Il sequestro preventivo c.d. impeditivo può essere disposto in presenza del duplice presupposto fattuale del rapporto di pertinenza della cosa con il reato e del concreto pericolo che la sua disponibilità possa aggravarne o protrarne le conseguenze ovvero possa agevolare la commissione di altri reati. In difetto del riconoscimento di un vincolo pertinenziale, il vincolo non può dunque essere disposto in base alla mera supposizione che la cosa potrebbe essere utilizzata per commettere un reato.
Va ulteriormente chiarito, con riguardo al primo dei menzionati presupposti, che laddove - come nella specie - si tratti di denaro, la misura cautelare può essere applicata nei limiti in cui risulti accertato che esso costituisca il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, oppure sia servito a commetterlo, ovvero sia concretamente destinato alla commissione dello stesso
Cassazione penale
sez. III, ud. 10 febbraio 2023 (dep. 3 maggio 2023), n. 18271
Presidente Andreazza – Relatore Reynaud
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 4 ottobre 2022, il Tribunale di Ravenna ha rigettato l'istanza di riesame proposta da B.S. , indagato per il reato di coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti, avverso il decreto di sequestro preventivo della somma di Euro 11.740 rinvenuta nella sua abitazione.
2. Avverso detta ordinanza, a mezzo del difensore fiduciario l'indagato ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione dell'art. 325 c.p.p.per apparenza ed incoerenza della motivazione nella parte in cui, da un lato, esclude la sussistenza di un nesso pertinenziale tra il denaro sequestrato ed il reato oggetto di indagine e, d'altro lato, conferma il vincolo sul rilievo che il denaro sarebbe strumentale all'agevolazione della commissione di altri reati. Si lamenta, inoltre, l'omessa motivazione circa la documentata riferibilità del denaro in sequestro all'attività di vendita di prodotti agricoli svolta dall'indagato.
Considerato in diritto
1. Disattendendo, sul punto, la diversa valutazione fatta dal g.i.p., l'ordinanza impugnata ha ritenuto che il denaro sottoposto a sequestro non potesse ritenersi pertinente al reato oggetto di indagine, poiché, essendo state contestate la coltivazione e la detenzione di sostanza stupefacente, non poteva considerarsi quale prodotto o profitto di quel reato. Il Tribunale ha tuttavia confermato il vincolo, condividendo l'altra ratio decidendi spesa nel provvedimento genetico, vale a dire la ricorrenza dei presupposti per il disporre il sequestro impeditivo previsto dall'art. 321, comma 1, c.p.p., affermando che, in relazione all'entità del denaro contante rinvenuto ed al fatto che fosse occultato, in modo inusuale, nel sottotetto dell'abitazione, insieme ad elevate quantità di marijuana essiccata, lo stesso dovesse ritenersi frutto di pregresse cessioni di stupefacente. Tenendo anche conto del fatto che, in sede di interrogatorio, l'indagato aveva dichiarato di aver iniziato la coltivazione della marijuana poiché si trovava in condizioni economiche problematiche, l'ordinanza ha inoltre escluso la fondatezza della tesi difensiva secondo cui quel denaro costituiva il provento di cessioni di prodotti agricoli effettuate dall'indagato nei sei mesi precedenti. Considerando, poi, che la coltivazione delle piante di marijuana in corso era chiaramente giunta al termine del suo ciclo vitale - posto che nella serra erano rimaste solo più cinque piante - il tribunale del riesame ha ritenuto che quel denaro potesse essere a breve impiegato per allestire una nuova coltivazione di stupefacente.
2. Ciò premesso, reputa il Collegio che l'ordinanza impugnata sia illegittima per difetto di motivazione su un elemento essenziale della fattispecie cautelare nella specie ravvisata.
Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il sequestro preventivo c.d. impeditivo può essere disposto in presenza del duplice presupposto fattuale del rapporto di pertinenza della cosa con il reato e del concreto pericolo che la sua disponibilità possa aggravarne o protrarne le conseguenze (Sez. 4, n. 29956 del 14/10/2020, Valentino, Rv. 279716) ovvero possa agevolare la commissione di altri reati. In difetto del riconoscimento di un vincolo pertinenziale, il vincolo non può dunque essere disposto in base alla mera supposizione che la cosa potrebbe essere utilizzata per commettere un reato (cfr. Sez. 5, n. 22612 del 09/02/2010, Trotta, Rv. 247438).
Va ulteriormente chiarito, con riguardo al primo dei menzionati presupposti, che laddove - come nella specie - si tratti di denaro, la misura cautelare può essere applicata nei limiti in cui risulti accertato che esso costituisca il prodotto, il profitto o il prezzo del reato, oppure sia servito a commetterlo, ovvero sia concretamente destinato alla commissione dello stesso (Sez. 6, n. 17997 del 20/03/2018, Bagalà, Rv. 272906).
2.1. L'ordinanza impugnata ha escluso che il denaro fosse prodotto, prezzo o profitto del reato oggetto di indagine, nella duplice condotta ravvisata di detenzione e coltivazione di stupefacente, e non ha individuato alcun altro collegamento pertinenziale rispetto a tali condotte, da ritenersi peraltro cessate col sequestro - di cui il provvedimento dà conto - dello stupefacente, delle piante residue ancora oggetto di coltivazione e della strumentazione a ciò destinata. Censurando la diversa valutazione effettuata dal g.i.p., l'ordinanza addirittura afferma in modo esplicito che va considerato "carente...il nesso di pertinenzialità tra il reato contestato il denaro in sequestro", ipotizzando che lo stesso fosse invece provento di un reato non contestato, vale a dire la pregressa cessione di altre sostanze stupefacenti.
Il Tribunale del riesame ha tuttavia confermato la misura ritenendo sufficiente ravvisare il periculum in mora rispetto all'ipotizzato impiego di quel denaro per una nuova attività criminosa di coltivazione di stupefacenti e, dunque, per un altro reato della stessa specie di quelli per cui si procede.
2.2. Al di là del carattere congetturale di questa ipotesi - in quanto non argomentata col richiamo a concreti elementi acquisiti - è un fatto che l'ordinanza abbia reso motivazione soltanto su uno dei presupposti fattuali del sequestro impeditivo quali più sopra indicati, entrambi invece autonomi e necessari per poter disporre la misura cautelare reale prevista dall'art. 321, comma 1, c.p.p..
In conformità agli orientamenti più sopra richiamati, deve pertanto affermarsi il principio che oggetto di sequestro impeditivo non può essere una qualsiasi cosa pur suscettibile di aggravare o protrarre le conseguenze di un reato ovvero di agevolare la commissione di altri reati, essendo necessario che si tratti, altresì, di una cosa in qualche modo pertinente al reato oggetto di indagine. E anche sulla sussistenza di tale vincolo pertinenziale il giudice del merito cautelare deve rendere effettiva motivazione.
3. L'ordinanza impugnata va conseguentemente annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Ravenna in funzione di giudice del riesame.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Ravenna competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p..