Home
Lo studio
Risorse
Contatti
Lo studio

Decisioni

Revisione europea necessita di orientamento Corte EDU consolidato (Cass. 11770/20)

9 aprile 2020, Cassazione penale

Una sentenza di Strasburgo reso per un altro ricorrente giova a chi non abbia presentato ricorso a sua volta solo a condizione che la Corte europea per i diritti dell'Uomo abbia emesso una sentenza che rilevi una violazione strutturale dell’ordinamento statuale e indichi le misure riparatorie da adottare a livello generale, o comunque con sentenza che assuma portata e rilievo generali, in quanto accerti una violazione di norme convenzionali suscettibile di produrre effetti pregiudizievoli nei confronti di soggetti diversi dal ricorrente.

 

Corte di Cassazione

sez. VI Penale, sentenza 26 novembre 2019 – 9 aprile 2020, n. 11770
Presidente Petruzzellis – Relatore Ricciarelli

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 14/11/2018 la Corte di appello di Messina ha rigettato un’istanza di revisione c.d. Europea, fondata sui principi affermati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nel caso Contrada, avanzata da C.C. , con riguardo alla sentenza di condanna pronunciata nei confronti del C. dalla Corte di appello di Catania in data 3/10/2001 per i reati di corruzione e di concorso esterno in associazione mafiosa.
2. Ha proposto ricorso il C. tramite il suo difensore.
2.1. Premesso il suo interesse alla revisione e al ricorso, con il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 110 e 416-bis c.p. e art. 630 c.p.p., letto alla luce della sentenza n. 113 del 2011 della Corte costituzionale.
La Corte non aveva considerato che la Corte di Strasburgo impone la riapertura dei processi, quale meccanismo idoneo alla restitutio in integrum, in presenza di violazioni delle garanzie convenzionali, e che l’allargamento dei casi di revisione rispondeva a tale esigenza.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione all’art. 117 Cost., artt. 7 e 46 CEDU, e mancanza di motivazione in ordine agli effetti della sentenza Contrada.
Segnala che la motivazione del provvedimento impugnato si era risolto nella negazione e nella contestazione del significato di sistema attribuibile alla sentenza Contrada, al contrario desumibile dalla complessiva analisi della Corte di Strasburgo sul tema del concorso esterno per i fatti anteriori alla sentenza Demitry delle Sezioni unite.
La sentenza Contrada dunque andava oltre il perimetro del caso di specie e doveva indurre l’interprete a riconoscerle valore in ogni altro caso corrispondente, a fronte di un vulnus di tipo strutturale per l’assenza di condizioni qualitative atte a garantire una base legale convenzionalmente sostenibile.
In tale quadro rilevava l’obbligo di conformazione dettato dall’art. 46 CEDU che imponeva al Giudice comune di uniformarsi alle sentenze definitive della Corte di Strasburgo i cui effetti si estendono allo Stato e alle altre parti coinvolte nella violazione che la decisione aveva censurato, dovendosi applicare al riguardo anche i principi elaborati per il caso S. , fermo restando che l’individuazione di controlimiti avrebbe potuto spettare solo alla Corte costituzionale.
2.3. Ripropone inoltre in subordine la questione di legittimità costituzionale dell’art. 630 c.p.p., in riferimento all’art. 117 Cost. e all’art. 3 Cost., nella parte in cui non consente di dare attuazione al diritto Europeo vincolante e al principio nullum crimen sine lege, elevato al rango di diritto umano, e implica nel contempo una disparità di trattamento di situazioni analoghe, a cominciare dal diverso trattamento riservato alla posizione del Contrada.

Considerato in diritto

1. Il ricorso deduce questioni che in diverso procedimento hanno indotto questa Sezione della Corte di cassazione a rimetterne l’esame alle Sezioni unite, che si sono in effetti pronunciate con la sentenza n. 8544 del 24/10/2019, dep. nel 2020, Genco.
In questa sede non si ravvisano ragioni per disattendere l’orientamento espresso dalle Sezioni unite, alla cui stregua il ricorso deve essere rigettato.
2. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente.
2.1. Va al riguardo osservato che i principi desumibili dalla sentenza n. 113 del 2011 della Corte costituzionale in tema di revisione Europea sono applicabili solo in presenza di talune condizioni, ribadite dal richiamato arresto delle Sezioni unite: occorre dunque che la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo implichi una riapertura del giudizio, al fine di emendare la riscontrata lesione di una garanzia convenzionale, e che l’accertamento della lesione sia avvenuto nei confronti del soggetto che propone il giudizio di revisione ovvero con una sentenza "pilota", secondo il meccanismo contemplato dall’art. 61 del regolamento CEDU, e dunque con sentenza che rilevi una violazione strutturale dell’ordinamento statuale e indichi le misure riparatorie da adottare a livello generale, o comunque con sentenza che assuma portata e rilievo generali, in quanto accerti una violazione di norme convenzionali suscettibile di produrre effetti pregiudizievoli nei confronti di soggetti diversi dal ricorrente.
2.2. Nel caso di specie è stata invocata la nota sentenza emessa in data 14 aprile 2015 dalla Corte di Strasburgo nel caso Contrada, con la quale è stata ravvisata una violazione della garanzia convenzionale di cui all’art. 7 C.E.D.U., in relazione a condanna pronunciata per concorso esterno in associazione mafiosa, per fatti anteriori al 1994, essendosi ritenuto che non ricorresse la prevedibilità della sanzione, quando l’ipotesi del concorso esterno era ancora oggetto di interpretazioni giurisprudenziali divergenti, prima della sentenza Demitry delle Sezioni unite, risalente al 1994.
Il ricorrente ha prospettato in particolare la connotazione strutturale della violazione riscontrata e la sua portata generale, tale da involgere il principio di legalità e da proiettarsi oltre i limiti soggettivi del giudizio dinanzi alla Corte di Strasburgo.
Ma proprio su tale tema l’arresto delle Sezioni Unite è di segno contrario.
2.3. È stato invero rilevato che la sentenza Contrada, evidentemente riferita a soggetto diverso dall’odierno ricorrente, non ha neppure carattere di sentenza "pilota", non presentandone i requisiti formali e sostanziali, e comunque non è inquadrabile tra quelle che abbiano rilevanza e portata generale in rapporto all’individuazione di un problema di tipo sistemico, ferma restando, alla stregua dell’insegnamento della Corte costituzionale (Corte Cost. 49 del 2015), la necessità che ai fini della configurabilità di uno strutturale obbligo conformativo possa parlarsi di sentenza che tende ad assumere un valore generale e di principio.
Le Sezioni unite hanno a tal fine rilevato che la sentenza della Corte di Strasburgo si è sviluppata attraverso l’esame del caso specifico e ha analizzato l’imputazione elevata a carico dell’imputato, la linea di difesa, le risposte ottenute e i relativi percorsi giustificativi sul tema della definizione giuridica del fatto e della prevedibilità, pronunciandosi in termini individuali, senza specificare se la violazione riguardasse i commi 1 o 2 dell’art. 7 C.E.D.U. e se dunque riguardasse l’accertamento in sé della penale responsabilità o il titolo e la connessa punizione, come peraltro avrebbe potuto dedursi da taluni passaggi.
Relativamente alla verifica della portata generale dell’accertamento, le Sezioni unite l’hanno escluso, osservando che il giudizio si è sviluppato sia sul piano oggettivo sia su quello soggettivo dell’imprevedibilità, considerando l’andamento del processo di cognizione, delle difese e dei contenuti motivazionali: è stato in particolare sottolineato che è assente l’indicazione di misure ripristinatorie di carattere generale, universali e impersonali, destinate ad esplicare effetti oltre i limiti di quel giudizio.
2.4. Inoltre è stato rimarcato come la sentenza non esprima un diritto consolidato, riconducibile ad un filone interpretativo uniforme, in assenza di pronunce analoghe sul tema, riguardante il concorso esterno in associazione mafiosa prima del 1994, e in assenza di una univoca e costante impostazione applicativa e interpretativa dei concetti di accessibilità e prevedibilità del diritto penale, quale possibilità per il cittadino di prendere anticipata cognizione del comando normativo e delle conseguenze punitive.
Si è al riguardo rilevato come sia stata spesso accolta dalla Corte di Strasburgo la concezione soggettiva di prevedibilità e altre volte sia stato dato rilievo al profilo formale del contenuto precettivo della legge e dell’interpretazione giudiziale, talvolta essendosi fatto riferimento all’evoluzione della considerazione sociale del comportamento come antigiuridico.
E si è dunque osservato che l’inedito rigore della sentenza Contrada si contraddistingue per il metro di apprezzamento della prevedibilità e per il fatto di aver superato i rilievi incentrati sul criterio soggettivo o quello della considerazione sociale, risultando non in sintonia con quanto osservato in circostanze diverse (secondo le pronunce all’uopo richiamate dalle Sezioni unite a pag. 22).
Di qui il riconoscimento del carattere atipico della pronuncia della Corte di Strasburgo, in un contesto in cui risulta di volta in volta mutevole il criterio seguito, ciò che viepiù impedisce, secondo le Sezioni unite, di trarne un principio di diritto consolidato, suscettibile di universale applicazione erga alios.
2.5. Peraltro le Sezioni unite hanno posto in luce anche le molteplici criticità della sentenza, che non consentono di considerare il concetto di prevedibilità esportabile nei confronti di altri soggetti, pur condannati per concorso esterno risalente ad epoca analoga a quella del Contrada e comunque prima del chiarimento introdotto dalla sentenza Demitry delle Sezioni unite.
In particolare è stato posto in evidenza in rapporto all’analisi contenuta nella sentenza Contrada che non si sarebbe potuto parlare di creazione giurisprudenziale e che peraltro le ragioni di contrasto ravvisabili si sarebbero potute appuntare sulla qualificazione del fatto, non sul discrimine tra la sua liceità e la sua illiceità, non essendo preclusa per il soggetto agente la possibilità di avvedersi della possibile punizione di condotte agevolatrici o di rafforzamento di una formazione mafiosa, fermo restando che il dibattito sul tema e la persistenza dell’incertezza avrebbe comunque imposto l’astensione da comportamenti che potevano dare luogo alla contestazione del reato anche in relazione al patrimonio di conoscenze del soggetto.
Ed anche con riguardo al tema della qualificazione del fatto le Sezioni Unite hanno rilevato come la sentenza Contrada non risulti in linea con precedenti affermazioni della Corte di Strasburgo (cfr. pag. 26 segg.), e hanno inoltre richiamato gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità in materia di overruling giurisprudenziale, ferma restando comunque la difficoltà di individuare il momento dell’insorgenza di un quadro giurisprudenziale idoneo a garantire la prefigurazione in capo al soggetto agente della punizione penale.
D’altro canto è stato posto in evidenza che il concetto di prevedibilità non è comunque estraneo all’ordinamento nazionale, anche alla luce della verifica dell’ignoranza inevitabile della legge penale, come desumibile dagli insegnamenti della Corte costituzionale.
Anche sotto tale profilo dunque è stato escluso che sia stato individuato un deficit strutturale, rintracciabile in tutti i giudicati di condanna intervenuti per fatti coevi a quello attribuito al Contrada.
2.6. In conclusione le Sezioni unite hanno ritenuto che la sentenza Contrada contro Italia del 14 aprile 2015 della Corte di Strasburgo per le sue connotazioni intrinseche e per il fatto di non costituire espressione di un orientamento consolidato non estende i suoi effetti nei confronti di soggetti estranei a quel giudizio, dovendosi escludere il carattere vincolante dell’interpretazione fornita del principio di legalità nei suoi aspetti qualitativi di accessibilità e prevedibilità.
2.7. In questa sede non possono che farsi proprie tali articolate considerazioni, estese a tutti i profili sottoposti all’attenzione delle Sezioni unite dall’ordinanza di rimessione, che ricomprendono anche i temi dedotti con i due motivi di ricorso, che non individuano peraltro argomenti diversi e ulteriori, meritevoli di uno specifico vaglio.
3. Con riguardo al terzo motivo, incentrato sulla prospettata questione di legittimità costituzionale, deve rimarcarsi come secondo il richiamato orientamento della Corte costituzionale (sentenza n. 49 del 2015, ampiamente valorizzata dalle Sezioni unite) la prospettazione di uno scostamento della norma interna non possa discendere che da un orientamento realmente espressivo dell’interpretazione data dalla Corte di Strasburgo alla norma convenzionale, costituente norma interposta rispetto al parametro di costituzionalità riveniente dall’art. 117 Cost., che è anche, innanzi tutto, alla base della verifica della possibilità di un’interpretazione conforme.
Sta di fatto che proprio alla luce di quanto rilevato dalle Sezioni unite nella sentenza ampiamente richiamata deve escludersi che la sentenza Contrada possa dirsi espressione di un siffatto consolidato orientamento, alla cui stregua possa valutarsi la conformità della norma interna al parametro di costituzionalità fornito dalla norma convenzionale.
E peraltro deve ribadirsi quanto osservato anche dalle Sezioni Unite in merito al fatto che l’incidente di costituzionalità difetta di rilevanza, dovendosi escludere che la sentenza Contrada possa proiettare effetti oltre i limiti di quel giudizio e che possano individuarsi specifici profili di illegittimità costituzionale nel giudicato di condanna nei confronti del ricorrente, in relazione all’art. 7 C.E.D.U..
Non conduce a diverse conclusioni sulle stesse basi il riferimento al parametro offerto dall’art. 3 Cost., in quanto non ricorrono elementi che consentano di argomentare in ordine alla ravvisabilità di un differente trattamento di situazioni analoghe, avuto riguardo al rilievo specifico attribuibile alla sentenza Contrada.
4. Il ricorso va quindi rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Si dà atto che il presente provvedimento, redatto dal consigliere Ricciarelli, viene sottoscritto dal solo Presidente del Collegio per impedimento dell’estensore, ai sensi del D.P.C.M. 8 marzo 20202, art. 1, comma 1, lett. a).