Imputato di atti persecutori: legittima applicazione di una misura di prevenzione in presenza di concreti ed attuali elementi sintomatici di pericolosità sociale.
Il giudice della prevenzione anche in pendenza di una misura cautelare può assicurare una maggiore tutela alla vittima e controllare maggiormente il soggetto imputato di determinati reati, anche in seguito ad un eventuale condanna o alla scadenza della misura cautelare.
TRIBUNALE DI MILANO
Sezione Autonoma Misure di Prevenzione
N. 58/18 R.G.M.P
9 ottobre 2018
Il Tribunale
riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:
- dott. F. Roia
- dott. V. Tallarida - dott. I. Pontani
ha pronunziato il seguente
nei confronti di:
I.N.J. nato F. il xx residente a Xxx
Presidente rel. Giudice Giudice
DECRETO
Attualmente in regime di arresti domiciliari
Assistito e difeso dall’avv. A.M. del foro di Milano con studio in Milano via xx
nominato di fiducia in data 28/5/2018
all’esito dell’udienza camerale del 9 ottobre 2018, svoltasi in presenza del proposto a cui è stato notificato il decreto di convocazione in data 12/5/2018;
- sentito il P.M. che ha chiesto l’accoglimento della proposta; - sentito il difensore che ha chiesto il rigetto della proposta;
- esaminati gli atti ed a scioglimento della riserva formulata.
osserva
I.N.J. è stato proposto dalla Questura di Xx con atto depositato in data 8/5/2018 per l’applicazione della misura della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di soggiorno nel comune di residenza e/o dimora ed il divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati da DJ con divieto di comunicazione e applicazione di un percorso trattamentale, proposta avanzata ai sensi dell’art. 1 ss del D.Lvo 159/2011 come successivamente modificato dalla Legge 17 ottobre 2017 n. 161.
1) Il procedimento. Nella prospettiva dell’organo proponente gli elementi di fatto dai quali desumere un giudizio di pericolosità sociale si fondano sulle seguenti recenti vicende giudiziarie che hanno contraddistinto la vita del proposto secondo quanto riportato nella richiesta:
Data e luogo del fatto |
Natura del reato |
Fonte informazione |
Descrizione del fatto |
Pena irrogata |
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20.02.2018 Xx |
609 Ter c.p. Violenza sessuale |
Ordinanza Custodia Cautelare in Carcere del |
Il G.I.P. del Tribunale di Xx, con provvedimento del 22.02.2018 avente n. 7263/18 RGNR e n. 8212/18 R.G. |
1
612 bis 1 co. c.p. Atti persecutori |
Tribunale – G.I.P. – di Xx nr. 7263/18 Rgnr 8212/18 RGGIP |
G.I.P, convalida l'arresto e applica la custodia cautelare in carcere per i capi d'imputazione: 1) delitto p.e.p dagli art. 609 bis, 609 ter co.5 quater c.p. commesso in Xx il 20.02.2018; 2) delitto p.e. dagli art. 609 bis, 609 ter co.5 quater c.p. commesso in Xx il 13.02.2018 3) delitto p.e. dall’ art 612.p. commesso in Xx dal gennaio 2016 al 20.02.2018 |
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20.02.2018 in Xx |
609 Ter c.p. Violenza sessuale 612 bis 1 co. c.p. Atti persecutori |
Procura della Repubblica di Xx richiesta convalida di arresto e richiesta applicazione misura cautelare del 21.02.2018 |
Personale del Nucleo Radiomobile del Comando Provinciale di Xx, traeva in arresto per i reati nel titolo indicati, I.N.J., nato xx (F.) il xx, residente a Xx in xx. gli operanti, alle precedenti ore 08,00 circa, a seguito di segnalazione pervenuta su utenza 112, intervenivano in questa via xx, presso il condominio sito al civico 20, ove erano state udite invocazioni di aiuto. ivi giunti, dopo essere entrati nell'appartamento, trovavano DJ, nata nelle F. il xx, residente a Xx nella predetta via, che in evidente stato d'ansia, riferiva come per tutta la notte I.N.J., con cui aveva avuto una pregressa relazione, dopo averla percossa e minacciata di morte, avesse tentato più volte di avere un rapporto sessuale con lei, non riuscendovi per la ferma reazione della vittima che veniva trattenuta contro la sua volontà all'interno dell'appartamento e sotto minacciata di un coltello. Arma rinvenuta, posta sotto sequestro, assunta in carico e debitamente repertata in attesa di essere versata presso l'ufficio corpi di reato della locale procura. Nell'occorso la parte lesa, all'atto della denuncia/querela, rappresentava altresì come l'autore dei reati già in passato avesse tenuto analoghi comportamenti, da lei non formalizzati per timore di ritorsioni. La vittima veniva trasportata e visitata dai sanitari dell'ospedale "maggiore" di Xx, veniva dimessa con una diagnosi di "maltrattamento di adulto - abuso sessuale", giudicata guaribile gg. 5 s.c. dimessa. l'arrestato, espletate le formalità di rito, veniva tradotto presso la casa circondariale "xx" di Xx, su disposizione della competente A.G. la quale provvedeva a convalidare l’arresto ed applicare la custodia cautelare in carcere in data 21.02.2018 |
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14.02.2018 in Xx Via xx |
Intervento Squadra Volante |
Relazione Intervento personale Comm.to di P.S. “xx |
Personale della Questura di Xx, Commissariato xx, effettuava un intervento per lite passata alle vie di fatto tra ex fidanzati per motivi legati la fine della relazione. Nessuno richiede il 118, nonostante la ragazza presentasse lividi sul braccio e un gonfiore sullo zigomo sx dovuti a percosse. al termine il ragazzo si allontana. |
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04.02.2018 in Xx Via xx |
Relazione Intervento personale Comm.to di P.S. “xx” |
Personale della Questura di Xx- Commissariato di P.S. xx, effettuava un intervento per lite tra ex fidanzati per motivi legati la fine della relazione. |
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10.09.2016 In Xx Via xx |
Relazione Intervento personale Comm.to di P.S. “xx” |
Personale U.P.G. della Questura di Xx effettuava un intervento per lite verbale passata alle vie di fatto. La lite nasceva per motivi di convivenza l'uomo dopo un’accesa lite verbale colpiva la donna con degli schiaffi. la donna rifiutava cure mediche del 118. LA DJ riferiva nello appartamento nel quale viveva con il figlio minore, accoglieva I.N.J. per iniziare con lui un rapporto di convivenza. La donna si accorgeva subito che l’uomo era aggressivo e la maggior parte delle discussioni terminavano con delle percosse. Per questo motivo la donna tentava di porre termine al rapporto e proprio in questo si colloca l’intervento effettuato dal personale del Commissariato di P.S del Commissariato di xx. |
Sottolinea in particolare l’organo proponente come “I.N.J., infatti, si è reso responsabile di diversi comportamenti riconducibili al reato di atti persecutori ex art. 612 bis perpetrati ai danni della ex- compagna DJ, sia durante la loro convivenza sia dopo la rottura del loro rapporto, mostrando nelle diverse occasioni un’indole violenta e prevaricatrice nei confronti della donna. Per tali fatti I.N.J. è stato arrestato in data 20.02.2018 in esecuzione di O.C.C. emessa dal GIP del Tribunale di Xx in virtù dei gravi episodi di vessazione e maltrattamenti di cui si è reso autore, e per cui vi sono stati effettuati molteplici interventi nel tempo da parte delle Forze di Polizia. Pur non essendo stato ancora condannato per i fatti contestati, i gravi indizi di colpevolezza rilevati dal personale di polizia intervenuto risultano ben consolidati, come riportato dagli atti giudiziari prodotti ed allegati alla presente proposta. L’episodio scatenante dell’inizio delle molestie e dei soprusi rivolti alla donna è da ricollegare al momento in cui la stessa decide di troncare la loro tormentata relazione, momento nel quale l’uomo mette in atto una serie di comportamenti finalizzati a punire l’ex compagna con atti di violenza sia fisica sia psicologica, quest’ultimi con finalità manipolatorie, con l’intenzione di riportare la donna nella sfera di controllo dell’uomo, il quale mira in modo evidente a ritornare ad un rapporto di convivenza con la stessa. A tal proposito si riporta un episodio indicato nell’ordinanza di convalida dell’arresto dove la DJ, in sede di verbalizzazione della querela, racconta che in data 31.01.2018 I.N.J. ha danneggiato la porta d’ingresso dell’abitazione della donna prendendola a calci, riuscendo ad entrare in casa dove ha percosso la donna, sottraendole le chiavi di casa. Con tale condotta il proposto ha mostrato ancora una volta i suoi intenti prevaricatori nei confronti della donna, dando attualità alla pericolosità sociale su cui si fonda la presente proposta. Le condotte violente e persecutorie nei confronti della donna sono anche confermate dal racconto di sua madre presso la quale, come citato nell’O.C.C.C., la donna si recava ad abitare con suo figlio di sette anni, nato da una precedente relazione, al fine di non farlo assistere ai maltrattamenti subiti dalla medesima, nonché per staccarlo da un’ambiente capace di minare la sua integrità morale. Gli episodi di molestia nel corso del tempo hanno avuto un crescendo di brutalità, partendo dalle percosse fino a giungere alle minacce di morte rese ancor più oppressive dall’utilizzo di un’arma da punta e taglio, sia a veri e propri episodi di violenza sessuale, come quelli del 13.02.2018 e del 20.02.2018, I comportamenti messi in atto dal proposto hanno quindi rilevato la sua attuale pericolosità sociale, facendo emergere comportamenti socialmente allarmanti da cui si evince la sua indole violenta, possessiva ed ossessiva dell’uomo, concretizzando il pericolo della reiterazione dei reati qui considerati, mettendo di fatto a rischio l’incolumità fisica e psichica della donna, oltre che del figlio minore della stessa. Si sottolinea che le modalità delle violenze sopra descritte sono sintomatiche, in taluni casi, di una spiccata pericolosità, visto l’utilizzo di armi da taglio/punta, il cui impiego può determinare gravi pregiudizi per beni giuridici primari, come la vita e l’incolumità individuale. Non meno grave appaiono invece le aggressioni a sfondo sessuale, che la vittima ha denunciato, situazione resa ancora più pericolosa dalla presenza di un minore, figlio della donna, che potrebbe trovarsi a vivere situazioni di “violenza assistita”. A completamento del quadro fin qui delineato si rappresenta che I.N.J. non risulta avere una stabile attività lavorativa, tanto che dall’anno 2015 al 2017 risulta aver lavorato per brevi periodi percependo redditi minimi così come si evince dalla tabella acquisita dalla banca dati dell’INPS.”
All’udienza del 19 giugno 2018, verificata la regolarità della costituzione del rapporto procedimentale stante l’intervenuta notifica del decreto di convocazione in data 12/5/2018, il difensore preannunciava questione di costituzionalità – che perfezionava mediante il deposito di memoria ex art. 121 c.p.p. del 30 settembre 2018- e quindi il Tribunale, su accordo delle parti disponeva l’acquisizione degli atti relativi al procedimento penale N. 7263/18 RGNR, aggiornando il procedimento all’udienza del 9 ottobre 2018 per la discussione della questione preliminare appena rappresentata dal difensore e per lo svolgimento dell’attività istruttoria.
All’odierna udienza preliminarmente il difensore sviluppava la questione di costituzionalità dell’art. dell’art. 4 comma 1 lettera i) ter del D.Lvo 159/2011 come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera d) della legge 17 ottobre 2017, eccezione che il Pubblico Ministero riteneva manifestamente infondata ed in merito alla quale il Tribunale si riservava di deliberare unitamente alla decisione di merito, e quindi dopo la relazione della proposta da parte del Presidente le parti illustravano le rispettive conclusioni e la proposta veniva assunta in decisione.
Preliminarmente giova osservare come il soggetto proposto sia stato attinto, come risulta dagli atti del procedimento penale N. 7263/18 RGNR acquisiti da questo Tribunale, da ordinanza di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere emessa a seguito di convalida dell’arresto in flagranza di reato in data 22 febbraio 2018 dal GIP presso il Tribunale di Xx – il quale ha ritenuto la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza- per i delitti di cui agli artt: 1) 609 bis, 609 ter co. 5 quater c.p. commessa in danno di DJ (“minacciandola con l’uso di un coltello”) in Xx il 20 febbraio 2018; 2) 609 bis, 609 ter co. 5 quater c.p. commessa in danno di DJ in Xx il 20 febbraio 2018; 3) 612 bis co. 2 c.p. commessa in danno di DJ (“...nel pretendere rapporti sessuali come indicato nei precedenti capi di imputazione”) in Xx gennaio 2016 al 20 febbraio 2018.
A prescindere dunque da quanto osservato dal GIP nella richiamata ordinanza in merito alla imputazione “prudente” formulata dal Pubblico Ministero, potendosi a giudizio del giudice dell’incidente ipotizzare anche il delitto di cui all’art. 605 c.p., giova osservare come lo sviluppo contestatorio formulato dal Pubblico Ministero preveda una ipotesi di atti persecutori procedibile comunque d’ufficio attesa la presenza, fra le diverse minacce contestate, di un episodio sempre di minaccia certamente da ritenersi grave ai sensi dell’art. 612 u.c. c.p. in quanto commesso con l’uso di un’arma (coltello).
Ed invero, come si evince dal decreto di giudizio immediato del 26/4/2018, il Pubblico Ministero sviluppava successivamente l’imputazione per i seguenti delitti di cui agli:
1) artt. 609 bis, 609 ter co. 5 quater c.p. perché con violenza consistita nel colpire DJ con schiaffi al volto e calci alle braccia e alle gambe, cingendole il collo con un braccio, minacciandola con l’uso di un coltello, costringeva la parte offesa a subire atti sessuali, toccandola e pizzicandola in varie parti del corpo e introducendo tre dita nella vagina; con le aggravanti di avere commesso il fatto con l’uso di armi e nei confronti di persona con cui vi era stata una relazione affettiva. Commesso in Xx il 20 febbraio 2018;
2) artt. 609 bis, 609 ter co. 5 quater c.p. perché, con violenza consistita nel colpire DJ con schiaffi al volto e calci alle braccia e alle gambe, costringeva la parte offesa a subire un rapporto sessuale completo; con l’aggravante di avere commesso il fatto nei confronti di persona con cui vi era stata una relazione affettiva. Commesso in Xx il 13 febbraio 2018;
3) art. 612 bis co. 2 c.p. perché molestava DJ con condotte reiterate protrattesi da gennaio 2016 e consistite, tra l’altro, nel presentarsi presso l’abitazione della persona offesa pretendendo di entrare, nel colpire la porta di ingresso con calci e pugni, nel citofonare e urlare anche in ore notturne, nel minacciarla di morte, nel colpirla con schiaffi e pugni, nel pretendere rapporti sessuali come indicato nei precedenti capi di imputazione, così da cagionare alla stessa un perdurante e grave stato di ansia e ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria. Con l’aggravante di avere commesso il fatto nei confronti di persona con cui vi era stata una relazione affettiva. Commesso in Xx gennaio 2016 al 20 febbraio 2018.
2. La questione di incostituzionalità.
2.1. Il difensore deduce l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 comma 1 lettera i) ter del D.Lvo 159/2011 come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera d) della legge 17 ottobre 2017 per “violazione dei principi di uguaglianza, ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza (art. 3. Cost) anche in relazione alla violazione degli articoli 13 e 16 Cost.; violazione dell’art. 117 comma 1 della Costituzione in relazione all’art. 2 del protocollo addizionale n. 4 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali come interpretati alla luce della ratio decidendi della sentenza De Tommaso contro Italia pronunciata dalla Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo il 23 febbraio 2017. Violazione degli artt. 25 e 27 Cost..
In sintesi, il difensore lamenta:
a) l’irragionevolezza dell’ampliamento del corpus normativo del codice antimafia dedicato ai delitti (“non tutti peraltro”) contro lo Stato, l’ordinamento della Repubblica, l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza al delitto di cui all’art. 612 bis c.p. inserito nel titolo del codice penale riservato ai delitti contro la persona;
b) la violazione del principio di uguaglianza in quanto non sono trattate diversamente situazioni di pericolo differenti, essendo riservati ai soggetti indagati ex art. 612 bis c.p., reato contro la persona perseguibile in ordinario a querela di parte, la medesima disciplina riservata alla repressione di reati di stampo associativo, mafioso, contro la Pubblica Amministrazione e incolumità e tutti perseguibili d’ufficio;
c) la violazione dell’art. 25 comma 2 Cost. per violazione “del principio di determinatezza in quanto l’irrogazione delle misure di prevenzione deve essere ancorata al riscontro di elementi materiali che possano avere una consistenza empirico probatorio, circostanza impossibile nel caso di sospetto di stalking in quanto tale figura criminis non possiede elementi materiali e fattuali realmente tipici della condotta incriminata facendo proprie le condotte tipiche di altre norme incriminatrici e differenziandosi da queste solo per elementi squisitamente soggettivi (dolo specifico della condotta dello stalker)
La richiesta di incidente costituzionale, che tende a confondere piani interpretativi e applicativi nettamente distinti, deve essere rigettata per manifesta infondatezza.
Quanto ai profili riassunti alla lettera c), osserva il Collegio come la fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p. abbia trovato una conferma di piena costituzionalità sul piano della determinatezza incriminatrice proprio nella sentenza della Corte Costituzionale n. 172 del 2014 che ha, riprendendo una giurisprudenza di legittimità consolidata, descritto il delitto come “reato abituale di evento per la cui sussistenza occorre una condotta reiterata, idonea a causare nella vittima una delle conseguenze descritte e, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, richiede il dolo generico il quale è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime a produrre almeno uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice (ex plurimis Corte di Cassazione sezione quinta penale sentenze n. 20993 e 7544 del 2012)”. Non si comprende pertanto, in una fattispecie compiutamente descritta e già valutata compatibile con il sistema costituzionale dalla Corte delle leggi, per quale motivo il giudice della prevenzione non potrebbe, al pari di quello della cognizione ma in una autonomia di procedimento e di giudizio, effettuare quel lavoro interpretativo tipico richiesto sul piano della valutazione del materiale probatorio idoneo per formulare una valutazione di sussistenza del reato e di pericolosità sociale del suo autore. La doglianza, sotto questo profilo, appare dunque manifestamente infondata.
In relazione ai profili di censura riassunti nelle lettere a) e b) preme osservare come si sia operata una confusione di diversi piani interpretativi e applicativi.
Invero con riferimento alla decisione della Corte EDU, Grande Camera, del 23/2/2017 (De Tommaso c. Italia), decisione che analizzava la categoria giuridica della pericolosità generica e non già qualificata dalla descrizione del titolo di reato di collocazione dell’agente ritenuto socialmente pericoloso in relazione alla consumazione di una determinata fattispecie, si osserva come tale assesto convenzionale comporti l’obbligo per il giudice nazionale di fondare il giudizio di pericolosità sociale su fatti certi (c.d. concretezza della pericolosità), perché o accertati in sentenze irrevocabili o, se ancora in corso di accertamento, dotati di gravità indiziaria, escludendo dagli elementi di prova valutazioni meramente soggettive dell’autorità proponente che non siano supportate da riscontri fattuali oggettivi (orientamento peraltro già formulato in Cass., SS. UU., 25/3/2010 n. 13.426,Cagnazzo). Va richiamato, al riguardo ed in termini, il recente intervento della Corte di Cassazione (sez. I, n. 36.258 del 14/6/2017, Celini), che, valutando l’incidenza della decisione della Corte Europea sul diritto interno, ha individuato lo standard probatorio che deve essere soddisfatto dal giudice della prevenzione attraverso la selezione dei fatti posti a base del giudizio di pericolosità, privilegiando “le pronunce penali che hanno affermato definitivamente la responsabilità per la commissione di delitti o la sussistenza di gravità indiziaria degli stessi”.
In altri termini la portata della decisione della Corte EDU sopra richiamata appare rilevante soltanto per la scelta e la “quantificazione” del materiale probatorio che il giudice della prevenzione, ferma restando l’autonomia e l’indipendenza del giudizio rispetto a quello ordinario di cognizione, deve porre a fondamento della sua decisione con particolare riferimento alle categorie di soggetti astrattamente inquadrabili in tutte le fattispecie generiche previste dall’art. 1 del D.Lvo 159/2011 in quanto non caratterizzate da quella tipicizzazione propria della indicazione delle singole fattispecie di reato previste dall’art. 4 Codice Antimafia e progressivamente ampliate dal legislatore a seconda della valutazione, appartenente a scelte di politica giudiziaria che possono trovare censura costituzionale soltanto se affette da irrazionalità, irragionevolezza o addirittura abnormità logica, della sussistenza di una pericolosità sociale intrinseca alla violazione del delitto ipotizzato. In quest’ottica interpretativa la questione posta dal difensore appare manifestamente infondata in quanto il Tribunale dovrà analizzare il materiale probatorio alla luce dei parametri indicati dalla decisione della Corte Edu, successivamente ripresi e ridefiniti dalla giurisprudenza di legittimità, in una ipotesi astratta di pericolosità sociale definibile a matrice qualificata, parametri che non escludono la sussistenza di un grave quadro indiziario.
Ancora, con riferimento alla presunta violazione dell’articolo 3 della Carta sul piano della 6 irragionevolezza di introdurre nella categoria dei delitti a pericolosità sociale qualificata la fattispecie di atti persecutori ex art. 612 bis c.p., osserva il Tribunale come la Corte Costituzionale, nell’analizzare il progressivo ampliamento della legislazione antimafia proprio con riferimento alla dedotta irrazionalità della dilatazione legislativa, ha osservato (cfr. ordinanza 675/1988 con la quale è stata dichiarata la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 19 L. 22/5/1975 n. 152 in relazione all’art. 3 Cost.) come “lo scopo di impedire l’eventuale ingresso nel mercato del denaro ricavato dall’esercizio di attività delittuose o di traffici illeciti, rende non irragionevole la scelta del legislatore di estendere le misure antimafia, previste per gli indiziati di appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, ad alcune delle categorie di persone socialmente pericolose di cui alla legge n. 575 del 1965”.
In tale prospettiva di intervento, che ha visto un sistematico aggiornamento da parte del legislatore dell’art. 4 del codice antimafia dedicato ai soggetti destinatari delle misure di prevenzione personali applicate dall’autorità giudiziaria sul piano dei reati catalogo ritenuti intrinsecamente pericolosi per la intensità lesiva della condotta non sempre connotata da plurioffensività giuridica o comunque espressione di comportamenti derivanti da articolazioni criminali organizzate – si pensi a solo titolo di esempio alle fattispecie di cui agli articoli 600 c.p. “Riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù” reato codicisticamente inserito nel titolo dei delitti contro la persona e 630 c.p. “Sequestro di persona a scopo di estorsione” reato codicisticamente inserito nel titolo dei delitti contro il patrimonio -, non appare a giudizio del Tribunale irragionevole la scelta operata dal legislatore della riforma del 2017 di considerare come dotato di particolare offensività, e quindi intrinsecamente pericoloso per le aspettative di tutela sociale non solo della singola vittima ma anche di altri soggetti quali quelli alla stessa legate da relazioni affettive o di altra natura stante la normale diffusione della condotta persecutoria posta in essere dallo stalker ed orientata a perseguitare la parte lesa in tutti suoi contesti di vita quotidiana, il delitto di atti persecutori previsto dall’art. 612 bis c.p.. Come ha ricordato la Corte Costituzionale nella citata sentenza n. 172 del 2014 “il legislatore, con l’art. 7 del decreto-legge 23 febbraio 2009 n. 11 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori) convertito, con modificazioni dall’art. 1 comma 1 della legge 23 aprile 2009 n. 38, volendo colmare un vuoto di tutela verso i comportamenti persecutori, assillanti e invasivi della vita altrui, di cui sono vittime soprattutto, ma non esclusivamente, le donne, ha introdotto nel codice penale l’art. 612 bis c.p. il quale prevede un’autonoma e più grave fattispecie di reato in linea con quanto previsto da numerosi ordinamenti stranieri e con quanto ora è stabilito, quale obbligo convenzionale per lo Stato, da strumenti internazionali e segnatamente dall’art. 34 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica di Istanbul, ratificata e resa esecutiva in Italia con gli artt. 1 e 2 della legge 27 giugno 2013 n. 77 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011)”.
In un Paese dove circa un quarto degli omicidi volontari riguarda casi di femminicidio – evento terminale spesso preceduto da attività persecutorie poste in essere dall’agente violento- e dove il 77 % delle vittime del delitto di atti persecutori risultano essere di sesso femminile (Fonte: relazione della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul femminicidio istituita con delibera del 18/1/2017, http://www.senato.it/leg/17/BGT/Schede/docnonleg/35737.htm), non appare certamente irragionevole o irrazionale, su un piano di lettura costituzionale, l’avere introdotto da parte del legislatore un ulteriore strumento di tutela sociale per il contenimento di forme di pericolosità diffusa da accertare secondo i parametri probatori sopra indicati.
Quanto all’ulteriore rilievo dedotto dal difensore circa la possibilità di arrivare ad una eventuale decisione limitativa della libertà di circolazione del proposto in presenza di una fattispecie procedibile, in talune situazioni, a querela revocabile di parte, a parte la specifica irrilevanza della questione vertendosi nel caso di specie in una fattispecie qualificata dall’avere posto in essere l’agente una minaccia grave –perché commessa con un coltello- e quindi non connotata dal regime di rimettibilità dell’istanza punitiva, osserva il Collegio come analogo sistema sia operante nel procedimento di cognizione per quanto riguarda la possibilità di applicare all’indagato/imputato del reato di atti persecutori tutte le misure coercitive personali previste dal codice processuale penale con la conseguente limitazione del bene non già della semplice libertà di circolazione ma addirittura della libertà personale, e ciò senza che alcun rilievo di potenziale lesività costituzionale sia mai stato posto. Peraltro, il regime di procedibilità di una fattispecie penale non sembra avere interferenza alcuna rispetto alla scelta dei limiti edittali di pena e quindi alla conseguente applicabilità o meno delle misure precautelari e cautelari.
2.2. Il difensore lamenta anche l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 comma 1 lettera i) ter del D.Lvo 159/2011 come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera d) della legge 17 ottobre 2017 anche in relazione all’illegittimità costituzionale dell’art. 8 comma 5 del D.Lvo 159/2011 nella parte in cui consenta al giudice di irrogare, tra le altre prescrizioni, la c.d. ingiunzione trattamentale al soggetto indagato. Violazione dei principi di legalità, tassatività e determinatezza nonché di colpevolezza (artt. 25 e 27 e 13 Cost) anche alla luce della ratio decidendi della sentenza De Tommaso contro Italia pronunciata dalla Grande camera della Corte europea dei diritti dell’uomo il 23 febbraio 2017. Violazione del divieto di sottoposizione a trattamenti sanitari coatti (art. 32 comma 2 Cost.). Violazione degli artt. 2, 3, 24 Cost..
Con riferimento a tale specifica doglianza la stessa deve considerarsi irrilevante in quanto la richiesta dell’organo proponente di applicazione di un “percorso trattamentale” a carico del soggetto proposto per l’applicazione della misura non può non comportare comunque una preventiva acquisizione del consenso da parte dell’interessato. Sul piano squisitamente tecnico la locuzione “ingiunzione trattamentale”, che non richiama alcun intervento di tipo psichiatrico o psicologico o comunque rientrante nella categoria di applicazioni di tipo sanitario, presuppone, per prassi e giurisprudenza costante anche di questo Tribunale (cfr. fra gli altri decreto N. 97/17 RGMP contro P.F. del 19 ottobre 2017 confermato dalla Corte di Appello di Xx con decreto in data 20/2/2018 irrevocabile in data 20/3/2018), comunque l’acquisizione del consenso da parte del soggetto proposto il quale, preso atto di una pericolosità sociale che gli deriva dalla consumazione di fatti delittuosi commessi normalmente contro donne o minori per questioni riguardanti o la tendenza sistematica alla sopraffazione violenta di genere o la presenza di impulsi non controllabili su base sessuale verso soggetti minorenni o anche adulti, accetta, proprio in quanto attore che non presenta patologie rilevanti sul piano psichiatrico e quindi sanitario, di effettuare volontariamente un percorso di osservazione e di confronto multidimensionale con esperti normalmente attraverso il sistema dei gruppi aperti di ascolto e di confronto fra uomini che condividono le stesse problematiche, con una evidente finalità di eliminazione del fattore criminogeno . Il riferimento effettuato dal difensore al protocollo “Zeus” della Questura di Xx appare improprio in quanto riguarda la fase dell’ammonimento da parte del Questore in situazioni riconducibili all’istituto previsto dall’art. 3 L. 119/2013 che opera su un piano squisitamente amministrativo, e quindi non giurisdizionale, per reati sentinella riconducibili alla violenza domestica e comunque, anche in quel tipo di procedimento, viene preliminarmente sempre acquisito il consenso dell’interessato.
Per altro giova ancora osservare come il sistema di cognizione preveda già una sorta di “patto terapeutico- ingiunzionale” fra il soggetto dotato di pericolosità sociale (segnatamente persona sottoposta ad indagini o imputato sottoposto alla misura non detentiva di cui agli artt. 282 bis (“Allontanamento dalla casa familiare”) e 282 ter (“Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa”) c.p.p.) e la risposta giurisdizionale, laddove si prevede all’art. 282 quater c.p.p. che “ quando l’imputato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socio-assistenziali del territorio, il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pubblico ministero e al giudice ai fini della valutazione ai sensi dell’art. 299 comma 2”. In altre parole il legislatore del 2013 che ha introdotto tale disposizione con l’art. 2 comma 1 lett. a bis) del D.L. 14 agosto 2013 n. 93 convertito nella L. 15 ottobre 2013 n. 119, intervento normativo finalizzato al contrasto dei gravi eventi di femminicidio, ha inteso rappresentare al soggetto che soffrisse di agiti violenti determinati non da patologie rilevanti sul piano da giudiziario ma da connotazioni personologiche connesse ad aggressività derivanti da predominio di genere la possibilità di sottoporsi ad un programma di riconoscimento della violenza e quindi ad una prospettiva di contenimento della violenza da apprezzarsi poi sul piano della pericolosità sociale sottesa al giudizio applicativo delle misure cautelari personali.
3. La decisione.
Il soggetto proposto può essere concretamente collocato nella categoria di cui all’art. 4 comma 1 lettera i) ter del D.Lvo 159/2011 come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera d) della legge 17 ottobre 2017 in quanto gravemente indiziato della consumazione (anche) del delitto di atti persecutori commesso in danno di DJ nata F. il xx.
Sul piano della consistenza indiziaria, già accertata in forma incidentale dal GIP presso il Tribunale di Xx con ordinanza del 22 febbraio 2018 applicativa della misura coercitiva della custodia cautelare in carcere ed implicitamente confermata dal Tribunale di Xx con l’ordinanza che ha disposto la misura degli arresti domiciliari avendo evidentemente riscontrato un affievolimento delle esigenze cautelari ma non già un mutamento del quadro gravemente indiziario ed ancora confermata dal GUP presso il Tribunale di Xx in sede di emissione di decreto di giudizio immediato del 26/4/2018, osserva il Collegio come la sussistenza dei fatti debba, ai fini del giudizio di prevenzione, ritenersi provata in relazione alle dichiarazioni della persona offesa dei reati che risultano particolarmente credibili in quanto prive di motivi evidenti di strumentalità, analitiche, circostanziate ed estrinsecamente riscontrate dagli interventi di polizia giudiziaria del 10/9/2016, del 4/2/2018, del 14/2/2018 (nell’ambito del quale si riscontravano segni di lesività sulla ragazza) e del 20/2/2018 – che terminava con l’arresto del soggetto proposto ed il sequestro del coltello utilizzato per la descritta attività minacciosa- , dalle sommarie informazioni assunte dai soggetti presenti ed in particolare dalla vicina di casa M.B. la quale ha riferito di avere udito lamenti e richieste di aiuto per tutta la notte e di avere realizzato solo al mattino che queste provenivano dall’abitazione della vittima, dall’amico Q. accorso in aiuto della donna, su chiamata delle medesima, la mattina, nonché dalla madre DJEv..
Quest’ultima, in particolare, confermava la lunga persecuzione subito dalla figlia dal proposto tale da compromettere anche la serenità del di lei nipote di sette anni – avuto dalla parte lesa da una precedente relazione con tale FJA- che la donna aveva deciso di prendere ad abitare con lei proprio per metterlo al riparo dalla situazione. Di particolare rilevanza, sul piano della potenzialità lesiva del soggetto proposto, appare la circostanza riferita da DJEv. in merito al fatto di avere più volte cercato di convincere il proposto a lasciare in pace la figlia ricevendo come risposta il messaggio che se le lo avesse denunciato alla polizia lui avrebbe ucciso DJ.
Ancora, sul piano del rafforzamento della consistenza probatoria dei delitti ascritti al soggetto proposto, osserva il Collegio come dalla scheda clinica N. 132 del 20/2/2018 del Soccorso Violenza Sessuale della clinica X di Xx gli operatori sanitari abbiano, oltre ad avere raccolto il racconto analitico della vittima, rilevato direttamente su DJ, fra i “sintomi psichici”, “paura, pianto, tristezza, paura di conseguenze future” nonchè, all’esame obiettivo generale, 7 punti sparsi sul corpo, sulla testa e sugli arti rilevanti per segni di lesività compiutamente descritti nel referto in atti e certamente riferibili alla condotta violenta posta in essere dal soggetto prima dell’intervento della polizia giudiziaria che lo traeva in arresto.
Sul piano del giudizio di attualità della pericolosità sociale osserva il Tribunale come lo stesso debba essere riferito alla pericolosità e non alle manifestazioni di essa. Ai fini dell’applicazione della misura, infatti, la pericolosità deve attualmente essere sussistente al momento della formulazione del relativo giudizio, mentre gli elementi sintomatici o rivelatori della stessa sono necessariamente pregressi rispetto all’epoca in cui detto giudizio viene formulato. In tal senso il presupposto dell’applicazione delle misure di prevenzione è l’accertamento dell’attualità della pericolosità sociale della persona. Ne deriva, conseguentemente, che il requisito dell’attualità vale per l’estremo della pericolosità, mentre non è richiesto per gli elementi sintomatici della stessa.
La giurisprudenza ha poi chiarito che il venir meno dell’attualità della pericolosità consegue non tanto al semplice decorso del tempo o allo stato di detenzione, quanto al compimento di atti volontari positivi, indicativi in modo inequivoco ed incontrovertibile che il soggetto abbia mutato condotta di vita, atti positivi che nella vicenda personale in esame non appaiono sussistenti.
Appare infatti evidente come la pericolosità sociale del soggetto proposto – che si trova in misura custodiale prima carceraria ed oggi domiciliare- sia già stata accertata dallo stesso giudice della misura il quale, prima con l’ordinanza genetica applicativa della custodia in carcere e quindi con quella applicativa degli arresti domiciliari ha rilevato la sussistenza delle esigenze cautelari di cui alla lettera c) dell’art. 274 c.p.p. evidenziando in particolare “il concreto pericolo che questi commetta altra delitti della stessa specie di quelli per cui si procede, o comunque gravi delitti con uso di violenza personale specie nei confronti della persona offesa. L’indagato ha in ogni caso evidenziato indole violenta, possessiva ed ossessiva nei confronti della donna alla quale è (o si ritiene) legato, in una relazione (più o meno bilaterale che sia) dai connotati in ogni caso patologici e fonte di rischio particolarmente concreto ed attuale per l’incolumità fisica e psichica della donna, oltre che del figlio di tenera età di questa” (cfr. ordinanza GIP Tribunale di Xx del 22 febbraio 2018).
Il Collegio condivide questa valutazione effettuata dal GIP sottolineando in particolare come l’uso di un coltello da cucina rivolto verso la donna per ottenere un rapporto sessuale– coltello sottoposto successivamente a sequestro da parte della polizia giudiziaria intervenuta- rappresenti un indice accentuato di pericolosità sociale concreto ed attuale, sintomatico di tratti personologici violenti in grado di ledere non sole le aspettative di tranquillità sociale della vittima ma anche delle persone a lei legate da stretti rapporti relazionali quali il figlio minore affidato in custodia alla nonna per evitare l’esposizione a forme di violenza assistita.
Tali elementi inducono il Collegio a ritenere che I.N.J. debba essere collocato nella categoria dei soggetti contemplati dall’art. 4 comma 1 lettera i) ter del D.Lvo 159/2011 come modificato dall’art. 1 comma 1, lettera d) della legge 17 ottobre 2017 in relazione alla presenza di una pericolosità sociale intensa ed attuale che mette in pericolo, a causa della manifestazioni di violenza, la sicurezza pubblica e primariamente quella della parte offesa del procedimento e per il quale è già stata esercitata l’azione penale DJ.
La situazione sopra descritta evidenzia la presenza di significativi elementi di rischio di reiterazione di condotte intrusive, aggressive e violente che pongono in una situazione di significativo pericolo la parte lesa DJ in relazione alle quali il proposto si trova oggi sottoposto alla misura coercitiva degli arresti domiciliari. Peraltro, come già rilevato, non può essere accolta la tesi difensiva in merito alla impossibilità di applicare una misura di prevenzione in pendenza di una misura coercitiva finalizzata proprio alla tutela del soggetto passivo del reato e ciò perché la misura di prevenzione è un istituto che incide sulla libertà di circolazione e non già sulla libertà personale e che in quanto tale non soffre di termini di fase in quanto strettamente ancorata all’attualità ed alla persistenza del giudizio di pericolosità sociale del proposto espresso dal Tribunale.
In relazione alla ricostruzione dei fatti attribuiti al proposto, al fine di esercitare un adeguato controllo sociale sul suo comportamento anche in una possibile ottica di reinserimento nell’alveo della legalità, si stima pertanto equo applicare la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per un periodo di anni 1 e mesi 6 tenendo conto della presenza di un evidente discontrollo degli agiti violenti.
L’ulteriore misura dell’obbligo di soggiorno nel comune di residenza o di dimora non deve essere applicata in quanto distonica e irrilevante rispetto al profilo di pericolosità sociale tracciato, e come tale squisitamente sanzionatoria, vivendo in particolare la persona offesa nello stesso comune di residenza del proposto e cioè in Xx.
L’organo proponente ha chiesto anche l’applicazione di una c.d. “ingiunzione terapeutica” nel senso di prescrivere a I.N.J., dal momento di esecuzione effettiva della predetta misura, di seguire un piano di intervento trattamentale che lo porti, attraverso indicazioni di tipo clinico-terapeutico realizzate dagli esperti incaricati, a prendere coscienza del forte disvalore delle condotte violente e persecutorie poste in essere nei confronti di DJ.
L’assenza del consenso da parte del soggetto proposto interdisce al Tribunale, come sopra rilevato, la possibilità di adottare una simile prescrizione per divieto espresso dell’art. 32 comma secondo Costituzione mancando un riferimento normativo espresso.
Devono invece essere applicate ulteriori prescrizioni – di uguale durata temporale- a tutela della incolumità della parte lesa dei delitti oggi imputati al preposto quali: il divieto di frequentare i luoghi (residenza, dimora, lavoro, luoghi di vacanza o di viaggio, luogo della scuola frequentata dal figlio minore a solo titolo esemplificativo) normalmente frequentati dalla persona offesa DJ; l’obbligo comunque di mantenersi in ogni caso ad almeno 1.000 metri di distanza dalla persona offesa DJ e di allontanarsi immediatamente in caso di incontro assolutamente occasionale; il divieto di effettuare, con ogni mezzo epistolare, telefonico, telematico o altro, qualsiasi comunicazione con la vittima.
Osserva ancora il Collegio come il presente decreto debba essere notificato alla parte lesa dei delitti di violenza sessuale e di atti persecutori, da ritenersi per le modalità di consumazione dei fatti, vittima vulnerabile ai sensi dell’art. 90 quater c.p.p.. Ed invero, malgrado il nostro ordinamento non preveda un obbligo di comunicazione dell’adozione di tale decisione di prevenzione, ma nemmeno sancisca un divieto espressamente previsto, si ritiene, in attuazione della direttiva sulle vittime di reato 2012/29/UE soltanto parzialmente recepita con il D.Lvo 15/12/2015 n. 212, con una interpretazione conforme alla fonte sovranazionale che prevede la necessità che la vittima di determinati reati – fra i quali può certamente ricomprendersi il delitto di atti persecutori commesso da persona con la quale vi era stata una relazione affettiva - venga messa sempre a conoscenza della situazione detentiva (rectius che riguarda la libertà personale) dell’aggressore al fine di potersi tutelare sul piano comportamentale concreto, anche in un’ottica di benessere psicologico, di dovere notificare la presente decisione che contiene prescrizioni anche a tutela di DJ alla stessa parte lesa a cura dell’organo di polizia proponente.
Poiché la proposta è stata avanzata in data 12/1/2018, quindi dopo l’entrata in vigore della legge di riforma del testo antimafia 161/2017, deve trovare applicazione la disposizione oggi prevista dall’art. 7 comma 10 quinquies che pone, in caso di accoglimento anche parziale della proposta, a carico del proposto il pagamento delle spese processuali.
Il presente decreto deve altresì essere trasmesso al Pubblico Ministero in sede affinchè lo valuti nell’ambito delle richieste del procedimento di cognizione in fase di svolgimento.
P.Q.M.
DICHIARA
manifestamente infondate e irrilevanti le questioni di incostituzionalità sollevate dalla difesa del soggetto proposto;
Visti gli artt. artt. 4, 5 e 6 comma 3 D.L.vo 6.9.2011 n. 159 come modificati dalla Legge 161/2017 11
dispone
l’applicazione della misura della sorveglianza speciale di P.S. per la durata di anni 1 (uno) mesi 6
(sei) nei confronti di I.N.J.
prescrive inoltre al predetto:
- di fissare all’atto della sottoposizione la propria dimora e di farla conoscere all’autorità di P.S. non allontanandosi dalla predetta dimora senza preventivo avviso a questa ultima;
- di darsi contestualmente alla ricerca di un lavoro, di vivere onestamente, di rispettare le leggi, di non associarsi abitualmente a persone che hanno subito condanne e/o sono sottoposte a misure di prevenzione e/o di sicurezza;
- di non rincasare la sera più tardi delle ore 22.00 e di non uscire la mattina prima delle ore 7.00 senza comprovata necessità e senza averne dato tempestiva notizia all’autorità locale di P.S.;
- di non detenere e portare armi;
- di non partecipare a riunioni in luogo pubblico per le quali deve essere dato preavviso alle pubbliche autorità;
- di non frequentare i luoghi (residenza, dimora, lavoro, luoghi di vacanza o di viaggio o altro) normalmente frequentati da DJ;
- di mantenersi in ogni caso ad almeno 1.000 metri di distanza da DJ e di allontanarsi immediatamente in caso di incontro assolutamente occasionale;
- di non effettuare, con ogni mezzo epistolare, telefonico, telematico o altro, qualsiasi comunicazione con la parte lesa;
PONE
a carico di I.N.J. il pagamento delle spese procedimentali;
DISPONE
che il presente decreto sia notificato anche a DJ a cura della Questura di Xx Divisione Anticrimine che provvederà a spiegare concretamente la decisione assunta dal Tribunale ai sensi della Direttiva 2012/29/UE nonché comunicato al Pubblico Ministero in sede per la produzione nell’ambito del procedimento di cognizione.
Xx, 9 ottobre 2018
Il Presidente estensore Dr. Fabio Roia