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Prognosi secondaria per lesioni, obbligo di referto (Cass 30456/20)

2 novembre 2020, Cassazione penale

Il sanitario ha l’obbligo di referto caso di cd. prognosi secondaria, quando in relazione a lesioni stradali attesti in certificati stilati a prolungamento dei giorni di malattia, rispetto ad una prima prognosi da altri espressa, seppur per sommatoria si addivenga ad un periodo di malattia superiore a 40 giorni con reato dunque procedibile d'ufficio.

Il delitto di omissione di referto, che ha natura di reato di pericolo, in quanto volto ad assicurare il corretto andamento dell’amministrazione della giustizia attraverso l’invio alla A.G. competente della notizia qualificata di un reato, includente elementi tecnici essenziali ai fini dello svolgimento delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale, è ravvisabile con riguardo ad una condotta omissiva, che risulta apprezzabile nel momento in cui il sanitario viene a trovarsi di fronte ad un caso che può presentare i connotati di un reato perseguibile d’ufficio, dovendosi inoltre valutare se il sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di fatto dai quali desumere in termini di astratta possibilità la configurabilità di un simile delitto e abbia avuto la coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto. 

Corte di Cassazione

 sez. VI Penale, sentenza 14 ottobre – 2 novembre 2020, n. 30456
Presidente Bricchetti – Relatore Ricciarelli

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza del 4/7/2019 il Tribunale di Grosseto ha assolto G.D. dal reato di cui all’art. 365 c.p. perché il fatto non costituisce reato, rilevando, anche sulla scorta di linee guida adottate dal Procuratore della Repubblica di Firenze, che possa escludersi che con riguardo a lesioni stradali il sanitario abbia l’obbligo di referto quanto alla prognosi secondaria, attestata in certificati stilati a prolungamento dei giorni di malattia, rispetto ad una prima prognosi da altri espressa, seppur per sommatoria si addivenga ad un periodo di malattia superiore a 40 giorni.

2. Ha presentato ricorso il P.M. presso il Tribunale di Grosseto, deducendo violazione dell’art. 365 c.p..
L’assunto che l’obbligo di referto sia riferibile alla notizia di reato, perseguibile d’ufficio, appresa originariamente, e non al sopravvenuto regime di procedibilità, deve ritenersi erroneo, in quanto rispetto al delitto di lesioni stradali l’obbligo, secondo il ricorrente, sorge in capo al medico che ha rilasciato il certificato con cui si supera la prognosi di giorni di giorni quaranta, venendo in rilievo un reato diverso perseguibile d’ufficio e un adempimento funzionale al rispetto dell’obbligo di esercizio dell’azione penale.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è fondato.

2. Il delitto di omissione di referto, che ha natura di reato di pericolo, in quanto volto ad assicurare il corretto andamento dell’amministrazione della giustizia attraverso l’invio alla A.G. competente della notizia qualificata di un reato, includente elementi tecnici essenziali ai fini dello svolgimento delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale (Sez. 6, n. 51780 del 29/10/2013, Cerasoli, Rv. 258499), è ravvisabile con riguardo ad una condotta omissiva, che risulta apprezzabile nel momento in cui il sanitario viene a trovarsi di fronte ad un caso che può presentare i connotati di un reato perseguibile d’ufficio, dovendosi inoltre valutare se il sanitario abbia avuto conoscenza di elementi di fatto dai quali desumere in termini di astratta possibilità la configurabilità di un simile delitto e abbia avuto la coscienza e volontà di omettere o ritardare il referto (sul punto Sez. 6, n. 9721 del 9/7/1998, Branchi, Rv. 213040).

3. Nel caso di specie non è contestato che l’imputato, a fronte di un sinistro stradale, dopo una prima diagnosi stilata al Pronto Soccorso da altro sanitario, avesse redatto nei confronti di D.L.D. certificati di prolungamento della prognosi, dapprima in data 24/3/2017, poi in data 6/4/2017 e infine in data 18/5/2017, allorché si era dato atto della guarigione con postumi da valutare.

A ben guardare dunque non è dubbio che l’imputato avesse avuto contezza di un periodo di guarigione superiore a quaranta giorni, tale da rendere configurabile il delitto di lesioni stradali gravi, di cui all’art. 590-bis c.p., che deve considerarsi reato autonomo, procedibile d’ufficio (Sez. 4, n. 27425 del 24/5/2018, Bertani, Rv. 273409).

4. Su tali basi la valutazione del primo Giudice deve ritenersi erronea, in quanto in contrasto con il tenore e la ratio dell’art. 365 c.p..
Deve infatti ritenersi che non abbia valore assorbente, tale da esonerare dall’obbligo sopravvenuto di referto, il primo approccio con una notizia di reato non qualificata, ma rilevi il fatto che la prestazione sanitaria, non implicante l’assunzione della veste di pubblico ufficiale, abbia posto l’esercente la relativa professione in grado di avvedersi di un reato procedibile d’ufficio, tale a quel punto da imporre la redazione del referto.
Considerando quanto osservato in ordine alla natura del reato e alla finalità dell’incriminazione, va infatti rimarcato come in quel momento sorga l’obbligo di porre l’A.G. in condizione di svolgere indagini in vista dell’eventuale esercizio dell’azione penale, essendo inconferente che la persona offesa possa denunciare il fatto o che eventuali verifiche possano essere effettuate dalla P.G. ed essendo altresì inconferenti ulteriori accertamenti riguardanti l’effettiva consistenza delle lesioni.
Va del resto aggiunto che nel caso di specie non si trattava di mero mutamento del regime di procedibilità bensì di cognizione di un reato diverso, cioè l’autonomo reato di lesioni stradali gravi, in relazione al quale l’obbligo di referto era specificamente insorto al manifestarsi di un diverso periodo di guarigione.
Non sono per contro ammissibili in questa sede deduzioni inerenti al merito, incentrate sulla rilevanza delle linee guida elaborate dalla Procura Generale di Firenze o sulla applicabilità della causa di non punibilità di cui all’art. 365 c.p., comma 2, solo genericamente prospettata in sede di conclusioni.
5. Da ciò discende l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Firenze ai sensi dell’art. 569 c.p.p., comma 4.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per il giudizio di appello alla Corte di appello di Firenze.