Sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo in tutti i casi in cui l'imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell'esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall'applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell'avviso di udienza
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
(ud. 12/11/2020) 24-02-2021, n. 7172
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde - Presidente -
Dott. MESSINI D'AGOSTINI Piero - Consigliere -
Dott. PARDO Ignazio - Consigliere -
Dott. DI PISA F. - rel. Consigliere -
Dott. PERROTTI Massimo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
B.G., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 16/06/2020 della CORTE APPELLO di ROMA;
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;
lette le conclusioni del PG che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con provvedimento in data 16 Giugno 2020 la Corte di appello di Roma ha rigettato l'istanza di rescissione del giudicato ex art. 629 bis c.p.p., proposta da B.G. avverso la sentenza in data 16/11/2018 del Tribunale ordinario di Roma, divenuta irrevocabile il 22 01/04/2019, in forza della quale il ricorrente è stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il delitto di cui all'art. 646 c.p., oltre al risarcimento del danno liquidato in Euro 3.000,00 in favore della parte civile Autostrade per l'Italia S.p.A..
La corte di merito, nel rilevare che il decreto di citazione a giudizio era stato ritualmente notificato al predetto il quale aveva nominato difensore di fiducia ed eletto domicilio presso lo stesso, ha precisato che, nella specie, non era configurabile l'incolpevole conoscenza del procedimento in quanto il B. era venuto meno ai doveri di informazione derivanti dalla sua qualità di imputato, a nulla rilevando che, a seguito della rinunzia al mandato del proprio legale, era stato nominato un difensore d' ufficio con il quale egli, asseritamente, non aveva avuto alcun contatto.
2. Propone ricorso per cassazione il difensore del condannato il quale deduce due motivi:
a. violazione dell'art. 629 bis c.p.p., illogicità della motivazione anche per omessa valutazione di una prova decisiva costituita dalla dichiarazione di rinunzia al mandato del 26 Settembre 2019 da parte del difensore di fiducia Avv. IB.
Il ricorrente afferma che la corte di appello aveva trascurato il profilo decisivo dedotto relativo alla circostanza che il legale di fiducia aveva formalmente rinunziato al mandato in data 26 Settembre 2018, circostanza di cui il ricorrente era venuto a conoscenza solamente il 17 Dicembre 2019, a seguito dell'esame del fascicolo processuale; infatti detta rinunzia era stata comunicata solo ad un indirizzo PEC non più utilizzato dal ricorrente,in quanto collegato ad una società della quale egli non era più legale rappresentate dal 31 Agosto 2018 avendo rinunziato alla relativa carica, mentre il difensore rinunziante, pur essendo a conoscenza di tutti i recapiti dello stesso, non lo aveva in alcun modo avvisato della intervenuta rinunzia.
Assume che all'udienza fissata del 17 Ottobre 2018, a seguito della detta rinunzia, era stato nominato un difensore d' ufficio con il quale il condannato non aveva avuto alcun contatto. Osserva che il provvedimento impugnato si poneva in contrasto con i principi fissati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, non avendo tenuto conto del fatto che, ai fini della rescissione del giudicato, non rileva una nozione di conoscenza meramente formale del processo e che nella specie era palese la buona fede del ricorrente cui non poteva essere imputato in alcun modo un comportamento non diligente;
b. violazione di legge in relazione agli artt. 629 bis e 175 c.p.p..
Lamenta che, anche a voler ritenere insussistenti i presupposti di cui all'art. 629 bis c.p.p., la corte di appello avrebbe dovuto concedere i termini per l'impugnazione ex art. 175 c.p.p., dovendosi ritenere tali istanza ricompresa in quella di rescissione del giudicato, trattandosi di un minus rispetto alla domanda avanzata.
3. La Procura Generale, con requisitoria scritta in data 27 Ottobre 2020, ha chiesto rigettarsi il ricorso osservando che, nella specie, non poteva parlarsi di incolpevole mancata conoscenza del processo e ciò in ragione dell'intervenuta nomina del difensore di fiducia e dei doveri informativi gravanti sull'imputato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso deve essere rigettato in ragione della infondatezza delle censure proposte.
2. Osserva il collegio che l'effetto integralmente restitutorio di cui alla invocata norma, speculare rispetto al previgente istituto di cui all'art. 625 ter c.p.p., è correlato ad un rigoroso accertamento dei presupposti che lo legittimano.
Sul punto va richiamato il principio, affermato in relazione alla previgente norma in tema di rescissione del giudicato, secondo cui sussiste una colpevole mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso di cui all'art. 625 ter c.p.p., in tutti i casi in cui l'imputato non abbia adempiuto agli oneri di diligenza generati dalla conoscenza dell'esistenza del processo, seppure in una fase iniziale, desumibile dalla elezione di domicilio, dalla nomina di un difensore di fiducia, ovvero dall'applicazione di una misura precautelare o cautelare, ovvero dal ricevimento personale della notifica dell'avviso di udienza (Sez. 2, n. 14787 del 25/01/2017, Xhami, Rv. 269554).
Ne consegue che, secondo l'indirizzo giurisprudenziale al quale questo Collegio si conforma per condivise ragioni, in tema di rescissione del giudicato, il riconoscimento dell'ignoranza incolpevole deve avvenire sulla scorta di tutti gli eventi indicativi della conoscenza della pendenza giudiziaria, se pure verificatesi nella fase delle indagini: con la precisazione che la disciplina codicistica individua in capo all'imputato, consapevole della pendenza del giudizio a suo carico, un preciso onere di diligenza, che si declina nel dovere di informarsi sullo stato della progressione del medesimo procedimento.
E detti principi, elaborati dalla giurisprudenza in riferimento alla previgente disciplina di cui all'art. 625 ter c.p.p., risultano pienamente applicabili all'identico istituto della rescissione del giudicato ex art. 629 bis c.p.p., oggi di competenza della corte di appello, fattispecie che risulta regolata secondo i medesimi paradigmi della previgente disciplina.
Sempre in premessa, va ancora osservato che la citazione in appello è stata ritualmente effettuata presso il domicilio eletto vale a dire presso lo studio dell'Avv. IB, secondo le indicazioni fornite dal ricorrente.
2.1. Orbene, l'art. 629 bis c.p.p., stabilisce espressamente che il condannato con sentenza passata in giudicato può chiedere la rescissione del giudicato qualora provi che l'assenza è stata dovuta ad una "incolpevole" mancata conoscenza della celebrazione del processo. Il disposto di detta norma deve essere comparato con il testo dell'art. 420 bis c.p.p., (nel testo novellato dalla L. n. 67 del 2014) che al comma 2, nella parte qui di interesse, così testualmente recita: "Salvo quanto previsto dall'art. 420 ter, il giudice procede altresì in assenza dell'imputato che nel corso del procedimento abbia dichiarato o eletto domicilio... nonchè nel caso in cui l'imputato assente abbia ricevuto personalmente la notificazione dell'avviso dell'udienza ovvero risulti comunque con certezza che lo stesso è a conoscenza del procedimento o si è volontariamente sottratto alla conoscenza del procedimento o di atti del medesimo".
L'attuale disciplina individua, invero, in capo all'accusato "consapevole" dell'esistenza della pendenza, un preciso onere di diligenza che si declina sia nel dovere di informarsi circa lo stato della progressione processuale, sia nell'onere di esercitare le facoltà e i diritti che gli sono riconosciuti ogni volta che lo stesso abbia conoscenza dell'esistenza del processo.
Il caso di specie è caratterizzato da una conoscenza del processo da parte dell'imputato conseguente all'avvenuta notifica presso il domicilio eletto ed è, inoltre, indiscutibile che, al momento dell'elezione di domicilio, il ricorrente ben poteva comprendere le conseguenze alle quali sarebbe andato incontro.
Ne deriva che la (regolare) notificazione del decreto che dispone il giudizio eseguita non direttamente nelle mani dell'imputato potrebbe sì potenzialmente aver dato luogo alla mancata conoscenza da parte di quest' ultimo della data di celebrazione del processo e dei successivi sviluppi ma per converso ciò è derivato, esclusivamente, da una sua condotta non certo "incolpevole" che, in quanto tale, non consente di ritenere configurate le condizioni di cui all'art. 629 bis c.p.p., comma 1, per ottenere la rescissione del giudicato.
D'altro canto, diversamente opinando, si potrebbe giungere al paradosso che la volontaria elezione o dichiarazione di un domicilio non seguita da un'attivazione dell'interessato a prendere contatti con le persone domiciliatarie ovvero a comunicare eventuali mutamenti in relazione a quanto dichiarato possa diventare un agevole escamotage per vanificare l'esito del processo in absentia attraverso il ricorso (potenzialmente attuabile anche a distanza di anni) al rimedio di cui all'art. 629 bis c.p.p., con conseguenze inaccettabili in relazione al sistema penale vigente.
Sussiste, invero, colpa evidente in capo al B. nella mancata conoscenza del processo, preclusiva del ricorso alla rescissione del giudicato di cui alla richiamata norma, avendo il predetto eletto regolarmente domicilio non attivandosi, tuttavia, per i contatti informativi necessari per la conoscenza dello sviluppo del procedimento.
La circostanza, poi, che il legale nel corso del procedimento abbia rinunziato al mandato non muta i termini della questione e non rende "incolpevole" la condotta del B., chiaramente assai negligente quanto alla attivazione dei suoi doveri di informazione.
L'affermazione secondo cui la rinunzia era stata comunicata "ad un indirizzo PEC non più utilizzato dal ricorrente in quanto collegato ad una società della quale egli non era più legale rappresentate dal 31 Agosto 2018 avendo rinunziato alla relativa carica", contrariamente a quanto prospettato dalla difesa, rende ancor più evidente la negligenza del B. il quale avrebbe dovuto comunicare tale mancato "utilizzo" del menzionato indirizzo. Nè può rilevare, ai fini che occupano, il dedotto fatto che il legale di fiducia fosse a conoscenza gli altri suoi recapiti e ciononostante non aveva provveduto a contattarlo: a parte la considerazione che trattasi di circostanza meramente allegata, deve ritenersi, comunque, configurabile una condotta non diligente imputabile al ricorrente.
In tal senso va richiamato il precedente, citato dal P.G. nella sua requisitoria, secondo cui in tema di processo celebrato in assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420 bis c.p.p., la nomina del difensore di fiducia non costituisce un dato meramente formale, ma è un elemento dal quale dedurre con certezza che l'imputato ha avuto conoscenza del processo. (Sez. 3, n. 49800 del 17/07/2018 - dep. 31/10/2018, T, Rv. 27430401).
3. Il secondo motivo è privo di fondamento alcuno in quanto, contrariamente a quanto prospettato dal ricorrente, la richiesta di rescissione del giudicato non poteva valere quale richiesta ex art. 175 c.p.p. di restituzione nel termine per impugnare e di declaratoria di non esecutività della sentenza, in ragione della diversità del petitum, come precisato da S.U. n. 36848/14.
4 Per le considerazioni esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2020.
Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2021