MAE ungherese va rigettato per il mancato rispetto dei diritti fondamentali in tema di condizioni di detenzione, mancata assistenza linguistica e violazione della vita privata e familiare.
Corte di Appello di Milano
Sezione Quinta Penale
Sentenza
28 marzo 2024
Composta dai Magistrati dottori:
Monica Fagnoni Stefano Caramellino Cristina Ravera
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento per la consegna di:
1. **, nato a * il giorno **, codice univoco identificativo **,
in stato di arresto dal 21 al 22.11.2023 nella Casa circondariale di Milano San Vittore Francesco Di Cataldo,da allora in detenzione per questo procedimento agli arresti domiciliari in **; presente;
- con domicilio dichiarato in ** giusta verbale dell'udienza del 21.11.2023, fino allora con domicilio eletto presso la propria difesa sottoindicata, giusta verbale d'identificazione in pari data;
- difeso di fiducia
Persona richiesta con il mandato d'arresto europeo con identificativo Schengen H**00001 del dì**2023 emesso dal ** per tre
REATI
commessi il I0.02.2023 a Budapest, di tentate lesioni personali potenzialmente letali di cui all'articolo 164 codice penale ungherese, commessi in ambito di un'organizzazione criminale di cui all'articolo 459 codice penale ungherese.
In esito all'odierna udienza camerale
Sentito il Magistrato relatore dottor Stefano Caramellino, rilevata l'assenza di dichiarazioni dell'interessato presente, sentito il Procuratore Generale dott. Cuno Jakob TARFUSSER, sentita la difesa, le parti CONCLUDONO come segue:
11 Pubblico Ministero chiede: non consegna.
La Difesa della persona richiesta chiede: non consegna.
Svolgimento del processo
I. La persona richiesta, cittadina italiana, è stata identificata mediante carta d'identità italiana e in tale sede ha dichiarato di risiedere in ** (verbale d'identificazione 21.11.2023).
Ella non ha mai chiesto di essere ammessa al patrocinio erariale.
La persona richiesta è stata arrestata il giorno 21.11.2023 perché, mentre stava a casa propria, è stato dato seguito all'allerta presente a suo carico nel sistema di cooperazione internazionale delle forzedi polizia Sirene (annotazione di polizia, verbale di arresto). A suo carico sussiste un mandato di cattura emesso il giorno 30.10.2023 della Repubblica d'Ungheria.
Il suo arresto è stato convalidato in relazione a ogni delitto indicato nell'intestazione della presente sentenza, con contestuale applicazione in relazione a esso della misura cautelare degli arresti domiciliari, con divieti di comunicazione, al fine di fronteggiare il ritenuto pericolo di fuga (ordinanze che fanno corpo con il verbale dell'udienza 22.11.2023). Nel corso dell'esecuzione di tale misura, sono stati autorizzati in via permanente contatti personali e telefonici della persona richiesta, mediante fonia e mediante sms, con i genitori, non conviventi (ordinanza 05.12.2023); i restanti divieti di comunicazione sono stati confermati con ordinanza del 18.01.2024, in reiezione di un'istanza difensiva intesa alla loro rimozione.
L'arrestato ha dichiarato di non acconsentire alla consegna e di non rinunciare al principio di specialità (verbale dell'udienza di identificazione).
Il mandato di arresto europeo è pervenuto con la sua traduzione in lingua italiana il 24.11.2023.
Il. Sentite le parti all'udienza del 05.12.2023, fissata al quindicesimo giorno dall'arresto, alla luce delle produzioni difensive e del programma di udienza la Corte ha prorogato il termine per la decisione ex articolo 17 legge 69/2005 aggiornando la propria decisione al 12.12.2023, quando con motivata ordinanza ex articolo 16 stessa legge ha chiesto allo Stato emittente le seguenti informazioni:
1) l'eventuale termine legale, quello solitamente disposto dai giudici e quello di fatto osservato dagli interpreti per la consegna della traduzione degli agli processuali fondamenta/i all'imputato cittadino europeo che non parli, non legga e non comprenda la lingua ungherese, bensl un'altra lingua dell'Unione Europea;
2) la disciplina legale dei colloqui con i prossimi congiunti dei detenuti e della corrispondenza;
3) la disciplina legale della mercede e del peculio dei detenuti e della loro ammissione a programmi di lavoro, anche all'interno dello stabilimento penitenziario;
4) la disciplina legale del rea/o di tortura, se attuala nell'ordinamento nazionale, in alternativa le fattispecie penali applicabili alla violenza di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio e le relative pene edittali;
5) l'istituto penitenziario o gli istituti penitenziari nei quali potrà essere detenuta la personarichiesta in consegna, se consegnata; in particolare, se potrà essere tenuta in detenzione nel carcere II di BUDAPEST, sito in GYORSKOCSJ UTCA, 25; se e da quando e fino a quando potrà essere collocato in uno stabilimento qualificalo dalla CPT del Consiglio d'Europa come "remand prison "; il contingente di personale penitenziario presente in servizio oggi in ciascuno degli istituti penitenziari nei quali potrà essere detenuta la persona richiesta in consegna, se consegnata;
6) le condizioni fattuali effettive relative alla quantità di spazio a disposizione per detenuto, alla data odierna, e il rapporto tra capacità detentiva e alloggiati effettivi, inciascun istituto di cui al punto 5 che precede;
7) le regole e la loro attuazione a proposito della distinzione degli spazi detentivi sulla base del sesso dei detenuti, e/o del genere dei medesimi;
8) se vi siano progetti in corso o iniziative o attività specifici dell'Amministrazione Penitenziaria sulla salute dei detenuti, anche alimentare, e sull'igiene negli spazi detentivi, nonché per lo svolgimento di attività formative o comunicative durante la detenzione;
9) se e quali iniziative siano sta/e assunte a livello nazionale per garantire o promuovere l'indipendenza della magistratura, il giusto processo ivi inclusa la presunzione di non colpevolezza e i diritti fondamenta/i dopo l'adozione delle Risoluzioni del Parlamento Europeo 2018/0902R (NLE) del 15.09.2022, 2023/2691 (RSP) del 01.06.2023.
li termine per l'invio delle informazioni chieste è stato stabilito nel giorno 11.01.2024, in vista dell'udienza del I6.0I.2024 fissata entro il termine di sessanta giorni ex articolo 17 (3) decisione quadro 2002/584/GAI. In tale udienza, non pervenute le informazioni chieste, tale termine è stato prorogato al 30.01.2024, in accoglimento di un'istanza dello Stato emittente a sua volta motivata conla necessità di tradurre dalla lingua ungherese le informazioni raccolte; la motivata ordinanza di proroga a sua volta ha tenuto conto della dilazione di 9 giorni con la quale il Ministero della Giustizia aveva trasmesso la traduzione inglese dell'ordinanza emessa da questa Corte il 12.12.2024.Con l'ordinanza di proroga questa Corte ha informato immediatamente della dilazione e delle ragioni che vi hanno dato causa il Ministro della Giustizia, ai sensi dell'articolo 22-bis legge 69/2005; anche ai fini cautelari ha disposto la proroga di 30 giorni del termine per la definizione del procedimento, ai sensi dell'articolo 17 (4) decisione quadro 2002/584/GAI.
Lo Stato emittente ha fatto pervenire due separate risposte alla richiesta d'informazioni, l'una relativa a quanto di competenza dell'amministrazione penitenziaria, l'altra relativa a ogni altro aspetto richiesto.
Lette le ulteriori memorie difensive e sentite le parti all'udienza del 13.02.2024, questa Corte ha emesso una seconda motivata ordinanza ex articolo 16 legge 69/2005, chiedendo allo Stato emittente "di stabilire se siano applicabili altri strumenti di cooperazione giudiziaria in materia penale, diversi dal mandato d'arresto europeo, atti a garantire l'esercizio dell'azione penale da parte Sua, con gli atti istruttori a ciò necessari, e a soddisfare le esigenze cautelari"; ha fatto esplicito riferimento alla decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio del 23.10.2009 "sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni sulle misure alternative alla detenzione cautelare". Con le ulteriori statuizioni questa Corte ha adempiuto a quanto prescritto dall'articolo 22-bis, comma 2 legge 69/2005, anche in materia cautelare.
Il 04.03.2024 è pervenuta la risposta dell'autorità giudiziaria requirente dello Stato emittente, ben prima del termine finale indicato da questa Corte per la ricezione delle determinazioni richieste e di ogni eventuale informazione sopravvenuta. Sabato 23.03.2024, nel termine prescritto, la difesa ha depositato una memoria. Lunedì 25.03.2024 il Ministero della Giustizia ha eseguito la comunicazione a Eurojust (m_dg.DAG.25**6.U). Eurojust ha aperto la procedura di cooperazione "I**AI SM: rif. Min. 3**23 El del 25.03.2024".
Ragioni di fatto e di diritto
I. Si ritiene la propria competenza territoriale ex articolo 5, comma 2 legge 69/2005, poiché la persona arrestata ha in questo Distretto la propria residenza in MILANO, **
II. La persona attinta dal mandato d'arresto europeo non è protetta da alcuna immunità, ai sensi dell'articolo 17, comma 3 legge 69/2005.
III. Avuto riguardo alle informazioni di cui all'articolo 6, comma I legge 69/2005, si tratta di mandato d'arresto europeo processuale, poiché il titolo detentivo è dato da un mandato d'arresto, emesso il giorno 30.10.2023 dal pubblico ministero metropolitano di BUDAPEST nel procedimento con identificativo N***4-XIV (lettera C). La persona richiesta è di nazionalità italiana (lettera A). Ciascun reato a cui si riferisce il mandato d'arresto europeo è delineato, quanto alla sua natura e qualificazione giuridica, nei termini indicati nell'intestazione della presente sentenza (lettera D).
Il tempo, il luogo, il grado di partecipazione della persona richiesta e le circostanze dei tre commessi reati, a danno di altrettante distinte persone offese, sono descritti nel mandato d'arresto europeo (lettera E), alla cui lettura si rinvia, in coerenza con quanto tradotto alla persona richiesta in occasione dell'interrogatorio anteriore alla convalida del suo arresto sulla base delle più sintetiche indicazioni contenute nel formulario utilizzato ai fini della cooperazione di polizia, che qui si riporta:
"il 2017 **e sua compagna ** hanno stabilito una organizzazione in Lipsia con /a finalità di attaccare e assaltare delle persone, quelli che sono della propaganda di estrema destra e che anche appoggiano i militanti fascisti o di ideologia nazista, questa organizzazione con l'utilizzo di strumenti idonei a causare pericolo di vita ha praticato insieme la sua strategia di attacco.
Membri di questa organizzazione insie1ne con membri di 1111 movimento anarchista di Milano arrivati a Budapest il 10/02/2023 hanno organizzato I'a/lacco per colpire le persone di estrema destra che erano membri del Day of Honour (Tag der Ehre) e l'assedio di Budapest del giorno 11/02/1945. li 10/02/2023 alle ore 11.55 WP e altri 7 di questo gruppo hanno visto la vilfima a Budapest, hanno osservalo i vestiti della vii/ima e lo zaino, erano certi che la vi/lima è simpatizzante de 'ideologia di estrema destra. Hanno iniziato a seguirlo. Un complice ha chiesto alla viliima se si era organizzato a/are parie de 'escursione organizzala in memoria della caduta dei soldati tedeschi e ungheresi che erano morii ammazzati dai sovietici. La vittima ha rfaposto che lui non poteva andare però alcuni amici sarebbero andati lì. Allora il gruppo ha deciso di auaccare la vi/lima. Uno di loro ha colpilo da dietro la vittima alla tesla con una asta telescopica per ben -I volte. La vittima ha cercalo di scappare però è caduto. Il gruppo l'ha circondalo e ha iniziato a colpirlo e calciarlo. Alcuni membri del gruppo continuavano a spingere la vittima a terra, quindi non era in grado di alzarsi. L'attacco è durato circa 30 secondi. Uno di loro ha spruzzato la vittima con il gas lacrimogeno ed è scappato. La vittima ha riportato serie ferite con ro/lura di 3 costole e aveva anche parecchi lividi sul torso e sulla testa. Il gas ha lesionato la cornea. Considerando il tempo dell'aggressione e il metodo dell'assalto, è stato solo per caso che la vi/lima non ha sofferto alcun pericolo di vita, specialmente tenendo conto delle lesioni sulla testa. Il telefono della vittima era danneggiato.
Lo stesso giorno verso le ore 22 di sera, WP e 1O membri dell'organizzazione (con il fondatore J**)) si trovavano in un pub per un evento privato di simpatizzanti di estrema destra. Verso le ore 23 il gruppo si divide in 2 piccoli gruppi. WP e 5 membri iniziano a seguire 2 cittadini tedeschi dal pub fino alla loro abitazione. Mentre le vittime stavano cercando i codici per aprire il cancello il gruppo le ha attaccate e hanno iniziato a picchiare le vittime con una asta telescopica e un martello di gomma mirando alla tesla e alle gambe. Dopo 30 secondi, gli autori spruzzano la vittima con il gas lacrimogeno, poi scappano. Le vittime hanno riportato parecchi lividi sulla testa e sulle gambe. Queste lesioni erano leggere riguardo al metodo. Gli utensili erano stati usati dagli autori mirati su parli del corpo, erano diretti a essere dannosi per causare serie lesioni o pericolo di vita."
La pena edittale prevista nello Stato Emittente oscilla tra un minimo non precisato e 16 anni di reclusione (lettera F), poiché l'ordinamento dello Stato emittente prevede una fattispecie incriminatrice apposita per le "lesioni potenzialmente letali".
IV.I. Ciascun fatto al quale si riferisce il titolo detentivo oggetto del mandato d'arresto europeo è previsto come reato anche nell'ordinamento italiano.
I delitti dolosi di lesioni personali sono previsti e puniti in Italia dall'articolo 582 c.p., con editto da 6 mesi a 3 anni di reclusione, e nello Stato emittente dall'articolo 164, comma 8 capoverso I c.p., con pena detentiva non inferiore, nel suo massimo edittale, a 12 mesi, bensì compresa tra un minimo edittale di 2 anni e un massimo edittale di 8 anni di reclusione. Infatti, l'articolo IO c.p. ungherese prevede per i delitti tentati la stessa pena dei corrispondenti delitti consumati. La procedibilità a querela della persona offesa, prevista in Italia per le lesioni con malattia non superiore a 40 giorni, non inficia la configurabilità della doppia incriminazione, nozione questa che ha riguardo alla comminatoria legale e non alla punibilità in concreto.
La partecipazione a un'organizzazione criminale comporta nell'ordinamento dello Stato emittente, ai sensi dell'articolo 91, comma 1 c.p., il raddoppio del massimo edittale, che ascende così a 16 anni di reclusione, fermo restando il minimo edittale di 2 anni di reclusione. La nozione di organizzazione criminale nell'ordinamento dello Stato emittente è ivi delineata dall'articolo 459, comma I punto I c.p., che definisce l'organizzazione criminale come "gruppo composto da almeno tre persone, organizzato gerarchicamente, per un periodo piuttosto lungo, funzionante in modo cospirativo, il cui scopo è la commissione di reati intenzionali per i quali la pena è la reclusione di cinque o più anni". Tale definizione presenta significative aderenze con quella dell'associazione per delinquere delineata nell'articolo 416 c.p. Anche tale fattispecie incriminatrice italiana prevede un numero legale pari a tre persone, un elemento organizzativo, una finalizzazione alla commissione di reati, nonché connotati di stabilità del gruppo e indeterminatezza del progetto criminoso, che presentano similarità logico - giuridica con le note descrittive del "funzionamento cospirativo" e del "periodo piuttosto lungo" presenti nella disposizione incriminatrice ungherese.
TV.2. Inoltre, poiché nello Stato emittente si procede per reati puniti con pena privativa della libertà personale per durata il cui massimo edittale non è inferiore a 3 anni, è rilevante osservare che le fattispecie incrirninatrici contestate nel mandato d'arresto europeo di natura processuale a carico della persona richiesta rientrano nel catalogo di cui all'articolo 2 (2) decisione quadro 2002/584/GAI, richiamata dall'articolo 8, comma 1 legge 69/2005.
Ln particolare, la sopra riportata nozione di "organizzazione criminale" di cui all'articolo 459, comma 1 punto 1 c.p. ungherese rientra nella categoria di "partecipazione a un'organizzazione criminale", cui fa riferimento il primo alinea del catalogo in parola.
Nel quattordicesimo alinea di tale catalogo, che prevede non solo l'omicidio volontario, ma anche le "lesioni personali gravi", rientra certamente la disposizione incriminatrice contestata alla persona richiesta, che si compone della generale definizione del delitto di lesioni come offesa "all'integrità fisica o alla salute di una persona", ex articolo 164, comma 1 c.p. ungherese, e della nota qualificante del carattere "potenzialmente letale" della lesione personale.
La persona richiesta è cittadina italiana ma non risulta che ignorasse incolpevolmente ciascuna previsione normativa dello Stato emittente: trattasi infatti di previsioni normative basilari, corrispondenti a elementari norme di convivenza.
Conseguentemente, ricorrono congiuntamente i presupposti per la consegna che sono previsti, peraltro in via anche solo alternativa, dall'articolo 7 e dall'articolo 8 legge 69/2005.
V. Esulano le ipotesi di rigetto della consegna previste dall'articolo 18-bis, comma 2 e dall'articolo 18-ter legge 69/2005, da leggersi in congiunzione con l'articolo 6, comma I-bis stessa legge, poiché il mandato d'arresto europeo non ha natura esecutiva, bensi processuale, nel senso che a carico della persona richiesta per i fatti oggetto del mandato d'arresto europeo sussiste non una sentenza esecutiva, bensì un mandato d'arresto interno emesso da un'autorità giudiziaria dello Stato emittenteex articolo I, comma 3 legge 69/2005.
Non si configura alcun motivo di rifiuto dell'esecuzione del mandato d'arresto europeo, né obbligatorio, né facoltativo, ai sensi degli articoli 18, 18-bis, lettere A, B legge 69/2005.
Infatti, non vi sono leggi di amnistia applicabili ai tre fatti di lesioni dolose commesse il 10.02.2023; nei confronti della persona richiesta, maggiorenne al tempo dei fatti, non sono stati emessi in Italia sentenze o decreti penali irrevocabili, né sentenze di non luogo a procedere non più soggette a impugnazione. Non constano sentenze emesse nei confronti della persona richiesta, tantorneno per gli stessi fatti, in altro Stato membro dell'Unione Europea.
Non consta litispendenza e il mandato di arresto europeo riguarda reati che anche dalla legge italiana sono considerati totalmente esterni al suo territorio e ai luoghi assimilati al suo territorio, poiché si tratta al contrario di reati commessi nel territorio dello Stato emittente.
VI.I. Ai sensi dell'articolo I, comma 3-bis legge 69/2005 non consta che nei confronti dello Stato emittente il Consiglio dell'Unione europea abbia sospeso l'attuazione del meccanismo del mandato diarresto europeo per grave e persistente violazione dei princìpi sanciti all'articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull'Unione europea ai sensi del punto (10) dei consideranda del preambolo della decisione quadro. Non ricorre pertanto il divieto di esecuzione del mandato di arresto europeo dettato dall'articolo 1, comma 3-ter legge 69/2005.
Cionondimeno, la Corte è officiata di dare applicazione all'articolo 2 legge 69/2005, che nel suo testo novellato dall'articolo 2, comma I d.lgs. 10/2021, vigente dal 05.02.2021, recita quanto segue: "L'esecuzione del mandato di arresto europeo non può, in alcun caso, comportare una violazione dei principi supremi dell'ordine costituzionale dello Stato o dei diritti inalienabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, dei dirilti fondamentali e dei fondamentali principi giuridici sanciti dall'articolo 6 del trattato sull'Unione europea o dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione per lasalvaguardia dei dirilti dell'uomo e delle libertàfondamentali,firmata a Roma il 4 novembre 1950, resa esecutiva dalla legge 4 agosto 1955, n. 848, e dai Protocolli addizionali alla stessa". Tale disposizione si pone in linea di continuità normativa con il previgente articolo 18, comma 1, lettera H della stessa legge 22 aprile 2005, n. 69, abrogato dall'art. 12 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 1O. Come tale previgente e più specifica disposizione, tuttora il novellato art. 2 della predetta legge comporta il doveroso "rifiuto della consegna, ove sussista il rischio di sottoposizione delconsegnando a trattamenti inumani o degradanti", se tale rischio non sia stato dissipato dagli "accertamenti integrativi volti a verificare le condizioni di detenzione" (Cass. 14/04/2021 Cc. - dep.15/04/2021, n. 14220). Il rifiuto, ove pronunciato, deve intendersi "allo stato degli atti" (Cass. 08/11/2023 Cc. - dep. 09/11/2023, n. 45291).
Tale norma statale, nelle sue citate e univoche interpretazioni della Suprema Corte cli Cassazione, traspone e recepisce nell'ordinamento interno, come parametro di giudizio, i diritti fondamentali per come interpretati dalla giurisprudenza della Corte Europea dei diritti umani.
Lo Stato d'esecuzione ha d'altronde il dovere, non solo verso l'Unione Europea ai sensi degli articoli 1, 4 Carta dei diritti fondamentali, ma anche verso gli ulteriori Stati aderenti alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti umani ai sensi del suo articolo 3, di garantire che la persona destinataria dal mandatod'arresto europeo non sarà soggetta né a tortura, né a trattamenti inumani, né a trattamenti degradanti, poiché tali divieti hanno natura assoluta su base internazional pubblicistica (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, decisioni C-220/18 PPU ML (168), C- 128/18 Dumitru-Tudor Dorobantu (169), C 220/18 PPU, ECLI:EU:C:2018:589).
Al rigetto della consegna può, peraltro, farsi luogo solo nella compresenza di due presupposti: l'esistenza di comprovate criticità nel sistema penitenziario dello Stato emittente, che diano luogo a un rischio reale di trattamenti inumani o degradanti o grave pregiudizio di altri diritti fondamentali; l'esistenza di una comprovata potenziale incidenza di tali criticità sulla situazione della persona richiesta, in concreto (Corte di Giustizia dell'Uniòne Europea, Grande Sezione, 5 aprile 2016, cause riunite C-404/15 e C-659/15, Pal Aranyosi e Robert Càldararu, Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Grande Sezione, 18 aprile 2023, causa C-699/21 EDL). Tale duplice valutazione va svolta tenendo conto che in linea di principio è dovere dell'autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione, ai sensi dell'articolo 1 decisione quadro 2002/584/GAI, dare esecuzione a qualunque mandato d'arresto europeo sulla base del principio di mutuo riconoscimento ove ricorrano i presupposti delineati nella stessa decisione quadro; tale generale principio è fondamentale per la realizzazione di un comune spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia ex articolo 3 Trattato sull'Unione Europea; dimodoché l'interpretazione delle pertinenti norme non può avere per effetto la sistematica creazione invia pretoria di aree di sostanziale impunità all'interno delle Frontiere dell'Unione Europea, tantomeno su base nazionale.
A fronte dell'allegazione di legittime preoccupazioni di possibili violazioni di diritti fondamentali, l'autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione ha tra l'altro i compiti, non alternativi bensl cumulativi, sia di apprezzare la fondatezza dei timori sui rischi di privazione dell'interessato dei diritti fondamentali, sia di cooperare lealmente ex articolo 4 (3) del Trattato dell'Unione Europea con le autorità dello Stato emittente (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, decisione C-158/21 Puig Gordi e altri, ECLI:EU:C:2023:57), al fine di stabilire se siano applicabili altri strumenti di cooperazione giudiziaria in materia penale, alternativi al mandato di arresto europeo (Commissione Europea, Manuale sull'emissione ed esecuzione di un mandato d'arresto europeo, 17.11.2023, C(2023) 7782 finale, capitoli 4.4., 5.7, 5.8).
VI.2. Con l'ordinanza 12.12.2023, sopra sunteggiata nell'esposizionedello svolgimento del processo, questa Corte ha adempiuto quello che la giurisprudenza di legittimità nazionale hadefinito come "onere di richiedere informazioni integrative allo Stato emittente, tese aconoscere il trattamento penitenziario cui il consegnando sarà in concreto sottoposto", onere che sorge "in presenza di una situazione di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti durante il regime detentivo, attestata da fonti internazionali affidabili"(Cass. 16/11/2022 Cc. - dep. 18/11/2022, n. 44015).
Nella seconda ordinanza interlocutoria, questa Corte ha indicato un termine ultimo non solo per la comunicazione delle determinazioni dell'autorità giudiziaria dello Stato emittente in ordine alla possibilità di ricorrere a strumenti di cooperazione differenti e meno intensamentelimitativi della libertà personale rispetto al mandato d'arresto europeo, ma anche per laricezione di ogni eventuale ulteriore informazione.
Al momento di svolgimento della presente camera di consiglio, ore 14 di oggi 28.03.2024,non risulta ancora pubblicata la relazione della Commissione per la prevenzione per la tortura del Consiglio d'Europa della visita periodica agli stabilimenti di detenzione dell'Ungheria, svoltasi dal 16/05/2023 al 26/05/2023.
Il termine di 180 giorni dall'arresto, di durata massima complessiva della misura cautelare funzionale a garantire la consegna, se dovuta, comporta l'impossibilità di sospendere laconsegna, ciò che comporterebbe una dilazione della procedura, ma non sua la sua definizione.
Non resta allora che apprezzare nel merito, alla luce delle informazioni rese dallo Stato emittente a fronte delle argomentazioni e produzioni difensive, la fondatezza dei timori di reali rischi di privazione dell'interessato dei diritti fondamentali, secondo le coordinate interpretativedelineate dalle sentenze sopra richiamate (d'ora innanzi, per antonomasia, "il rischio").
Nello svolgere tale valutazione, deve tenersi conto della prospettiva temporale implicita nel sistema del mandato d'arresto europeo processuale, che consente allo Stato d'esecuzione per i propri cittadini e residenti ultraquinquennali, quindi appunto a questa Corte nel caso all'odierno esame,.di subordinare l'esecuzione del mandato d'arresto europeo "alla condizione che la persona, dopo essere stata sottoposta al processo, sia rinviata nello Stato italiano per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente applicate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione" (articolo 19, comma 2 legge 69/2005). In sostanza, la valutazione del rischio in esame deve essere parametrata alla prospettiva di una consegna per la sola durata dei gradi di giudizio necessari e sufficienti alla formazione del giudicato, nella prospet1iva di un successivo rinvio del consegnato all'Italia per l'esecuzione della condanna in Patria, oppure dell'ovvio recupero di libertà di movimento in caso di assoluzione.
In sintesi, si tratta in sostanza di valutare se oggi la consegna all'Ungheria della persona richiesta, con lespecificità che la caratterizzano anche in relazione ai fatti delittuosi ascrittile, comporterebbe nel temponecessario a pervenire a un giudicato la sua esposizione a un rischio reale di violazione dei suoi dirittifondamentali. Tale deve intendersi sia il rischio di trattamenti inumani o degradanti, sia il rischio di riduzione significativa della sua aspettativa di vita o di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute (Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Grande Sezione, 18 aprile 2023, causa C-699/21 EDL, Corte Cost. 177/2023, paragrafo 5.5.3).
Vl.3. L'affidabilità delle fonti internazionali che affermano l'esistenza dei rischi in esame non può essere posta in dubbio.
Con Risoluzione (2024/2512(RSP) del 16/1/2024, il Parlamento Europeo ha rinnovato la propria preoccupazione in merito al deterioramento dello Stato di diritto e della situazione dei diritti fondamentali in Ungheria. Ha ritenuto accertato il mancato rispetto dei valori sanciti dall'art. 2 TUEcon particolare riferimento a minoranze, gruppi vulnerabili ed oppositori indipendenti.
Ulteriormente, riguardo alle situazioni delle carceri ungheresi, la documentazione depositata dai difensori comprende aggiornate informazioni redatte dall'organizzazione non governativa per la protezione dei diritti umani Comitato Helsinki ungherese, nonché il riferimento alle molte sentenze di condanna della Corte Europea dei Dirit1i Umani relative a casi di detenzione in vari istituti di penaungheresi, e ancora la relazione pubblicata più recente della Commissione per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa (d'ora innanzi indicata con il suo notorio acronimo, CPT), inerente allavisita svolta dal 20 al 29 novembre 2018 presso le carceri di Budapest e di Szeged.
Vl.4. Il sovraffollamento delle carceri ungheresi è stato constatato dal CPT nella visita del 2018 e segnalato come elemento problematico.
Il Rapporto segnala che le autorità ungheresi sembrano essersi attivate per affrontare l'annosa questione del sovraffollamento carcerario e delle sue conseguenze negative sulla vita quotidiana dei detenuti. La questione è stata esaminata da altri organismi negli ultimi anni ed in particolare dalla Corte europea per i diritti dell'Uomo. Sebbene questo problema non fosse oggetto di attenzione durante la visitaperiodica del 2018, i rappresentanti del governo ungherese e i direttori delle carceri si sono incontrati con la delegazione mostrando una forte determinazione nel raggiungere in futuro l'obiettivo di "zero afTollamento" nelle carceri, dato che al tempo stesso attesta l'esistenza del problema al tempo dell'ultima visita del CPT la cui relazione è pubblica. L'autorità giudiziaria dell'esecuzione, peraltro,non può escludere l'esistenza di un rischio reale di trattamento inumano o degradante per il solo fatto che nello Stato emittente esistano misure legislative o strutturali destinate a rafforzare il controllo delle condizioni di detenzione (cfr. Commissione Europea, Manuale sull'emissione ed esecuzione di un mandato d'arresto europeo, 17.11.2023, C(2023) 7782 finale, capitolo 5.7.1.3); analogaconsiderazione non può che essere svolta rispetto alla prospettazione di future migliorie strutturali.
li dato del sovraffollamento constatato dal CPT nel 2018 risulta particolarmente significativo nel momento in cui l'Ungheria emerge tuttora tra i Paesi con il più alto tasso di detenuti in rapporto alla popolazione (cfr. Università di Losanna, Prisons and Prlsoners in Europe 2022: Key Findings ofthe SPACE I survey, patrocinato dal Consiglio d'Europa, aggiornato al 26/6/2023).
Secondo l'organizzazione non governativa Comitato Helsinki ungherese per i diritti umani, in un recente rapporto inviato al Consiglio d'Europa, la condizione del sovraffollamento carcerario e delle carceri ungheresi rimane allarmante nonostante le numerose condanne della Corte europea per i Diritti dell'Uomo (Hungarian Helsinki Commillee - comunicazione del 17/12/2023).
Vl.5. Sono emerse altre carenze di rilievo accertate dalla visita del 2018 come il supporto del personale sanitario e la somministrazione di esami strumentali, in particolare dopo episodi di violenza tra detenuti o da parte del personale penitenziario (p. 49).
Nei casi trattati della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (a titolo di esempio Corte EDU Casi: Tamàsi e altri contro Ungheria del 7/1/2016; Balogh e altri contro Ungheria, del 10/12/2015; Polàr e altri contro Ungheria 10/12/2015; Varga e altri contro Ungheria, 10/3/2015; Ligeti e altri contro Ungheria del 10/12/2015), le condizioni dei diversi istituti penitenziari ungheresi mostravano rilevanti carenze nei servizi essenziali.
Solo per citare alcuni elementi paradigmatici: latrina non separata dalla cella (ricorrente Balogh), infestazione di insetti e acqua solamente fredda (ricorrente Toth), doccia una sola volta alla settimana, insufficienza di luce naturale (r. Pataki), cimici (r. Nagy), numero insufficiente di letti per cella (r. Zuchlag).
La carenza sistemica qui in esame risulta particolarmente impattante nel caso concreto, alla luce delle caratteristiche personologiche del soggetto richiesto in consegna.
Si tratta di un giovane dotato di fissa dimora, lavoratore regolarmente occupato, totalmente sconosciuto ai penitenziari italiani e che non consta avere mai avuto non solo pregresse esperienze carcerarie, ma anche pregressi problemi con la giustizia; risulta positivamente la sua incensuratezza. Egli si è sempre presentato in udienza in buon ordine, puntualissimo e con contegno riservato e cortese.
Alla luce delle condizioni nelle quali egli si è sempre presentato all'autorità giudiziaria, vi è ragione di ritenere che un inserimento della persona richiesta in un ambiente di vita, ancorché temporaneo, caratterizzato da condizioni igieniche sensibilmente carenti sarebbe da lui percepita come particolarmente degradante e comporterebbe un rischio reale d'impatto sensibile sulle sue condizioni psichiche.
Vl.6. Quanto alla lingua, inoltre, la persona richiesta non parla altre lingue diverse dall'italiano (cfr.verbale di identificazione del 21/11/2023).
Egli si troverebbe ad affrontare gravi carenze comunicative con gli altri detenuti ed il personale penitenziario, con la grave conseguenza di non poter affrontare anche basilari esigenze di vita quotidiana. Non emergono infatti dalle informazioni dello Stato emittente indicazioni circa le possibilità formative e di lingua locale offerte ai detenuti, né alcun ausilio a questo fine come invece previsto ai punti 7 e 8 della Raccomandazione CM/Rec(2012)12 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri sui detenuti stranieri.
Vl.7. Ulteriormente, nell'isolamento che il consegnando si troverebbe pertanto di fatto a subire, risulta necessario valutare l'eventuale rischio di violazione dell'art. 8 della Carta europea dei diritti fondamenta Ii.
In questo caso, in primo luogo non figura nelle informazioni rese dallo Stato emittente alcuna regolamentazione relativa alla certezza di accesso a visite e colloqui familiari, nonché la garanzia di non-interferenza nella vita familiare.
Secondariamente, la lontananza e la segregazione dell'interessato in luogo distante da quello del radicamento, senza certezza di regolare possibilità di visite almeno familiari, potrebbe prospettare ungrave pregiudizio per la vita privata e lo sviluppo della personalità del consegnando.
YI.8. Nemmeno risultano, nelle informazioni dello Stato emittente, le effettive misure di precauzione delle violenze all'interno del carcere tra detenuti e la capacità della loro gestione.
Sulla base delle stesse emergenze processuali e in particolare dell'indole dei reati di cui il soggetto richiesto è indiziato, non ci si può esimere dal constatare che il consegnando potrebbe essere percepito, quantomeno sul piano dell'apparenza, come parte di una minoranza d'opinione interessata da conflittualità particolarmente intense, come emerge dai casi di denunciate attività delittuose relative a reati d'odio e azioni violente ed intimidatorie di gruppi estremisti di segno opposto (European Parliament, Study on Right-wings extremism in EU, May 2022). Anche sotto taleprofilo, dunque, emerge una particolare vulnerabilità del soggetto richiesto nel caso in cui egli fosseconsegnato allo Stato emittente, quandanche in via temporanea e per un processo di durata ragionevole.
Yl.9. A fronte di tutto quanto precede, non rassicura la consapevole scelta dello Stato emittente di non fornire informazioni sull'istituto di pena nel quale l'indagato sarebbe tenuto in detenzione.
Seguendo le indicazioni della Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE, Grande Sezione, Causa C-220/18 del 25/7/2018) in tema di esecuzione del mandato d'arresto europeo, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione, qualora disponga di elementi comprovanti l'esistenza di carenze sistemiche ogeneralizzate delle condizioni di detenzione all'interno degli istituti penitenziari dello Stato membro emittente, dei quali compete al giudice del rinvio verificare l'esattezza tenendo conto di tutti i dati aggiornati disponibili:
- l'autorità giudiziaria dell'esecuzione non può escludere l'esistenza di un rischio reale che la persona interessata da un mandato d'arresto europeo emesso ai fini dell'esecuzione di una pena privativa della libertà sia oggetto di un trattamento inumano o degradante, per il solo motivo che tale persona disponga, nello Stato membro emittente, di un mezzo di ricorso che le permette di contestare le suecondizioni di detenzione, sebbene l'esistenza di un simile mezzo di ricorso possa essere presa in considerazione da parte della medesima autorità al fine di adottare una decisione sulla consegna della persona interessata;
- l'autorità giudiziaria dell'esecuzione è tenuta unicamente ad esaminare le condizioni di detenzione
negli istituti penitenziari nei quali è probabile, secondo le informazioni a sua disposizione, che la suddetta persona sarà detenuta, anche in via temporanea o transitoria;
- l'autorità giudiziaria dell'esecuzione deve verificare, a tal fine, solo le condizioni di detenzione concrete e precise della persona interessata che siano rilevanti al fine di stabilire se essa correrà un rischio reale di trattamento inumano o degradante.
A fronte della necessità di tale valutazione individualizzata, l'Amministrazione penitenziaria ungherese ha affermato l'irrilevanza dceòli'individuazione dcli'istituto, o degli istituti carcerari ove la persona richiesta potrebbe essere reclusa in attesa della definizione del giudizio penale. Ha infatti affermato: "non è possibile prevedere con chiarezza in quale istituto penitenziario ungherese verrà inserito per la prima volta il detenuto consegnato, lullavia, tenuto conto quanto sopra, non ha nemmenorilevanza. [..] In caso di esecuzione di una pena detentiva sarà possibile collocare il detenuto secondo la capienza dei posti disponibili", in quanto lo Stato emittente aderisce e integra nelleprevisioni nazionali la "Convenzione europea sui diritti dell'uomo, dalla raccomandazione delleNazioni Unite sulle linee guida minime per il tra/lamento umano delle persone arrestate, nonché dalla raccomanclazione n. R/200612 del Consiglio d'Europa sulle regole penitenziarie europee".
Tali previsioni, ancorché dichiarative della confom1ità delle disposizioni interne in merito al trattamento carcerario, non possono supplire alla verifica concreta delle materiali condizioni di detenzione specificamente previste per la persona richiesta.
In sintesi, manca l'indicazione individualiu.-ata dei luoghi ove la persona richiesta, se consegnata, potrebbe essere detenuta in attesa del giudicato penale e ciò impedisce alla Corte la necessaria concreta ed attuale valutazione critica, sulla base delle restanti fonti di prova acquisite al processo,delle informazioni rese dallo Stato emittente circa le condizioni detentive che attingerebbero individualmente la persona richiesta, se consegnata.
Né può postularsi, nella sistematica del mandato d'arresto europeo, che le informazioni rese dallo Stato emittente siano sottratte al sindacato giurisdizionale dello Stato d'esecuzione: diversamente dal distinto strumento di cooperazione dato dall'estradizione, nel quale lo Stato richiedente fornisce garanzie o assicurazioni, nel mandato d'arresto europeo lo Stato emittente fornisce appunto"informazioni", oltre a poter comunicare le proprie eventuali determinazioni in ordine alla revoca del mandato d'arresto europeo con ricorso ad altro strumento di cooperazione, meno intensan1ente limitativo della libertà personale.
VI. IO. La gravità dei rischi illustrati va apprezzata alla luce della potenziale durata non breve del processo a carico della persona richiesta.
I fatti sono descritti come relativamente complessi, sia per la peculiarità degli elementi di contesto e circostanziali, astrattamente passibili di dover essere accertati a fini di pena, sia ancor prima per la complessità degli accertamenti necessari a sussumere la condotta dell'indagato come apporto partecipativo diretto, quale ca-autore del reato, oppure come complicità, nelle varie forme che il concorso morale può assumere.
È dunque ragionevole ritenere che i vari gradi di giudizio necessari a pervenire a un giudicato in un ordinamento improntato al principio del giusto processo siano, seppure di durata ragionevole, tutt'altro che brevi, comunque nel complessivo ordine di grandezza di uno o più anni.
Non può pertanto ritenersi che l'apposizione della condizione di cui all'articolo 19, comma 2 legge 69/2005 sia tale da prevenire, o diminuire al di sotto della soglia rilevante ai presenti fini, il reale rischio che il soggetto richiesto in consegna sia, se consegnato, leso in uno o più suoi diritti fondamentali. Infatti, più concorrenti ragioni inducono a ritenere serio e reale il rischio che una misura privativa della libertà ed eseguita in un imprecisato carcere dello Stato emittente, Stato diverso da quello di residenza e cittadinanza del richiesto, possa comportare a suo carico trattamenti degradanti o possa nuocere alla sua vita e alla sua salute psichica in vista della sua capacità, qualora condannato, di risocializzazione.
VII. Neppure può valutarsi positivamente, in attualità, la ricorrenza della proporzionalità al ricorso al mandato d'arresto europeo.
Ai sensi dell'art. 5 della Convenzione per i Diritti Umani e delle disposizioni della Corte di Lussemburgo, letti alla luce del principio di proporzionalità (ex multis, Corte di Giustizia dell'Unione Europea, sentenza Butkevicius c. Lituania del 23.6.2002; fd., sentenza Stasaitis c. Lituania, del21.3.2002,) è necessario che la misura cautelare sia ponderata con i criteri di grado e intensità considerando ad esempio la durata e gli effetti che tale restrizione di libertà produce o può produrre (Corte di Giustizia dell'Unione Europea 6.11.1980, Guizzardi c. Italia).
Come illustrato, il soggetto richiesto è incensurato e di giovane età; nel non brevissimo corso di questo procedimento, ommi pendente da 129 giorni, ha tenuto un comportamento probo e leale, come risulta dalla correttezza dell'esecuzione degli arresti domiciliari e dei divieti imposti da questa Corte, pur molto restrittivi della sua libertà di comunicazione per l'evidente necessità di prevenire ogni pericolo di fuga.
Per contro la carcerazione del soggetto richiesto, in Stato estero, per una durata che può protrarsi per la Sua legge sino a tre anni, come sopra descritto potrebbe dunque gravare seri pregiudizi alla vita del consegnando.
A tale specifico proposito questa Corte ha interpellato l'autorità giudiziaria procedente nello Stato emittente, con espressa menzione della decisione quadro 2009/829/GAI nella propria ordinanza del 13-2-2024. È infatti confonne al criterio interpretativo della progressività e non discontinuità degli strumenti di cooperazione giudiziaria penale europea l'orientamento interpretativo con cui si afferma che "la misura cautelare degli arresti domiciliari può trovare esecuzione nello Stato membro dell'Unione europea di residenza dell'interessato, perché rientra nell'ambito di applicazione della decisione quadro 2009/829/GAI del Consiglio, del 23 ottobre 2009, sull'applicazione tra gli Stati membri dell'Unione europea del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni sulle "misure alternative alla detenzione cautelare'' e del d.lgs. 15 febbraio 2016, n. 36, recante disposizioni per conformare il diritto interno a tale decisione, trattandosi di misura che rientra nelle ipotesi di cui all'art. 4, lettera C, del citato d.lgs., posto che impone l'obbligo di rimanere in un luogo determinato" (Cass. 03/02/2022 Cc. - dep. 16/03/2022, n. 8864, Cass. 15/09/2021 Cc. - dep. 20/10/2021, n. 37739, contra Cass. 29/04/2021 Cc. - dep. 08/07/2021, n. 2601O).
Con nota n. XX**2024, la Procura Generale di Budapest Capitale, Sezione vigilanza indagini, ha risposto sostenendo la persistente necessità dell'applicazione della misura coercitiva nonché dell'esecuzione del mandato di arresto europeo, allo scopo di sottoporre a processo il consegnando.
È il caso di osservare che il principio di proporzionalità, tutelato dagli artt. 6, 7 e 52 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea nonché dagli artt. 5, 8 della CEDU, applicato al mandato d'arresto europeo prevede un bilanciamento tra l'esigenza di sicurezza e punibilità e la tutela dei diritti fondamentali compreso quello della restrizione coercitiva della libertà, in questo in carcere in condizioni potenzialmente rischiose. La stessa Comunicazione della Commissione europea C/2023/1270 del 15.12.2023, sull'emissione del mandato di arresto europeo, ha ricordato quali sono gli strumenti alternativi al mandato d'arresto europeo non esecutivo.
La Risposta estera, interpellata sulla questione, ha negato ogni possibilità di misure coercitive meno afflittive, testualmente affennando che "date le circostanze cospirative altamente organizzate dell'esecuzione e dei preparativi del reato, non si aspetta da ** l'osservanza spontanea delle norn1e che sarebbe condizione fondamentale per l'applicazione di una misura coercitiva meno severa dell'arresto.". Alla base di tale valutazione, in quanto tale non sindacabile dallo Stato di esecuzione, si leggono però affennazioni di fatto di cui la stessa ordinanza interlocutoria adottata da questa Corte aveva, invero, palesato l'inattualità. Ci si riferisce in particolare alla qualificazione della persona richiesta come soggetto di residenza e domicilio ignoti, di cui non constino le fonti di sussistenza e le modalità di vita.
Al contrario, come chiarito negli atti del procedimento e nell'ordinanza interlocutoria del 13.2.2024, il soggetto richiesto risiede e dimora in MILANO, in un immobile residenziale dotato di servizi e utenze e regolarmente e legittimamente detenuto, sito all'indirizzo di esecuzione degli arresti domiciliari, dove era stato agevolmente rinvenuto dalla polizia giudiziaria nella notte dell'arresto all'origine del presente procedimento e dove non sono mai state segnalate violazioni della misura applicatagli. Lungi dal vivere di espedienti o traffici illeciti lucrogenici, egli è incensurato e si è linearmente dichiarato dedito a regolari mansioni esecutive edilizie come addetto all'attività muratoria (verbale dell'udienza del 22.11.2023).
Anche il residuale scrutinio di proporzionalità, dunque, depone a sfavore dell'esecuzione del mandato d'arresto europeo in esame.
Al diniego della consegna consegue la revoca d'ufficio della misura cautelare, per il venire meno del suo titolo.
PER QUESTI MOTIVI
visti gli articoli 2, 17 legge 69/2005,
rigetta la richiesta di consegnare all'Ungheria ** esecuzione del mandato d'arresto europeo con identificativo Schengen H**1 del dì 08.11.2023 emesso dal BUDAI K6ZPONTI KEROLETI BiRÒSÀG.
Revoca ogni misura cautelare adottata a suo carico e ne dispone l'immediata liberazione se non detenuto o ristretto per altra causa.
Dispone la comunicazione della presente sentenza, alla sua irrevocabilità, al Ministero della Giustizia,anche per i seguiti di sua competenza nei confronti delle autorità dello Stato emittente.
Indica la custodia preventivamente sofferta in Italia nella durata, a oggi, di giorni 129. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Lettura della motivazione contestuale in udienza ai sensi dell'art. 17, comma 6 legge 69/2005.
Milano, 28.03.2024.
Presidente Monica Fagnoni
Consigliere estensore Stefano Caramellino