 51014 del 30/10/2019, Rv. 277444; Sez. 6, n. 16198 del 18/02/2008, Rv. 239675), in favore di una valutazione della doppia incriminabilità "in astratto" e non in concreto.

Una analoga normativa non è presente nel Trattato bilaterale con gli Stati Uniti, ragion per cui occorreva nel caso in esame procedere all'esame della doppia incriminabilità secondo le regole ordinarie.

Come ha più volte chiarito questa Corte (da ultimo, Sez. 6, n. 29951 del 30/06/2022), i tradizionali trattati di estradizione rinviano a istituti del diritto penale dei singoli Stati, come per la "doppia incriminabilità", al fine specifico di consentire allo Stato richiesto di poter valutare la "riconoscibilità" e quindi la condivisibilità della pretesa punitiva dello Stato richiedente, così da garantire al contempo la esigenza di reciprocità. Si tratta, quindi, di un'esigenza posta primariamente a tutela della sovranità degli Stati (che pattiziamente ad esse possono rinunciare in funzione del rafforzamento della collaborazione reciproca) e solo mediatamente sono invocabili, in quanto limiti all'estradabilità, dai soggetti interessati al rapporto di collaborazione.

La riconoscibilità della pretesa punitiva dello Stato richiedente è certamente esigenza ancor più rilevante in un settore, quale quello della materia tributaria, in cui il disvalore penale della condotta, come si è detto, è collegato a politiche criminali nazionali (per i Paesi U.E., come adeguate al diritto dell'Unione Europea).

E' appena il caso di aggiungere che anche altri Paesi Europei hanno limitato l'estradizione verso gli Stati Uniti d'America per i reati fiscali, ammettendola solo se essi corrispondono a fattispecie punibili nell'ordinamento nazionale (cfr. la sentenza dell'Audiencia National Spa gnola n. 4667 del 21 giugno 2021, relativa alla domanda di estradizione degli Stati Uniti per il reato di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, concessa dalla Spa gna perchè l'importo degli oneri evasi superava la soglia di punibilità nazionale).

2.2. In secondo luogo, va osservato che, contrariamente all'assunto della Corte di appello, non poteva esigersi dalla difesa l'onere di provare per i fatti, oggetto della domanda estradizionale, il mancato superamento delle soglie di punibilità.

Spettava infatti primariamente alla Corte di appello il controllo di legalità sulla doppia incriminabilità.

2.3. In conclusione, non essendo stato accertato se risultino punibili in Italia come reato i fatti indicati nei capi da IV a VII della imputazione formulata dal Gran Giurì nei confronti della ricorrente, la sentenza va annullata per un nuovo giudizio su tali capi che si attenga ai principi sopra illustrati.

3. A diverse conclusioni deve pervenirsi per il secondo motivo.

Correttamente la Corte di appello si è attenuta al principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui l'autorità giudiziaria italiana, ai fini della verifica della "base ragionevole" per ritenere che l'estradando ha commesso il reato, prevista dall'art. X, par. 3, lett. b), del trattato di estradizione con gli Stati Uniti d'America del 13 ottobre 1983, non è tenuta a valutare autonomamente la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma deve soltanto verificare che la relazione sommaria dei fatti, allegata alla domanda, consenta di ritenere probabile, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, che l'estradando abbia commesso il reato in questione (tra tante, Sez. 6, n. 11947 del 15/01/2019, Rv. 275293).

Ne deriva che lo Stato richiedente non era tenuto a trasmettere le prove, come invece pretende la ricorrente, nè doveva la Corte di appello autonomamente rivalutare la tenuta indiziaria dell'ipotesi accusatoria formulata dallo Stato. Quel che è sufficiente è che tale ipotesi non risulti apoditticamente avanzata (scopo della norma è infatti evitare estradizioni volte ad attuare una persecuzione politica, o di tipo esplorativo perchè non giustificate prima facie da elementi indiziari sostenere l'accusa in giudizio).

4. Pertanto, la sentenza impugnata va annullata affinchè la Corte di appello si pronunci nuovamente, tenendo presente i suddetti principi, sulla richiesta di estradizione avanzata per i capi relativi ai reati fiscali (capi da IV a XI), al fine di stabilire la sussistenza del presupposto della doppia incriminabilità.

Per il resto il ricorso va rigettato.

La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente ai reati di cui ai capi da IV a XI della domanda di estradizione e rinvia per nuovo giudizio sui detti capi ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.

Rigetta nel resto il ricorso.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Conclusione
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria, il 9 gennaio 2023