Ai fini della procedibilità d'ufficio del reato di atti persecutori per il caso in cui l'agente sia destinatario di ammonimento del questore, non rileva che in epoca successiva all'emissione del provvedimento sia ripresa la relazione sentimentale tra l'agente e la vittima, dovendo ritenersi comunque configurabile l'aggravante.
La circostanza della sussistenza di un precedente ammonimento, anche se revocato, rileva sia per la configurabilità dell'aggravante sia per la procedibilità di ufficio del reato, mentre si prescinde dalla considerazione dell'epoca in cui è stato emesso il provvedimento amministrativo e della vigenza dello stesso al momento della commissione degli atti persecutori.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
(ud. 03/06/2021) 16-09-2021, n. 34474
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SABEONE Gerardo - Presidente -
Dott. PEZZULLO Rosa - Consigliere -
Dott. MICCOLI Grazia - rel. Consigliere -
Dott. SETTEMBRE Antonio - Consigliere -
Dott. BELMONTE Maria Teresa - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M.L., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 12/11/2019 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Miccoli Grazia;
letta la requisitoria del Procuratore Generale, in persona del Sostituto Procuratore Dr. Birritteri Luigi, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 12 novembre 2019, la Corte di appello di Bologna ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale M.L. era stato dichiarato colpevole del reato di atti persecutori, aggravato ex L. n. 38 del 2009, art. 8, comma 3, in danno di D.M.E., alla quale era stata legata da relazione affettiva.
2. Propone ricorso l'imputato, con atto sottoscritto dal difensore avvocato Federico Bagattini, denunziando, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge in relazione all'omessa declaratoria di improcedibilità per remissione di querela.
La Corte territoriale ha ritenuto che la remissione della querela non potesse spiegare conseguenze estintive del reato in virtù di quanto previsto dalla L. n. 38 del 2009, art. 8, comma 4. Il ricorrente, però, deduce che, dopo il provvedimento di ammonimento chiesto ed ottenuto dalla persona offesa nel giugno 2011, v'era stata una "ripresa" della relazione sentimentale durata otto mesi e che le condotte oggetto del capo di imputazione erano state poste in essere dopo il marzo 2012.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, in persona del Sostituto Procuratore Dr. Luigi Birritteri, ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.
Correttamente il Procuratore Generale nelle sue conclusioni scritte ha assunto che l'incontroversa ripresa della relazione sentimentale tra l'imputato e la persona offesa successivamente al provvedimento di ammonimento e la considerevole durata temporale di tale relazione non possono incidere sulla rilevanza meramente oggettiva del provvedimento di ammonimento, da cui consegue la configurabilità della contestata aggravante con la conseguente procedibilità di ufficio.
1.1. Al ricorrente è stato contestato il reato di atti persecutori commesso nel periodo tra il 25 marzo 2012 e il mese di luglio 2012, quando la persona offesa aveva presentato altre due denunzie - querele.
L'aggravante di cui al D.L. n. 11 del 2009, art. 8, comma 3, è stata contestata e ritenuta perchè, su richiesta della persona offesa, il Questore di Firenze, nel giugno 2011, aveva emesso un provvedimento di ammonimento.
Tale provvedimento è certamente antecedente alla "ripresa" della relazione sentimentale tra il ricorrente e la persona offesa nel corso dell'estate del 2011, relazione protrattasi sino al 25 marzo 2012, quando tra i due v'era stato un litigio che era sfociato in una violenta aggressione della donna da parte del M. (si veda pag. 1 della sentenza di appello).
1.2. Ciò però non incide affatto sulla configurabilità dell'aggravante sopra indicata, che, in virtù di quanto disposto dall'art. 8, comma 4, comporta la procedibilità d'ufficio del reato di cui all'art. 612 bis c.p..
Invero, manifestamente infondato è l'assunto della difesa secondo il quale, per effetto della successiva ripresa della relazione sentimentale, il provvedimento di ammonimento sarebbe di fatto o implicitamente revocato.
Peraltro, anche nel caso di provvedimento di ammonimento esplicitamente revocato, l'aggravante in esame, in ragione della ratio e del tenore letterale del cit. art. 8, comma 3, è da ritenersi configurabile, giacchè essa ricorre "se il fatto è commesso da soggetto già ammonito" ovvero a prescindere dalla vigenza o meno dell'atto amministrativo in questione.
Conforta tale interpretazione proprio la disposizione del citato art. 8, comma 4, secondo la quale si "procede d'ufficio per il delitto previsto dall'art. 612-bis c.p. quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo".
E' evidente, infatti, che è solo la circostanza della sussistenza di un precedente ammonimento a rilevare sia per la configurabilità dell'aggravante sia per la procedibilità di ufficio del reato, mentre si prescinde dalla considerazione dell'epoca in cui è stato emesso il provvedimento amministrativo e della vigenza dello stesso al momento della commissione degli atti persecutori.
D'altronde, è pacifico anche nella giurisprudenza amministrativa che v'è piena autonomina tra il procedimento di ammonimento e il processo penale. Si è invero affermato che "la correlazione tra la disciplina amministrativa e quella penale, insieme alla finalità preventiva della disposizione, (...) induce a ritenere che l'intervento del Questore non sia ancorato ai medesimi presupposti di quello penale, distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento. Dal primo punto di vista, infatti, esso è legittimato anche da condotte che, pur non possedendo gli stringenti requisiti di cui all'art. 612 bis c.p., si rivelino potenzialmente atti ad assumere, sulla base della loro concreta manifestazione fenomenica, connotati delittuosi; dal secondo punto di vista, invece, è rimessa alla discrezionalità dell'Amministrazione l'apprezzamento della fondatezza della richiesta, in relazione alla attendibilità dei fatti segnalati, e l'individuazione degli elementi di riscontro eventualmente necessari" (Consiglio di Stato., Sez. III, 21 aprile 2020, sent. n. 2545).
2. La ritenuta inammissibilità del ricorso comporta per la ricorrente le conseguenze di cui all'art. 616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l'applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in Euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 3 giugno 2021.
Depositato in Cancelleria il 16 settembre 2021