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Requisiti dell'associazione a delinquere finalizzata allo spaccio (Corte di Cassazione, n. 49135/2013)

6 dicembre 2013, Corte di Cassazione, n. 49135, sentenza 6 novembre – 6 dicembre 2013 e sez. VI Penale

 L'esistenza di una associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanza stupefacente (art. 74 TU stup.) può essere accertata anche per il tramite di indizi e non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l'esistenza di strutture rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 novembre ? 6 dicembre 2013, n. 49135

Presidente Garribba ? Relatore De Amicis

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza emessa in data 8 maggio e depositata il 28 maggio 2013, il Tribunale del riesame di Napoli ha annullato l'ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Napoli in data 21 marzo 2013, che applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di L.M. e L.R. , limitatamente al reato associativo di cui al capo sub 1F) dell'imputazione (ex art. 74, commi 1-2, del D.P.R. n. 309/90), sostituendo per L.M. , in relazione ai delitti a lei contestati negli ulteriori capi d'imputazione, la misura custodiale con quella degli arresti domiciliari presso la sua abitazione, ed altresì confermando l'impugnata ordinanza nei confronti del coindagato L.R. , in relazione ai restanti capi d'imputazione a lui ascritti.
2. Avverso la predetta ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il P.M. presso il Tribunale di Napoli, deducendo il vizio motivazionale inerente all'evidente contraddizione fra il riconoscimento della sussistenza di gravi indizi circa la molteplicità dei contestati delitti di cui all'art. 73 del D.P.R. n. 309/90, da un lato, e l'affermazione, dall'altro lato, che tali delitti sono solo espressione di relazioni commerciali illecite fra gli indagati, le quali si fondano unicamente su situazioni contingenti ed "ancorate alla necessità del momento".
A tale riguardo, viceversa, proprio la molteplicità dei reati-fine contestati e la frequenza quotidiana dei rapporti intercorsi fra gli indagati, sì come attestata dal contenuto e dal tenore delle conversazioni intercettate, unitamente alle contestuali attività di osservazione, agli arresti ed ai sequestri di sostanze stupefacenti, costituiscono elementi sintomatici dell'esistenza di uno stabile sodalizio operante in Napoli e nel territorio dei comuni limitrofi, i cui diversi componenti, legati anche da vincoli familiari, si dedicano all'attività di traffico di droga, con la relativa divisione dei compiti operativi.

Considerato in diritto

3. Il ricorso è fondato e va conseguentemente accolto nei limiti e per gli effetti di seguito esposti e precisati.
4. Nella giurisprudenza di questa Suprema Corte è ormai da tempo emersa con chiarezza la linea interpretativa secondo cui il procedimento logico di valutazione degli indizi si articola in due distinti momenti.
Il primo è diretto ad accertare il maggiore o minore livello di gravità e di precisione degli indizi, ciascuno isolatamente considerato, tenendo presente che tale livello è direttamente proporzionale alla forza di necessità logica con la quale gli elementi indizianti conducono al fatto da dimostrare, ed è inversamente proporzionale alla molteplicità di accadimenti che se ne possono desumere secondo le regole di esperienza.
Il secondo momento del giudizio indiziario è costituito dall'esame globale ed unitario, tendente a dissolverne la relativa ambiguità, posto che nella valutazione complessiva ciascun indizio (notoriamente) si somma e si integra con gli altri, in guisa tale che il limite della valenza di ognuno risulta superato e l'incidenza positiva sul piano probatorio viene esaltata nella composizione unitaria, sicché l'insieme può assumere quel pregnante ed univoco significato dimostrativo che consente di ritenere conseguita la prova logica del fatto; prova logica che non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta (o storica), quando sia conseguita con la rigorosità metodologica che giustifica e sostanzia il principio del cosiddetto libero convincimento del giudice (cfr., in tal senso, Sez. Un., 4 febbraio 1992, n. 6682, Rv. 191230).
Entro tale prospettiva, le linee dei paradigmi valutativi della prova indiziaria sono state recentemente ribadite dalle Sezioni Unite, che hanno evidenziato come il metodo di lettura unitaria e complessiva dell'intero compendio probatorio non si esaurisca in una mera sommatoria degli indizi e non possa, pertanto, prescindere dall'operazione propedeutica che consiste nel valutare ogni prova indiziaria singolarmente, ciascuna nella propria valenza qualitativa, tendente a porre in luce i collegamenti e la confluenza in un medesimo contesto dimostrativo (Sez. Un., 12 luglio 2005, n. 33748, Rv. 231678; da ultimo, Sez. 1, n. 16548 del 14/03/2010, dep. 29/04/2010, Rv. 246935; Sez. 2, n. 9269 del 05/12/2012, dep. 27/02/2013, Rv. 254871).
Alla stregua di tale quadro di principii risulta evidente, nel giudizio posto a base dell'ordinanza impugnata, una valutazione frazionata ed atomistica della pluralità degli elementi indiziari acquisiti, atteso che la disamina delle relative emergenze investigative è stata condotta dal Tribunale del riesame in modo frammentario, senza esplorare le possibili interazioni oggettivamente riscontrabili tra le diverse componenti della base indiziaria. Invero, la struttura e l'articolazione della motivazione dell'impugnata pronunzia risultano manchevoli proprio in relazione al profilo testé indicato, poiché il Tribunale ha valutato la posizione degli indagati analizzando i singoli elementi probatori acquisiti, ma senza poi inserirli appieno all'interno dell'evidenziato contesto storico-fattuale, ciò che avrebbe potuto contribuire a chiarirne l'effettiva portata dimostrativa e la reale congruenza rispetto ai temi d'accusa enucleati nel capo d'imputazione.
5. Muovendo da tale impostazione ricostruttiva, dunque, è evidente una carenza nello sviluppo logico-argomentativo delle sequenze motivazionali del provvedimento impugnato, la cui scansione, realizzatasi attraverso una disamina parcellizzata del materiale probatorio acquisito in forza delle attività di osservazione della P.G., delle intercettazioni e dei sequestri, non ha consentito di correlare logicamente le risultanze emergenti, in particolare, dai profili d'indagine relativi alla riconosciuta presenza di un "gruppo" ed alla molteplicità dei reati-fine contestati ex art. 73 del D.P.R. n. 309/90, nonché alla reiterazione del modus operandi nella realizzazione delle diverse condotte, all'intervento delle stesse persone, con una sistematica distribuzione dei relativi compiti ed apporti collaborativi, alla frequenza quotidiana dei rapporti intercorsi fra i coindagati - talora legati anche da vincoli familiari - ed alla costante necessità di soddisfare -"in un vorticoso turbinio di contatti e chiamate di interesse investigativo" - le esigenze dei numerosi consumatori in un arco temporale comunque significativo (dal dicembre 2010 al giugno 2011).
Si fa riferimento, nella motivazione dell'impugnata ordinanza, ad un "consistente" e "reiterato" apporto dei singoli alla perpetrazione di attività delittuose, oltre che a numerose conversazioni oggetto di intercettazione, da cui sembra univocamente emergere un attivo interessamento della M..L. nei traffici illeciti gestiti dal compagno Napolitano Salvatore, facendo da tramite con gli acquirenti ed intrattenendo direttamente contatti telefonici con questi ultimi, nonché riscuotendo o sollecitando il pagamento del prezzo, sino a prendere parte ai rifornimenti di droga da rivendere; dalle medesime attività di intercettazione, inoltre, sembra emergere che tra i destinatari delle cessioni di sostanze stupefacenti, per la successiva attività di vendita al dettaglio, vi sia anche il coindagato L.R. , che assieme ad altri sembra ritagliarsi un ruolo di autonomo spacciatore che tende a gestisce in proprio i rapporti con i vari consumatori, non senza ricorrere al Napolitano Salvatore, spesso con l'intermediazione della L.M. , ai fini del rifornimento di quantitativi anche rilevanti di sostanze stupefacenti.
6. Al riguardo, si è più volte riconosciuto, in questa Sede, che il vincolo associativo può poggiare anche sul rapporto che accomuna, in maniera durevole, il fornitore di droga e gli spacciatori che la ricevono per immetterla nel consumo al minuto, sempre che vi sia consapevolezza di operare nell'ambito di un'unica associazione e di contribuire con i ripetuti apporti alla realizzazione del fine comune di trarre profitto dal commercio di droga (Sez. 1, n. 30463 del 07/07/2011, dep. 01/08/2011, Rv. 251013).
In relazione a tale ultimo profilo, infatti, si è ritenuto che anche l'attività di vendita ai consumatori, quando sia effettuata avvalendosi consapevolmente e continuativamente delle risorse dell'organizzazione e con la coscienza di farne, perciò, parte, costituisce un volontario apporto causale al raggiungimento del fine di profitto perseguito dall'organizzazione stessa (Sez. 1, n. 1849 del 09/12/2008, dep. 19/01/2009, Rv. 242726; Sez. 6, n. 1174 del 19/11/2007, dep. 10/01/2008, Rv. 238403).
Sotto altro, ma connesso profilo, va altresì ribadito il principio, più volte affermato in questa Sede, secondo cui, per la configurabilità dell'associazione dedita al narcotraffico non è richiesta la presenza di una complessa e articolata organizzazione dotata di notevoli disponibilità economiche, ma è sufficiente l'esistenza di strutture, sia pure rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati (Sez. 1, n. 30463 del 07/07/2011, dep. 01/08/2011, Rv. 251011).
In tal senso, la prova del vincolo permanente, nascente dall'accordo associativo, può essere data anche per mezzo dell'accertamento di "facta concludentia", quali i contatti continui tra gli spacciatori, i frequenti viaggi per il rifornimento della droga, le basi logistiche, le forme di copertura e i beni necessari per le operazioni delittuose, le forme organizzative, sia di tipo gerarchico che mediante divisione dei compiti tra gli associati, la commissione di reati rientranti nel programma criminoso e le loro specifiche modalità esecutive (Sez. 4, n. 4481 del 29/11/2005, dep. 03/02/2006, Rv. 233247).
Del resto, ai fini della configurabilità dell'associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, non è richiesto un patto espresso fra gli associati, potendo desumersi la prova del vincolo dalle modalità esecutive dei reati-fine e dalla loro ripetitività, dalla natura dei rapporti tra i loro autori, dalla ripartizione di compiti e ruoli fra i vari soggetti in vista del raggiungimento del comune obiettivo di effettuare attività di commercio di stupefacenti (Sez. 6, n. 9061 del 24/09/2012, dep. 25/02/2013, Rv. 255312).
Né, infine, va trascurato il rilievo secondo cui, una volta verificata la sussistenza dei requisiti inerenti alla continuità e sistematicità dello spaccio ed alla predisposizione di una struttura operativa dotata di una certa stabilità, la costituzione del sodalizio criminoso non è esclusa per il fatto che lo stesso sia per lo più imperniato attorno a componenti dello stesso nucleo familiare, poiché, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, lo rendono ancora più pericoloso (Sez. 1, n. 35992 del 14/06/2011, dep. 04/10/2011, Rv. 250773).
7. S'impone, conseguentemente, l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, per un nuovo esame sui punti critici sopra specificamente evidenziati, che dovrà colmare le su indicate lacune motivazionali, uniformandosi al quadro dei principii di diritto in questa Sede elaborati.

P.Q.M.

annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli.