Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Specialità attenuate nel MAE (Cass. 14738/17)

24 marzo 2017, Cassazione penale

In tema di mandato di arresto europeo, ai sensi dell'art. 32 della legge n. 69 del 2005 vige un principio di specialità "attenuata", per il quale la persona consegnata può essere legittimamente sottoposta a procedimento penale per "fatti anteriori e diversi" a condizione che non sia privata della libertà personale durante o in conseguenza di tale procedimento. 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA PENALE

SENTENZA

 (data ud. 19/01/2017) 24/03/2017, n. 14738
 

sul ricorso proposto da:

C.D. nato il (OMISSIS);

C.G. nato il (OMISSIS) avverso la sentenza del 29/10/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/01/2017, la relazione svolta dal Consigliere TUTINELLI VINCENZO;

Udito il Procuratore Generale in persona del LUIGI CUOMO che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Napoli, in riforma della sentenza 3 luglio 2009 del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha confermato la condanna degli odierni ricorrenti ed in particolare C.D. per plurime condotte di rapina, lesioni, resistenza a pubblico ufficiale e C.G. in ordine ad una unica fattispecie di resistenza a pubblico ufficiale.

2. Avverso tale provvedimento propongono ricorso per cassazione gli imputati articolando i seguenti motivi di ricorso:

2.1.1. C.D. lamenta violazione di legge e carente o illogica motivazione in relazione agli artt. 420 ter
e 125 c.p.p., in relazione al provvedimento 29 ottobre 2015 con cui è stata rigettata l'istanza di rinvio per legittimo impedimento dell'imputato. 

In particolare, l'osserva il ricorrente che, dopo una serie di rinvii dovuti alla mancata comunicazione da parte della cancelleria ai Carabinieri di Mondragone dei provvedimenti puntualmente disposti dalla Corte e che autorizzavano l'imputato ad allontanarsi dal luogo di esecuzione della misura della sorveglianza speciale, all'ennesima richiesta di rinvio per il medesimo motivo, la Corte territoriale aveva rigettato l'ennesima istanza di rinvio argomentando sul fatto che - conosciuta la possibilità di disservizi - era onere dell'imputato presentarsi con copia del verbale ai carabinieri per renderli edotti della presenza del processo e dell'autorizzazione ad allontanarsi.

Afferma il ricorrente che anche in quest'occasione avrebbe dovuto essere alla cancelleria disporre la comunicazione che colpevolmente non era stata effettuata.

2.1.2. Con il secondo motivo di ricorso, C.D. lamenta violazione di legge e carente o illogica motivazione in relazione agli artt. 628e 582 c.p. e 125 del codice di rito in relazione alla dichiarazione di penale responsabilità. 

Osserva ricorrente chela condotta dell'imputato si sarebbe concretizzata nello strattonare uno dei carabinieri intervenuti all'altezza della cintura e non nel tentativo dell'imputato di impossessarsi della pistola di ordinanza di costui, con la conseguenza che non sarebbe possibile desumere da tale condotta l'esistenza di atti idonei e diretti modo non equivoco alla commissione del reato di rapina.

2.2.1. C.G. lamenta violazione dell'art. 721 del codice di rito nonchè dell'art. 14 della convenzione europea di estradizione (L. 30 gennaio 1963 numero 300). 

Afferma il particolare il ricorrente di essere stato estradato dalla Repubblica federale di Germania all'Italia il 22 agosto 2014 sulla base del mandato di arresto europeo emesso nell'ambito del procedimento penale 26321/13 R.G.GIP e 13546/12 R.G. NR nonchè nell'ambito del procedimento 33175/15 R.G. GIP e 34545/15 R.G. NR mentre la sentenza impugnata sarebbe stata emessa nell'ambito di ulteriore procedimento riguardante fatti anteriori al mandato di arresto europeo e alla richiesta di estradizione, non rientranti nella richiesta stessa.

2.2.2. Con il secondo motivo di ricorso, C.G. evidenzia che tutta la condotta dell'imputato sarebbe conseguenza del fatto che costui si era semplicemente impaurito ed alterato allorquando aveva chiesto notizie agli operanti sulle condizioni di salute dei propri congiunti a seguito di incidente stradale e nessuno gli aveva fornito chiarimenti, con la conseguenza che il giudice avrebbe dovuto ritenere sussistente ed applicabile la circostanza attenuante comune dello stato d'ira.

Motivi della decisione

3. Il primo motivo del ricorso di C.D. è manifestamente infondato. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo evidenziato che - in sede processuale - sussiste una serie di obblighi di diligenza, gravanti sull'imputato e sulla difesa (Sez. 4, Sentenza n. 3078 del 09/12/1997 - dep. 11/03/1998 - Rv. 210177), che possono concretizzarsi sia in oneri di informazione nei confronti del giudice procedente (Sez. 5, Sentenza n. 42888 del 05/06/2014 Rv. 260677) sia in specifiche attività della parte.

Nel caso di specie, le circostanze di fatto le relative ai precedenti contrattempi e la presenza di un ennesimo provvedimento autorizzatorio redatto a verbale erano elementi che permettevano di individuare la necessità che l'imputato - qualora avesse effettivamente voluto partecipare all'udienza - si attivasse presentandosi presso la stazione dei carabinieri deputata ai controlli con copia del verbale; presentazione che avrebbe imposto ai carabinieri stessi di verificare l'effettiva sussistenza di tale autorizzazione.

Ne consegue che la Corte territoriale ha correttamente valutato la situazione in fatto con motivazione logica, congrua, coerente con il contenuto del fascicolo processuale e ha fatto buon governo dei principi di diritto più volte espressi da questa Corte.

4. Il secondo motivo di ricorso di C.D. risulta inammissibile in quanto interamente articolato in fatto e proponente questioni di merito.

L'iter argomentativo del provvedimento impugnato appare infatti esente da vizi, quanto alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato relativamente ai delitti a lui contestati.

Il ricorso - articolato in fatto - non incide sulla logicità, congruenza o coerenza intrinseca o estrinseca della motivazione, limitandosi a proporre una interpretazione alternativa delle emergenze processuali. Al proposito, va ricordato che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, esula dai poteri della Corte di cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv. 207944; tra le più recenti: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 - 06/02/2004, Elia, Rv. 229369). I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito senza che sia stata minimamente intaccata la logicità, congruità e coerenza della motivazione in relazione al contenuto del fascicolo processuale rispetto a un provvedimento con cui, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, il giudice territoriale ha esplicitato le ragioni del suo convincimento. L'illogicità della motivazione, in sostanza, deve risultare di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivise, Cass. pen., Sez. un., n. 24 del 24 novembre 1999, Spina, rv. 214794; Sez. un., n. 12 del 31 maggio 2000 n. 12, Jakani, rv. 216260; Sez. un., n. 47289 del 24 settembre 2003, Petrella, rv. 226074). A tal riguardo, devono tuttora escludersi la possibilità di un'analisi orientata ad esaminare in modo separato ed atomistico i singoli atti, nonchè i motivi di ricorso su di essi imperniati ed a fornire risposte circoscritte ai diversi atti ed ai motivi ad essi relativi (Cass. pen., sez. 6^, n. 14624 del 20 marzo 2006, Vecchio, rv. 233621; conforme, sez. 2^, n. 18163 del 22 aprile 2008, Ferdico, rv. 239789), e la possibilità per il giudice di legittimità di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti (Cass. pen., sez. 6^, n. 27429 del 4 luglio 2006, Lobriglio, rv. 234559; sez. 6^, n. 25255 del 14 febbraio 2012, Minervini, rv. 253099). 

5. Il primo motivo di ricorso di C.G. è manifestamente infondato. E' infatti vero che l'imputato è stato sottoposto a processo per la fatti anteriori e diversi rispetto a quelli per cui è intervenuta il mandato di arresto europeo. Tuttavia, va ricordato che, in tema di mandato di arresto europeo, ai sensi della L. n. 69 del 2005, art. 32, vige un principio di specialità "attenuata", per cui la persona consegnata può essere legittimamente sottoposta a procedimento penale per "fatti anteriori e diversi" a condizione che non sia privata della libertà personale durante o in conseguenza di tale procedimento (Sez. 3, Sentenza n. 47253 del 06/07/2016 Rv. 268062; conf. n. 39240 del 2011 Rv. 251366, n. 18778 del 2013 Rv. 256013, n. 14880 del 2015 Rv. 263292). Nel caso di specie, C.G. risultava detenuto per altra causa e quindi non sottoposto per il titolo per cui si procedeva ad alcuna limitazione della libertà personale. 

6. Il secondo motivo di ricorso di C.G., così come già evidenziato in ordine al secondo motivo di ricorso di C.D., risulta inammissibile in quanto interamente articolato in fatto e proponente questioni di merito. Anche in ordine alla posizione di C.G. - infatti - l'iter argomentativo del provvedimento impugnato appare infatti esente da vizi, quanto alla ritenuta sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato mentre i motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di merito senza che sia stata minimamente intaccata la logicità, congruità e coerenza della motivazione in relazione al contenuto del fascicolo processuale.

7. Alle sopra esposte considerazioni consegue la dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi 8. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue, per il disposto dell'art. 616c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento ad opera di ciascuno di essi in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.500,00. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di millecinquecento Euro alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2017