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Assalto al gazebo referendario, è reato contro diritti politici (Cass. 42512/22)

17 giugno 2022, Cassazione penale

L'elemento oggettivo del reato di attentato contro i delitti politici del cittadino, previsto dall'art. 294 cod. pen., consiste, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in una condotta connotata da violenza, minaccia o inganno che si traduce nell'impedimento all'esercizio dei diritti politici, in senso stretto, correlati al diritto di elettorato attivo e passivo e non di qualsiasi manifestazione del pensiero che possa riguardare scelte politiche, il cui impedimento integra gli estremi della fattispecie generica e sussidiaria del reato di violenza privata di cui all'art. 610 cod. pen.

Il diritto politico deve essere inteso quello del cittadino di partecipare, attraverso la propria libera sottoscrizione, a proporre un referendum; diritti politici rilevanti ai fini della sussistenza del reato pen. sono il diritto all'elettorato, attivo e passivo (art. 51 Cast.), il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49 Cost.), il diritto di rivolgere petizioni alle Camere (art. 50 Cost.), il diritto di esercizio dell'iniziativa legislativa (art. 71, secondo comma, Cast.), il diritto di referendum (artt. 75, 123, 132 Cost. e art. 138, secondo comma).

Corte di Cassazione

Sez. 1 penale Num. 42512 Anno 2022

Presidente: BRICCHETTI RENATO GIUSEPPE

Relatore: CALASELICE BARBARA

Data Udienza: 17/06/2022

SENTENZA

 

sui ricorsi proposti da:

EL nato a Brescia il **/1992

VG nato a Brescia il **/1982

avverso la sentenza del 2/07/2021 della Corte d'appello di Brescia

udita la relazione svolta dal Consigliere BARBARA CALASELICE;

lette le richieste del S. Procuratore Generale, A. Picardi, che ha concluso

chiedendo l'inammissibilità dei ricorsi.

 RITENUTO IN FATTO

 1. Con la sentenza impugnata, la Corte d'appello di Brescia ha confermato la condanna pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Brescia, in data 27 gennaio 2016, nei confronti di LE e GV, alla pena di mesi sei di reclusione ciascuno, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, concessa la sospensione condizionale della pena, in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 294 cod. pen.

1.1. Gli imputati sono stati condannati per avere, assieme ad altri coimputati, non ricorrenti, in tutto o in parte impedito l'esercizio del diritto politico da parte di soggetti intenti nella raccolta di firme, nel corso di un'iniziativa politica avviata da attivisti della Lega Nord, finalizzata alla proposizione di un referendum popolare per l'abolizione della cd. legge Merlin.

2. Avverso il provvedimento descritto propone ricorso per cassazione l'imputato, per il tramite del difensore, avv. S.P., deducendo inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 294 cod. pen. e vizio di motivazione.

2.1. Si sostiene che Eha dapprima insultato i militanti della Lega Nord e poi, assieme a V, ha strappato le bandiere e provocato la caduta del gazebo allestito per la raccolta delle firme. Si tratterebbe, però, di azione, registrata dal sistema di videosorveglianza, durata poche decine di secondi nell'assenza di cittadini in prossimità del banchetto. Tanto, diversamente dalla ricostruzione della Corte d'appello che assume la durata dell'interruzione essere stata corrispondente ad alcuni minuti. Si tratta, per la difesa, di mero turbamento dell'attività della durata di pochi secondi che, soprattutto, non ha avuto alcuna ricaduta sul successivo esercizio del diritto di voto, cui fa riferimento la norma.

2.2. Quanto all'elemento soggettivo del reato, si deduce vizio di motivazione, tenuto conto che la condotta era diretta soltanto a contrapporsi alla posizione politica della Lega Nord, tanto che gli epiteti (razzisti, fascisti) pronunciati nella specie, nulla avevano a che fare con l'iniziativa proposta per il referendum, quindi la condotta non era rivolta, in nessun modo, alla raccolta di firme e ad impedirne lo svolgimento regolare.

3. Il S. Procuratore generale presso questa Corte, A. Picardi, ha fatto pervenire requisitoria scritta, stante la mancata richiesta delle parti, di discussione orale ex art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla I. 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza dell'art. 1 del d.l. 1° aprile 2021, n. 44, come convertito, con la quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi sono inammissibili.

1. Il primo motivo è genericamente prospettato. Invero, l'elemento oggettivo del reato di attentato contro i delitti politici del cittadino, previsto dall'art. 294 cod. pen., consiste, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in una condotta connotata da violenza, minaccia o inganno che si traduce nell'impedimento all'esercizio dei diritti politici, in senso stretto, correlati al diritto di elettorato attivo e passivo e non di qualsiasi manifestazione del pensiero che possa riguardare scelte politiche, il cui impedimento integra gli estremi della fattispecie generica e sussidiaria del reato di violenza privata di cui all'art. 610 cod. pen. (Cass. sez. 6, n. 51722 del 9/11/2016, Camilletti, Rv. 268621).

Si sostiene in giurisprudenza che diritto politico, di cui all'art. 294 cod. pen., oggetto di attentato attraverso violenza, minaccia o inganno tale da determinarne l'impedimento dell'esercizio o l'opzione di esercitarlo in maniera difforme dalla sua volontà, è quello che permette al cittadino di partecipare all'organizzazione ed al funzionamento dello Stato e degli altri enti di rilevanza costituzionale, ai quali è attribuita la funzione di indirizzo politico in relazione ad un determinato aggregato di persone stanziate su una parte del territorio (Cass. sez. 1, n. 11055 del 14/10/1993, Renna, Rv. 197546). Esso inerisce — nell'ordinamento democratico vigente, con l'impianto costituzionale che ne determina le linee portanti — a una serie di facoltà inviolabili, riconosciute al cittadino, il cui libero esercizio è coordinato al suo concorso all'organizzazione ed al funzionamento dello Stato che da esso promana.

Diritti politici, dunque, l'impedimento all'esercizio dei quali ricade nel fuoco dell'incriminazione dell'art. 294 cod. pen., vanno sicuramente considerati il diritto all'elettorato, attivo e passivo (art. 51 Cast.), il diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale (art. 49 Cost.), il diritto di rivolgere petizioni alle Camere (art. 50 Cost.), il diritto di esercizio dell'iniziativa legislativa (art. 71, secondo comma, Cast.), il diritto di referendum (artt. 75, 123, 132 Cost. e art. 138, secondo comma, Cost.: Sez. 1, n. 20755 del 27/10/2017, dep. 2018, Muscas, Rv. 273118). Pertanto, va affermato senz'altro che diritto politico deve essere inteso quello del cittadino di partecipare, attraverso la propria libera sottoscrizione, a proporre un referendum.

Tanto premesso, in punto di elemento materiale del reato, si osserva che la censura non è specifica, rispetto alla motivazione della sentenza impugnata, dalla quale risulta che l'azione violenta, al di là dell'effettiva durata contestata dalla difesa, ha, comunque, inciso sul regolare svolgimento dell'iniziativa, tanto da indurre alcuni degli eventuali aderenti a non sottoscrivere la proposta di referendum abrogativo, perché spaventati dall'accaduto, circostanza (riportata a pag. 3 della sentenza ) con la quale i ricorrenti non si confrontano, compiutamente, risultando la censura sul punto aspecifica (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268822).

2.1. Il secondo vizio dedotto, quanto all'elemento soggettivo del reato, risulta inammissibile.

Il Collegio osserva che la censura presenta tratti di inammissibilità fin dall'impostazione dell'argomento di critica perché — senza le dovute specificazioni — indica tutti i vizi di motivazione di cui all'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. 3Corte di Cassazione - copia non ufficiale pen. A questo riguardo, va ricordato che Cass. Sez. U, n. 29541 del 16/7/2020, Filardo (non massimata sul punto) ha puntualizzato che il ricorrente che intenda denunciare contestualmente, con riguardo al medesimo capo o punto della decisione impugnata, i tre vizi della motivazione deducibili in sede di legittimità ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., ha l'onere — sanzionato a pena di aspecificità, e quindi di inammissibilità, del ricorso — di indicare su quale profilo la motivazione asseritamente manchi, in quali parti sia contraddittoria, in quali sia manifestamente illogica, non potendo attribuirsi al giudice di legittimità la funzione di rielaborare l'impugnazione, al fine di estrarre dal coacervo indifferenziato dei motivi quelli suscettibili di un utile scrutinio; i motivi aventi ad oggetto tutti i vizi della motivazione sono, infatti, per espressa previsione di legge, eterogenei ed incompatibili, quindi non suscettibili di sovrapporsi e cumularsi in riferimento ad un medesimo segmento della motivazione.

2. In conclusione i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ricorrendo i presupposti di cui alla sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, importo che si ritiene di determinare equitativamente, tenuto conto dei motivi devoluti

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 17 giugno 2022 Il Consigliere estensore Il Preside