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Stalking condominiale e dintorni (Cass. 44261/24)

3 dicembre 2024, Cassazione penale

Perché sussista la contravvenzione del disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio.

Parcheggiare l'auto o posizionare sulla strada oggetti tali da rendere non impossibile, ma difficoltoso il passaggio dell'auto dei condomini, obbligandoli a qualche manovra in più, ingiurie non hanno rilevanza ai fini della contravvenzione delle molestie.

Corte di Cassazione

sez. I penale

 ud. 19 novembre 2024 (dep. 3 dicembre 2024), n. 44261

Ritenuto in fatto

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Venezia ha parzialmente riformato la sentenza dell'l luglio 2016 con la quale il Tribunale di Venezia aveva condannato L.S.P.M. e F.M. alla pena di mesi sei di reclusione per il reato di cui all'art. 612 bis cod. pen, ed al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili, riqualificando i fatti ai sensi degli articoli 81,659 e 660 cod. pen., dichiarando non doversi procedere nei confronti degli imputati per essere i reati estinti per intervenuta prescrizione, confermando le statuizioni civili e condannando gli imputati alla rifusione delle spese sostenute in grado di appello dalle parti civili.

I giudici di appello ritenevano provate le condotte in contestazione, essendosi accertato - grazie ai testimoni escussi nel corso del dibattimento – che i due imputati avevano tenuto per molte ore della giornata acceso lo stereo, anche quando erano fuori di casa, diffondendo musica ad alto volume che disturbava le persone offese, loro vicini di casa; parcheggiando la loro auto in modo da rendere difficoltoso il passaggio alle persone offese; ingiuriando in numerose occasioni le persone offese con epiteti quali ladra, befana, malata immaginaria, fetusa, bastardo e coglione; ritenevano, tuttavia, non sufficientemente provati l'elemento oggettivo e quello psicologico del contestato delitto di staiking, concludendo nel senso che «singolarmente vagliati gli specifici episodi così come contestati, i fatti vanno riqualificati nei reati di disturbo e molestie di cui agli artt. 659 e 660 c. p.», rilevando, altresì, che «da essi, ad ogni modo, ne è derivato un danno per il cui risarcimento, avuto riguardo alla lunghezza del periodo del loro protrarsi e della condotta degli imputati, si ritiene equa la quantificazione operata dal primo giudice».

2. Il difensore di fiducia degli imputati, Avv. AL, ha presentato ricorso per cassazione, articolando quattro motivi con i quali deduce vizio di motivazione e violazione di legge.

Si duole della ritenuta sussistenza del reato di cui all'art. 659 cod. pen., che è posto a tutela della quiete e della tranquillità pubblica, «sicché i rumori devono avere una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito da un numero indeterminato di persone, pur se poi concretamente solo taluna se ne possa lamentare»: nel caso di specie difetta in radice l'elemento della indeterminatezza dei potenziali destinatari della condotta illecita, poiché i rumori si sono propagati dall'abitazione dei ricorrenti a quella, contigua, delle parti civili.

Si duole, altresì, della ritenuta sussistenza del reato di cui all'art. 660 cod. pen., poiché le condotte per le quali è intervenuta condanna sono intervenute «all'interno di una proprietà privata», e, dunque, non in luogo pubblico o aperto al pubblico, come richiede la norma incriminatrice

Si duole del travisamento della prova, avendo i giudici di appello ritenuto che l'ipotesi accusatoria fosse stata confermata da «S.C., figlia degli odierni appellanti», mentre invece la S.C. non era un testimone a discarico, ma un teste d'accusa, essendo figlia delle costituite parti civili, ed avendo frainteso il senso di alcune dichiarazioni rese dalla stessa S.C. e dalla testimone A.F..

Si duole della ritenuta sussistenza del concorso nel reato da parte del F.M., atteso che tutti i testimoni escussi nel corso del dibattimento ne avevano addebitato la responsabilità esclusivamente alla signora L.S.P.M.: sul punto i giudici vicentini avrebbero omesso di fornire qualsiasi risposta al motivo di appello puntualmente dedotto dal ricorrente.

Si duole, infine, della statuizione relativa al risarcimento del danno, posto che i giudici di appello, derubricando i fatti in fattispecie di reato meno gravi, avrebbero dovuto rimodulare l'entità del risarcimento, mentre, invece, hanno confermato quelle statuizioni «senza minimamente motivare la ragione per la quale le due contravvenzioni ipotizzate possano condurre al medesimo risarcimento già previsto per gli atti persecutori ritenuti dalla Corte insussistenti».

3. Il Sostituto Procuratore generale ha chiesto rigettarsi il ricorso, ritenendo corretta la riqualificazione giuridica operata dai giudici di appello (vengono citati i precedenti giurisprudenziali a mente dei quali «ai fini della configurabilità della contravvenzione di cui all'art. 659 c.p., non sono necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, essendo sufficiente che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio»: cfr. Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Rv. 273216 - 01; «ai fini della configurabilità del reato di molestia o disturbo alle persone, si intende aperto al pubblico il luogo cui ciascuno può accedere in determinati momenti ovvero il luogo al quale può accedere una categoria di persone che abbia determinati requisiti»: Sez. 1, n. 28853 del 16/06/2009, Rv. 244301 - 01, relativa a una pluralità di episodi accaduti all'interno di un edificio condominiale), atteso che i rumori erano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, qual è il complesso di immobili comprensivo delle abitazioni degli imputati e delle persone offese, e che alcuni dei luoghi in cui si sono verificate le molestie erano accessibili ad una categoria di persone aventi determinati requisiti, come avveniva per il cancello di ingresso all'area pertinenziale esterna alle due villette confinanti.

In merito al dedotto travisamento della prova rileva che il ricorrente non ha indicato le ragioni per cui il dato travisato inficia e compromette la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione (Sez. 5, n. 21914 del 16/03/2023, Rv. 284517 - 01).

Quanto al ritenuto concorso nel reato da parte del F.M., osserva che il complessivo tessuto argomentativo della sentenza impugnata, che condivide la ricostruzione fattuale delle condotte operata dalla pronuncia di primo grado, consente sicuramente di ravvisare gli estremi del concorso di persone nei reati, non potendo, comunque, il giudice di legittimità procedere ad una rilettura delle prove acquisite nel giudizio di merito.

Osserva, infine, che la riqualificazione del reato contestato non fa venir meno il diritto alla restituzione e al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita, purché il fatto sia rimasto qualificato quale illecito penale anche al momento della pronuncia delle sentenze di primo e secondo grado (Sez. 6, n. 27087 del 19/04/2017, Rv. 270400 - 01): nel caso di specie «la Corte territoriale ha proceduto alla rideterminazione della somma liquidata a titolo risarcitorio alla luce della nuova qualificazione dei fatti di reato, pervenendo ad una quantificazione corrispondente a quella precedente sulla base di parametri che appaiono sicuramente congrui, come la lunghezza del periodo del loro protrarsi e la condotta degli imputati».

4. Il difensore della costituita parte civile, Avv. FS, ha depositato memoria e conclusioni scritte, chiedendo rigettarsi il ricorso, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di giudizio, limitandosi a rilevare che «gli imputati hanno posto in essere i comportamenti censurati nelle sentenze di primo e secondo grado per un periodo di oltre 10 anni, ed ovviamente il lunghissimo lasso di tempo giustifica abbondantemente la quantificazione del risarcimento del danno».

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.

2. Il primo motivo è fondato e assorbente: dopo aver analiticamente illustrato le ragioni per le quali le condotte poste in essere dagli imputati non fossero idonee ad integrare il reato di stalking loro contestato, la Corte territoriale ha sinteticamente osservato che «singolarmente vagliati gli specifici episodi così come contestati, i fatti vanno riqualificati nei reati di disturbo e molestie di cui agli artt. 659 e 660 c.p.».

E' stata, dunque, del tutto omessa l'accurata verifica della sussistenza degli elementi costitutivi delle due fattispecie contravvenzionali.

Quanto al reato di cui all'art. 659 cod. pen., sarebbe stato necessario accertare l'astratta idoneità della condotta contestata ad arrecare disturbo non alle sole persone offese, ma ad un numero indeterminato di persone: ed invero, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, ai fini della configurabilità del reato, pur non essendo necessarie né la vastità dell'area interessata dalle emissioni sonore, né il disturbo di un numero rilevante di persone, è comunque richiesto che i rumori siano idonei ad arrecare disturbo ad un gruppo indeterminato di persone, anche se raccolte in un ambito ristretto, come un condominio (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv.273216 - 01); si è ulteriormente precisato che «Perché sussista la contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen.relativamente ad attività che si svolge in ambito condominiale, è necessaria la produzione di rumori idonei ad arrecare disturbo o a turbare la quiete e le occupazioni non solo degli abitanti dell'appartamento sovrastante o sottostante la fonte di propagazione, ma di una più consistente parte degli occupanti il medesimo edificio» (Sez. 1, n. 45616 del 14/10/2013, Virgillito, Rv. 257345 - 01): di questo accertamento non c'è alcuna traccia in atti, nonostante si trattasse di aspetto meritevole di un particolare approfondimento, anche alla luce del fatto che nel corso del dibattimento era stata raccolta la testimonianza di una vicina di casa delle parti che aveva riferito di non aver mai sentito rumori molesti provenire da casa degli imputati (cfr. deposizione di A.F., pag. 36 delle trascrizioni del verbale dell'udienza del 15 gennaio 2016).

Quanto al reato di cui all'art. 660 cod. pen., deve rilevarsi che la lettura del capo d'imputazione elevato nei confronti dei due imputati reca la descrizione di tre condotte: la prima è quella, appena analizzata, astrattamente sussumibile nel reato di cui all'art. 659 cod. pen. («tenere costantemente acceso lo stereo ad alto volume, spesso in concomitanza con la televisione, anche in loro assenza da casa»); la seconda e la terza non appaiono in alcun modo idonee ad integrare lo schema tipico della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 660 cod. pen.: non l'aver parcheggiato l'auto o posizionato sulla strada oggetti tali da rendere non impossibile, ma difficoltoso il passaggio dell'auto delle persone offese (si evidenzia nella sentenza impugnata che il passaggio non era impedito, ma «era necessario effettuare qualche manovra in più»), e tanto meno l'aver «ingiuria(to) costantemente A.M.F. in sua presenza ovvero ogni qualvolta che la stessa o i congiunti passavano davanti a loro», condotta che, in tutta evidenza, di per sé sola riguardata, integra esclusivamente quella già incriminata dall'art. 594 cod. pen., non più penalmente rilevante.

3. Alla luce degli elementi acquisiti nel corso dei giudizi di merito, dunque, nessuna delle condotte in contestazione appare idonea ad integrare gli estremi delle due fattispecie contravvenzionali la cui sussistenza è stata riconosciuta dai giudici di appello.

Tanto impone di annullare senza rinvio la sentenza impugnata, residuando unicamente aspetti che le parti offese dovranno necessariamente devolvere alla cognizione del giudice civile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste.