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Progressi scientifici e prova nuova nel giudizio di revisione (Cass. 28801/19)

2 luglio 2019, Cassazione penale

L’ammissibilità di una nuova perizia come base per una revisione è affermata dalla giurisprudenza di legittimità soltanto con riferimento a nuove metodiche scientifiche approvate dalla comunità degli esperti che possano sovvertire i precedenti risultati, cogliendo dati obiettivi nuovi e diversi da quelli già presi in considerazione nel precedente giudizio.

In tema di revisione la prova nuova è quella che, da sola o unitamente a quelle già acquisite, sia idonea a ribaltare il giudizio di colpevolezza dell’imputato: in sede di delibazione preliminare, tale valutazione va compiuta in astratto, senza rendere penetranti anticipazioni del giudizio di merito, riservate alla fase successiva, da svolgersi in contraddittorio.

Corte di Cassazione

sez. I Penale, sentenza 18 dicembre 2018 – 2 luglio 2019, n. 28801
Presidente Mazzei – Relatore Liuni

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza del 19/2/2018, la Corte di appello di Brescia ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione avanzata da C.P. con riferimento alla sentenza della Corte di appello di Milano del 16/9/2015, che - riformando la sentenza assolutoria del Tribunale di Milano in data 17/11/2014 aveva condannato l’istante alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione per i reati di cui agli artt. 476 e 374 c.p..
1.1. La Corte bresciana ha ritenuto manifestamente infondata la richiesta di revisione, poiché non sorretta dalla presentazione di "prove nuove", come richiede l’art. 630 c.p.p., lett. c), bensì dalla riedizione di mezzi di prova già espletati e valutati nel giudizio di merito.
A tenore delle accertate imputazioni, quanto al reato ex art. 476 c.p. (falsità materiale in atti pubblici), la C. - in qualità di pubblico ufficiale, come difensore che procedeva alla ricezione ed autenticazione di dichiarazioni assunte in sede di indagini difensive - contraffaceva o faceva contraffare da terzi le firme e le sigle apposte in calce ai verbali di dichiarazioni apparentemente assunte da M.B. nelle date del 9 e 13 dicembre 2005, apponendovi la propria firma per autentica; il 18/1/2006 depositava presso la Procura della Repubblica di Milano due esemplari di tali verbali recanti le firme apocrife della M. ; nell’udienza del 7/7/2009 dinanzi alla IX sezione del Tribunale di Milano produceva altri due esemplari di tali verbali, recanti anche le sigle apocrife su ogni pagina, ai fini dell’art. 512 c.p.p., stante l’avvenuto decesso della M. .
Quanto al reato ex art. 374 c.p. (frode processuale), la C. forniva al perito grafologo incaricato dal Tribunale di Milano di accertare l’autenticità o la falsità delle firme e delle sigle della M. , quale scrittura comparativa, un atto di nomina di consulente di parte datato 9 dicembre 2005 relativo alla nomina della Dott.ssa Ci.Ni. , recante anche la firma di M.B. rivelatasi falsa, al fine di trarre in inganno il perito nell’esecuzione della perizia.
1.2. Nella declaratoria di inammissibilità, si è osservato che le obiezioni presentate a sostegno della richiesta di revisione erano già state oggetto di ampia discussione e valutazione nel corso del giudizio di appello, nonché in sede di legittimità, essendo state riproposte nel ricorso per cassazione, in cui questa Corte aveva pure respinto le questioni riguardanti la non disposta rinnovazione istruttoria da parte della Corte di appello, che pure aveva ribaltato la sentenza assolutoria di primo grado.
1.2.1. In ordine alle "nuove prove" che la ricorrente intendeva valorizzare, rileva la Corte bresciana che è inammissibile una ulteriore consulenza tecnica grafologica più approfondita, affidata al chimico grafologo prof. Ca. e alla psicologa e grafologa prof. P. (quest’ultima già esaminata nel giudizio di primo grado), che giunge a conclusioni opposte a quelle delle due perizie svolte nei due procedimenti penali (il primo a carico di T.G. , marito della M. , per il reato ex art. 609 bis c.p. in danno della comune figlia minore V. ; il secondo - quello in oggetto - a carico della C. ), oltre che a quelle dei consulenti di parte pubblica e privata, tutte concordi nell’indicare la falsità delle firme e delle sigle apparentemente della M. .
L’ammissibilità di una nuova perizia come base per una revisione è affermata dalla giurisprudenza di legittimità soltanto con riferimento a nuove metodiche scientifiche approvate dalla comunità degli esperti che possano sovvertire i precedenti risultati, cogliendo dati obiettivi nuovi e diversi da quelli già presi in considerazione nel precedente giudizio.
1.2.2, Parimenti inammissibili si palesano le ulteriori consulenze di parte, sia quella svolta dal chimico prof. B.A. , peraltro già presentata nel giudizio di merito; sia quella del metrologo D.F. (irrilevante, riguardando l’analisi della copia - studio della nomina 9/12/2005); sia quella del prof. Ta. , relativa all’influenza sulla scrittura della malattia da cui era affetta la signora M. . In ordine a tutti questi elaborati, la Corte di appello di Milano si era pronunciata nel giudizio di merito, rigettando motivatamente le prospettazioni dei consulenti di parte dell’imputata e ritenendo invece corrette e condivisibili le perizie d’ufficio.
1.2.3 Nemmeno riveste dignità di prova nuova la rinnovata versione dell’imputata quanto alla formazione degli aloni sui documenti oggetto di perizia, profilo che da un canto è irrilevante ai fini della decisione e dall’altro è oltremodo tardivo.
1.2.4 Ulteriori argomentazioni di inammissibilità sono state spese contro la c.d. prova logica introdotta dalla C. , con riguardo alla coincidenza tra le dichiarazioni ex art. 391 bis c.p.p., apparentemente sottoscritte da M.B. , e quelle rese da altri testimoni, che documenterebbero la veridicità delle prime, e quindi l’insussistenza del falso per difetto della sua ragion d’essere.
Ciò in particolare riguarda la deposizione scritta del Dott. R.F. , che si è diffuso sulla irrilevanza delle dichiarazioni della signora M. , in quanto pervenute dopo che egli aveva spiccato l’avviso ex art. 415 bis c.p.p.; la deposizione scritta dell’avv. Be.de.Pa.An. , legale della M. nella tormentata procedura di separazione personale dal T. ; le dichiarazioni della figlia V. , ormai maggiorenne, che ha confermato di avere subito molestie sessuali dal padre Gianluca T. .
Invero, trattasi di materiale probatorio ininfluente sul thema decidendum, che non è quello della falsità ideologica delle dichiarazioni attribuite alla M. , bensì l’accertamento della falsità delle firme e delle sigle apposte alle dichiarazioni ex art. 391 bis c.p.p. e alla nomina del Ct di parte.
2. Avverso l’ordinanza di inammissibilità della Corte di appello di Brescia ricorrono per cassazione ai sensi dell’art. 634 c.p.p., comma 2, i difensori di C.P. , avv.ti NM e VS, avanzando un unico e articolato motivo di impugnazione consistente nella denuncia di violazione di legge e correlato vizio di motivazione sul punto della negazione del carattere di "prove nuove" per gli elementi evidenziati nella richiesta di revisione.
2.1 Il primo livello dell’analisi si attesta sulle omissioni motivazionali riguardanti la valutazione delle nuove consulenze tecniche di parte, che inficiano il ragionamento della Corte bresciana.
Quanto alla presentazione di nuove metodiche scientifiche, i ricorrenti affermano di avere dettagliatamente illustrato i profili di novità delle tecniche scientifiche utilizzate dai propri consulenti di parte e i nuovi dati obiettivi acquisiti mediante tali innovative metodologie.
Di tali argomentazioni la Corte bresciana non avrebbe tenuto alcun conto, sicché esse vengono riproposte nel ricorso di legittimità, e partitamente esposte con riferimento a ciascuna nuova consulenza tecnica.
2.1.1 Nuova relazione tecnica del metrologo D.F. .
Tale consulenza ha riguardato l’atto di nomina del consulente di parte, costituente corpo del reato di cui al capo 2 della rubrica (art. 374 c.p.).
Secondo la tesi accusatoria, su tale atto di nomina, recante la data del 9/12/2005, era stata apposta una firma falsa di M.B. in data anteriore e prossima al 19/10/2009. In tal modo sarebbe stata formata una falsa scrittura comparativa da sottoporre al perito Be. , previa cancellazione - con un solvente chimico - di una scritta pregressa che riduceva lo spazio disponibile.
Al contrario, il metrologo D. ha dimostrato che la firma della M. era vera e coeva alla data di deposito dell’atto di nomina del Ct, attraverso una tecnologia non disponibile all’epoca della perizia svolta nel procedimento a carico di C.P. . Infatti si tratta di una metodologia che consiste nell’uso di apparecchiature ad altissima risoluzione, realizzate nel 2014 e migliorate nel biennio 2015/16, dunque in epoca successiva sia alle perizie Be. (2009) e C. (2011), sia al dibattimento svoltosi negli anni 2013 - 2014.
Quanto ai risultati di tale nuova consulenza tecnica, nel ricorso per revisione si era specificato che i nuovi esami strumentali avevano avuto ad oggetto "le caratteristiche del supporto cartaceo, la condizione dei tratti inchiostrati e la profondità dei solchi della firma M.B. e delle scritte del Cancelliere".
Con riferimento alla copia di studio della nomina, il consulente D. aveva concluso che "la firma M.B. risale al 09.12.2005: è cioè coeva alla firma e alla data apposte dal Cancelliere al momento del deposito". Inoltre, il Ct rimarcava l’assenza di segni riconducibili a scritte cancellate.
Quanto alle altre firme in verifica, apposte sui verbali del 9 e 13.12.2005, e alle firme comparative apposte sulle bozze dei medesimi verbali, il consulente affermava che "le sottoscrizioni appartengono, tutte, alla stessa mano", avendo in entrambi i casi rilevato significativi ambiti di compatibilità con la variazione dell’erogazione pressoria della scrivente.
2.1.2 Nuova relazione tecnica del prof. B.A.
Contrariamente a quanto afferma la Corte bresciana, i ricorrenti rivendicano che le ricerche del prof. B. non erano mai state svolte in precedenza, nè avrebbero potuto esserlo in quanto si basavano sugli esiti delle consulenze del metrologo D. e del chimico - grafologo prof. Ca. , mediante l’uso di nuove tecnologie. La consulenza in esame ha approfondito i profili a) dei processi di invecchiamento degli inchiostri, b) dell’azione dei solventi sugli inchiostri in correlazione alla loro età, c) della tipologia e natura della macchia e dell’alone che riguarda anche i nuovi documenti esaminati.
L’esame - condotto non soltanto sulla copia studio della nomina a Ctp, ma anche sulla nomina a difensore del 9/12/2005, su quattro nuove nomine a difensore (di M.B. e del padre M.S. ) tutte in data 6/6/2005, e tutte interessate in diversa misura da macchia e alone, nonché sui verbali del 9 e 13.12.2005, anche nelle pagine non analizzate nelle perizie conduceva il consulente a dichiarare l’autenticità delle firme in verifica.
L’esame delle macchie e dell’alone induceva a definire accidentale la lordatura con un liquido dell’atto di nomina del consulente di parte, così negandosi che si fosse trattato di un solvente per cancellare una scritta che ostacolava l’apposizione della nuova firma.
Infatti, si sarebbe appurato che l’atto di nomina ritenuto manipolato con il solvente, in realtà, era rovesciato sotto tutti gli altri documenti esaminati quando è stato colpito dal liquido. Detto liquido avrebbe contemporaneamente bagnato tutti i documenti, che erano a contatto.
2.1.3 Nuova relazione tecnica del chimico - grafologo prof. Ca.Ra. e della psicologa - grafologa prof. P.L. .
In merito a tali elaborati, che la Corte bresciana qualifica come ulteriore e più approfondita relazione di consulenza grafologica, priva del carattere di novità, i ricorrenti affermano trattarsi invece di accertamenti mai effettuati prima, originati per il profilo chimico dall’indagine del metrologo D. e per gli aspetti merceologici e grafo-tecnici dalle acquisizioni del prof. Ca. , mediante strumentazione ad alta definizione.
I risultati raggiunti con tali nuove indagini hanno permesso di attribuire a M.B. la firma in calce alla nomina del consulente di parte del 9/12/2005, nonché le sottoscrizioni sui verbali del 9 e 13/12/2005, individuando in ben 52 pagine manoscritte dalla M. numerosi movimenti grafici ricorrenti e ripetuti anche nelle sottoscrizioni esaminate. Di contro, è stato possibile escludere con certezza che tali sottoscrizioni fossero attribuibili alla manoscrittura di C.P. .
2.2. I ricorrenti censurano ulteriori omissioni motivazionali, riguardanti la valutazione delle nuove testimonianze, assunte ai sensi dell’art. 391 bis c.p.p.
2.2.1, Con superficiale valutazione, la Corte di Brescia ha giudicato irrilevanti le informazioni rese da Be.De.Pa.An. , avvocata civilista che aveva seguito la signora M. nel giudizio di separazione personale.
Invece, da tali informazioni si apprende che i verbali la cui sottoscrizione è stata ritenuta falsa per essere state le firme e sigle apocrife apposte in data anteriore e prossima al 7/7/2009, in realtà erano già stati integralmente redatti anni prima, tant’è vero che l’avv. Be.De.Pa. ne aveva conservato copia nel suo fascicolo di studio insieme ad una lettera accompagnatoria del 06/02/2006 a firma della collega C.P. .
2.2.2. Parimenti rilevanti sono ritenute dai ricorrenti le informazioni rese dal Dott. R.F. , in quanto smentiscono la tesi accusatoria che i verbali informativi della M. fossero stati creati allo scopo di rafforzare le rivelazioni rese dalla minore T.V. nell’incidente probatorio.
Infatti, il Dott. R. , all’epoca pubblico ministero del processo nei confronti di T.G. per l’accusa di molestie sessuali ai danni della figlia V. , ha dichiarato di essersi risolto a chiedere il processo senza leggere la deposizione scritta della M. (che peraltro gli era pervenuta dopo avere emesso l’avviso di conclusione delle indagini), disponendo di pregnanti e autonomi elementi di indagine a supporto dell’accusa.
2.2.3,Infine, le nuove dichiarazioni di T.V. , ormai maggiorenne (che la Corte territoriale neutralizzava affermando che ella non era stata presente all’epoca della redazione dei verbali), sono importanti per confermare che la madre, a causa del suo malandato stato di salute, aveva reso dichiarazioni nello studio professionale di C.P. , e non in Tribunale, diversamente da lei e da S.W. . Sarebbe impensabile che l’avvocata abbia raccolto le dichiarazioni ex art. 391 bis c.p.p. della M. , senza preoccuparsi di farle sottoscrivere dalla medesima, ed invece apponendovi firme apocrife.
3. Il Procuratore generale, Dott. Paolo Canevelli, ha presentato requisitoria scritta in cui ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio ad altra Corte di appello individuata ai sensi dell’art. 11 c.p.p..
Secondo il Pg, il ricorso appare fondato anche alla luce della giurisprudenza di legittimità che insegna che una perizia può costituire prova nuova se basata su nuove acquisizioni scientifiche e foriera di risultati più adeguati.
Nel caso in esame, la richiesta di revisione si è basata appunto sulla presentazione di una nuova consulenza tecnica grafologica, effettuata con strumentazione tecnologica di avanguardia, non disponibile all’epoca del processo di merito, in grado di dimostrare l’autenticità delle firme in verifica.
A fronte di tale "prova nuova", la Corte ha dichiarato l’inammissibilità della richiesta senza motivarne le ragioni, ma limitandosi ad affermare che la richiesta era sostanzialmente incentrata sulla critica di merito alle conclusioni raggiunte dalle perizie svoltesi nel processo. Trattasi di argomentazioni distoniche rispetto al devoluto, e dunque non idonee a supportare la manifesta infondatezza delle ragioni poste a base della richiesta di revisione.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato nei seguenti termini.

L’istituto della revisione - previsto per ovviare all’incidenza di eventi verificatisi dopo il passaggio in giudicato della sentenza, tali da pregiudicare la decisione di condanna - consta di una preliminare fase di ammissibilità, in cui deve essere astrattamente valutata la decisività dell’elemento sopravvenuto a produrre il ribaltamento del giudicato, nel senso del proscioglimento del condannato a tenore degli artt. 529, 530 e 531 c.p.p. (Sez. 5, n. 10523 del 20/02/2018, Rossi, Rv. 272592; Sez. 6, n. 34531 del 04/07/2013, Rv. 256136, Mazzagatti e altro).

1.1 Nel caso in esame, l’istanza di revisione è stata proposta ai sensi dell’art. 630 c.p.p., lett. c), tuttavia non sulla base di una prova nuova di cui si chiede l’assunzione, bensì prendendo le mosse dalle perizie e consulenze tecniche già svolte nel giudizio di merito, e che la difesa intende invalidare grazie a nuovi accertamenti tecnici basati su metodologie innovative che sarebbero in grado di ribaltare la condanna nel senso del proscioglimento dell’imputata, dimostrando come le firme e sigle ritenute apocrife siano state invece vergate proprio dalla signora M.B. in epoca coeva alle date di formazione dei documenti cui esse erano state apposte.

1.2 Tale essendo il nocciolo della decisione richiesta alla Corte di appello di Brescia, deve in primo luogo osservarsi che la delibazione astratta rimessa a questa fase rescindente indirizza verso un preliminare esame di corrispondenza tra il caso specifico e le ipotesi normative previste dall’art. 630 c.p.p..
La fattispecie è inquadrabile nell’ipotesi dell’art. 630 c.p.p., lett. c), alla luce della più recente elaborazione giurisprudenziale che ha trattato il tema dell’introduzione postuma in sede processuale di nuove acquisizioni scientifiche e di metodologie innovative, approdando alla conclusione che, ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione, possono costituire "prove nuove" ai sensi dell’art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c), quelle che, pur incidendo su un tema già divenuto oggetto di indagine nel corso della cognizione ordinaria, siano fondate su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili (da ultimo, Sez. 5, n. 10523 del 20/02/2018, Rv. 272592, Rossi). Invero, in tal caso è tangibile il carattere di novità della scoperta scientifica e della tecnica innovativa, tale da riverberarsi nel processo con l’efficacia dirompente di scardinare la decisione di condanna.

1.3 Sul punto, però, la Corte bresciana contesta il carattere di "prova nuova" delle consulenze svolte dal chimico-grafologo e dalla psicologa-grafologa, nonché di quella del prof. B. e infine di quella del metrologo, affermando trattarsi di attività già compiute nel giudizio di merito oppure irrilevanti ai fini della decisione.
Orbene, è necessario rammentare che in tema di revisione la prova nuova è quella che, ex art. 630 c.p.p., comma 1, lett. c), da sola o unitamente a quelle già acquisite, sia idonea a ribaltare il giudizio di colpevolezza dell’imputato (Sez. 2, n. 18765 del 13/03/2018, Rv. 273029, Buscaglia). In sede di delibazione preliminare, tale valutazione va compiuta in astratto, senza rendere penetranti anticipazioni del giudizio di merito, riservate alla fase successiva, da svolgersi in contraddittorio (Sez. 1, n. 6066 del 24/03/2017 - dep. 2018, Arpe).
Nè può nella specie ritenersi corretto - per la materia eminentemente tecnica da sottoporre a vaglio critico, qual è quella dei risultati, in tesi diversi, che scaturirebbero dal ricorso alle vantate nuove metodologie - un giudizio di sicura manifesta infondatezza come quello che ha espresso la Corte bresciana, senza confrontarsi con il merito delle argomentazioni scientifiche dedotte nel ricorso per revisione.

2. Invero, la declaratoria di inammissibilità è stata fondata da un canto sulla ritenuta mancanza del carattere di novità delle nuove consulenze tecniche svolte con metodiche innovative e sottoposte all’esame della Corte della revisione, affermando che si trattava delle stesse indagini già svolte nei gradi di merito; dall’altro su una prematura valutazione di infondatezza - non così manifesta - delle c.d. "prove logiche" raccolte dalla difesa con l’audizione di persone informate (Dott. R.F. , avv. Be.De.Pa. , T.V. ).

Si deve qui rilevare una certa confusione tra il piano rescindente e quello rescissorio, dovendosi ancorare la valutazione di manifesta infondatezza ad una constatazione ictu oculi di assoluta inconferenza degli elementi addotti a motivo della revisione rispetto all’esito di ribaltamento del giudizio di condanna (Sez. 5, n. 44925 del 26/06/2017, Di Stefano, Rv. 271071; Sez. 6, n. 20022 del 30/01/2014, Di Piazza, Rv. 259779).

2.1. È pur vero che la Corte di appello, nel giudizio relativo all’ammissibilità della richiesta di revisione, è tenuta ad esercitare un limitato potere-dovere di valutazione, anche nel merito, in ordine all’oggettiva potenzialità degli elementi addotti dal richiedente a determinare una necessaria pronuncia di proscioglimento, dovendosi pertanto ritenere legittima - anzi doverosa - la verifica prognostica sul grado di affidabilità e di conferenza dei "nova", qualora non si traduca in indebite anticipazioni del giudizio di merito.

Ma è proprio questa la lacuna che si rileva nell’ordinanza in questione, laddove, senza discussione della consistenza scientifica dei "nova" - particolarmente di quelli che si vantano per tali, cioè le nuove metodiche di indagine, passibili in tesi di ribaltamento degli esiti delle perizie - si esprime tout court un giudizio di inconferenza dei medesimi, peraltro sostenendo che si tratti di indagini già svolte nelle precedenti fasi di merito, il che viene energicamente negato dalla difesa (che ha depositato ponderosa documentazione a conforto di tale carattere di assoluta novità, da valutarsi in sede propria).

Delle due, l’una: se si reputa evidente che le nuove metodiche non saranno in grado di scalfire i risultati raggiunti nelle precedenti indagini scientifiche, così fallendo l’obiettivo di ribaltare il verdetto di condanna, allora la richiesta di revisione è manifestamente infondata e non può oltrepassare la fase preliminare del vaglio di ammissibilità: ma tale posizione deve trovare congrua e soddisfacente motivazione sul punto.

In alternativa, si deve prendere atto che le novità scientifiche e/o metodologiche hanno valenza potenzialmente caducatoria degli esiti raggiunti con gli accertamenti esperiti secondo metodologie tradizionali: in tal caso resta riservata alla fase del merito ogni valutazione sull’effettiva capacità delle allegazioni a travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, in quanto l’art. 631 c.p.p. esplicitamente richiama tutte le formule assolutorie indicate nell’art. 530, comprese quelle di cui ai commi 2 e 3, ispirate al canone di garanzia "in dubio pro reo" (Sez. 1, n. 40815 del 14/10/2010, Rv. 248463, Ferorelli e altro; n. 25678 del 12/5/2004, Contena, Rv. 228141).

2.2. Ritiene questa Corte che la fattispecie in esame sia propriamente inquadrabile in questa seconda eventualità, alla luce delle allegazioni contenute nel ricorso circa i diversi risultati raggiungibili con l’applicazione delle nuove metodologie, sicché deve senz’altro darsi corso al giudizio di revisione dinanzi alla Corte di appello di Venezia, individuata ai sensi dell’art. 11 c.p.p., come prescrive l’art. 634 c.p.p. comma 2. (..) poi, sarà possibile - se del caso - anche pervenire all’apprezzamento degli apporti informativi raccolti dalla difesa della condannata, a corollario di un eventuale ribaltamento del giudizio di condanna rimesso essenzialmente agli esiti di nuove indagini tecniche condotte con le nuove metodologie.

3. In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Venezia per il giudizio di revisione.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia il giudizio di revisione alla Corte di appello di Venezia.