Conversazioni whatsapp e gli sms estratti dall'utenza telefonica sono privi di valore probatorio se prodotti con semplice trascrizione “word” e prive dei supporti informatici nei quali sono presenti le conversazioni: se non è possibile depositare il dispositivo originale, dato che ormai in ambito digitale non esiste più il concetto di “originale” dato che la copia forense di un dispositivo ha la stessa valenza probatoria del dispositivo, è possibile valutare il deposito della copia forense del dispositivo di registrazione così da conferire il valore legale di prova informatica e documentale al suo contenuto (registrazioni, filmati, messaggi SMS o omissis etc…).
Deve aggiungersi, quindi, che oltre al deposito dell'acquisizione forense del contenuto del dispositivo dal quale si possano estrarre le prove informatiche, sia essenziale depositare anche una relazione tecnica forense che attesti la metodologia e strumentazione utilizzata per la copia forense, l'assenza di tracce di alterazione o manipolazione ai dati che dovranno essere utilizzati in giudizio e i criteri con i quali sono stati estratti gli elementi probatori d'interesse come ad esempio i messaggi SMS o omissis registrazioni audio, filmati.
Ciò significa che solo se il deposito viene fatto in modo 'integrale' (quindi con il dispositivo originale o il suo equivalente tramite acquisizione forense certificata) i dati possono essere accettati e utilizzati in giudizio.
(fonte: dirittoegiustizia.it)
Tribunale di Napoli
sez. I Civile, sent., 22 marzo 2024, n. 3236
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato omissis S.r.l. (di seguito omissis, in persona del suo legale pro tempore conveniva in giudizio la omissis S.r.l.s. (di seguito omissis, in persona del suo legale pro tempore, per accertare e dichiarare l'inadempimento contrattuale della convenuta e condannare la società alla restituzione di tutto quanto indebitamente percepito a titolo di compenso per il dedotto rapporto contrattuale pari ad € 7.000,00 e al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, subiti per la perdita di chances seguita all'inadempimento contrattuale, nonché per il danno all'immagine dell'esercizio commerciale ed alla sua attività professionale, da quantificarsi nella complessiva somma di € 18.000,00 o in quella maggiore o minor somma che sarà ritenuta di giustizia, anche in via equitativa.
omissis a sostegno della domanda deduceva che in coincidenza con la fine della stagione turistica (aprile-settembre 2017), nel tentativo di estendere la commercializzazione dei prodotti in vendita anche al mercato on-line, cercando in tal modo di allargare la vendita dei propri prodotti anche a periodi nei quali l'isola di omissis aveva un minore afflusso di turisti (ottobre-marzo), ricercava una società che potesse offrirle consulenza in materia di marketing, comunicazione e social media management, oltre a suggerirle come predisporre un sito internet privato dal quale poter avviare anche la vendita on-line.
Deduceva che avendo ricevuto dalla omissis in data 23 giugno 2017, una preliminare offerta per l'attività di consulenza, marketing e comunicazione, re-branding e social media management, accettava la successiva proposta contrattuale del 14.09.2017 nella quale, molto genericamente, venivano indicati una serie di servizi volti a creare un'identità aziendale on-line più chiara e determinata.
Asseriva che il sito internet era stato consegnato con un ritardo di sette mesi rispetto alla data prevista, nonostante il pagamento regolare di acconti e rate mensili, oltre a compensi extra per attività non previste nell'offerta. Inoltre, eccepiva che l'attività sui social media era stata giudicata insufficiente e non all'altezza dei marchi di prestigio venduti dalla omissis e che si erano evidenziate approssimazione e superficialità nella realizzazione del sito web da parte della omissis rispetto a quanto pattuito.
Inoltre, sosteneva che aveva scoperto che il sito web era basato su un template di omissis molto comune, contrariamente alle aspettative di un prodotto personalizzato. omissis in persona del suo legale pro tempore si costituiva in giudizio ed eccepiva l'infondatezza della domanda.
In particolare, negava gli inadempimenti e chiedeva in riconvenzionale il pagamento di € 25.960,35 per servizi forniti. Deduceva che nonostante la corretta esecuzione di tutte le sue prestazioni, omissis aveva cessato ogni pagamento dal mese di aprile 2018 dopo aver corrisposto l'acconto pattuito e le prime cinque rate del residuo. Dichiarava di aver prodotto 2000 shopping bags al costo di € 1,05 oltre IVA per singolo pezzo, per un totale di € 2.100,00 oltre IVA e che nonostante parte della merce era stata già regolarmente consegnata, parte attrice non aveva corrisposto il pagamento di quanto dovuto.
Pertanto quest'ultima doveva essere condannata al pagamento di € 2.562,00 iva inclusa, per la produzione e la realizzazione di n. 2.000 shopping bags, oltre € 6.612,95 Iva inclusa, comprensivo delle rate già scadute di aprile e maggio 2018, nonché delle rate a scadere di giugno, luglio, agosto e settembre 2018, oltre € 85,40 per l'attività di “sponsorizzazione social” per complessivi € 9.260,35, oltre l'ulteriore somma di € 3.700,00 per le giacenze di materiale ordinato da controparte, nonché l'ulteriore somma di € 25,00 al giorno dovuta, a titolo di deposito, fino all'effettivo ritiro, insieme all'ulteriore somma di € 13.000,00, a titolo di risarcimento di tutti i danni subiti, per perdita di chance, per danno da immagine. Espletata la prova testimoniale, prodotta documentazione varia, precisate le conclusioni, in epigrafe riportate, la causa era riservata in decisione.
Motivi della decisione
Così riassunti i termini della controversia, rileva il Tribunale che la domanda dell'attore è parzialmente fondata per quanto di ragione. Orbene, sul piano probatorio costituisce ius receptum che “nell'azione di adempimento, di risoluzione ed in quella risarcitoria (che hanno in comune l'elemento costitutivo fondamentale del mancato adempimento) il creditore è tenuto soltanto a provare l'esistenza del titolo ma non l'inadempienza dell'obbligato, dovendo essere quest'ultimo a provare di aver adempiuto, salvo che non opponga un eccezione di inadimplenti non est adimplendum, nel qual caso l'altra parte dovrà neutralizzarla provando il proprio adempimento o che la sua obbligazione non era ancora dovuta” (cfr. Cass. 23.5.2001 n.7027; Cass.16324/21). Nel caso di specie parte attrice ha assolto all'onere probatorio sulla stessa incombente, avendo prodotto il contratto intercorrente con la convenuta il omissis con cui la omissis era stata incaricata di fornire una serie di attività di “omissis marketing e comunicazione, rebranding, social media management, web development, Ads campaign”, a fronte delle quali parte attrice si obbligava a corrispondere, la complessiva somma di € 13.250,00 oltre omissis mediante un primo acconto pari al 25% del compenso pattuito e il saldo in n° 11 rate, mensili e consecutive 18.09.2017 e scadenza 18.07.2018.
Passando alla prova dell'adempimento della convenuta degli obblighi contrattuali assunti, si rileva che dalle dichiarazioni rese dal teste di parte convenuta, omissis risulta che fu svolta in parte l'attività oggetto del contratto tanto che nel mese di aprile del 2018 il dominio fu intestato all'attrice che, dopo qualche tempo, cambio le password di accesso impedendo alla convenuta di accedervi ancora. Risulta, inoltre, dalla detta prova che vi fu una contestazione dell'attrice anche in merito alle shop bag realizzate. Il teste infatti afferma “…sottoposi al omissis i progetti relativi al sito omissis e tutto ciò che riguardava l'immagine dell'azienda. Concordammo insieme varie modifiche su vari aspetti… Ci fu tutta una fase test che partì agli inizi di marzo del 2018 ed avvisai il omissis che ci potevano essere problemi di funzionamento che infatti si verificarono. Tali problemi consistevano soprattutto nella configurazione errata di fotografie su alcuni modelli di cellulare. omissis nel mese di aprile del 2018 mi chiese di intestare il dominio alla società ottica omissis cosa che noi facciamo di solito dopo la consegna definitiva del sito. Fino a quel momento il sito resta intestato alla società anche perché tecnicamente ci sono richieste che noi facciamo al provider per intervenire sul sito. In questo caso, invece, intestammo il dominio direttamente all'ottica nella persona della sig. omissis ADR Dopo tale intestazione, furono cambiate le password di accesso al provider per cui noi non potemmo più proseguire nei test e non potemmo più intervenire per risolvere eventuali problemi perché non avevamo le credenziali di accesso…ADR nel mese di marzo inviai all'ottica un prototipo dello shopping bag così che il omissis potesse rendersi conto del prodotto che avrebbe ricevuto ADR dopo l'approvazione del prototipo, consegnammo lo shopping bag ma su richiesta del omissis consegnammo in più volte il prodotto perché il omissis non aveva spazio in magazzino… ADR il omissis alla prima spedizione delle shopping bag mi contestò che le buste non erano come lui le immaginava perché diceva che il colore non gli sembrava quello del prototipo. Gli fece però vedere che corrispondevano i codici colori, dopo di che mi dichiarai disponibile a cambiare il prodotto ma lui non volle dicendomi che andava bene così com'era...”.
Dalle dichiarazioni rese dal teste di parte attrice, omissis è emerso che “…la modifica della password non avvenne immediatamente ma dopo una due settimane dopo svariati solleciti per aggiustarlo e da quel momento la omissis non poté più effettuare correzioni… la omissis mi consegnò già duecento buste in uno scatolone. ADR sul capo 16) non è vero, fu l'omissis a propormelo ed io accettai… preciso che le shopping bags che mi furono consegnate erano di colore diverso da quelle che mi aveva mostrato la omissis e che io avevo richiesto. Non è vero che l'omissis si offrì di cambiarle, mi spiegò solo che il colore scelto riportato su quella carta risultava grigio anziché blu. ADR Ho ordinato circa 1000/1500 buste ma ne ho ricevute solo 200. Non ho richiesto le altre perché non erano del colore che io avevo ordinato…”.
Le disfunzioni del sito progettato dalla convenuta sono state, altresì, confermate anche dal teste omissis indifferente alle parti, che dichiarava “…omissis che nel mese di aprile dell'anno successivo mi trovavo a omissis per un fine settimana e mi recai nuovamente all'ottica omissis In quell'occasione la sig. omissis che lavora presso l'ottica mi regalò un coupon omaggio che potevo utilizzare per avere uno sconto su acquisti on line…omissis a connettermi al sito ma non ci riuscii. Solo dopo qualche settimana riuscii a collegarmi ma non potetti fare nessuno acquisto in quanto quando cercavo di caricare il prodotto nel carrello la funzione non era abilitata…”.
Orbene, dall'esame dei documenti in atti (corrispondenza fra le parti a mezzo e-mail) e delle risultanze dell'istruttoria condotta, emerge prova della sussistenza del rapporto contrattuale in essere tra le parti e dell'effettiva esecuzione delle prestazioni professionali ma non risulta la prova della corretta esecuzione, anzi, dalle dichiarazioni resi dai testi si rileva che il sito non fosse correttamente funzionante.
La convenuta di contro non ha provato la corretta esecuzione dell'incarico che, comunque, fu parzialmente eseguito. A sostegno del proprio adempimento la convenuta produce delle trascrizioni di chat omissis I detti documenti non sono validi ai fini della decisione ed infatti i documenti in formato “word” che riportano delle asserite conversazioni su omissis intercorse tra omissis e omissis sono privi di alcun riferimento circa la provenienza delle dichiarazioni e non consentono di evincere né l'oggetto della conversazione e la relativa pretesa creditoria, né l'indicazione del soggetto obbligato. La Corte di Cassazione, sulla validità probatoria delle conversazioni whatsapp e gli sms estratti dall'utenza telefonica, ha ribadito che siano privi di valore probatorio se prodotti con semplice trascrizione “word” e prive dei supporti informatici nei quali sono presenti le conversazioni (Cass. 49016/2017). Gli Ermellini hanno evidenziato che la necessità di depositare il supporto risiede nel fatto che questo permette di “controllare l'affidabilità della prova medesima mediante l'esame diretto del supporto onde verificare con certezza sia la paternità delle registrazioni sia l'attendibilità di quanto da esse documentato” (Cass. n. 49016/2017). Poiché non è sempre possibile depositare il dispositivo originale (per motivi legati alla privacy dei contenuti, indisponibilità dell'hardware, danneggiamento, perdita, etc…) e dato che ormai in ambito digitale non esiste più il concetto di “originale” dato che la copia forense di un dispositivo ha la stessa valenza probatoria del dispositivo, è possibile valutare il deposito della copia forense del dispositivo di registrazione (registratore digitale, smartphone, telecamera, etc…) così da conferire il valore legale di prova informatica e documentale al suo contenuto (registrazioni, filmati, messaggi SMS o omissis etc…).
Deve aggiungersi, quindi, che oltre al deposito dell'acquisizione forense del contenuto del dispositivo dal quale si possano estrarre le prove informatiche, sia essenziale depositare anche una relazione tecnica forense che attesti la metodologia e strumentazione utilizzata per la copia forense, l'assenza di tracce di alterazione o manipolazione ai dati che dovranno essere utilizzati in giudizio e i criteri con i quali sono stati estratti gli elementi probatori d'interesse come ad esempio i messaggi SMS o omissis registrazioni audio, filmati.
Ciò significa che se il deposito viene fatto in modo 'integrale' (quindi con il dispositivo originale o il suo equivalente tramite acquisizione forense certificata) i dati possono essere accettati e utilizzati in giudizio.
Orbene, nella specie, le parti non hanno prodotto il dispositivo e/o i diversi supporti con i quali sono stati acquisiti o nel quale sono conservati tali dati, ma è stata offerta una mera stampa omissis che non apportano alcun elemento in termini di certezza ed autenticità dei documenti, poiché carenti dei necessari riscontri tecnici (autenticità su indirizzo IP, file di log, data, ora, pagina richiesta, login, account etc. etc.).
Dunque, ai fini dell'utilizzazione probatoria di tali dati, le parti avrebbe dovuto produrre tali files con modalità tali da consentirne la verifica nel contraddittorio delle parti e nei termini del codice di rito.
Ciò posto, questo Tribunale dichiara l'inadempimento contrattuale parziale di parte convenuta e la conseguente risoluzione del contratto e, per l'effetto, in via equitativa condannata la omissis alla restituzione della somma di € 3.000,00 in considerazione del fatto che comunque parte attrice non ha dimostrato di non aver beneficiato del sito, comunque, in parte realizzato.
Va, invece, rigettata la domanda di parte attrice di risarcimento danni per i disagi subiti nello svolgimento dell'attività d'impresa, per la lesione del diritto all'immagine ed alla reputazione professionale e commerciale formulata.
Si rileva che in sede di richiesta di risarcimento va sempre dimostrato il nesso causale tra l'inadempimento del proprio debitore e il danno sofferto. La previsione dell'articolo 1218 del codice civile sulla responsabilità del debitore per il mancato o incompleto adempimento dell'obbligazione non fa venir meno l'onere probatorio - a carico del creditore che lamenta il danno - sull'eziologia dell'evento subito. La norma codicistica prevede solo una presunzione di colpevolezza a carico della parte contrattuale inadempiente (Cass. Ord. n. 21217 del 2 ottobre 2020). Invero il ristoro dei pregiudizi, patrimoniali e non, passa attraverso un preciso onere di allegazione e di prova che fa capo al soggetto che agisce in giudizio al fine di ottenere il risarcimento di tutti i pregiudizi subiti a causa dell'evento lesivo subito (Cass. 25164/2020).
Nel caso di specie, non è stato assolto tale onere prova, essendosi semplicemente la società attrice limitata a riportarsi genericamente alla richiesta di risarcimento danno, senza provare il pregiudizio subito. Si palesa, inoltre, infondata la domanda riconvenzionale sia in merito alla corresponsione del pagamento della somma residua prevista dal contratto, in quanto risolto per inadempimento parziale sia per la produzione e la realizzazione di n. 2.000 shopping bags e per spese di deposito per le giacenze di materiale ordinato da controparte, in quanto come risulta dalla prova testimoniale le bags non erano conformi a quanto pattuito, essendo di colore diverso, per cui la richiesta di spese a titolo di deposito formulata da parte convenuta va rigettata.
Le spese di lite seguono la soccombenza parziale e vengono liquidate nella misura del 50%, come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia, con applicazione dei parametri medi di cui alle omissis del DM n. 55/2014 per la fase di studio, introduttiva e istruttoria e il D.M.147 del 2022 per la fase decisoria (in vigore dal 23 ottobre 2022 per le prestazioni esaurite dopo tale data, ex art 6).
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente provvedendo sulla domanda proposta da omissis in persona del suo legale pro tempore, nei confronti di omissis in persona del suo legale pro tempore, così provvede:
- accoglie parzialmente la domanda proposta da omissis in persona del suo legale pro tempore nei limiti e per le ragioni di cui in motivazione e dichiara risolto il contratto;
- condanna omissis in persona del suo legale pro tempore alla restituzione in favore di omissis in persona del suo legale pro tempore di € 3.000,00, oltre interessi dalla domanda al soddisfo;
- rigetta la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dalla omissis in persona del legale rappresentante pro tempore nei confronti della omissis
- rigetta la domanda riconvenzionale della convenuta;
- condanna la omissis al pagamento parziale delle spese di lite, che liquida complessivamente in € 2.919,28, pari al 50% di € 5.077,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfettarie in ragione del 15%, oltre I.V.A. e C.P.A. come per legge, con attribuzione agli avvocati distrattari.