In tema di mandato di arresto europeo, al fine di verificare il radicamento almeno quinquennale della persona richiesta sul territorio nazionale, quale motivo di rifiuto facoltativo della consegna di cui all'art. 18-bis, comma 2-bis, legge 22 aprile 2005, n. 69, deve computarsi non solo il lasso temporale di permanenza in Italia successivo alla commissione del reato oggetto del mandato, ma anche quello antecedente la sua perpetrazione.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
sentenza n. 5013/2024
udienza 21 giugno 2024. - deposito 25 giugno 2024.
Composta da
Dott. DE AMICIS Gaetano - Presidente
Dott. COSTANZO Angelo - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
A.A. nato in Romania il (Omissis) (CUI Omissis)
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma il 07/05/2024; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Consigliere Angelo Costanzo;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Marco Patarnello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito il difensore del consegnando, Avvocata GTP, che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Roma con sentenza del 7 maggio 2024 ha disposto la consegna di A.A. alla Autorità giudiziaria della Romania in relazione al mandato di arresto Europeo emesso il 28 marzo 2024 dalla predetta Autorità in esecuzione di sentenza del Tribunale di Dorohi, emessa 12 aprile 2023 (definitiva il successivo 26 ottobre), di condanna alla pena di anni uno di reclusione per il delitto di furto commesso in Dorohi nel gennaio del 2021.
2. Nel ricorso presentato dal difensore di A.A. si eccepisce la nullità della sentenza impugnata ex art. 18-bis , comma 2-bis, della legge n. 69 del 2005 , per non avere la Corte d'appello considerato tutti gli elementi indicativi della legittima presenza del A.A. nel territorio dello Stato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato, anche se la motivazione della sentenza impugnata va parzialmente rettificata ex art. 619 cod. proc. pen.
1.1. La Corte di appello ha ritenuto che l'operatività del comma 2-bis dell'art. 18-bis legge n. 69 del 2005 sia subordinata alla condizione che la durata quinquennale del cittadino del Paese UE in Italia sia interamente maturata "successivamente alla commissione del reato per il quale è stato emesso il MAE" e che tale condizione non sussiste per il A.A.
1.2. Questa conclusione non è condivisibile.
Il comma 2-bis dell'articolo citato stabilisce che "Ai fini delia verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano della persona richiesta in consegna, la corte di appello accerta se l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza sul territorio sia in concreto idonea ad accrescerne le opportunità di reinserimento sociale, tenendo conto della durata, della natura e delle modalità della residenza o della dimora, del tempo intercorso tra la commissione dei reato in base al quale il mandato d'arresto Europeo è stato emesso e l'inizio del periodo di residenza o di dimora...".
La Corte d'appello pone a sostegno della sua tesi la sentenza della Corte costituzionale n. 178 del 2023, dalla quale, tuttavia, non si ricava il principio indicato. Infatti, la Corte costituzionale, nel riportare la risposta della Corte GUE in sede di rinvio pregiudiziale, ha osservato che la Corte GUE ha concluso che l'articolo 4, punto 6, della decisione-quadro 2002/584 va interpretato nel senso che per valutare se occorre rifiutare l'esecuzione di un mandato d'arresto Europeo emesso nei confronti del cittadino di un Paese terzo che dimori o risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione, l'autorità giudiziaria dell'esecuzione deve considerare complessivamente tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistono con lo Stato membro di esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e che, pertanto, l'esecuzione, nello Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente accrescerà le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che la pena o la misura di sicurezza saranno state eseguite. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato (paragrafo 68 e dispositivo). Infatti, il reinserimento sociale della persona condannata è la ratio ispiratrice del motivo di non esecuzione facoltativa di cui all'art. 4, punto 6, della decisione-quadro 2002/584/GAI, trasposto nell'ordinamento italiano con l'art. 18-bis legge n. 69 del 200 e successive modifiche, che non vieta di considerare la permanenza in Italia, anche se durante tale periodo lo straniero abbia commesso all'estero un reato per il quale è stato emesso mandato di arresto, se la permanenza si è protratta successivamente fino a completare il quinquennio dimostrativo del radicamento in Italia.
2. Posto quel che precede, va però rilevato che la Corte di appello ha escluso che A.A. risieda in Italia da almeno cinque anni (presupposto per l'operatività della norma invocata dal ricorrente) con motivazione non illogica, evidenziando che "il contratto di locazione - oltre a essere intestato allo zio del A.A. - è intervenuto nel 2022 e il rapporto di lavoro a tempo determinato - come documentato dalla difesa - inizia comunque nel 2023".
Invece, le deduzioni del ricorrente sono, da un lato, aspecifiche - perché si limitano a sostenere che la Corte di appello avrebbe valutato soltanto la durata della permanenza in Italia (che, se inferiore a cinque anni, impedisce ex lege , l'applicazione della previsione) - e, dall'altro lato, inammissibili - perché non risulta che il certificato di attribuzione del codice fiscale (allegato al ricorso) sia stato prodotto nel precedente grado di giudizio, sicché valutarlo comporterebbe un giudizio di merito, al quale questa Corte, dopo le modifiche apportate dall' art. 18del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 all'art. 22 della legge n. 69, non può più procedere (Sez. 6, n. 8299 del 08/03/2022, Rafa, Rv. 282911).
3. Per quanto specificamente riguarda lo stato di gravidanza della compagna del A.A., deve ribadirsi che è compito primario di ciascuno Stato membro salvaguardare i requisiti inerenti ai diritti fondamentali sanciti dall'art. 7 della Carta nonché dall'art. 24, par. 2 e 3, di quest'ultima, astenendosi da qualsiasi misura che possa pregiudicarli. Pertanto l'esistenza di un rischio reale che la persona oggetto di un mandato d'arresto Europeo o i suoi figli minori subiscano, in caso di consegna di tale persona all'autorità giudiziaria emittente, una violazione di tali diritti fondamentali può consentire - in linea di principio - all'autorità giudiziaria dell'esecuzione di astenersi dal dare seguito a tale mandato d'arresto Europeo, in base all' articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584 (Corte di giustizia dell'Unione Europea sentenze del 22 febbraio 2022, Openbaar Ministerie, C-562/21 PPU e C-563/21 PPU, EU C 2022 100, punto 46, e del 31 gennaio 2023, Puig Gordi e a., C-158/21, EU C 2023 57, punti 72 e 96).
Tuttavia, nel caso in esame si osserva che il ricorrente non ha corredato la sua prospettazione circa lo stato di gravidanza della compagna con i necessari supporti documentali, sicché tale profilo della vicenda sarà, eventualmente, proponibile nella fase dell'esecuzione del mandato di arresto Europeo ex art. 23 , comma 3, legge n. 69 del 2005 , per il quale "Quando sussistono motivi umanitari (...) il presidente della corte di appello, o il magistrato da lui delegato, può con decreto motivato sospendere l'esecuzione del provvedimento di consegna, dando immediata comunicazione al Ministro della giustizia".
4. Al rigetto del ricorso segue, come per legge, la condanna del consegnando al pagamento delle spese processuali e le rituali comunicazioni, a cura della Cancelleria.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per le comunicazioni di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Conclusione
Così deciso il 21 giugno 2024.
Depositato in Cancelleria il 25 giugno 2024.