La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta, con un'unica deroga, che consente al giudice che emetta una seconda condanna di concedere nuovamente il beneficio, a condizione che la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna, non superi i limiti di pena stabiliti dall'art. 163 cod. pen.
I cinque anni di sospensione condizionale devono decorrere da quando la pena poteva essere eseguita, perché è quello il momento in cui la sua esecuzione può essere sospesa e il condannato può fruire del beneficio alle condizioni di legge.
Cassazione penale
sez. I, ud. 25 ottobre 2024 (dep. 29 novembre 2024), n. 43713
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 18 luglio 2023, il Tribunale di Ancora, quale giudice dell'esecuzione, ha revocato il beneficio della sospensione condizionale già concesso a L.W. con sentenza del Tribunale di Ancona in composizione monocratica dell'01/06/2016, irrevocabile dal 03/03/2020, per il reato di uso di atto falso, commesso nel dicembre 2013.
La decisione era motivata in ragione del disposto dell'art. 168, coma 1 n. 2, cod. pen. per l'intervenuta ulteriore condanna del L.W. con sentenza del Tribunale di Ancona in data 3.10.2019, irrevocabile dal 16/05/2023 per fatti di bancarotta commessi il 07/11/2014 alla pena di anni tre e mesi due di reclusione.
2. Avverso tale ordinanza propone ricorso il difensore di L.W. e con un unico motivo e lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen. in relazione all'art. 606 lett. b) cod. proc. pen. e sostiene che la revoca del beneficio doveva considerarsi illegittimo in quanto il fatto oggetto della sentenza del Tribunale di Ancona in data 3/10/2019, irrevocabile dal 16/05/2023, consumato il 07/11/2014, non è stato commesso in epoca anteriore a quella del fatto- reato (consumato nel dicembre 2013) per il quale era stato concesso il beneficio della sospensione condizionale dalla sentenza del Tribunale di Ancona in composizione monocratica dell'01/06/2016, irrevocabile dal 03/03/2020, ma in epoca successiva.
3. Il Procuratore Generale, Gaspare Sturzo, chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, richiamando giurisprudenza consolidata in linea con i principi applicati dal provvedimento impugnato.
4. Il difensore ha depositato memoria, con la quale ha riconosciuto che il Tribunale di Ancona si è uniformato ad un consolidato orientamento della Cassazione, secondo il quale l'anteriorità del reato va determinata con riferimento al momento del passaggio in giudicato della sentenza che concede il beneficio e non a quella di commissione del reato da quest'ultima giudicato, ma ha sostenuto che tale orientamento debba essere superato perché in netto contrasto sia con il tenore letterale della disposizione di cui all'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen., sia con l'intento del legislatore.
4.1 Ad avviso della difesa, nell'ipotesi in cui la somma delle pene inflitte con due condanne superi i limiti di cui all'art. 163 c.p., la revoca del beneficio in questione opera ex lege soltanto qualora la condotta delittuosa sia stata commessa anteriormente a quella per cui sia stata emessa la prima sentenza di condanna che ha concesso il beneficio.
Ciò in quanto la concessione del beneficio comporta una rinuncia all'applicazione della sanzione, subordinata alla futura osservanza della legge da parte del condannato, e la sua revoca si giustificherebbe per il fatto che in un successivo giudizio sia emerso un fatto illecito precedente del quale il giudice che aveva concesso il beneficio non ha potuto tenere conto perché gli era ignoto.
4.2 In subordine ha dedotto la tardività dell'intervento della seconda sentenza di condanna ben oltre i cinque anni che consentono la revoca ex lege del beneficio della sospensione condizionale già concesso. Secondo la difesa il termine di cinque anni non doveva essere fatto decorrere dalla data della sentenza che ha concesso il beneficio ma da quella di commissione del reato per il quale era stata irrogata la pena sospesa.
4.3 In ulteriore subordine ha chiesto di esaminare la questione di legittimità costituzionale degli artt. 163 e 168 cod. pen. nella parte in cui prevedono che l'altra condanna debba essere riportata nel termine di cinque anni dalla data di irrevocabilità della sentenza che ha concesso il beneficio e non nel termine di cinque anni dalla data in cui è stato commesso il fatto, per contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost.
La norma, se si ritiene che nella sua formulazione letterale imponga l'interpretazione che ha seguito il Tribunale di Ancona, si pone in evidente contrasto con l'esigenza di individualizzazione del percorso rieducativo, imposto dall'art. 27 Cost., perché la revoca del beneficio, volto ad incentivare un percorso di reinserimento sociale stimolando comportamenti conformi alla legge, dipenderebbe da fattori del tutto casuali ed indipendenti dalle scelte del condannato, quali certamente sono i tempi di trattazione e di definizione dei procedimenti. E inoltre creerebbe arbitrarie e imprevedibili disparità di trattamento tra soggetti posti in condizioni analoghe.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato e va respinto.
2. L'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen., prevede la revoca di diritto del beneficio della sospensione condizionale della pena nel caso in cui il condannato «riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, superi i limiti stabiliti dall'art. 163».
Come lo stesso ricorrente ha ricordato, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, «la revoca di diritto della sospensione condizionale della pena implica che la condanna, per il delitto anteriormente commesso, sia divenuta irrevocabile dopo il passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio e prima della scadenza dei termini di durata dello stesso» (Sez. 5 n. 25529 del 17/03/2023 Rv. 284930); e «l'anteriorità del reato successivamente giudicato va determinata con riferimento alla data in cui diviene irrevocabile la sentenza che concede il beneficio e non a quella di commissione del reato al quale essa si riferisce» (sez. 1, n. 35563 del 10/11/2020, Rv. 280056-01).
Il principio per il quale l'anteriorità del reato va determinata con riguardo al momento del passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio, non ha incontrato nel tempo smentite da parte della giurisprudenza di legittimità, che lo afferma senza ripensamenti da ben oltre un cinquantennio (cfr. ad esempio Sez. 2, n. 598 dell'11/3/1970, dep. 1971, Rv. 117039 – 01).
2.1 Il ricorrente sostiene che la disposizione contenuta nell'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen. richieda una diversa lettura, perché il delitto rilevante sarebbe quello commesso precedentemente a quello giudicato dal giudice che ha concesso il beneficio; di quella condotta illecita precedente, infatti, e solo di quella il giudice avrebbe dovuto tenere conto ai fini delle valutazioni richieste dall'art. 163 cod. pen. e non aveva potuto farlo, proprio perché non era stato ancora accertato.
Sostiene altresì che il termine di cinque anni andrebbe fatto decorrere non dalla data del passaggio in giudicato della sentenza che ha concesso il beneficio ma dalla data di commissione del reato per il quale è stata irrogata la pena sospesa per prima e conclude in via estremamente subordinata che, se non si dovesse ritenere accoglibile tale interpretazione della legge, bisognerebbe sottoporre gli artt. 163 e 168 cod. pen. al giudizio di legittimità costituzionale, perché in contrasto con gli artt. 3 e 27 Cost. incidendo sulla funzione rieducativa della pena e sul principio di uguaglianza.
Gli argomenti difensivi, tuttavia, non si confrontano né con la lettera dell'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen., né con i principi di sistema, che valgono a dare conto sia della ratio della disposizione che prevede la revoca ex lege del beneficio della sospensione condizionale della pena, applicabile nel caso in esame, sia dell'insussistenza di profili di sospetta illegittimità costituzionale.
2.2 Il legislatore ha previsto con l'art. 163 cod. pen. il beneficio della sospensione condizionale della pena, affidandolo solo entro certi limiti alla valutazione discrezionale del giudice; l'ordine di sospensione può essere emesso per le pene detentive e pecuniarie, concretamente irrogate, entro la misura di due anni di reclusione o entro quella della pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'art. 135 cod. pen., sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni.
Il limite è determinato in tre anni per gli imputati minori degli anni diciotto e in due anni e sei mesi per gli imputati di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o per quelli che abbiano compiuto i settanta anni.
Con l'art. 164, comma 4, cod. pen. il legislatore ha stabilito anche la regola per la quale la sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta, con un'unica deroga, che consente al giudice che emetta una seconda condanna di concedere nuovamente il beneficio, a condizione che la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna, non superi i limiti di pena stabiliti dall'art. 163 cod. pen.
Il legislatore ha quindi stabilito in via generale nell'ambito dei suoi poteri discrezionali e in maniera del tutto ragionevole la misura entro la quale la pretesa punitiva dello Stato potesse risolversi in un mero monito prescrittivo, funzionale al contempo alla risocializzazione del condannato e alla prevenzione speciale, senza ulteriori limitazioni della libertà personale, a condizione che non vi fosse ricaduta nel reato nel periodo di sospensione.
Oltre quel limite, pertanto, restava preclusa ogni diversa valutazione del giudice.
2.3 La disposizione di cui all'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen., è del tutto speculare a quella contenuta nell'art. 164, comma 4, cod. pen., perché ha ad oggetto la parallela ipotesi in cui sopraggiunga con successiva sentenza un'altra pena, che cumulata con quella già irrogata e precedentemente sospesa, superi i limiti stabiliti dall'art. 163 cod. pen.
L'art. 164, comma 4, cod. pen. disciplina l'ipotesi in cui in una successiva sentenza il giudice debba valutare la possibilità di concedere per la seconda volta il beneficio della sospensione condizionale e stabilisce che il beneficio è precluso dal superamento del limite con il cumulo tra le due sanzioni.
Impedisce pertanto, in tal caso, la concessione del beneficio per la seconda volta ma non si occupa della revoca della precedente sospensione.
Essa sarà eventualmente disposta in applicazione delle regole stabilite dall'art. 168, comma 1 n.1 e comma 2 cod. pen.
Se la successiva condanna ha ad oggetto un reato commesso nei cinque anni successivi alla precedente sentenza, opera infatti la revoca di diritto perché la principale prescrizione prevista dall'art. 163 cod. pen. (l'astensione dalla commissione di altri reati) risulta violata.
I cinque anni devono decorrere da quando la pena poteva essere eseguita, perché è quello il momento in cui la sua esecuzione può essere sospesa e il condannato può fruire del beneficio alle condizioni di legge; e questo momento è quello in cui la prima sentenza è passata in giudicato.
Non avrebbe alcuna logica ritenere operante un beneficio che attiene all'esecuzione della pena finchè la pena non sia eseguibile.
Se la successiva condanna ha ad oggetto un reato precedente al passaggio in giudicato della prima sentenza che ha sospeso la pena e non supera i limiti stabiliti dall'art. 163 cod. pen., verrà effettuata dal giudice una valutazione circa la concedibilità in concreto del beneficio, che a questo punto sarà quella che avrebbe potuto effettuare il primo giudice se fosse stato chiamato a valutare entrambi i fatti ed entrambe le pene nel corso del primo procedimento.
E' questa l'ipotesi contemplata dall'art. 168, comma 2, cod. pen., che lascia poi al giudice la facoltà di valutare se vi sono le condizioni per la revoca del beneficio precedentemente concesso, «tenuto conto dell'indole e della gravità del reato»; tale revoca discrezionale può essere tuttavia disposta solo dal giudice della cognizione e non in sede di esecuzione (Sez. 1, n. 42363 del 25/09/2019, Rv. 277142 – 01).
Sicchè qualora la valutazione non sia stata effettuata nel corso del giudizio di cognizione, non può darsi corso ad altra rivalutazione, proprio perché i limiti più volte richiamati non sono superati.
2.4 Giova sin d'ora evidenziare che in questa ricostruzione ciò che rileva è che il reato sia stato commesso prima del passaggio in giudicato della sentenza che ha disposto la precedente sospensione dell'esecuzione della pena e non rileva invece che sia stato commesso in epoca precedente alla commissione del reato già giudicato.
Il beneficio può essere ancora concesso per la seconda volta, se non supera i limiti stabiliti dall'art. 163 cod. pen., anche qualora il reato oggetto della seconda sentenza sia stato commesso dopo quello oggetto della prima.
Sarà se del caso il giudice a valutare se tale circostanza può incidere sulla prognosi favorevole richiesta per la concessione del beneficio, ma certamente non opererà alcuna preclusione di legge.
Solo ciò che è impedito al giudice è revocato per legge.
Così come il giudice non può concedere due volte il beneficio di cui all'art. 163 cod. pen. superando, con il cumulo, i limiti in esso stabiliti, così pure tali limiti non possono essere superati con il cumulo delle pene irrogate con due sentenze passate in giudicato nel corso dei cinque anni, iniziati a decorrere dalla prima di esse.
2.5 E' pertanto questa la ratio di sistema della disposizione di cui all'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen.
Il riferimento, in essa contenuto, all'anteriorità del delitto commesso vale ad individuare l'ipotesi residua di cui si deve occupare questa disposizione, posto che di tutte le altre ipotesi si occupano le norme già esaminate.
Se il delitto è commesso dopo il passaggio in giudicato della prima sentenza che ha concesso il beneficio opera il disposto di cui all'art. 168, comma 1 n. 1, cod. pen.
Se il delitto è commesso in epoca antecedente al passaggio in giudicato della prima sentenza che ha concesso il beneficio opera il disposto di cui all'art. 168, comma 1 n. 2, cod. pen., se i limiti vengono superati.
Se non vengono superati, come detto, trova applicazione l'art. 168, comma 2, cod. pen.
Così ricostruito il sistema emerge con chiarezza che l'anteriorità alla quale si riferisce il legislatore ai fini della revoca di diritto attiene al momento in cui è divenuto operante il primo beneficio e nessuna rilevanza ai fini della parità di trattamento tra i condannati e della salvaguardia della funzione rieducativa della pena può avere il fatto che la condotta sia stata anche anteriore alla quella giudicata per prima o che il periodo di cinque anni decorra dalla data di commissione del reato oggetto della seconda condanna.
La disposizione è posta infatti a salvaguardia dell'assetto generale del sistema sanzionatorio con il quale il legislatore ha ritenuto di limitare la valutazione del giudice in ordine alla sospendibilità delle pene, tra loro cumulate, entro i limiti posti dall'art. 163 cod. pen. in un arco temporale fissato in cinque anni a decorrere dall'effettiva operatività del beneficio.
3. Da quanto sinora esposto deriva la manifesta infondatezza della questione di legittimità proposta dal ricorrente e l'infondatezza del suo ricorso. Ne consegue la condanna alle spese del giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.