La legge non richiede l’assenso del difensore di ufficio alla elezione di domicilio in forma scritta.
Sono valide le notifiche effettuate presso il domicilio eletto anche nel caso in cui l’indagato si sia rifiutato di sottoscrivere il relativo verbale. In motivazione, la Corte ha precisato che l’ordinamento non richiede per l’elezione di domicilio, avente natura di dichiarazione di volontà con valore negoziale, la forma scritta, e dunque, la necessaria sottoscrizione
Corte di Cassazione
sez. III Penale
sentenza 30 gennaio – 10 giugno 2020, n. 17818
Presidente Ramacci – Relatore Socci
Ritenuto in fatto
1. Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Napoli, con provvedimento del 4 ottobre 2019 ha dichiarato la nullità della richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di P.V. in quanto "dagli atti si evince che l’assenso del difensore di ufficio sia stato prestato nelle forme di cui all’art. 162 c.p., comma 4 bis, forme necessarie da svolgere per iscritto attesa la nazionalità straniera dell’imputato, la lingua ucraina e l’assenza di ogni indicazione riguardo alla sua presenza sul territorio italiano".
2. Ricorre in cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.
2. 1. Violazione di legge (art. 416 c.p.p.) e abnormità del provvedimento impugnato perché al di fuori delle previsioni normative.
Le ipotesi di nullità della richiesta di rinvio a giudizio sono indicate tassativamente dall’art. 416 c.p.p. e, nel caso in giudizio, non si possono rinvenire ipotesi di nullità generale di cui all’art. 178 c.p.p. (non essendoci violazioni attinenti all’iniziativa del Pubblico Ministero, all’esercizio dell’azione penale e alla partecipazione del P.M. al procedimento, nè in ordine all’intervento, all’assistenza e alla rappresentanza dell’imputato).
L’art. 162 c.p.p. non prevede alcuna forma scritta per l’assenso alla domiciliazione del difensore d’ufficio e neanche si può collegare una forma scritta alla nazionalità dell’imputato. Nel caso in giudizio, del resto, tutti gli atti erano stati tradotti nella lingua dell’indagato, con l’interprete appositamente convocato dalla P.G. (ausiliario di P.G.).
La pretesa nullità della dichiarazione ex art. 162 c.p.p., comma 4 bis, rendendo non utilizzabile l’elezione di domicilio del soggetto poi resosi irreperibile comporta una stasi del procedimento non altrimenti risolvibile. La dichiarazione di elezione del domicilio, infatti, non risulta ripetibile.
Appare, infine, del tutto irrituale la dichiarazione di nullità della richiesta di rinvio a giudizio senza contraddittorio, in un momento antecedente l’udienza preliminare; si è verificata, quindi, una regressione anomala del procedimento, non risolvibile.
Il giudice avrebbe dovuto adottare le proprie decisioni all’esito dell’udienza preliminare.
Ha chiesto pertanto l’annullamento del provvedimento impugnato.
3. La Procura Generale della Cassazione, Sostituto Procuratore Generale Dr. Marilia Di Nardo, ha chiesto di annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata.
Considerato in diritto
4. Il ricorso è fondato e l’ordinanza deve annullarsi senza rinvio con trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli per l’ulteriore corso.
È affetto da abnormità non solo il provvedimento che, per la singolarità e stranezza del contenuto, risulti avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti e delle ipotesi previste, al di là di ogni ragionevole limite. L’abnormità dell’atto processuale può riguardare tanto il profilo strutturale, allorché l’atto, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale, quando esso, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l’impossibilità di proseguirlo. (Sez. U, n. 26 del 24/11/1999 - dep. 26/01/2000, Magnani, Rv. 21509401; Sez. 2, n. 2484 del 21/10/2014 - dep. 20/01/2015, Tavoloni e altro, Rv. 26227501; Sez. 2, n. 7320 del 10/12/2013 - dep. 14/02/2014, Fabozzi, Rv. 25915801).
Nel nostro caso sotto il profilo strutturale il provvedimento impugnato esula dalle previsioni della norma processuale; anche se l’elezione di domicilio non fosse accettata dal difensore d’ufficio (ipotesi questa comunque non verificatasi) si dovrebbe comunque procedere alla notifica: "In tema di elezione di domicilio effettuata dall’imputato presso il difensore d’ufficio, qualora quest’ultimo non accetti la veste di domiciliatario, come consentito dall’art. 162 c.p.p., comma 4-bis, introdotto della L. 23 giugno 2017, n. 103, e l’imputato non provveda ad effettuare una nuova e diversa elezione di domicilio, si deve procedere comunque mediante notifica allo stesso difensore ai sensi dell’art. 161 c.p.p., comma 4, diversamente determinandosi una situazione di stallo non superabile" (Sez. 2, n. 27935 del 03/05/2019 - dep. 25/06/2019, PMT C/ BETANCUR CARAVAJAL A, Rv. 27621401).
La richiesta di una forma scritta dell’assenso del difensore alla elezione di domicilio non è richiesta dalla norma. L’art. 162 c.p.p., comma 4 bis prevede solo che "L’elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio non ha effetto se l’autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l’assenso del difensore domiciliatario".
L’elezione di domicilio pertanto è valida.
Inoltre, questa Corte di Cassazione ha da sempre ritenuta valida l’elezione di domicilio anche nelle ipotesi di rifiuto di firmare il verbale da parte dell’indagato (in relazione all’assenza di richiesta della forma scritta da parte della norma): "Sono valide le notifiche effettuate presso il domicilio eletto anche nel caso in cui l’indagato si sia rifiutato di sottoscrivere il relativo verbale. In motivazione, la Corte ha precisato che l’ordinamento non richiede per l’elezione di domicilio, avente natura di dichiarazione di volontà con valore negoziale, la forma scritta, e dunque, la necessaria sottoscrizione" (Sez. 4, n. 24940 del 17/04/2019 - dep. 05/06/2019, MOUALHI CHOKRI, Rv. 27645601; vedi anche Sez. 2, n. 33956 del 14/06/2017 - dep. 12/07/2017, Pena, Rv. 27073301).
Nessun collegamento, del resto, la disposizione prevede con la nazionalità dell’indagato e la conoscenza della lingua italiana.
Il provvedimento, pertanto, risulta al di fuori del sistema organico della legge e per di più comporta una stasi procedimentale non risolvibile poiché l’elezione d domicilio non risulta reiterabile nelle ipotesi di irreperibilità dell’indagato.
L’ordinanza impugnata deve quindi annullarsi senza rinvio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Napoli.