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Custodia cautelare estradizionale e poteri ministeriali (Cass. 23252/21)

14 giugno 2021, Cassazione penale

Per l'applicazione di una misura cautelare la richiesta ministeriale dopo decisione favorevole all'estradizone non è vincolante per l'autorità giudiziaria, dovendo la misura cautelare essere comunque disposta in vista delle specifiche esigenze cautelari afferenti al procedimento di estradizione.

La previsione di un'automatica restrizione della libertà personale
dell'estradando, che prescinda cioè dalla possibilità per il giudice di procedere a valutazioni individualizzate, verrebbe infatti a contrastare sia con l'art. 13, primo comma, Cost., quale referente fondamentale del regime ordinario delle misure cautelari limitative della libertà personale, ispirato ai principi di proporzionalità, adeguatezza e del "minimo sacrificio necessario", sia con l'art. 3 Cost., prevedendo per l'estradando una ingiustificata differenziazione di trattamento, sia infine anche con l'art. 101 Cost., nella misura in cui il giudice verrebbe ad assumere il ruolo di mero esecutore della richiesta del Ministro.

 

Se l'estradando si trova all'esito del giudizio davanti alla Corte di appello in stato di libertà (che induce a ritenere che fino a quel momento non erano sussistenti le esigenze cautelari in vista della conclusione del procedimento estradizionale), la calutaozine sul pericolo di fuga non può essere rimessa al solo Ministro della giustizia.

Ai fini dell'accertamento delle condizioni ostative  all'estradizione, incombe sull'estradando l'onere di allegare elementi oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente, idonei a fondare il timore che la sua estradizione preluda a un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona.

Corte di Cassazione

Sez. 6 penale

sentenza Num. 23252 Anno 2021

Presidente: BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE Relatore: CALVANESE ERSILIA

Data Udienza: 04/06/2021 -

  SENTENZA


sul ricorso proposto da De FE, nato a ** il  **965 avverso la sentenza del 25/03/2021 della Corte di appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Simone Perelli, che ha concluso chiedendo che la sentenza impugnata sia annullata senza rinvio limitatamente alla misura cautelare, con il rigetto nel resto.

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Reggio Calabria dichiarava sussistenti le condizioni per l'estradizione del cittadino italiano EDF, richiesta dallo Stato albanese, al fine del suo perseguimento penale per il reato di traffico di autoveicoli.

Dalla sentenza di merito emerge che nei confronti di DF le autorità giudiziarie albanesi avevano emesso un ordine di arresto in quanto coinvolto in un traffico illecito internazionale di autoveicoli di provenienza delittuosa ed in particolare risultava implicato nell'ingresso in data 25 marzo 2018 in Albania di ( una autovettura rubata in Austria nel mese precedente, che veniva rivenduta a cittadini albanesi utilizzando documenti contraffatti quanto alla provenienza del bene.

La Corte di appello riteneva irrilevante la denuncia-querela prodotta dalla difesa in udienza, che era stata presentata il 23 marzo 2021 ai Carabinieri, nella quale aveva rappresentato la propria versione dei fatti, in quanto la stessa appariva strumentale ed inidonea ad incidere sulla vicenda in esame.

La Corte di appello riteneva inoltre che, quanto alle condizioni carcerarie in Albania e al certificato medico prodotto, la difesa non avesse allegato elementi concreti e circostanze idonee a fondare il timore che l'estradizione comportasse il rischio per l'estradando di un trattamento inumano o degradante, anche con riferimento alle patologie certificate.

 Secondo la Corte territoriale, le richieste della difesa erano meramente esplorative in assenza di un'idonea allegazione di elementi obiettivi, anche con riferimento all'emergenza epidemiologica.

 Infine, la Corte di appello disponeva, su richiesta del Ministro della Giustizia, l'applicazione all'estradando della misura cautelare carceraria, in funzione della consegna allo Stato richiedente, ritenendo irrilevante in questa fase il disposto dell'art. 714, comma 2, cod. proc. pen.

Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 705,comma 1, e 273 cod. proc. pen.

La Corte di appello non ha applicato i principi di diritto in tema di valutazione del requisito della gravità indiziaria anche in presenza di una convenzione di estradizione, che esigono che il giudice italiano verifichi se dalla documentazione trasmessa emerga l'esistenza, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, di elementi a carico dell'estradando.

L'unico reato a carico del ricorrente era quello ex art. 648 cod. pen. legato alla presunta vendita di un veicolo, in ordine al quale tuttavia il ricorrente con la prodotta denunzia-querela si era dichiarato estraneo, dichiarandosi truffato.

Tale elemento è stato svalutato dalla Corte di appello, impedendo al ricorrente di difendersi.

2.2. Violazione di legge in relazione all'art. 705, comma 2, lett.c-bis), cod. proc. pen. e alla mancata valutazione dello stato di salute del ricorrente, ostativo alla estradizione.

La difesa aveva prodotto all'udienza del 25 marzo 2021 certificazione medica attestante il compromesso stato di salute del ricorrente e la Corte di appello ne ha apoditticamente escluso la rilevanza, tenuto conto che nessuna notizia è stata acquisita (ancorché richiesta dalla difesa all'Ambasciata italiana a Tirana) sulla situazione epidemiologica nelle carceri albanesi e sullo specifico trattamento riservato al ricorrente in carcere con particolare riferimento all'assistenza sanitaria per le sue patologie in atto.

2.3. Vizio di motivazione in relazione agli artt. 705 cod. proc. pen, 27 e 111Cost.

La Corte di appello non ha erroneamente chiesto notizie e assicurazioni sul trattamento riservato all'estradando affetto da obesità e con problemi respiratori, con particolare riferimento alla tutela dalla epidemia Covid-19.

2.4. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 705, comma2, lett. c-bis), cod. proc. pen.

Spettava all'autorità giudiziaria italiana verificare, una volta segnalata e documentata la patologia di cui è affetto il ricorrente, che non sussiste il pericolo concreto che questi sia sottoposto, in relazione alle condizioni di salute, a trattamento inumano e degradante.

Andava accertato, tramite informazioni da richiedere allo Stato albanese, lo specifico trattamento riservato al ricorrente, anche con riferimento all'assistenza sanitaria.

2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 705, comma2, cod. proc. pen.

La difesa aveva documentato come per le patologie del ricorrente il contagio per il virus Covid-19 fosse letale.

Risulta da notizie acquisite via web che l'Albania è in difficoltà nel fronteggiare l'emergenza sanitaria per l'epidemia Covid-19 e quindi la Corte di appello doveva svolgere un'indagine mirata individualizzante sul trattamento carcerario riservato all'estradando, risultando non sufficiente il rapporto del Comitato per la prevenzione della tortura risalente al 2019 e quindi non attuale.

2.6. Violazione di legge per l'ordine di estradizione emesso durante la pandemia da Covid-19 in contrasto con la Convenzione.

Anche con riferimento all'art. 3 CEDU, in presenza di un pericolo concreto connesso allo stato di salute dell'estradando e alla diffusione dell'epidemia da Covid-19, la Corte di appello doveva svolgere un'indagine mirata per verificare il trattamento carcerario allo stesso riservato e le cure mediche delle quali poteva beneficiare.

2.7. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 705, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen. e all'omessa valutazione delle patologie del ricorrente.


Stante la patologia documentata la Corte di appello doveva verificare se il carcere albanese presso il quale sarà associato il ricorrente è dotato di un centro clinico attrezzato e se lo stesso viaggio rappresenti per lui un serio rischio per la sua incolumità.

2.8. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 705, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen. e al pericolo della violazione di diritti fondamentali. Difetta una risposta idonea ad attestare l'insussistenza del rischio di situazioni inumane e degradanti o tali da compromettere i diritti fondamentali.


2.9. Violazione di legge in relazione all'art. 704, comma 3, cod. proc. pen. La misura carceraria disposta ex art. 704, comma 3, cod. proc. pen. è inidonea e superflua, in quanto difetta il requisito essenziale del pericolo di fuga e la Corte di appello l'ha applicata automaticamente, in violazione dei principi fissati dalle Sezioni Unite.

Disposta la trattazione scritta del procedimento in cassazione, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176 (così come modificato per il termine di vigenza dal d.l. n. 44 del 10 aprile 2021), in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.


CONSIDERATO IN DIRITTO


Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati, risultando per il resto inammissibile.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

Secondo un principio consolidato in tema di estradizione per l'estero, regolata dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l'autorità giudiziaria italiana non è tenuta a valutare autonomamente la consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma è tenuta soltanto ad accertate, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando, con la conseguenza che eventuali prove di innocenza, non conosciute dall'autorità giudiziaria dello Stato richiedente e sottoposte per la prima volta alla cognizione del giudice italiano, sono rilevanti solo se risultino manifeste ed incontrovertibili (tra le tante, Sez. 6, n. 16287 del 19/04/2011, Rv. 249648).

Correttamente la Corte di appello si è attenuta a tale principio, posto che gli elementi allegati dalla difesa non costituivano una prova incontrovertibile della innocenza del ricorrente, ma elementi difensivi da sottoporre alla verifica di competenza delle autorità giudiziarie dello Stato richiedente.


Il secondo motivo è generico.

Va rammentato che l'art. 705, comma 2, lett. c-bis), cod. proc. pen.,introdotto dall'art. 4 della legge 3 ottobre 2017, n. 149, che ha individuato tra le condizioni ostative alla concessione dell'estradizione nelle "ragioni di salute (...) [che] comportino il rischio di conseguenze di eccezionale gravità per la persona richiesta", trova applicazione non solo nel caso in cui nello Stato richiedente non sia possibile assicurare cure mediche all'estradando, ma anche quando la procedura di estradizione sia in sé suscettibile di comportare un pregiudizio per le sue condizioni di salute. Pregiudizio che va ravvisato non in presenza di qualsiasi ripercussione negativa per la salute del predetto, ma quando possano derivare dall'estradizione conseguenze di eccezionale gravità, cioè effetti patologici importanti e oggettivamente riscontrabili (Sez. 6, n. 1354 del 27/11/2018, dep. 2019, Rv. 274837).


Ebbene, a fronte della conclusione raggiunta su tale punto dalla Corte di appello — quanto alla rilevanza delle patologie attestate nel certificato medico acquisito — il ricorrente si è limitato in questa sede a formulare generiche censure, tra l'altro allegando soltanto uno stato di salute "compromesso" e "plurime e specifiche patologie" delle quali sarebbe affetto, senza neppure descriverne la tipologia (si deduce soltanto "obesità e problemi respiratori") e soprattutto le conseguenze di eccezionale gravità, nei termini sopra indicati, derivanti dalla sua estradizione. Egual sorte va assegnata ai successivi motivi sino all'ottavo.

Relativamente alle censure sollevate dal ricorrente, va osservato che la Corte di appello ha rilevato che le questioni sottoposte dalla difesa in ordine al trattamento riservato in Albania al ricorrente erano meramente esplorative e non sorrette da alcun elemento concreto e obiettivo tale da far ravvisare il pericolo di una estradizione contraria ai principi fondamentali della persona, tutelati dagli artt. 698 e 705, comma 2, cod. proc. pen.

4.1. È infatti principio più volte affermato in sede di legittimità, che, ai fini dell'accertamento delle condizioni ostative previste da tali norme, incombe sull'estradando l'onere di allegare elementi oggettivi, precisi, attendibili e aggiornati in merito alle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente, idonei a fondare il timore che la sua estradizione preluda a un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona (Sez. 6, n. 11492 del 14/02/2019, Rv. 275166; Sez. 6, n. 22827 del 26/04/2016, Rv. 267066).

Il principio di diritto ora enunciato è non solo consolidato nella giurisprudenza interna, ma è fatto proprio anche da quella comunitaria, che ha ribadito la necessità che il rischio di trattamento inumano o degradante delle persone sia concreto e che la relativa valutazione si fondi su elementi oggettivi, attendibili, precisi ed opportunamente aggiornati, quali decisioni giudiziarie internazionali, sentenze della Corte EDU, decisioni giudiziarie dello Stato terzo richiedente, nonché decisioni, relazioni ed altri documenti predisposti dagli organi del Consiglio d'Europa o appartenenti al sistema delle Nazioni Unite (Corte U.E., Grande Sezione, del 6/09/2016, Petruhhin, C-182/15, §§ 58-59.

A tale onere non si è attenuto il ricorrente, che anche in questa sede pretende lo svolgimento da parte della Corte di appello di una attività officiosa di tipo esplorativo, senza offrire alcun supporto alla propria richiesta.

4.2. E' appena il caso di rilevare, con riferimento al trattamento carcerario riservato dallo Stato albanese, che analoga questione è stata affrontata di recente da questa Corte, osservando come, sulla base di informazioni aggiornate, fosse stato accertato il consistente miglioramento della situazione carceraria in Albania,
alla luce di provvedimenti adottati e della realizzazione di nuove strutture penitenziarie, tanto che nel rapporto del 17 settembre 2019 del Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa non erano state segnalate situazioni di degrado, comportanti rischi di violazione di diritti fondamentali, e che in altri recenti rapporti ufficiali è emerso un quadro sostanzialmente positivo (Sez. 6, n. 29860 del 26/10/2020; Sez. 6, n. 29861 del 26/10/2020).

Proprio alla luce di tali emergenze, l'onere di allegazione da parte dell'estradando doveva essere maggiormente pregnante per segnalare una situazione attuale tale da prefigurare il rischio di trattamento inumano e degradante.

L'ultimo motivo è invece fondato nei termini di seguito indicati.

5.1. Preliminarmente va escluso il profilo di illegittimità segnalato dal Procuratore generale nella sua requisitoria scritta, quanto alla sussistenza della richiesta del Ministro della giustizia per la emissione della misura cautelare personale.

Nella specie, dopo che il 16 novembre 2020 il ricorrente era stato scarcerato in sede di convalida dell'arresto di polizia giudiziaria, il Ministro della giustizia ha avanzato il 15 dicembre 2020, con la trasmissione della domanda estradizionale espressa richiesta per l'adozione della misura cautelare carceraria in vista della adozione della sentenza favorevole di estradizione.

D'altra parte, il Ministro, che non è parte del procedimento giurisdizionale, può formulare tale richiesta essenzialmente al momento in cui trasmette la documentazione estradizionale ai sensi dell'art. 703 cod. proc. pen.

5.2. Va invece accolto il motivo proposto dal ricorrente, quanto alla ritenuta applicazione automatica della custodia cautelare in carcere all'esito della decisione favorevole all'estradizione.

L'art. 704, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce che "quando la decisione è favorevole all'estradizione, la corte, se vi è richiesta del Ministro della giustizia, dispone la custodia cautelare in carcere della persona da estradare che si trovi in libertà".  Tale disposizione è stata oggetto di letture contrastanti da parte della giurisprudenza di legittimità.

Secondo un orientamento che ha accolto una esegesi strettamente letterale della norma, una volta intervenuta la pronunzia favorevole all'estradizione, la custodia cautelare deve essere applicata a semplice richiesta del Ministro della Giustizia e dunque a prescindere dai presupposti richiesti e dai criteri di applicazione dettati nella normativa generale sull'applicazione delle misure cautelari (Sez. 6, n. 746 del 24/02/1999, Rv. 213912). A fondamento di tale principio, la Corte ha evidenziato come l'estradizione sia un istituto preordinato al solo scopo di consegnare una determinata persona allo Stato che ne abbia fatto richiesta, e che quindi postuli la "fisica disponibilità" dell'estradando da parte dello Stato richiesto, che diviene pertanto il primo ed essenziale presupposto dell'estradizione, in difetto del quale il procedimento sarebbe privo del suo oggetto tipico e la relativa decisione sarebbe inutiliter data (in tal senso, Sez. 6, n. 2977 del 04/10/1996, Rv. 206883).

Conseguentemente, la Corte ha ritenuto che, mentre prima che sia intervenuta la decisione sull'estradizione, le misure coercitive, e tra queste la custodia cautelare in carcere, possono - e quindi non debbono, necessariamente - essere disposte (e in ogni caso, secondo i criteri per la loro applicazione richiamati nel secondo comma dell'art. 714 cod. proc. pen.), dopo tale pronuncia viene ad operare una sorta di automatismo, fondato sulla sola richiesta del Ministro (da ultimo, si veda Sez. 6, n. 1842 del 19/12/2019, dep. 2020, Rv. 278106).

Secondo altro orientamento, la richiesta ministeriale non è vincolante per l'autorità giudiziaria anche nell'ipotesi prevista dall'art. 704, comma 3, cod. proc. pen., dovendo la misura cautelare essere comunque disposta in vista delle esigenze cautelari afferenti al procedimento di estradizione, da valutarsi ai sensi dell'art. 714, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 846 del 04/03/1991, Rv. 187532; da ultimo, Sez. 6, n. 45516 del 20/09/2018, non mass.; Sez. 6, n. 9437 del 29/01/2019, non mass.).

Il Collegio ritiene di dover dar continuità a quest'ultima esegesi, in quanto aderente ai principi costituzionali in tema di libertà personale.

La previsione di un'automatica restrizione della libertà personale dell'estradando, che prescinda cioè dalla possibilità per il giudice di procedere a valutazioni individualizzate, verrebbe infatti a contrastare sia con l'art. 13, primo comma, Cost., quale referente fondamentale del regime ordinario delle misure cautelari limitative della libertà personale, ispirato ai principi di proporzionalità, adeguatezza e del "minimo sacrificio necessario" (cfr. sentenza Corte cost. n. 299 del 2005), sia con l'art. 3 Cost., prevedendo per l'estradando una ingiustificata differenziazione di trattamento, sia infine anche con l'art. 101 Cost., nella misura in cui il giudice verrebbe ad assumere il ruolo di mero esecutore della richiesta del Ministro.
Sotto altro verso, va considerato che l'art. 714 cod. proc. pen., nel dettare le disposizioni generali per l'applicazione delle misure coercitive durante l'intero procedimento estradizionale ("in ogni tempo"), non ha operato alcuna differenziazione di regime a secondo della fase o del momento in cui le stesse possono essere disposte. Il che implica che l'art. 704, comma 3, cod. proc. pen. vada necessariamente ricondotto nell'ambito del sistema cautelare disegnato dal legislatore per la procedura estradizionale e letto quindi in coordinamento con le suddette regole generali.

La soluzione interpretativa prescelta appare inoltre coerente con quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte in ordine al tema dei rapporti e della fisiologica interferenza tra il procedimento principale di estradizione e quello incidentale cautelare ed in particolare della ammissibilità, o non, della revoca o sostituzione della misura coercitiva quando si sia esaurito il procedimento principale a seguito di sentenza definitiva favorevole all'estradizione.

Ebbene, le Sezioni Unite hanno stabilito che "neppure" l'esaurimento del procedimento giurisdizionale conclusosi con la sentenza favorevole all'estradizione può determinare "automatiche" conseguenze sulla libertà personale della persona richiesta, con la conseguente necessità, anche in vista dell'esecuzione della consegna estradizionale, di valutare sia il pericolo di fuga "in concreto ed in coerenza con il precetto dell'art. 274, comma 1, lett. b), cod. proc. pen." sia la possibilità di assicurare la consegna stessa "anche mediante cautele diverse dalla custodia in carcere", non postulandosi più in ogni caso, quale inevitabile corollario della decisione favorevole all'estradizione, la fisica disponibilità della persona dell'estradando (Sez. U, n. 26156 del 28/05/2003, Di Filippo, Rv. 224613).

 Le Sezioni Unite hanno richiamato, a fondamento del suddetto principio, la Relazione al Progetto preliminare del nuovo codice di rito (p. 154), che aveva indicato i criteri di fondo cui il Progetto si è ispirato: "da un lato, nell'abbandono dell'idea che la custodia in carcere dell'estradando sia un elemento indispensabile del procedimento di estradizione e, dall'altro, che non vi è ragione perché all'estradando, in tema di misure di coercizione, non sia riservato lo stesso trattamento dell'imputato avanti ad un giudice italiano, salvo a prevedere, come ulteriore presupposto legittimante, il pericolo di fuga in considerazione della particolare situazione in cui tale soggetto viene a trovarsi".

Alla luce di quanto affermato dalle Sezioni Unite, risulterebbe contraddittorio da un lato affermare la necessità - anche nella fase successiva alla definitività della sentenza ex art. 704, comma 2, cod. proc. pen. - del sindacato giurisdizionale sull'effettiva permanenza delle concrete ed attuali esigenze cautelari, che possano giustificare l'attenuazione o la revoca della coercizione in atto, e dall'altro escludere che proprio nel momento dell'adozione della misura cautelare, ex art. 704, comma 3, cod. proc. pen., tale valutazione debba essere del tutto omessa.

Valutazione che invece appare ancor più necessaria nella situazione prefigurata dall'art. 704, comma 3, cod. proc. pen., nella quale l'estradando si trova all'esito del giudizio davanti alla Corte di appello in stato di libertà (che induce a ritenere che fino a quel momento non erano sussistenti le esigenze cautelari in vista della conclusione del procedimento estradizionale), e che non può essere rimessa al solo Ministro della giustizia (Sez. F, n. 43558 del 02/09/2004, Rv. 23036).

Quindi, sulla base di quanto ora esposto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla disposta misura cautelare personale, affinché la Corte di appello esamini nuovamente la richiesta del Ministro della giustizia alla luce dei principi sopra indicati.

Il ricorso per il resto va dichiarato inammissibile.

La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito

 P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla misura cautelare personale e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di appello di Reggio Calabria.


Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.


Manda alla Cancelleria per gli adempimenti previsti dagli artt. 94, comma I-ter e 203 disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il /06/2021.
Il Consigli e estensore
Ersilia Calvanese