L’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità: il conducente dell'auto investitrice avrebbe dovuto prevedere che, al di là della curva, potesse esservi un ostacolo rappresentato da un pedone imprudente in fase di attraversamento della strada.
Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 25 gennaio – 29 marzo 2018, n. 14544
Presidente Di Salvo – Relatore Ranaldi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 21.1.2016 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza resa dal GUP del Tribunale di Vasto, che ha ritenuto C.L. colpevole del reato di cui all’art. 589 c.p., per avere cagionato, per violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale (articolo 141, commi 1-23, cod. strada), la morte di D.I.P. ; in particolare, secondo la contestazione, l’imputato, mentre procedeva sulla via (omissis) , alla guida dell’autovettura Fiat Doblò tg. (…), giunto in prossimità dell’intersezione con via (omissis) , non adeguando la velocità del mezzo alla scarsa visibilità dei luoghi, non accorgendosi della presenza del pedone che attraversava la strada, lo investiva, cagionandone il decesso (fatto del (omissis)).
2. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando quanto segue.
I) Vizio di motivazione, in relazione alla condotta di guida tenuta dall’imputato.
Deduce che l’avvistamento del pedone, nelle condizioni date, è risultato concretamente impossibile ed il comportamento anomalo della vittima ha costituito un ostacolo imprevedibile per l’investitore.
Rileva che, secondo la stessa sentenza impugnata, la velocità tenuta dal prevenuto era modesta e l’autoveicolo da lui condotto non riportava danni nella parte anteriore destra, punto di presumibile contatto tra il mezzo ed il pedone.
II) Vizio di motivazione, in relazione al comportamento del pedone.
Deduce che la riconosciuta imprudenza del pedone, posizionato nel mezzo della carreggiata e nell’immediata prossimità di una curva, in condizioni di ridotta visibilità, avrebbe dovuto indurre la Corte di appello ad attribuire una efficienza causale esclusiva dell’evento al comportamento della vittima.
Considerato in diritto
1. I dedotti motivi di censura, trattabili congiuntamente, sono inammissibili in quanto accomunati dalla pretesa di ottenere in questa sede una rivalutazione nel merito della vicenda, attraverso una lettura del compendio probatorio alternativa e diversa rispetto a quella adottata nella decisione impugnata, nel senso che la condotta imprudente del pedone avrebbe determinato in via esclusiva l’evento. Ma sotto questo profilo le prospettate doglianze non sono consentite dinanzi al giudice di legittimità: la ricostruzione dei fatti sulla base della interpretazione dei dati probatori processualmente emersi è operazione riservata alla competenza esclusiva del giudice di merito, mentre il compito della Corte di cassazione è solo quello di verificare la congruenza logico-giuridica delle argomentazioni che sorreggono il decisum del giudice di merito, secondo il numero chiuso rappresentato dal catalogo dei motivi di ricorso deducibili dalle parti ai sensi di quanto previsto dall’art. 606 cod. proc. pen., elenco che delimita rigidamente l’orizzonte valutativo di questa Corte ed al di fuori del quale non vi è spazio per l’ammissibilità del relativo motivo.
2. Tanto premesso, si deve considerare che le doglianze del ricorrente evocano, nel caso specifico, le questioni del comportamento imprudente del pedone e del principio di affidamento rispetto alla valutazione del nesso causale e della colpa del conducente del veicolo investitore, in relazione al reato di omicidio colposo che qui rileva.
Al riguardo, la costante giurisprudenza della Corte regolatrice osserva che, in caso di omicidio colposo, il conducente del veicolo va esente da responsabilità per l’investimento di un pedone quando la condotta della vittima configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’evento, circostanza questa configurabile ove il conducente medesimo, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di notare il pedone e di osservarne tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile (Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013 Corigliano, Rv. 25599501).
È stato anche ritenuto che il comportamento colposo del pedone investito dal conducente di un veicolo costituisce, solitamente, mera concausa dell’evento lesivo, che non esclude la responsabilità del conducente; può costituire causa sopravvenuta, da sola sufficiente a determinare l’evento, soltanto nel caso in cui risulti del tutto eccezionale, atipico, non previsto né prevedibile, cioè quando il conducente si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone ed osservarne per tempo i movimenti, che risultino attuati in modo rapido, inatteso ed imprevedibile.
(Fattispecie nella quale è stata esclusa l’imprevedibilità della condotta del pedone che aveva iniziato l’attraversamento sulle strisce, in corrispondenza della quali era irregolarmente parcheggiato un voluminoso furgone, osservando che in prossimità di esse, ed a maggior ragione quando la visuale risulti in parte ostruita, non può ritenersi imprevedibile la presenza di un pedone in fase di attraversamento). (Sez. 4, n. 23309 del 29/04/2011, Cocon, Rv. 25069501).
Per quanto concerne il principio dell’affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, è stato più volte opportunamente ricordato come esso trovi opportuno temperamento nell’opposto principio secondo il quale l’utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità (Sez. 4, n. 12260 del 09/01/2015, Moccia e altro, Rv. 26301001; Sez. 4, n. 8090 del 15/11/2013 - dep. 2014, P.M. in proc. Saporito, Rv. 25927701).
3. La Corte di appello ha fatto corretto uso dei principi giurisprudenziali dianzi accennati, ricostruendo il fatto e valutando la responsabilità dell’imputato sulla base di un iter motivazionale congruo e razionale, esente da evidenti aporie logiche o dalla scorretta applicazione di norme giuridiche. Al riguardo, va anche rammentato che si è in presenza di una c.d. "doppia conforme" di condanna, per cui le motivazioni delle sentenze di merito di primo e secondo grado si integrano a vicenda, costituendo un corpo unico, con tutti i noti limiti connessi alla impossibilità per la parte di dedurre il vizio logico della motivazione sul piano del travisamento della prova (Sez. 5, n. 18975 del 13/02/2017, Cadore, Rv. 26990601; Sez. 2, n. 7986 del 18/11/2016 - dep. 2017, La Gumina e altro, Rv. 26921701; Sez. 6, n. 5146 del 16/01/2014, Del Gaudio e altri, Rv. 25877401).
Nella specie, la sentenza impugnata ha evidenziato come la condotta, pur imprudente, tenuta dal pedone non sia stata idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta del prevenuto e l’evento, non riscontrando nel comportamento del pedone una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, da sola sufficiente a produrre l’incidente stradale.
Infatti il giudice di merito, per escludere l’abnormità della condotta del pedone, ha considerato - in maniera congrua e logica - le condizioni di tempo e di luogo del teatro dei fatti (scarsa illuminazione artificiale e quasi inesistente luce naturale, esistenza di un pilastro in cemento armato che ostacolava la visuale), valutando che l’imputato avrebbe dovuto prevedere che, al di là della curva, potesse esservi un ostacolo rappresentato da un pedone in fase di attraversamento della strada; ciò avrebbe dovuto indurlo a tenere una condotta più prudente e a procedere a velocità ancora più contenuta, idonea a consentirgli di fermare il mezzo dinanzi all’ostacolo.
Si tratta, in sostanza, di una ponderata valutazione di merito, certamente congrua, razionale e priva di evidenti vizi logico-giuridici, come tale insindacabile nella presente sede di legittimità.
4. Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della cassa delle ammende.