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Ripudio del fascismo non limita libertà di pensiero (TAR Lombardia 68/2018)

8 febbraio 2018, TAR Lombardia

La richiesta di dichiarare di ripudiare l’ideologia fascista non può essere qualificata come lesiva della libertà di pensiero e di associazione, dal momento che se tale libertà si spingesse fino a fare propri principi riconducibili all’ideologia fascista sarebbe automaticamente e palesemente in contrasto con l’obbligo e l’impegno al rispetto della Costituzione italiana e che, dunque, l’aver subordinato l’accesso agli spazi pubblici all’avversata dichiarazione, seppur in parte ridondante, non può comunque essere considerata contraria alla legge e, dunque, espressione di un eccesso di potere.

 

TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA


Sezione staccata di Brescia 
Sezione Seconda 
Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 68

sul ricorso numero di registro generale 45 del 2018, proposto da: 

Associazione di Promozione Sociale Casapound Italia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato D.T.,;

contro

Comune di Brescia, rappresentato e difeso dagli avvocati FM e AO; 

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,
- della delibera della Giunta Comunale di Brescia n. 781 del 19 dicembre 2017, avente ad oggetto “Indirizzi in merito alla concessione di spazi ed aree pubbliche, sale ed altri luoghi di riunione di proprietà comunale”.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Brescia;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l'art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018 la dott.ssa Mara Bertagnolli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Premesso:
- che l’atto impugnato è rappresentato dall’atto di indirizzo con cui la Giunta comunale ha dettato precise indicazioni da seguirsi nella concessione di spazi ed aree pubbliche, sale ed altri luoghi di riunione di proprietà comunale;

- che tale atto è ritenuto illegittimo, dall’associazione ricorrente, nella parte in cui prescrive che ai soggetti richiedenti la concessione di uno spazio pubblico per lo svolgimento della propria attività sia richiesto di dichiarare di “ripudiare il fascismo e il nazismo”;

- che la questione non può essere correttamente affrontata se non tenendo conto che, nella sua formulazione integrale, il Comune richiede agli interessi di dichiarare di “riconoscersi nei principi e nelle norme della Costituzione italiana e di ripudiare il fascismo e il nazismo”;

- che, secondo l’Amministrazione resistente, tale prescrizione rappresenterebbe una vera e propria endiadi, nel senso che l’accoglimento dei principi e nelle norme costituzionali non sarebbe scindibile rispetto al ripudio del fascismo e del nazismo;

Considerato:

- che la XII disposizione transitoria recita: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.”;
- che il contenuto di tale disposizione è ulteriormente chiarito dalla legge 20 giugno 1952, n. 645 (cosiddetta legge Scelba) che, in materia di apologia del fascismo, sanziona «chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità» di riorganizzazione del disciolto partito fascista, e «chiunque pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”;
- che l’insieme dei principi fondamentali, delle libertà costituzionali e, più in generale dei diritti e doveri del cittadino di cui alla Parte I della Costituzione esclude totalmente la tollerabilità, da parte dell’ordinamento italiano, di comportamenti riconducibili all’ideologia fascista;

Ritenuto, pertanto, che la specificazione richiesta del Comune in ordine al ripudio delle ideologie fascista e nazista, fosse, in concreto, di per sé, superflua o meramente confermativa, in quanto lo stesso riconoscimento dei principi e nelle norme della Costituzione italiana implica, implicitamente, il rigetto dell’ideologia fascista che con essi inevitabilmente contrasta;

Considerato, per converso, che la stessa Associazione ricorrente ha sottolineato, nel ricorso (a pag. 4), come il rifiuto di effettuare la contestata dichiarazione “non possa significare che CasaPound Italia non rispetti il sistema delineato dalla Costituzione italiana e non accetti il metodo democratico che questa individua quale modalità attraverso la quale concorrere alla determinazione della vita politica”;

Precisato che, contrariamente a quanto scritto nel ricorso, all’Associazione ricorrente non è stato richiesto di dichiarare di “condividere i valori dell’antifascismo”, bensì di ripudiare l’ideologia fascista e cioè, secondo il significato da attribuirsi al verbo utilizzato (ovvero disconoscere come proprio qualcuno o qualcosa a cui si è legati da vincoli giuridici, affettivi o di parentela), di disconoscere un vincolo con l’ideologia fascista, la cui affermazione sarebbe, invece, evidentemente incompatibile con la dichiarata volontà di rispettare i principi costituzionali;

Ritenuto, pertanto, che la richiesta di dichiarare di ripudiare l’ideologia fascista non possa essere qualificata come lesiva della libertà di pensiero e di associazione, dal momento che se tale libertà si spingesse fino a fare propri principi riconducibili all’ideologia fascista sarebbe automaticamente e palesemente in contrasto con l’obbligo e l’impegno al rispetto della Costituzione italiana e che, dunque, l’aver subordinato l’accesso agli spazi pubblici all’avversata dichiarazione, seppur in parte ridondante, non possa comunque essere considerata contraria alla legge e, dunque, espressione di un eccesso di potere;

Considerato che le disposizioni in questione non incidono sul regolamento di polizia urbana e la previsione della loro immediata esecutività non può inficiarne, di per sé, la legittimità;

Ravvisata, alla luce di tutto ciò, la carenza dei presupposti per la concessione della richiesta misura cautelare, non risultando il ricorso assistito da sufficienti elementi di fumus boni iuris;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda), respinge l’istanza cautelare presentata in uno con il ricorso in epigrafe indicato.

Compensa le spese della presente fase cautelare.

La presente ordinanza sarà eseguita dall'Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2018 con l'intervento dei magistrati:

Alessandra Farina, Presidente
Mara Bertagnolli, Consigliere, Estensore
Alessio Falferi, Consigliere