L'esame del DNA acquisto agli atti e valorizzato ai fini dell'affermazione della penale responsabilità dell'imputato costituisce "prova" a tutti gli effetti, e non indizio.
L'affermazione della penale responsabilità dell'imputato può basarsi su una sola prova, cioè l'identificazione del DNA su un residuo biologico rinvenuto su un passamontagna, non avendo detta analisi mero valore indiziario.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
(ud. 01/06/2016) 13-10-2016, n. 43406
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIANDANESE Franco - Presidente -
Dott. DE CRESCIENZO Ugo - rel. Consigliere -
Dott. DIOTALLEVI Giovanni - Consigliere -
Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere -
Dott. D'ARRIGO Cosimo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S.M. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 4143/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del 19/12/2014;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/06/2016 la relazione fatta dal Consigliere Dott. DE CRESCIENZO UGO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DI NARDO Marilia che ha concluso per la inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore Avv.to AG che si riporta ai motivi e insiste per l'accoglimento.
Svolgimento del processo
S.M., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 9.12.2014 con la quale la Corte d'Appello di Torino lo ha condannato alla pena di anni otto, mesi otto di reclusione ed Euro 2.000,00 di multa per la violazione dell'art. 110 c.p., art. 628 c.p., commi 1 e 3, artt. 582 e 585 c.p., L. n. 497 del 1974, artt. 10, 12 e 14.
La difesa richiede l'annullamento della decisione impugnata deducendo i seguenti motivi così riassunti entro i limiti previsti dall'art. 173 disp. att. c.p.p..
p.1.) Vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla valutazione della prova posta a fondamento dell'affermazione della responsabilità del ricorrente. La difesa formula censure in ordine al fatto che l'affermazione della penale responsabilità dell'imputato sia ricollegata ad una sola prova, di carattere indiziario, basata sulla identificazione del DNA su un residuo biologico rinvenuto su un passamontagna. La difesa afferma di avere denunciato la insufficienza qualitativa e quantitativa del dato probatorio: da un lato l'imputato aveva fornito una spiegazione alternativa circa le ragioni per le quali è stato rinvenuto il reperto biologico appartenente al medesimo, su un passamontagna che, rivenuto sul luogo della rapina, è stato comunque adoperato da altri; dall'altro non è neppure certo che il reperto biologico dal quale è stato estratto il DNA, appartenga all'imputato.
La difesa denuncia il vizio di travisamento della prova della consulenza del Pubblico Ministero, acquisita in atti, perchè la Corte territoriale, senza rispondere alle doglianze mosse con il motivo di appello, costruisce la propria decisione in relazione ad aspetti terminologici presenti o meno nel testo dell'elaborato. La difesa denuncia infine lo svilimento della testi prospettate dalla difesa con l'atto di appello, attraverso spiegazioni del tutto illogiche.
p.2.) violazione degli artt. 62 bis e 133 c.p. e vizio di motivazione relativamente al trattamento sanzionatorio.
Motivi della decisione
Il primo motivo di ricorso è infondato e va rigettato.
L'affermazione della penale responsabilità si fonda su una prova materiale acquisita dalla polizia giudiziaria (passamontagna) sul luogo in cui è stato consumato il reato, ricorrendo fondati motivi per ritenere lo stretto collegamento fra il reperto sequestrato e l'atto illecito (rapina aggravata con l'uso di armi).
Dalla motivazione della sentenza impugnata e di quella di primo grado che possono essere esaminate congiuntamente (atteso il richiamo della prima alla seconda e i comuni criteri di valutazione del materiale probatorio), si evince che in data 15.2.2009, alle ore 22,30 quattro malviventi, vestiti di nero, travisati con passamontagna e muniti di guanti, si introducevano nella abitazione di M.V. e D.A., in (OMISSIS). I quattro malviventi, dopo avere bloccato al suolo gli anziani proprietari, esercitavano violenza con calci e pugni, usando una chiave inglese e un bastone, profferendo minacce anche con una pistola cal. 22 con la quale esplodevano anche due colpi nei confronti delle suddette perone e dei loro figli accorsi in aiuto dei genitori avendone percepito le grida. Gli aggressori quindi asportavano soldi e oggetti di valore, cagionando lesioni personali al M.V., al M.W. e al M.R..
Il giorno successivo alla rapina, nel corso di una perlustrazione nei dintorni della villa, la polizia giudiziaria rinveniva un passamontagna che veniva rimesso al reparto scientifico unitamente agli altri reperti sequestrati all'interno della abitazione delle vittime.
Sul passamontagna in sequestro, il consulente del Pubblico Ministero rinveniva due distinti residui biologici: il primo costituito da residui di sangue risultati appartenente al M.V., il secondo (rinvenuto all'interno dell'indumento) costituito da residui di saliva risultati essere appartenenti all'odierno imputato.
La difesa sostiene che: il dato acquisito non ha valenza probatoria, ma meramente indiziaria sì che si imporrebbe la necessità di una sua valutazione unitamente ad altri elementi indiziari; l'indumento era stato lasciato dall'imputato in una valigia affidata ad un amico nell'anno (OMISSIS), sì che manca la prova che sia stato proprio l'imputato ad indossare l'indumento nel corso della rapina, circostanza rilevante stante l'assenza di ulteriori e diversi elementi indizianti.
La Corte d'Appello, prendendo in esame le censure mosse dalla difesa con l'atto di gravame ha considerato: a) ammissibile ed utilizzabile la prova rappresentata dal reperto biologico rinvenuto all'interno del passamontagna; b) la assenza di errori da parte dei militari del RIS nella acquisizione, repertazione e analisi delle tracce biologiche; 3) certo che il reperto biologico costituito da residui di saliva all'interno dell'indumento appartenga all'imputato; 4) il riscontro della traccia genetica non ha valore di indizio, ma costituisce vera e propria prova, come tale non abbisognevole di ulteriori riscontri; 5) il rinvenimento del passamontagna nei pressi del luogo della rapina e recante anche tracce di sangue di una delle vittime elemento di prova idoneo a ricollegare direttamente l'utilizzatore del passamontagna alla rapina stessa; 6) la versione alternativa fornita dall'imputato nel corso dell'interrogatorio effettuato dalla Autorità Giudiziaria Italiana all'esisto della sua latitanza all'estero, circa il possibile utilizzo di un suo passamontagna da parte di soggetti terzi (ignoti), "artificiosa" e "intrinsicamente inverosimile"; 7) non verosimile ed indimostrata l'assenza dell'imputato dalla zona di (OMISSIS) nei giorni della consumazione della rapina; 8) elemento di prova del tutto neutro il fatto che non risulti traffico telefonico dell'imputato nella zona di Bra nei giorni in cui è stata commessa la rapina; 8) privo di valore il rilievo di una incompatibilità tra l'altezza dell'imputato e quella del rapinatore che aveva colpito il M.V., attesa la prospettiva cui era stato costretto quest'ultimo (sdraiato a terra).
La motivazione sfugge ad ogni censura relativa a possibili vizi di motivazione riconducibili all'interno della fattispecie di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e). Le censure della difesa attengono a valutazioni in fatto e il denunciato "travisamento" non ha una dimostrata incidenza sulla tenuta dell'apparato probatorio - argomentativo. Infatti al di là di aspetti puramente terminologici i due aspetti oggettivi e di rilievo sono il rinvenimento su un passamontagna di una traccia ematica appartenente alla vittima della rapina commessa da malviventi travisati da passamontagna e il rinvenimento, all'interno dello stesso indumento di una traccia salivare risultata essere appartenente all'imputato. La Corte d'Appello ha motivato le ragioni per le quali ha ritenuto autentica e genuina la raccolta della prova, la sua repertazione e la sua analisi e ha indicato le ragioni per le quali non ha ritenuto di credere alla ricostruzione alternativa in fatto prospettata dalla difesa, sicchè la motivazione appare compiuta, senza carenze, nè si rinvengono contraddizioni o manifeste illogicità (neppure indicate dalla difesa).
In diritto va ancora considerato che l'elemento acquisto agli atti e valorizzato ai fini dell'affermazione della penale responsabilità dell'imputato costituisce "prova" a tutti gli effetti, come già affermato in precedenti pronunce da questo giudice della legittimità (v. Cass. sez. 2^ n. 8434 del 5.2.2013, Mariller in Ced Cass. Rv 255257; Cass. Sez. 1^ n. 48349 del 30.6.2004, Rizzetto, in CEd Cass. Rv. 231182; e, argomentando a contrario: Cass. sez. 5^ n. 36080 del 27.3.2015, Knox e altri, in Ced Cass. Rv 264863), sicchè la penale responsabilità dell'imputato è correttamente affermata senza la necessità di ulteriori elementi indizianti convergenti. Per tali ragioni il motivo va rigettato.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. La difesa formula censure astratte e generiche senza indicare in modo specifico e puntuale, nel rispetto dell'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c), le ragioni di fatto e i motivi di diritto posti a base della doglìanza. Nella sostanza la difesa non indica quali siano gli aspetti in fatto che, non considerati dalla Corte territoriale, la avrebbero condotta ad una decisione illegittima in punto trattamento sanzionatorio. La Corte Torinese ha giustificato ampiamente il trattamento sanzionatorio stabilito per l'imputato, mettendo in evidenza la gravità del fatto (aggressione dì più persone travisate e armate all'interno di una privata abitazione, in orario serale) connotata da violenza ripetuta e gratuita. I suddetti elementi sono stati presi in considerazione e comparati con altri indicati dalla difesa al fine di vedere attenuato il trattamento sanzionatorio. Gli elementi in fatto indicati dalla difesa sono stati ritenuti dalla Corte di merito, motivatamente, recessivi rispetto alla gravità oggettiva del fatto. la motivazione è adeguata, corretta in diritto e supera le censure mosse che attengono solo ad aspetti di merito.
Per le suddette ragioni rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 maggio 2016.
Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2016