Perché operi l'aggravante della violenza assistita non occorre che le condotte vessatorie realizzate in presenza dei minori abbiano necessariamente il contenuto proprio della violenza fisica, potendo apprezzarsi a tal fine anche quelle verbalmente violente o tipicamente dispregiative che contribuiscono, nella loro abitualità, a dare corpo al contesto maltrattante destinato a fondare l'ipotesi di reato di maltrattamenti in famiglia.
Corte di Cassazione
sez. VI, ud. 4 aprile 2024 (dep. 7 maggio 2024), n. 17845
Ritenuto in fatto
1. La difesa di N.C. impugna la sentenza descritta in epigrafe con la quale la Corte di appello di Bologna ha integralmente confermato la condanna del ricorrente alla pena ritenuta di giustizia perchè ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 572 comma 2 cod. pen.(capo a della rubrica), realizzato nei confronti della moglie e in presenza dei figli minori oltre che del reato di lesioni aggravate (descritto al capo b), sempre realizzate in danno della moglie.
2. Si lamenta con il ricorso violazione di legge e vizio di motivazione perchè la Corte del merito avrebbe ritenuto:
- configurabile il reato di maltrattamenti malgrado la occasionalità delle condotte aggressive e la dimostrata capacità della persona offesa di reagire alle dette aggressioni prontamente e fattivamente;
- sussistente l'aggravante della violenza assistita pur avendo la persona offesa escluso che le aggressioni si siano mai realizzate in presenza dei minori;
- determinato la pena in violazione dell'art. 2 cod. pen. facendo leva sui limiti di pena definiti dalla legge n. 69 del 2019 quando di contro le condotte vessatorie sarebbero iniziate nel 2018, con conseguente necessaria applicazione dei previgenti e più favorevoli limiti edittali.
Considerato in diritto
1. Il ricorso riposa su censure quantomeno infondate e merita in coerenza la reiezione.
2. Il primo motivo di impugnazione è manifestamente infondato.
La sentenza gravata non manca di evidenziare come nel narrato della persona offesa risultino delimitate in numero di cinque le aggressioni fisiche, patite ad opera dell'imputato, ritenute di maggiore gravità tanto da aver giustificato l'intervento delle Forze dell'Ordine.
In disparte il non indifferente numero di tali momenti di aggressione (vieppiù considerando il modesto arco temporale di riferimento, inferiore ai due anni), emerge con immediatezza, dalle due decisioni di merito, che le dette condotte si innestarono in un più ampio contesto colorato dagli agiti aggressivi e violenti, fisici e verbali, dell'imputato; contesto coerentemente apprezzato nell'ottica della abitualità dell'agire oltre che della oggettiva intollerabilità del clima di vita determinato da tali condotte, aspetto (ben comprovato, a tacer d'altro, dal continuativo accesso delle forze dell'ordine presso il relativo domicilio domestico) che rende all'evidenza indifferenti le specifiche capacità reattive mostrate dalla persona offesa, in termini di manifesta inconferenza rivendicate dalla difesa.
3. E' infondato il secondo motivo di ricorso.
Perché operi l'aggravante della violenza assistita non occorre che le condotte vessatorie realizzate in presenza dei minori abbiano necessariamente il contenuto proprio della violenza fisica, potendo apprezzarsi a tal fine anche quelle verbalmente violente o tipicamente dispregiative che contribuiscono, nella loro abitualità, a dare corpo al contesto maltrattante destinato a fondare l'ipotesi di reato di cui all'art. 572 cod. pen.
In questa cornice di riferimento, l'argomentare speso sul punto dalla Corte del merito finisce per sottrarsi alle censure prospettate dalla difesa.
Con la Sentenza gravata, infatti, si è ribadito che, secondo quanto riferito dalla persona offesa, i minori non avrebbero "mai assistito a violenze fisiche"; al contempo, si è anche rimarcato che, secondo il relativo narrato, era tuttavia certa la loro presenza "ai numerosi litigi per motivi economici o legati all'uso di alcol", tipiche scaturigini dei contegni vessatori riscontrati nel caso.
Il tenore della affermazione resa dalla persona offesa, dunque, non può che leggersi alla luce del complessivo contesto familiare, dominato dagli agiti, anche solo verbalmente, aggressivi realizzati dall'imputato ai danni della persona offesa, così da rendere adeguatamente puntualizzato l'aspetto probatorio rivendicato a sostegno della ritenuta aggravante.
4. L'ultimo motivo, oltre che generico, è manifestamente infondato.
La Corte del merito ha precisato in punto di fatto che le condotte maltrattanti hanno avuto inizio nel 2018 ma hanno assunto significativa intensità successivamente alla novella apportata dalla legge n. 69 del 2009, per poi cessare, nella loro perdurante abitualità, nel settembre del 2020.
Siffatta considerazione - che non risulta adeguatamente contrastata dal ricorso, che non ne smentisce, con la dovuta puntualità, il portato fattuale - finisce per rendere anche manifestamente infondato in punto di diritto l'assunto sotteso alla censura difensiva spesa sul punto.
Anche ad aderire, infatti, alla giurisprudenza di questa Corte (peraltro largamente minoritaria) che, in presenza di condotte maltrattanti le quali risultino commesse anche prima della entrata in vigore della citata novella (con la quale è stato modificato in senso peggiorativo il trattamento sanzionatorio previsto per l'art. 572 cod. pen.), subordina l'applicazione dei nuovi limiti edittali al solo riscontro di segmenti di condotta sufficienti, di per sé, a integrare l'abitualità del reato in questione anche dopo la piena operatività della citata modifica (in tal senso si veda Sez. 6 n. 28218 del 24/01/2023, Rv. 284788), è di tutta evidenza che nel caso siffatta condizione risulta puntualmente riscontrata, così da paralizzare a monte ogni possibile rilievo difensivo sulla legittimità della pena applicata.
5. Alla reiezione del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.