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Tenuità del fatto: verso una giustizia penale riparativa

3 aprile 2015, Nicola Canestrini

Un diritto penale improntato alla necessaria offensività del reato è proprio dei sistemi liberali, in contrapposizione ai regimi autoritari che concepiscono il reato come violazione di un mero dovere di obbedienza alle norme statuali: la particolare tenuità del fatto, lungi da essere una "depenalizzazione", può essere il banco di prova dove sperimentare la giustizia penale riparativa e riconciliativa.

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Il d.lgs. n. 28/2015 (pubblicato sulla G.U. n. 64 del 18 marzo 2015 ed in vigore dal 2 aprile) interviene concretamente nell?amministrazione della giustizia penale, introducendo il concetto di non punibilità per particolare tenuità dei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla pena detentiva.

Principio ispiratore della nuova causa di non punibilità è che «quando l'offesa sia tenue e segua ad un comportamento non abituale [...] lo Stato rinuncerà ad applicare una pena per attuare una tutela risarcitoria e/o restitutoria tipicamente civile», come enunciato nel comunicato del Governo, in chiusura del Consiglio dei Ministri del 12.3.2015, in cui è stato approvato in via definitiva lo schema di decreto legislativo.

L'art. 131 bis, introdotto ex novo nel codice penale, costituisce la norma sostanziale di riferimento. La causa di non punibilità è applicabile ai reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero con pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena detentiva. Ai sensi del 4° co. dell'art. 131 bis, ai fini della determinazione del limite di pena detentiva, non si tiene conto delle circostanze del reato, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale, per le quali comunque non opera il giudizio di bilanciamento ex art. 69.

La causa di non punibilità si applica anche quando la legge prevede, quale circostanza attenuante del reato, la particolare tenuità del danno o del pericolo.

La causa di non punibilità opera, nel rispetto dei limiti di pena ora ricordati, per i casi in cui, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, l'offesa sia di particolare tenuità.

La valutazione giudiziale in ordine alla particolare tenuità dell'offesa deve essere effettuata, per espressa indicazione normativa, sulla base dei parametri inerenti alla gravità del reato di cui al 1° co. dell'art. 133 (modalità dell'azione; gravità del danno o del pericolo; intensità del dolo o grado della colpa).

Sono inoltre individuate, al 2° co., specifiche situazioni in presenza delle quali l'offesa non può mai essere ritenuta di particolare tenuità e che, dunque, precludono anche astrattamente il riconoscimento della causa di non punibilità: l'aver agito per motivi abietti o futili; l'aver agito con crudeltà, anche in danno di animali; l'aver adoperato sevizie; l'aver approfittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa; l'avere la condotta cagionato o l'essere dalla stessa derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.

Ultima condizione per il rinascimento della non punibilità del fatto è che il comportamento dell'agente non sia di tipo abituale. Il 3° co. della norma stabilisce che vi è abitualità quando l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Per quanto riguarda i profili processuali, l'introduzione nel codice penale della nuova causa di non punibilità del fatto ha imposto  alcune modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni in materia di casellario giudiziale e anagrafe delle sanzioni amministrative (D.P.R. 14.11.2002, n. 313).

La sussistenza della causa di non punibilità è inserita, all'art. 411 c.p.p., tra i casi di archiviazione del procedimento, nonché tra le situazioni che impongono la pronuncia di una sentenza predibattimentale di non doversi procedere ai sensi dell'art. 469 c.p.p.

Quanto ai rapporti con il giudizio civile o amministrativo di danno, il decreto introduce un nuovo art. 651 bis c.p.p., rubricato «efficacia della sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel giudizio civile o amministrativo di danno», ai sensi del quale la sentenza penale irrevocabile di proscioglimento per particolare tenuità del fatto pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno; la stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto nel giudizio abbreviato, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito speciale.
Le sentenze di proscioglimento ai sensi dell'art. 131 bis devono essere iscritte per estratto nel casellario giudiziale e sono eliminate trascorsi dieci anni dalla loro pronuncia (artt. 3, 1° co., lett. f, 5, 2° co., lett. d bis, D.P.R. 14.11.2002, n. 313). Tali sentenze non compaiono nel certificate generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesto dall'interessato, ai sensi degli artt. 24, 1° co., lett. f bis, 25, 1° co., lett. f bis, D.P.R. 14.11.2002, n. 313.

Mancando una disciplina transitoria, qualche complessità potrà subentrare per l?applicazione dell?istituto ai giudizi in corso.

Come evidenziato da Giovanni Zaccaro, in "La non punibilità per particolare tenuità del fatto" su Questione giustizia online, 26 febbraio 2015 (http://www.questionegiustizia.it/articolo/la-non-punibilita-per-particolare-tenuita-del-fatto_26-02-2015.php), l?istituto non è una novità nel panorama legislativo italiano.

Già l?art. 27 del dpr 448/88 prevede, nel processo a carico di imputati minorenni, la non punibilità qualora la tenuità del fatto e l?occasionalità della condotta rendano il fatto penalmente irrilevante e l?ulteriore corso del procedimento penale lesivo per le esigenze educative del minore.

In tali casi, il giudizio di tenuità richiede che il fatto sia valutato globalmente, considerando la natura del reato, la pena edittale, l'allarme sociale provocato, la capacità a delinquere, le ragioni che hanno spinto il minore a compiere il reato e le modalità con le quali esso è stato eseguito. L'occasionalità indica, invece, la mancanza di reiterazione di condotte penalmente rilevanti mentre il pregiudizio per le esigenze educative del minore comporta una prognosi negativa in ordine alla prosecuzione del processo, improntato, più che alla repressione, al recupero della devianza del minore. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 32692 del 13/07/2010 dep. 06/09/2010)

L?art. 34 D.L.vo 274/00, nel processo penale innanzi al giudice di pace, prevede l?improcedibilità per la particolare tenuità del fatto, quando l?esiguità del danno o del pericolo che ne è derivato, la sua occasionalità ed il grado di colpevolezza, anche tenuto conto dell?interesse tutelato dalla norma incriminatrice, non giustificano l?esercizio dell?azione penale.

Anche in tale ipotesi, la Suprema Corte pretende una valutazione congiunta degli indici normativamente indicati - esiguità del danno o del pericolo; grado di colpevolezza; occasionalità del fatto - e del fatto concretamente commesso, non potendo essere limitata alla fattispecie astratta di reato (Cass. sez. 5, Sentenza n. 34227 del 07/05/2009 dep. 04/09/2009).

Sono, dunque, evidenti le linee conduttrici per il giudizio di tenuità di un fatto di reato:

  • valutazione globale della vicenda,
  • non decisività dello scarso rilievo economico del danno causato o del lucro cercato a fronte di condotte implicitamente gravi,
  • scrutinio della condotta di vita anteatta al fine di esprimere un giudizio complessivo sulla valutazione del reo,
  • verifica del grado di lesione di tutti i beni giuridici protetti dalla norma incriminatrice .

L?ancoraggio a tali parametri interpretativi, sempre riprendendo testualmente òle riflessioni di Zacaro, cit., consentirà un?equilibrata applicazione del nuovo istituto, senza il lassismo che taluni critici hanno paventato.

Peraltro, non si tratta di una depenalizzazione nè di una normativa ex sè incostituzionale.

Scrive Zaccaro, che perdonerà la chiosa letterale:

"La diffusione di elenchi di reati, ai quali la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto si applicherebbe, ha causato l?erroneo convincimento che il decreto legislativo comporti la loro depenalizzazione: errore cinicamente cavalcato da chi cerca di acquistare consensi elettorali lanciando campagne contro la microcriminalità.

Invece, non si tratta di depenalizzazione e gli elenchi indicano solo i reati, i cui limiti edittali massimi potrebbero consentire l?applicazione dell?istituto.

La differenza è palese: con la depenalizzazione, tutti i reati, a prescindere dalle modalità con le quali in concreto si sono consumati, vengono meno; con la proposta governativa, non sarebbero punibili i reati, sanzionati in astratto nel massimo con la pena di cinque anni di reclusione o con la pena pecuniaria, solo qualora siano in concreto scarsamente offensivi. Nel primo caso, il legislatore stabilisce a priori le condotte che non costituiscono più reato; nel secondo caso, il legislatore attribuisce al giudice il potere di verificare, nel caso concreto, i fatti che non meritano di essere puniti, perché per le loro modalità, per la lievità del danno o del pericolo cagionato, per la loro occasionalità hanno arrecato una offesa troppo lieve per meritare una sanzione penale.

Gli effetti pratici sono di tutta evidenza e militano nel senso di una più attenta politica sanzionatoria.

La pratica giudiziaria dimostra come fatti, astrattamente gravi perché puniti severamente dal legislatore, a volte si manifestano in concreto come di scarsa gravità oppure fatti, astrattamente non gravi perché puniti lievemente dal legislatore, in concreto ledano seriamente il bene giuridico protetto.

Spesso la necessaria depenalizzazione è stata fermata o ridimensionata per gli interventi dei rappresentati degli interessi, tutelati dalle norme incriminatrici da depenalizzare, che hanno dimostrato come, a volte, la sanzione penale sia servita per punire condotte gravi che, in caso di depenalizzazione, non sarebbero più state perseguite.

Questo perché capita che fattispecie, generalmente di poco conto e poco allarme sociale, in qualche caso si manifestino con tale gravità da meritare la sanzione penale. Di qui la pan penalizzazione che impone lo svolgimento di indagini, dibattimenti penali ed eventuali tre gradi di giudizio, con tutto il giusto corollario di garanzie e comunicazioni, anche per vicende che non li meriterebbero, come per esempio la cattiva conservazione di una vivanda, magari mai destinata all?effettiva somministrazione al pubblico, o la realizzazione di un volume abusivo mediante chiusura di una veranda.

Se la proposta governativa venisse approvata, rimarrebbero (come è necessario che sia) le norme penali a presidio della salute degli alimenti o del corretto uso del territorio, ma si potrebbe rinunciare alla punizione nei casi dei piccoli abusi o delle condotte incapaci di ledere in concreto il bene protetto. Ossia esisterebbe sempre una sanzione per chi realizza un capannone industriale abusivo, ma non la si applicherebbe qualora l?abuso consista in una piccola veranda domestica, chiusa senza previo permesso dell?amministrazione competente. O, per utilizzare esempi più vicini alla ?criminalità di strada?, alla quale i critici della norma sembrano essere più attenti, sarebbero sempre reati il furto o lo spaccio di sostanze stupefacente ma non sarebbero punibili se consistessero nell?impossessamento di un accendino del compagno di lavoro o nel ?passare una canna, per un tiro? all?amico maggiorenne e consenziente, durante una festa.

Non è in contrasto con i precetti costituzionali dell?obbligatorietà dell?azione penale o della riserva di legge in materia penale.

Infatti, la riforma non attribuisce alcuna discrezionalità nell?esercizio dell?azione penale del PM. Si tratta, invero, di una causa di non punibilità, prevista dal legislatore, la cui esistenza dovrà essere accertata, su istanza del pm o di ufficio, da un giudice terzo, con decreto motivato (se il PM avrà richiesto l?archiviazione) o con sentenza (all?esito dell?udienza preliminare o nel corso del dibattimento).

Anzi, l?istituto attribuisce dignità al principio, anch?esso di rango costituzionale, di offensività.

Un diritto penale improntato alla necessaria offensività del reato è proprio dei sistemi liberali, in contrapposizione ai regimi autoritari che concepiscono il reato come violazione di un mero dovere di obbedienza alle norme statuali.

La particolare tenuità del fatto, come la messa alla prova, può essere il banco di prova dove sperimentare la giustizia penale riparativa e riconciliativa."

 

 

Cfr. 

  • la circolare della Procura di Trento del 19 marzo 2015 (sub http://www.camerapenaletrento.it/assets/Uploads/Foro-Trentino/tenuita-fatto-procura-tn.pdf)
  • la circolare della Procura di Lanciano (http://www.questionegiustizia.it/articolo/linee-guida-in-materia-di-tenuita-del-fatto_02-04-2015.php)
  • Giovanni Zaccaro, in "La non punibilità per particolare tenuità del fatto" su Questione giustizia online, 26 febbraio 2015 (http://www.questionegiustizia.it/articolo/la-non-punibilita-per-particolare-tenuita-del-fatto_26-02-2015.php)