Una dichiarazione mendace circa il reddito non comporta la revoca del beneficio del ptrociio a spese dello stato se comunque il reddito rimane nei limiti previsti dalla legge per poter accedere al beneficio: l'unico presupposto per l'ammissione all'assistenza legale a carico dello Stato consiste solo nell'insussistenza di un reddito superiore a quello indicato per legge e la sua revoca può avvenire solo per ragioni inerenti variazioni di reddito o inadempimento ad oneri di collaborazione o controllo.
Pertanto, l'omessa indicazione dell'uomo nell'autodichiarazione non costituisce di per sé un motivo valido affinché venga respinta la richiesta, salva revoca prevista dall'art. 95 conseguente alla condanna per il reato di falsità nella dichiarazione sostitutiva di certificazione laddove vi sia irrevocabilità della sentenza che accerta il delitto.
Corte di Cassazione
sez. IV penale, ud. 13 gennaio 2022 (dep. 19 luglio 2022), n. 28249
Presidente Di Salvo - Relatore Esposito
Ritenuto in fatto
1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di Castrovillari ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell'art. 99 D.P.R. n. 115 del 2002 da M.P. avverso il decreto con cui il medesimo ufficio aveva revocato con efficacia retroattiva il decreto di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, emesso dal G.I.P. presso il Tribunale di Castrovillari in data 4 giugno 2014 nell'ambito del procedimento penale n. 2348/10 R.G.N. R. - 761/14 R.G.T. e ha contestualmente rigettato l'istanza di liquidazione compensi al difensore.
Nell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il M. deduceva di aver specificatamente e regolarmente indicato i propri redditi e che tale indicazione, correlata alla documentazione allegata (Modello ISEE) alla quale lo stesso legittimamente e logicamente faceva affidamento, consentiva di escludere un'intenzione dolosa; evidenziava ancora il difensore che il reddito accertato dalla G.d.F. di (omissis), più elevato rispetto a quelle dichiarato era, comunque, tale da consentire l'accesso ai beneficio essendo inferiore alla soglia stabilita per legge.
Il Tribunale ha osservato che, all'esito dell'accertamento eseguito dalla G.d.F.. era risultato che nell'istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato il M. aveva reso dichiarazioni mendaci. L'organo giudicante, peraltro, ha ritenuto riferimento alla certificazione ISEE allegata all'istanza, in quanto era stata rilasciata da alcuni enti pubblici previa sottoscrizione della dichiarazione sostitutiva unica (DSU), contenente un'indicazione parziale dei redditi percepiti e valutabili ai fini della ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Ai fini del recupero delle spese dalla persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato, trovava applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 134.
2. Il M., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la suindicata ordinanza per violazione del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 75,76 e 99.
Si deduce che l'organo giudicante ha rigettato l'istanza unicamente in relazione al profilarsi della responsabilità in relazione al delitto di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 art. 95, poiché nella domanda il M. aveva omesso di dichiarare correttamente il proprio reddito. Da ciò, secondo il giudicante, deriverebbe la cosciente violazione di cui all'art. 95 cit..
Nell'ordinanza impugnata si è erroneamente ritenuto che l'istanza presentata dal difeso e ab origine immeritevole di accoglimento, stante l'omessa indicazione da parte del difeso di una parte di reddito percepito da uno dei componenti della di lui famiglia, per cui erano disposti la revoca del beneficio i già concesso all'istante e il rigetto della richiesta di compenso del difensore per l'attivà professionale espletata.
L'istante, ancorché percettore di un reddito più alto di quanto indicato nel periodo di riferimento dell'istanza (specificamente in Euro 13.321,89 come rilevato dalle informative della G.d.F.), per le notorie riduzioni applicabili nel settore penale per ogni componente il nucleo familiare, era pienamente legittimato ad usufruire, poiché non risultava superata la soglia massima reddituale prevista per legge. Tale omissione non poteva giustificare la revoca del beneficio concesso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Va premesso che il ricorrente risulta aver presentato una domanda di ammissione al gratuito patrocinio, indicando un importo complessivo dei redditi inferiore a quello effettivo, ma comunque rientrante nella soglia massima prevista dalla legge per il riconoscimento del beneficio.
Ora, al fine di dare soluzione ai quesiti proposti con il ricorso, deve preliminarmente osservarsi che la decisione impugnata compie una sorta di sovrapposizione fra la disciplina per l'ammissione al beneficio (o per la sua revoca) e quella che punisce il reato di falso, contenuta nel D.P.R. n. 115 del 2002 art. 95.
Invero, il D.P.R. n. 115 del 2002 art. 76, stabilisce che "se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante" ed è chiaro che è il reddito complessivo del nucleo quello che il richiedente deve dichiarare ai sensi dell'art. 79, comma 1, lett. c), D.P.R. cit. e che non può complessivamente superare la soglia di cui agli artt. 76 e 92 D.P.R. cit.
Nondimeno, l'unico presupposto per l'ammissione consiste esclusivamente nell'insussistenza di un reddito superiore a quello indicato dalla legge per la concessione del beneficio. La sua revoca, infatti, ai sensi dell'art. 112 D.P.R. cit., può intervenire solo per ragioni inerenti variazioni di reddito o per l'omesso adempimento ad oneri di collaborazione sul controllo della persistenza delle condizioni di ammissione, o qualora nei cinque anni dalla definizione del processo provata la mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni di reddito di cui agli artt. 76 e 92, ma non quando il beneficio sia stato concesso ed emerga successivamente - o per comunicazioni da parte dell'interessato o a seguito delle verifiche della G.d.F. - che la dichiarazione non era veritiera, perché incompleta, se le condizioni di reddito erano fin dall'origine sussistenti.
La revoca prevista dall'art. 95, comma 2. D.P.R. cit., conseguente alla condanna per il reato di falsità nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall'art. 79, comma 1, lett. b), c) e), implica, infatti, l'irrevocabilità della sentenza che accerta il delitto.
Va ora rilevato che, in base all'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, in tema di patrocinio a spese dello Stato, la falsità o l'incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dal D.P.R. n. 115 del 2002 art. 79, comma 1, lett. c), non comporta, qualora i redditi effettivi non superino il limite di legge, la revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate dal D.P.R. n. 115 del 2002 artt. 95 e 112 (Sez. U, n. 14723 del 19/12/2019, dep. 2020, Pacino, Rv. 278871).
Le Sezioni Unite hanno altresì chiarito che "la soluzione adottata è del resto coerente con la ratio dell'istituto del gratuito patrocinio, il cui fondamento è costituito dalla tutela del diritto inviolabile alla difesa per la persona sprovvista di mezzi economici: all'indagato, all'imputato o al condannato ammessi al gratuito patrocinio è così attribuita la facoltà di scelta di un proprio difensore di fiducia (iscritto all'albo specifico), senza alcun onere economico, con la possibilità di nominare ed utilizzare la prestazione di consulenti tecnici di parte ed investigatori" e che il principio affermato è in linea con le norme costituzionali ed internazionali fondamentali di riferimento, in tema di diritto di difesa e di diritto all'equo processo (artt. 24,111 Cost., 6CEDU e 14, par. 3, lett. d), del Patto sui diritti civili e politici).
Secondo le Sezioni Unite la disciplina è volta a tempestivamente esonerare dalle spese di difesa il titolare di redditi posti al di sotto della soglia prevista e "l'esigenza, recessiva rispetto ai canoni costituzionali e di diritto Europeo sopra richiamati, di recuperare le somme corrisposte dallo Stato, a fronte di comportamenti non del tutto trasparenti ed affidabili da parte dell'istante, è soddisfatta dalla previsione della revoca dell'ammissione con effetto retroattivo, in conseguenza dell'intervenuta condanna in sede penale, che non può prescindere dall'accertamento dell'elemento soggettivo".
L'omessa indicazione di un reddito nell'autodichiarazione da allegare all'istanza, pertanto, non costituisce di per sé motivo di reiezione, purché il reddito del nucleo sia effettivamente inferiore alla soglia di cui al D.P.R. n. 115 del 2002 artt. 76 e 92. Semmai, quando il giudice che deve provvedere, a seguito delle verifiche degli uffici finanziari, anche ai sensi dell'art. 96, comma 2 D.P.R. cit., ritenga sussistenti gli estremi del reato di cui all'art. 95 cit., dovrà trasmettere - come disposto nel caso di specie - gli atti al pubblico ministero, ma non potrà laddove non vi sia superamento della soglia stabilita dall'art. 76, negare la provvidenza (Sez. 4, n. 18945 del 27/03/2019, Naccarella Luciano, Rv. 276462).
10. L'ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio al Presidente Tribunale di Castrovillari per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla il provvedimento impugnato e rinvia, per nuovo giudizio, al Presidente del Tribunale di Castrovillari.