La revoca della sospensione condizionale della pena pur erroneamente concessa non può intervenire quando ormai il beneficio si è consolidato (cioè quando è decorso il termine e sono maturate le condizioni per l'estinzione del reato).
Corte di Cassazione
sez. I penale
ud. 20 febbraio 2024 (dep. 30 maggio 2024), n. 21603
Ritenuto in fatto
1. Con l'ordinanza in epigrafe la Corte di appello di Catanzaro revocava, ai sensi dell'art. 168, terzo comma, cod. pen., nei confronti di M.F., la sospensione condizionale della pena concessa con sentenza 23 marzo 2010 del Tribunale di Rossano, confermata sul punto con sentenza emessa dalla stessa Corte il 17 aprile 2014, irrevocabile il 18 marzo 2015.
Trattavasi infatti di sospensione condizionale accordata, illegittimamente, per la terza volta.
2. Ricorre il condannato per cassazione, con il ministero del suo difensore di fiducia.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell'art. 168, terzo comma, cod. pen., con riferimento al precedente art. 164, e vizio di motivazione.
Il giudice a quo non avrebbe preliminarmente valutato la possibilità di riconoscere il vincolo della continuazione tra il reato in relazione al quale era stata pronunciata la seconda condanna condizionalmente sospesa e il reato ulteriormente giudicato, oggetto del titolo interessato dalla caducazione del beneficio, che si sarebbe per l'effetto potuta evitare.
In secondo luogo, la caducazione del beneficio sarebbe stata illegittimamente deliberata allorché si era ormai verificata l'estinzione del reato, a norma dell'art. 167 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente violazione dell'art. 125 cod. proc. pen. e vizio di motivazione.
Il giudice a quo avrebbe deliberato la revoca senza pregiudizialmente accertare se i precedenti ostativi risultassero documentalmente, o meno, al giudice della cognizione al momento della terza concessione del beneficio. Solo nella seconda ipotesi la revoca avrebbe potuto essere disposta.
In via subordinata, andavano considerati, come non avvenuto, gli effetti dei provvedimenti di clemenza (amnistia e indulto) successivi alla commissione dei primi due reati.
Considerato in diritto
1. Il primo motivo è manifestamente infondato, nella parte in cui lamenta l'omesso pronunciamento su un oggetto (il previo riconoscimento della continuazione parziale tra reati e sentenze) che l'interessato non aveva sottoposto alla valutazione del giudice dell'esecuzione.
Il giudice dell'esecuzione, a differenza di quello di cognizione, non può infatti provvedere d'ufficio ad accordare l'eventuale beneficio (Sez. 1, n. 17832 del 24/01/2017, Dogali, Rv. 269822-01).
2. Lo stesso primo motivo è fondato nel resto.
3. La sospensione condizionale della pena è istituto orientato ad esigenze di prevenzione speciale e di rieducazione (Sez. 3, n. 28690 del 09/02/2017, Rochira, Rv. 270588-01; Sez. 5, n. 1136 del 05/04/2013, dep. 2014, Held, Rv. 258822-01; Sez. 1, n. 26633 del 10/06/2008, Zara, Rv. 240858-01; Sez. 1, n. 3999 del 28/10/1991, Giamboi, Rv. 188701-01). Entro limiti predeterminati di concedibilità, oggettivi e soggettivi, l'ordinamento penale rinuncia all'esecuzione della pena, previa prognosi di non recidivanza nel reato (da condurre sulla base degli elementi di cui all'art. 133 cod. pen.: tra le molte, Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, Di Domenico, Rv. 263534-01) e sul presupposto che la prognosi si inveri all'esito del previsto periodo di sperimentazione, nonché sul presupposto ulteriore, ove la sospensione sia accompagnata da obblighi positivi a contenuto risocializzante, che questi ultimi siano tempestivamente soddisfatti.
Come, dunque, la concessione del beneficio è subordinata ad un giudizio di meritevolezza in chiave prognostica, nella prospettiva della mancata ricaduta nel reato e dell'adempimento degli eventuali obblighi accessori, la legge impone la caducazione del beneficio allorché risultino indici certi a smentita della prognosi.
L'art. 168, primo comma, n. 1), cod. pen. stabilisce, infatti, che la sospensione condizionale è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti (cinque anni per i delitti, due anni per le contravvenzioni, decorrenti dalla irrevocabilità del titolo: da ultimo, Sez. 1, n. 24999 del 31/05/2022, Fulle, Rv. 283404-01), il condannato commetta un delitto, o una contravvenzione della stessa indole, per i quali sia inflitta pena detentiva, o non adempia agli obblighi imposti.
Specularmente, se tali termini decorrono senza che le anzidette cause di revoca risultino integrate, il reato è definitivamente estinto e la pena - sia la principale, sia le eventuali accessorie - non è eseguita, a norma dell'art. 167 cod. pen. (restano viceversa fermi gli altri effetti penali: tra le molte, Sez. 2, n. 6017 del 09/01/2024, Messina, Rv. 285863-01).
La revoca della sospensione è legata, dunque, a sopravvenienze qualificate. La recidiva delittuosa o il mancato adempimento degli obblighi funzionano, nelle ipotesi indicate, come ragioni di decadenza da un beneficio che il condannato non si è dimostrato degno di mantenere.
Di qui derivano, con specifico riferimento all'ipotesi della recidiva nel quinquennio (o nel biennio), due importanti corollari.
Da un lato, ai fini della revoca della sospensione, non possono considerarsi rilevanti le pendenze giudiziarie non definitive, in quanto la condizione legittimante il provvedimento di rigore è unicamente la certa commissione di un nuovo reato nel termine di probation, commissione che deve essere accertata con sentenza irrevocabile, in ragione della presunzione di non colpevolezza di cui all'art. 27, primo comma, Cost. (Sez. 1, n. 17878 del 30/01/2017, Manno, Rv. 269824-01). Sicché la sede elettiva per la revoca è proprio quella esecutiva, mentre il potere di disporla, che in tal caso può esercitare anche d'ufficio il giudice che procede in ordine al nuovo reato, ha per lui natura meramente facoltativa e surrogatoria (Sez. 1, n. 39190 del 09/07/2021, Stambazzi, Rv. 282076-01; Sez. 1, n. 24103 del 08/04/2021, Fosco, Rv. 281432-01; Sez. 1, n. 30710 del 10/05/2019, Dinar, Rv. 276408-01), restando comunque l'efficacia della revoca, decretata in cognizione, subordinata al passaggio in giudicato della nuova sentenza.
Per contro, la commissione del reato nuovo, dal quale la legge fa dipendere la revoca del beneficio, e con essa l'impedimento all'effetto estintivo del reato in relazione al quale era stato accordato, rileva se avvenuta nel quinquennio (o nel biennio), indipendentemente dalla data di irrevocabilità della sentenza che la accerta (Sez. 5, n. 11759 del 22/11/2019, dep. 2020, Rv. 279015-01). Quest'ultima sentenza è meramente ricognitiva di un effetto decadenziale già prodottosi con la ricaduta nel reato, che costituisce condizione per la revoca. Gli effetti di diritto sostanziale risalgono de iure al momento, antecedente la nuova pronuncia giudiziale e indipendente da essa, in cui si è verificata detta condizione, sicché il provvedimento di revoca prende atto di una situazione (il venir meno della clausola di sospensione) già determinatasi per legge, in conseguenza del reato sopravvenuto e accertato con pronuncia passata in giudicato (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998, Cerroni, Rv. 210798-01).
4. L'art. 168, terzo comma, cod. pen., introdotto dalla legge 26 marzo 2021, n. 128, prevede, a sua volta, che la sospensione condizionale della pena sia revocata, ove concessa in violazione dei limiti di reiterabilità previsti dall'art. 164, ultimo comma, cod. pen.
La revoca in esame può essere disposta sia in sede di cognizione, che in sede di esecuzione (art. 674, comma 1-bis, cod. proc. pen.), a condizione, in entrambi i casi, che i precedenti preclusivi non fossero documentalmente noti al giudice che aveva concesso il beneficio obiettivamente non spettante (essendo il giudice, che delibera sulla revoca, tenuto ad acquisire, anche d'ufficio, il fascicolo del giudizio antecedente per la doverosa verifica al riguardo: Sez. U, n. 37345 del 23/04/2015, Longo, Rv. 264381-01; Sez. 3, n. 34387 del 27/04/2021, Bisioli, Rv. 282084-01).
La revoca è obbligatoria, in presenza di tale ultima condizione, e il giudice di cognizione, che la decreti d'ufficio, non viola il divieto di reformatio in peius, in quanto neppure tale provvedimento presuppone un'attività discrezionale o valutativa, bensì puramente ricognitiva e dichiarativa di una preesistente situazione di illegalità (Sez. 6, n. 51131 del 15/11/2019, Niasse, Rv. 277570-01; Sez. 2, n. 37009 del 30/06/2016, Seck, Rv. 267913-01; Sez. 1, n. 21872 del 12/02/2003, Savignano, Rv. 224400-01).
5. La revoca, prevista dall'art. 168, terzo comma, cod. pen., ha struttura e funzione del tutta diverse da quelle stabilite nel primo comma.
Essa non è costitutivamente correlata al verificarsi di fatti nuovi, che si pongano come fattore risolutivo del beneficio già concesso, né si atteggia dunque a revoca di carattere decadenziale, costituendo piuttosto esercizio di un vero e proprio ius poenitendi (revoca in senso stretto).
Dal lato finalistico, essa pone rimedio non già alla constatata frustrazione degli scopi della sospensione condizionale, bensì all'inesistenza, originaria, dei presupposti applicativi del beneficio.
Ciò posto, il nuovo istituto deve essere raccordato con le previsioni di cui all'art. 167 cod. pen., che sancisce la definitiva impossibilità di far luogo all'esecuzione della pena principale e delle pene accessorie una volta che, ultimata la probation, il condannato non sia incorso, nel relativo arco di tempo, in comportamenti che ne abbiano contraddetto lo spirito, ossia in recidive considerate dalla norma rilevanti, e abbia soddisfatto gli obblighi impostigli. Proprio in virtù delle caratteristiche strutturali e funzionali sopra illustrate, la revoca in esame non interviene a sanzione di condotte sopravvenute, idonee, in quanto manifestatesi nel corso del quinquennio (o biennio), e solo perché tali, ad escludere l'operatività del meccanismo di estinzione del reato.
Se la legge consente ora, a certe condizioni, di rimediare ad un vizio genetico del provvedimento concessivo, l'attivazione del rimedio incontra un limite, logico e giuridico, nell'antecedente avveramento dell'effetto estintivo ex art. 167 cod. pen., posto che tale effetto non è normativamente impedito durante la latenza della situazione giuridica evocata dall'art. 168, terzo comma, cod. pen., e posto che l'effetto stesso risulta irreversibile, beninteso al verificarsi delle condizioni ivi stabilite, pur se la relativa declaratoria (implicitamente ammessa dall'ordinamento: Sez. 1, n. 38043 del 27/10/2006, Ravaioli, Rv. 235167-01) non sia ancora intervenuta.
La soluzione indicata è coerente con il quadro normativo, in cui l'esito di estinzione del reato si produce per legge in presenza delle condizioni stabilite (analogamente, a proposito dell'analogo istituto previsto in caso di pena patteggiata, Sez. 1, n. 5501 del 29/09/2016, dep. 2017, Cazzaniga, Rv. 268994-01), nonché con le esigenze di stabilità del sistema e di certezza delle situazioni giuridiche. A ragionare diversamente, il condannato - pur in assenza di fatti colpevoli successivi, e rigorosamente delimitati nel tempo, a sé ascrivibili -rimarrebbe esposto sine die all'eventualità di un'esecuzione penale, ancorché in origine illegittimamente sospesa, oltre ogni ragionevole limite di proporzione tra il trascorrere inerte del tempo e il rilievo della persistente necessità di punire (se solo si consideri che, a norma dell'art. 172, quinto comma, cod. pen., richiamato per le contravvenzioni dal terzo comma dell'art. 173, se l'esecuzione della pena è subordinata al verificarsi di una condizione, nel caso di specie rappresentata dalla revoca del beneficio sospensivo, il termine di prescrizione non decorre sino al giorno in cui la condizione si è verificata).
6. Va dunque affermato il principio di diritto, in forza del quale la revoca della sospensione condizionale della pena, nei casi previsti dall'art. 168, terzo comma, cod. pen., non può intervenire quando ormai il beneficio si è consolidato, essendo decorso il termine ed essendo maturate le condizioni al cui cospetto si determina, ai sensi dell'art. 167 dello stesso codice, l'estinzione del reato e non ha luogo l'esecuzione della pena.
7. Nel caso di specie, la sospensione condizionale è stata revocata, in quanto erroneamente concessa, alla stregua dell'art. 168, terzo comma, cit., ma la revoca è stata pronunciata, trattandosi di delitto, oltre il quinquennio dalla irrevocabilità del titolo, senza che fossero maturate cause di decadenza dal beneficio.
La revoca non poteva pertanto essere decretata, alla stregua delle considerazioni che precedono.
Segue l'annullamento senza rinvio dell'ordinanza impugnata, restando in tale pronuncia assorbito il secondo motivo di ricorso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.