Testimoni sentono le offese verso pubblici ufficiali, ma non basta perchè ci sia reato: i profili della "presenza" e della "possibilità di udire" le frasi offensive sono distinti e non sovrapponibili, dovendosi ritenere che, stante il divieto di analogia in malam partem, il requisito della "presenza" non può essere surrogato dalla mera possibilità che le frasi offensive siano udite da terzi.
L'offensività della condotta consiste nel fatto che, solo se l'offesa è pronunciata "in presenza" di più persone, si realizza quella lesione dell'onore della pubblica amministrazione comportante un aggravio delle condizioni in cui l'agente è chiamato a svolgere la propria funzione. Deve ulteriormente precisarsi che per la configurabilità del reato non è richiesto che i testi debbano trovarsi nel medesimo luogo ove si realizza la condotta delittuosa, essendo sufficiente accertarne la presenza in un luogo contiguo, aperto e visibile agli operanti, in modo tale da potersi affermare che, nel momento in cui i predetti sono oggetto delle offese, questi abbiano la consapevolezza che la condotta è realizzata alla presenza di terze persone. A mero titolo esemplificativo, pertanto, può ritenersi sufficiente a far ritenere integrata la condotta di reato anche la presenza di terzi che assistano al fatto rimanendo in luoghi di privata dimora, purché ciò non impedisca la percezione della loro presenza (si pensi al caso in cui i terzi si trovino su un balcone affacciato sulla pubblica via, ovvero in un cortile dal quale è consentita la diretta visione del luogo ove si svolge il fatto).
Corte di cassazione
sez. VI penale
ud. 4 dicembre 2024 (dep. 27 gennaio 2025), n. 3079
Ritenuto in fatto
1. La Corte di appello confermava la condanna dell'imputato per il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, commesso pronunciando frasi offensive nei confronti egli appartenenti alla Polizia di Stato, intervenuti a richiesta di B.V. ed a causa di una lite con dei vicini di casa, identificati nei coniugi G.-M..
2. Avverso tale sentenza, il ricorrente ha formulato due motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge con riferimento alla previsione dell'art. 341-bis cod. pen., sostenendo che, sulla base delle dichiarazioni rese dai testi G. e M., non era possibile affermare che le frasi offensive fossero state pronunciate alla presenza di più persone, potendosi al più ipotizzare che i testi avessero udito, dall'interno della loro abitazione il vociare concitato proveniente dalla strada.
Si evidenzia, peraltro, che l'intervento degli agenti era avvenuto subito dopo un litigio intercorso tra l'imputato e i predetti coniugi G.-M., il che minerebbe l'attendibilità dei dichiaranti.
In conclusione, difettando la prova della presenza di più persone e non essendo sufficiente il solo fatto che i testi possano aver udito le concitate frasi pronunciate dall'Imputato, non potrebbe ritenersi configurato il reato di cui all'art. 341-bis cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce il vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all'art. 393-bis cod. pen., ovvero della particolare tenuità del fatto. Con l'atto di appello, si era evidenziata la percezione dell'ingiustizia del comportamento assunto dagli agenti che, pur chiamati dal B.V. in relazione alla lite avuta con la vicina di casa, procedevano a chiedergli i documenti, assumendo un atteggiamento percepito come di sfavore nei suoi confronti. Si sottolinea, inoltre, come la modesta entità del fatto ben avrebbe consentito il riconoscimento della particolare tenuità ex art. 131-bis cod. pen.
Su entrambe le richieste la Corte di appello ometteva di motivare.
3. Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente.
2. Il ricorrente sostiene che la sentenza impugnata avrebbe sostanzialmente omesso di valutare la sussistenza di uno dei presupposti del reato di cui all'art. 341-bis cod. pen., consistente nella presenza di più persone nel momento in cui l'imputato profferiva le offese nei confronti dei pubblici ufficiali.
La motivazione resa dalla Corte di appello su tale aspetto è, obiettivamente, carente di specificità.
L'unico dato probatorio relativo all'aspetto controverso è fornito dai coniugi G.-M. che, prima dell'arrivo degli appartenenti alla Polizia di Stato, avevano a loro volta avuto una lite con l'imputato.
Stando alla ricostruzione del fatto contenuta in sentenza, prima si afferma che i predetti testi avrebbero "notato" il B.V. inveire nei confronti dei pubblici ufficiali e, subito dopo, si precisa che i testi avevano udito le offese "dalla loro abitazione".
Sulla base dei sintetici passaggi dedicati alla descrizione dell'accaduto, quindi, sembrerebbe che i testi, nel momento in cui l'imputato poneva in essere la condotta oltraggiosa, non erano "presenti" al fatto, bensì avrebbero udito le frasi restando all'interno della propria abitazione.
2.1. L'accertamento della presenza fisica alla commissione dell'oltraggio è un dato potenzialmente dirimente, stante la consolidata giurisprudenza formatasi sul punto.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all'art. 341-bis cod. pen. è necessaria la prova della presenza di più persone e solo ove risulti accertata tale circostanza sarà sufficiente a far ritenere integrato il reato la mera possibilità della percezione dell'offesa da parte dei presenti (Sez.6, n.29406 del 06/06/2018, Ramondo, Rv. 273466; Sez.6, n. 30136 del 9/6/2021, Leocata, Rv. 281838; Sez.6, n. 6604 del 18/1/2022, Pagliari, Rv. 282999).
La ratio del principio sopra enunciato si coglie appieno considerando che, nel reintrodurre la fattispecie dell'oltraggio a pubblico ufficiale (con legge 15 luglio 2009, n. 94, dopo l'abrogazione operata con legge 25 giugno 1999, n. 205), il legislatore ha modificato la condotta tipica del delitto e, pur mantenendo inalterata la necessaria correlazione fra l'offesa e lo svolgimento delle funzioni del funzionario pubblico, ha richiesto che la frase ingiuriosa offenda congiuntamente «l'onore ed il prestigio del pubblico ufficiale» e che sussista il requisito della "pubblicità", cioè che l'azione si svolga «in luogo pubblico o aperto al pubblico» e «in presenza di più persone». La riformulazione della fattispecie ha comportato la trasformazione della circostanza aggravante delle più persone, contemplata dal previgente art. 341, comma quarto, cod. pen. in un vero e proprio elemento costitutivo della fattispecie.
Sulla base dell'attuale formulazione della norma, la frase oltraggiosa deve offendere congiuntamente «l'onore ed il prestigio del pubblico ufficiale», e quindi sia la dignità personale del pubblico ufficiale correlata alla qualifica, sia la stima e la considerazione che il funzionario pubblico abbia nel contesto sociale. Proprio per tale ragione si giustifica la tutela assicurata ai pubblici ufficiali dalla fattispecie di cui all'art. 341-bis cod. pen., rafforzata rispetto a quella dei comuni cittadini, in considerazione del fatto che l'offesa lede direttamente anche la reputazione della Pubblica Amministrazione.
2.2. Il requisito della "presenza di più persone", diverse dagli operanti, è elemento che deve essere tenuto distinto dalla possibilità che i soggetti presenti possano effettivamente udire le offese.
Ai fini della configurabilità del reato di oltraggio di cui all'art. 341-bis cod. pen. è sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale possano essere udite dai presenti, poiché già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo mentre compie un atto del suo ufficio, facendogli avvertire condizioni avverse, per lui e per l'amministrazione di cui fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie (Sez.6, n. 19010 del 28/3/2017, Trombetta, Rv. 269828; Sez.6, n. 15440 del 17/3/2016, Saad, Rv. 266546).
Si tratta di affermazione già elaborata dalla giurisprudenza formatasi, in relazione alla previgente formulazione della norma, relativamente a quella che allora era una circostanza aggravante e ora è elemento costitutivo del reato, secondo la quale non è necessario che le persone presenti sentano effettivamente le parole oltraggiose, bastando che abbiano la possibilità di udirle (Sez. 6, n. 15559 del 07/07/1989, Rv. 182513) o, comunque, di rendersi conto del comportamento oltraggioso (Sez. 6, n. 1223 del 19/11/1980, dep. 1981, Rv. 147653), in quanto la commissione della condotta oltraggiosa alla presenza di più persone è condizione di per sé atta a rendere più impegnativa la prestazione del pubblico ufficiale.
2.3. Sulla base della richiamata elaborazione giurisprudenziale, i contorni del reato in esame devono essere ulteriormente precisati, dovendosi escludere la sussistenza dello stesso qualora le frasi oltraggiose siano state udite da soggetti diversi dagli operanti che, tuttavia, non erano fisicamente presenti all'accadimento.
Il requisito costitutivo della fattispecie è rappresentato dalla commissione della condotta "in presenza di più persone" che, potenzialmente, possano aver udito le frasi oltraggiose, mentre il reato non è configurabile nel caso in cui, pur essendo state le offese udite da più soggetti, questi non erano presenti in loco.
In buona sostanza, i profili della "presenza" e della "possibilità di udire" le frasi offensive sono distinti e non sovrapponibili, dovendosi ritenere che, stante il divieto di analogia in malam partem, il requisito della "presenza" non può essere surrogato dalla mera possibilità che le frasi offensive siano udite da terzi.
A tale conclusione si giunge proprio valorizzando la giurisprudenza sopra richiamata, che individua l'offensività della condotta nel fatto che, solo se l'offesa è pronunciata "in presenza" di più persone, si realizza quella lesione dell'onore della pubblica amministrazione comportante un aggravio delle condizioni in cui l'agente è chiamato a svolgere la propria funzione.
Deve ulteriormente precisarsi che per la configurabilità del reato non è richiesto che i testi debbano trovarsi nel medesimo luogo ove si realizza la condotta delittuosa, essendo sufficiente accertarne la presenza in un luogo contiguo, aperto e visibile agli operanti, in modo tale da potersi affermare che, nel momento in cui i predetti sono oggetto delle offese, questi abbiano la consapevolezza che la condotta è realizzata alla presenza di terze persone.
A mero titolo esemplificativo, pertanto, può ritenersi sufficiente a far ritenere integrata la condotta di reato anche la presenza di terzi che assistano al fatto rimanendo in luoghi di privata dimora, purché ciò non impedisca la percezione della loro presenza (si pensi al caso in cui i terzi si trovino su un balcone affacciato sulla pubblica via, ovvero in un cortile dal quale è consentita la diretta visione del luogo ove si svolge il fatto).
Né a diverse conclusioni può giungersi valorizzando la recente affermazione secondo cui, in tema di oltraggio, la presenza di più persone è integrata anche nei casi di presenza "virtuale", mediante mezzi di comunicazione audio visivi che consentano ai terzi di percepire in diretta (nella specie, in una diretta avviata sul "social network" Instagram) le offese rivolte ai pubblici ufficiali (Sez.6, n. 38772 del 19/09/2024, Mazzei, Rv. 287038). Nella fattispecie esaminata dalla citata pronuncia, infatti, la presenza di terze persone era effettiva ed attuale, pur attuandosi con la peculiare modalità del collegamento ori line su una piattaforma informatica, idonea a garantire l'attualità della presenza di più soggetti in simultaneo collegamento.
3. Applicando i principi sopra richiamati al caso di specie, emerge agevolmente come la sentenza impugnata sovrapponga il profilo della presenza con quello della mera possibilità di percepire le offese.
Nella motivazione, infatti, non si chiarisce se i testi hanno udito le offese mentre si trovavano all'interno della propria abitazione e, quindi, non essendo fisicamente presenti all'accaduto.
Il profilo che dovrà essere riesaminate dal giudice del rinvio, pertanto, attiene all'accertamento dell'elemento della "presenza" fisica dei terzi alla condotta oltraggiosa, dovendosi escludere che a configurare il reato sia sufficiente il mero fatto di aver udito le offese.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d'appello di Perugi