La pendenza di un procedimento penale nel regime convenzionale multilaterale disciplinato dalla Convenzione Europea in tema di estradizione osta alla consegna ex art 705 c.p.p.
La norma pattizia è indirizzata agli Stati contraenti e non è direttamente operativa all’interno di questi ultimi: essa rimette ai singoli ordinamenti la regolazione della fattispecie, onde compete a ciascuno Stato stabilire "se e a quali condizioni, e per determinazione di quale autorità, l’estradizione possa o debba essere concessa o negata", qualsiasi soluzione risultando conforme alla norma internazionale.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 15 settembre – 19 settembre 2016, n. 38762
Presidente Paoloni – Relatore Tronci
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza 26.05.2016 indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Milano ha dichiarato l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione avanzata in data 03.11.2015 dal Governo della Confederazione Svizzera nei riguardi di J.J.D. , allo stato latitante dopo essere stato arrestato il –omissis- in XXXXXXX dalla G.d.F. di Como, sulla scorta del mandato di arresto internazionale spiccato in pari data dal pubblico ministero del Cantone di Friburgo. Domanda di estradizione formalizzata alla stregua del mandato di arresto testé richiamato e degli altri due emessi sempre dall’A.G. elvetica a carico del prevenuto, l’uno dal p.m. del Cantone di Vaud e l’altro dal p.m. del Cantone di Zurigo: tutti per il reato di truffa per mestiere (art. 146 cod. pen. svizzero), in relazione agli illeciti posti in essere dallo J. , in concorso con altri, il 12.10.2015 (in danno di B.C. , rimasto allo stadio di tentativo), il 25.08.2015 (in danno della società Golf de la Gruyère s.a.), il 06.05.2015 (in danno del ristorante XXXXXXXX), il 18 e 26.11.2014 (in danno di L.F. ), nonchP il 26.08.2014 (in danno di W.G. ).
2. Avverso detto provvedimento il difensore di fiducia dell’estradando ha proposto ricorso per cassazione, espressamente circoscritto alla sola richiesta di consegna per la tentata truffa del 12.10.2015 - sinteticamente individuata come "fatti di XXXXXXX" e facente parte del mandato a firma del p.m. di Friburgo - alla luce di due convergenti motivi:
I) "violazione ed errata applicazione dell’art. 6 c.p.... e dell’art. 8 c.p.p.",
essendosi qui in presenza di reato commesso nel territorio dello Stato italiano, in relazione al quale risulta essere stato avviato apposito procedimento, pendente innanzi all’A.G. di Busto Arsizio con n. R.G.N.R. 9535/15;
II) sussistenza della causa ostativa costituita dall’omessa descrizione dei fatti relativi nel mandato di arresto internazionale del 12.10.2015, in proposito rilevandosi, con riferimento alla posizione del concorrente Clay J. - già estradato a Friburgo con il proprio consenso che la stessa Corte d’appello di Milano, in altra composizione, su espressa sollecitazione della difesa e su conforme parere del P.G., con ordinanza del 21 aprile u.s. ha dichiarato in proposito non luogo a procedere, rilevando come nell’anzidetto mandato, pur ipotizzandosi, successivamente alle tre truffe consumate ivi descritte, la commissione di un ulteriore truffa, da realizzarsi ai danni del succitato B.C. lo stesso giorno di emissione del provvedimento in questione, nondimeno non era contenuta la rappresentazione dei "fatti fino a quel momento compiuti idonei ad integrare il tentativo di truffa", quelli susseguenti dovendo ancora realizzarsi all’atto della richiesta.
Con memoria trasmessa a mezzo fax lo scorso 7 luglio (cui ha fatto seguito l’originale, pervenuto in cancelleria il successivo 12 luglio), il difensore medesimo ha depositato il verbale dell’interrogatorio sostenuto dal già citato J.C. innanzi al magistrato inquirente di Friburgo in data 23.06.2016, corredato della relativa traduzione giurata, ritenuto sintomatico della "incompetenza giurisdizionale dello Stato svizzero per i fatti di Saronno, contenuti nel mandato di arresto internazionale originario", come comprovato dalla emissione, lo stesso 23 giugno, di un secondo mandato d’arresto internazionale concernente detta fattispecie, consumatasi in territorio italiano.
Considerato in diritto
1. Si premette, per la migliore comprensione dei fatti, che la richiesta di estradizione - per la parte che qui interessa - risulta essere stata formulata "per avere J.J.D. posto in essere, come mediatore, in concorso con J.C. e J.V.E. , attività fraudolente in danno di B.C. , tentando di conseguire l’ingiusto profitto di Euro 150.000,00" - rectius: CHF 150.000,00 - segnatamente proponendo lo scambio, in realtà solo apparente, di banconote da 1.000 franchi svizzeri con altre di importo pari a 200 franchi svizzeri ciascuna, per un totale di 150.000 franchi svizzeri, per il cui perfezionamento era fissato apposito incontro a XXXX, cui si presentavano, oltre alla parte lesa B. , il presunto investitore J.C. , J.J.D. , nelle vesti di intermediario, e J.V.E. , in qualità di autista.
Il giudice distrettuale assume in proposito che il reato "si è fermato allo stadio del tentativo; che l’accordo per lo scambio di denaro era stato già raggiunto nel dettaglio; che i prevenuti sono stati successivamente arrestati in Italia, luogo del fissato incontro" (gli J. furono in effetti fermati dalla G.d.F., che - come detto - procedette al loro arresto, facendo altresì luogo al sequestro del denaro falso in loro possesso, i tre essendo altresì implicati in altre truffe portate a compimento ed oggetto del medesimo mandato di arresto internazionale, connotate dall’avvenuta rappresentazione dell’interesse ad investimenti particolarmente cospicui e però con la contestuale prospettazione della necessità del versamento, a vario titolo, di una certa somma ad opera della controparte, somma di cui gli J. s’impossessavano, laddove il ben più consistente ammontare dell’investimento era sostituito abilmente con carta straccia).
Conclusivamente - sempre secondo la Corte d’appello - "al momento dell’emissione del mandato, fatto proprio nella richiesta di estradizione, l’attività illecita era dunque in fase di avanzata progettazione in Svizzera e il tentativo di truffa nella prospettazione risultante dagli atti era perfezionato, dovendosi pertanto disattendere le questioni difensive poste all’odierna udienza".
2. Ciò posto, preliminare ed assorbente è la constatazione della effettiva pendenza, per i medesimi fatti oggetto del proposto ricorso, di procedimento penale innanzi all’A.G. italiana, così come accertato da questa Corte, in conformità alle indicazioni fornite dal ricorrente.
Se, infatti, è giurisprudenza consolidata che, "In tema di estradizione per l’estero, la commissione del reato in Italia non esclude la concorrente giurisdizione straniera, né impedisce l’estradizione fondata sulla Convenzione Europea del 1957, in virtù della quale siffatta ipotesi può dar luogo solo al rifiuto facoltativo di estradizione (ex art. 7), che non è di competenza dell’autorità giudiziaria, ma rientra nelle attribuzioni esclusive del Ministro della Giustizia (v. Corte cost., n. 58 del 1997). (Fattispecie relativa ad una richiesta di estradizione avanzata dalle autorità albanesi per un reato di sfruttamento aggravato della prostituzione di una cittadina albanese, commesso interamente in Italia da un suo concittadino e giudicato con sentenza contumaciale di condanna dalle autorità giudiziarie dello Stato richiedente)." (così Cass. Sez. 6, sent. n. 9119 del 25.01.2012, Rv. 252040; conf. Sez. 6, sent. n. 24474 del 02.04.2009, Rv. 244359 e n. 8674 dell’11.10.2006 - dp. 14.03.2006, Rv. 233688), discorso diverso s’impone ove ricorra l’ipotesi di cui all’art. 8 della Convenzione Europea in tema di estradizione (resa esecutiva in Italia con legge 30.01.1963 n. 300), la cui rubrica reca "Perseguimenti in corso per gli stessi fatti" ed a mente del quale "Una Parte richiesta potrà rifiutare d’estradare un individuo reclamato, se egli è perseguito da essa per i fatti motivanti la domanda di estradizione".
La Corte Costituzionale, con sentenza 14 febbraio - 3 marzo 1997 n. 58, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 30 gennaio 1963, n. 300 (Ratifica ed esecuzione della convenzione Europea di estradizione, firmata a Parigi il 13 dicembre 1957), sollevata con riguardo agli artt. 8 e 9 di detta convenzione e in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 25, primo comma, e 112 della Costituzione, significando che la facoltà di rifiutare l’estradizione di cui sia stato richiesto da altro Stato contraente, riconosciuta al competente Ministro della Giustizia, va necessariamente coordinata con il disposto dell’art. 705 comma 1, ultima parte, cod. proc. pen., che prevede il divieto di estradizione ove per lo stesso fatto sia in corso procedimento penale nei confronti della persona oggetto della relativa domanda: a significare, cioè - difformemente da come opinato dall’ordinanza di rimessione, sulla scorta di una pretesa superiorità della norma di diritto internazionale - che, essendo la norma pattizia indirizzata agli Stati contraenti (e non direttamente operativa all’interno di questi ultimi), essa rimette ai singoli ordinamenti la regolazione della fattispecie, onde compete a ciascuno Stato stabilire "se e a quali condizioni, e per determinazione di quale autorità, l’estradizione possa o debba essere concessa o negata", qualsiasi soluzione risultando conforme alla norma internazionale.
Alla stregua di tali argomentazioni, pienamente condivisibili e che già questa Corte ha fatto proprie (cfr. Sez. 6, sent. n. 9273 del 25.01.2001, Rv. 218430, pur relativa a diversa vicenda, nella risoluzione della quale la Corte ha comunque affermato il principio di cui sopra), va dunque disposto l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla declaratoria concernente "i fatti di Saronno", con conseguente revoca in parte qua, ai sensi dell’art. 704 u.c. del codice di rito, della misura cautelare emessa nei confronti del ricorrente.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata emessa nei confronti di J.J.D. , limitatamente alla dichiarata esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda di estradizione relativa al reato di tentata truffa in concorso commesso il 12.10.2015 in danno di B.C. .
Revoca, per l’effetto, limitatamente al solo predetto reato, la misura cautelare emessa nei confronti dello J. .
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod. proc. pen..