Necessario attivare il meccanismo di formare notificazione se emergono chiari dati di fatto, quali il luogo e l'indirizzo estero e anche un recapito telefonico, tali da consentire l'impostazione e il perfezionamento dell'ordinario procedimento notificatorio ai sensi dell' art. 169cod. proc. pen.
Non è irreperibile un soggetto di cui si conosca il luogo di lavoro abituale e con il quale la polizia giudiziaria sia riuscita a mettersi in contatto telefonicamente, ma che abbia omesso di eleggere domicilio all'estero.
L'emissione del decreto di irreperibilità di soggetto destinatario residente o dimorante all'estero dà luogo all'adozione di un atto nullo se il decreto viene emesso prima dell'effettuazione del tentativo di notificazione dell'atto all'estero.
La disciplina del processo in absentia, di cui agli artt. 420-bis e ss. cod. proc. pen., posta a garanzia dell'effettiva conoscenza da parte dell'imputato del procedimento instaurato nei suoi confronti, non costituisce lo statuto normativo finalizzato a una verifica alternativa a quella inerente alla valida notificazione dell'atto introduttivo all'imputato.
Piuttosto, la suddetta disciplina presuppone che, in primo luogo, si sia accertata la regolare instaurazione del contraddittorio con il perfezionamento della notificazione della citazione nei modo previsti dalla legge - come d'altro canto si desume testualmente dall'intero tessuto normativo della fase introduttiva del giudizio di cognizione, che, limitando l'analisi al rito disciplinante il presente procedimento, impone (ovviamente) la notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 552cod. proc. pen.) - e, in secondo e susseguente luogo, esige la necessità della verifica dell'effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato, da effettuarsi nelle forme di cui agli artt. 420-bis
e ss. cod. proc. pen.
Si deve, dunque, ribadire che l'impostazione del controllo giudiziale, con riferimento alla sedes primaria delle norme in esame, contempla, innanzi tutto, l'accertamento della validità delle notificazioni dell'atto introduttivo, come conferma il disposto degli artt. 420 e 420-quater (nel testo vigente all'epoca dell'effettuazione della formalità, antecedente al nuovo assetto conferito a quest'ultima disposizione dall'art. 23, comma 1, lett. e), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) cod. proc. pen.
Assodato, pertanto, che la disciplina introdotta con la 28 aprile 2014, n. 67, ha stabilito che il processo può essere celebrato in assenza dell'imputato solo a condizione che vi sia la certezza che il medesimo ne abbia avuto conoscenza o ad esso si sia volontariamente sottratto, deve puntualizzarsi che ciò comporta l'effetto che non è sufficiente la, pur necessaria, regolarità formale della notificazione, ma è indispensabile, allorquando l'imputato non compaia, valutare - per poter procedere ugualmente nei suoi confronti - la sussistenza di elementi dai quali possa fondatamente desumersi l'esistenza delle condizioni sopra indicate, espressive di una rinuncia, successiva o addirittura preventiva, a partecipare al giudizio, oltre all'ipotesi in cui si sia determinata la volontaria sottrazione alla conoscenza del processo.
In tema di presupposti del processo in absentia, vanno tenuti nettamente distinto il piano della regolarità formale della notificazione dell'atto introduttivo da quello, divenuto imprescindibile, della verifica della conoscenza effettiva del procedimento da parte dell'imputato.
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
(data ud. 09/07/2024) 30/10/2024, n. 40119
Dott. DI NICOLA Vito - Presidente
Dott. SIANI Vincenzo - Relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.A., nato a C il (omissis);
avverso la sentenza del 30/01/2024 della CORTE APPELLO di TRIESTE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere VINCENZO SIANI;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale, PIETRO GAETA, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito il difensore:
l'avvocato MDB ha concluso chiedendo l'accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, emessa il 30 gennaio 2024, la Corte di appello di Trieste ha confermato la decisione resa dal Tribunale di Udine il 17 ottobre 2022, con la quale A.A. era stato condannato alla pena di mesi tre di arresto, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno in favore della parte civile B.B., liquidato equitativamente in Euro 5.000.00, oltre interessi e rivalutazione, e alla rifusione delle spese processuali, siccome ritenuto responsabile del reato di cui all' art. 660 cod. pen., consistito nell'avere arrecato, in diversi episodi avvenuti in M, dal 14 marzo al 30 aprile 2018, molestie e disturbo ai danni del suddetto B.B., nuovo compagno convivente della ex moglie dell'odierno ricorrente, in luogo pubblico e mediante l'uso di telefono, per petulanza o altro biasimevole motivo, con condotte direttamente rivolte alla persona offesa e condotte realizzate mediante l'effettuazione di una serie di telefonate sull'utenza telefonica della figlia infraquattordicenne di B.B. e sull'utenza telefonica di quest'ultimo, nonché mediante l'invio al medesimo B.B. di messaggi di testo dal contenuto specificato in rubrica.
2. Ricorre per cassazione l'imputato, con il ministero del suo difensore di fiducia, sviluppando tre motivi.
2.1. Con il primo motivo, in via preliminare, è stata dedotta l'intervenuta prescrizione del reato per il decorso del termine massimo previsto per le contravvenzioni dall' art. 157, primo comma, cod. pen. rispetto all'ultimo episodio di molestie contestato.
2.2. Con il secondo motivo, si censurano l'inosservanza e l'erronea applicazione dell' art. 169 cod. proc. pen., che hanno gravemente compromesso il pieno esercizio del diritto di difesa dell'imputato.
La difesa sostiene che, sulla base di quanto emerso dagli atti di indagine e dall'istruttoria dibattimentale, il procedimento notificatorio inerente all'atto introduttivo del giudizio, nonostante la puntuale indicazione del luogo di lavoro del ricorrente, trasferitosi stabilmente in Q da anni, era avvenuto in spregio delle regole e delle forme previste dall' art. 169, comma 1, cod. proc. pen.
In particolare, si evidenzia che gli operanti di polizia giudiziaria si erano limitati a raggiungere telefonicamente A.A. il quale, nelle due occasioni di contatto avute, aveva significato la propria impossibilità a rientrare tempestivamente in Italia, a causa delle restrizioni agli spostamenti aerei connesse all'emergenza pandemica in corso, e la ferma determinazione a ricevere personalmente gli atti processuali, considerata la delicatezza della vicenda che lo vedeva coinvolto.
A dimostrazione della volontà di non sottrarsi al processo, si evidenzia come nel mese di maggio 2022, in aeroporto, gli Ufficiali di Polizia di Frontiera avessero notificato formalmente a A.A. l'invito a presentarsi presso il Comando Stazione dei Carabinieri di C in data 8 luglio 2022; invito che l'imputato non aveva eluso, con l'effetto che, in ragione di esso, aveva fatto appositamente rientro in Italia.
Pur essendo, dunque, le informazioni sul luogo di lavoro dell'imputato, acquisite nel corso delle indagini grazie alle indicazioni della ex moglie C.C., imprecise e dunque inidonee a consentire la corretta notificazione, le autorità competenti non avevano neppure proceduto secondo i dettami stabiliti dall' art. 169, comma 4, cod. proc. pen., che prescrive, in caso di insufficienza di notizie, l'effettuazione di opportune ricerche anche al di fuori del territorio nazionale.
2.3. Con il terzo motivo la difesa si duole, infine, della mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in merito all'assenza del danno morale e all'eccessiva quantificazione del risarcimento del danno, ritenuta sproporzionata alla luce delle condotte effettivamente poste in essere dall'imputato e della natura contravvenzionale del reato contestato.
Si sostiene che B.B. non ha sofferto nessun danno morale, dal momento che costui ha continuato a risiedere nell'abitazione di A.A. insieme alla convivente e a condurre ordinariamente la propria esistenza, dimostrando di non nutrire alcun timore nei confronti del ricorrente: la persona offesa non ha subito una modificazione peggiorativa della vita quotidiana, ritenuta dalla giurisprudenza di legittimità come l'essenza, con la sofferenza interiore, del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente tutelati.
In assenza della prova del patimento di questo specifico pregiudizio, pertanto, non è giustificabile, secondo la difesa, la quantificazione del risarcimento nella somma di Euro 5.000,00.
3. Il Procuratore Generale ha rassegnato memoria con cui ha anticipato le sue conclusioni prospettando l'inammissibilità del ricorso ed evidenziando: la manifesta infondatezza del motivo relativo alla violazione dell' art. 169 cod. proc. pen., che non trova applicazione nel caso in cui l'imputato, che risulti avere la residenza all'estero, abbia comunque avuto notizia del procedimento penale instaurato nei suoi confronti ed abbia effettuato un'elezione di domicilio inidonea, dovendo viceversa procedersi alla notifica della citazione con consegna al difensore a norma dell'art. 161
, comma 4, cod. proc. pen.; la genericità ed eccentricità del motivo inerente al danno morale e all'eccessiva quantificazione del relativo risarcimento, formulato alla luce di una personale prospettiva e di considerazioni ultronee rispetto al contenuto decisorio, oltre che la sua forte inflessione di merito, qui non ammissibile; ciò, con l'impossibilità di scrutinare il profilo dell'eventuale prescrizione del reato, per l'inammissibilità dei citati motivi.
4. La difesa di A.A. ha depositato memoria di replica, con cui ha ribadito l'intervenuta prescrizione del reato per cui si procede e ha contestato le prospettazioni dell'Autorità requirente: quanto al secondo motivo, ha sottolineato il mancato rispetto delle formalità, prodromiche rispetto all'applicazione dell'invocato art. 161 cod. proc. pen., previste per le notificazioni all'imputato che si trovi all'estero e la mancata conoscenza da parte sua della vocatio in iudicium, avvenuta solo in data 8 luglio 2022 e, dunque, a processo in corso e istruttoria dibattimentale pressoché conclusa, con la compromissione di ogni facoltà di difesa dell'imputato; quanto al terzo motivo, ha dedotto la carenza motivazionale della sentenza impugnata, anche in ordine alle deduzioni sulla scorta delle quali si sono disattese le argomentazioni difensive volte a dimostrare l'assenza del danno in capo alla persona offesa.
5. Nel corso della discussione orale, il Procuratore Generale si è riportato allo scritto già depositato, mentre la difesa ha sviluppato ulteriormente le proprie argomentazioni, evidenziando che stabilire l'equipollenza di semplici contatti telefonici al procedimento notificatorio previsto dall' art. 169 cod. proc. pen. rappresenterebbe l'affermazione di un principio inedito e, in concreto, contrario alla norma, considerato che la comunicazione per raccomandata richiesta dalla stessa possiede crismi comunicativi dotati di certezza, non equiparabili a quelli di una telefonata, con l'effetto che la dichiarazione di assenza ex 420-bis cod. proc. pen. era stata emessa in modo apodittico ed erroneo, in ogni caso senza verificare l'effettiva conoscenza del procedimento da parte dell'imputato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è, nei sensi che seguono, fondato e va pertanto accolto.
2. Pregiudiziale e determinante si rivela l'esame dell'eccezione processuale, sollevata con il secondo motivo di ricorso, relativa al mancato rispetto del procedimento notificatorio previsto per l'imputato che si trovi all'estero dall' art. 169
cod. proc. pen., questione che, per ragioni di ordine logico, si antepone al vaglio delle ulteriori censure, sebbene dal suo esito risulti orientata anche la soluzione della disamina della susseguente questione di prescrizione.
Dall'analisi degli atti, cui questa Corte ha doveroso accesso per la natura processuale della questione esaminata, e dalla verifica dei provvedimenti emessi risulta quanto segue.
2.1. All'esito delle indagini preliminari, il 24 marzo 2020, i Carabinieri della Stazione di C avevano redatto un verbale definito di vane ricerche, in occasione della notificazione dell'atto di avviso di conclusione delle indagini a A.A., nel quale si era dato conto dell'espletamento degli accertamenti, con esito negativo, svolti presso l'anagrafe comunale di M, i nosocomi di zona, la Casa circondariale e le banche dati delle Forze di Polizia e della motorizzazione civile e in cui si era tuttavia rilevato il fatto del trasferimento di A.A. in Q.
Risultava specificato che questo dato di fatto era stato confermato agli inquirenti dalla ex coniuge C.C., la quale, nell'occasione, aveva, peraltro, fornito agli operanti stessi l'indirizzo e l'utenza telefonica estera dell'allora indagato.
A tale utenza telefonica A.A. era stato, quindi, raggiunto in tre distinte occasioni e aveva, dapprima, manifestato la propria volontà di tornare in Italia per ricevere personalmente le notifiche o le convocazioni giudiziarie.
Si trae anche, dal verbale, che successivamente l'imputato aveva però segnalato la propria impossibilità a farlo, a causa della mancanza di voli di rientro; in ogni caso, non aveva manifestato alcuna determinazione in merito all'eventuale nomina del difensore di fiducia o all'elezione del domicilio finalizzata al ricevimento degli atti del procedimento.
Posto tale svolgimento dei fatti, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Udine, autorità procedente, senza compiere ulteriori atti, ritenuto che le ricerche avessero dato esito negativo e che l'indagato fosse risultato non reperibile nei luoghi stabiliti dall' art. 159 cod. proc. pen., aveva emesso in data 8 aprile 2020 il decreto di irreperibilità stabilendo che le notificazioni non potute effettuare al suddetto A.A. si perfezionassero mediante la consegna al difensore di ufficio (individuato nella persona dell'avv. PT).
Sulla scorta di tale dichiarazione di irreperibilità, il decreto di citazione a giudizio innanzi al Tribunale di Udine emesso dal suddetto Pubblico ministero il 28 ottobre 2020 è stato notificato all'imputato A.A., espressamente indicato come irreperibile, ai sensi dell'art. 159 cod. proc. pen., con consegna dell'atto al suo difensore di ufficio: dunque, il decreto di citazione è risultato notificato all'imputato A.A. con la consegna (via P.E.C.) il 12.11.2020 dell'atto al difensore di ufficio, con esclusivo riferimento al procedimento eseguito ai sensi dell'art. 159 cod. proc. pen.
2.2. Il Tribunale di Udine, alla prima udienza del 22 aprile 2021, pur avendo preso atto di queste modalità procedimentali, ha argomentato in guisa tale da indurre a non condividere la dichiarazione di irreperibilità decretata dal Pubblico ministero.
Il primo giudice, analizzate le circostanze emerse nel suddetto verbale, pur definito di vane ricerche, ha concluso diversamente, in particolare reputando che l'imputato A.A. fosse a conoscenza del procedimento e avesse inteso sottrarsi alla sua conoscenza ufficiale.
Ciò, come è stato poi ribadito nella sentenza di primo grado, ha determinato il Tribunale a ritenere e dichiarare essersi verificata l'assenza dell'imputato e a procedere oltre.
La difesa dell'imputato ha posto la questione dell'invalidità del procedimento notificatorio, con i conseguenti effetti sulla verifica degli atti assunti nel processo, sia all'udienza del 31.01.2022, sia alla successiva udienza del 17.10.2022 dopo che, nelle more, il 7 luglio 2022, i Carabinieri della Stazione di C, avuta la presenza di A.A.. tornato in Italia, avevano dato luogo alla notificazione dell'avviso di conclusione delle indagini.
Essendo stata respinta anche con la sentenza di primo grado, l'eccezione è stata reiterata con il primo motivo di appello.
2.3. La Corte di appello di Trieste ha affrontato la questione nella sentenza impugnata, ma l'ha considerata infondata sulla scorta di un differente ragionamento.
Richiamati i contenuti delle attività di ricerca descritte dagli inquirenti nel verbale del 24.03.2020, i giudici di appello hanno ritenuto, invece, adeguate le ricerche compiute, vano il loro esito, correttamente emesso il decreto di irreperibilità di A.A. da parte del Pubblico Ministero e validamente eseguite le notificazioni all'imputato, siccome effettuate ai sensi e per gli effetti dell'art. 159cod. proc. pen.
Dunque, la Corte territoriale ha adottato una motivazione affatto diversa da quella espressa dal Tribunale, che aveva ritenuto non ritualmente emesso il decreto di irreperibilità, ma provata - e sufficiente - la volontà dell'imputato di sottrarsi al procedimento, per gli effetti di cui all' art. 420-bis cod. proc. pen.
I giudici di appello hanno, al contrario, reputato determinante la considerazione che la dichiarazione di irreperibilità di A.A. era stata correttamente decretata e che la condizione di irreperibile dell'imputato legittimasse, oltre alla notificazione dell'atto introduttivo ai sensi dell' art. 159 cod. proc. pen., la susseguente valutazione della sua posizione nel processo quale assente.
3. Sia il ragionamento svolto dal giudice di primo grado, sia quello svolto dalla Corte di appello onde pervenire alla conclusione della ritualità dell'instaurazione del contraddittorio con l'imputato e, così, superare la corrispondente accezione di nullità si rivelano fallaci.
3.1. Innanzi tutto, è da rilevare che il verbale definito di vane ricerche, lungi dal segnalare l'impossibilità di reperire l'allora indagato, aveva fatto emergere chiari dati di fatto, quali il luogo e l'indirizzo estero in cui A.A. si trovava per lavoro e anche il suo recapito telefonico, tali da consentire l'impostazione e il perfezionamento dell'ordinario procedimento notificatorio ai sensi dell' art. 169cod. proc. pen. Il punto cruciale della questione attiene alla possibilità di qualificare come irreperibile un soggetto di cui si conosca il luogo di lavoro abituale e con il quale la polizia giudiziaria sia riuscita a mettersi in contatto telefonicamente, ma che abbia omesso di eleggere domicilio all'estero.
L' art. 169 cod. proc. pen., nel testo vigente all'epoca dell'effettuazione della formalità notificatoria di cui si tratta, regola le notificazioni all'imputato all'estero stabilendo, al comma 1, che, quando risulta dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero della persona nei cui confronti si deve procedere ovvero del luogo in cui all'estero la stessa esercita abitualmente l'attività lavorativa, il giudice o il pubblico ministero le invia raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l'indicazione dell'autorità che procede, del titolo del reato e della data e del luogo in cui è stato commesso, nonché l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato, di guisa che, se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio, ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante la corrispondente consegna al difensore.
Tale procedura - pur nell'acquisita certezza della reperibilità del destinatario in Doha. all'indirizzo specificato nel suddetto verbale, anche con indicazione dell'utenza cellulare a cui A.A. era stato poi ripetutamente contattato - non è stata esperita, ma il Pubblico ministero ha optato per la, non giustificata allo stato di quegli atti, dichiarazione di irreperibilità, traendone le implicazioni derivanti dall'applicazione dell'art. 159 cod. proc. pen. Certo, in tema di notificazioni all'imputato residente o dimorante all'estero, l'invio della raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato previsto dall'art. 169, comma 1, cod. proc. pen., presuppone che dagli atti risulti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero del destinatario, non potendo applicarsi detta procedura, qualora, invece, tale notizia sia incerta al momento della notifica dell'atto processuale (Sez. 3, n. 43147 del 08/03/2018, P., Rv. 273924 - 01).
Nel caso di specie, tuttavia, A.A. era stato rintracciato all'estero all'indirizzo indicato nel verbale, sicché poteva e doveva avviarsi il procedimento notificatorio stabilito dall' art. 169 cod. proc. pen.
3.2. Gli elementi acquisiti, in ogni caso, non erano tali da giustificare l'emissione del decreto di irreperibilità.
È vero, infatti, che ai fini dell'emissione del decreto di irreperibilità, l'obbligo di disporre le ricerche all'estero sorge soltanto se quelle svolte nel territorio dello Stato consentono di individuare la località ove l'imputato dimora o esercita abitualmente la sua attività e in cui, quindi, può utilmente effettuarsi la ricerca per l'accertamento di un esatto indirizzo (Sez. 1, n. 34760 del 26/06/2024, Kamara, Rv. 286719 - 01).
È del pari certo, però, che nella vicenda succitata tali elementi, già adeguati all'invio della raccomandata prevista dall'art. 169 cod. proc. pen., oltre che, a fortiori, idonei a promuovere l'effettuazione della ricerca di un ancora più esatto indirizzo riferibile al suddetto destinatario, erano chiaramente emersi (v. anche Sez. 6, n. 29147 del 03/06/2015, Ben Khelifa, Rv. 264104 - 01).
Nella stessa prospettiva, si è ritenuto, con riferimento al regime al tempo vigente, che, in tema di notificazioni all'imputato residente o dimorante all'estero, qualora l'imputato non abbia ricevuto o, comunque, manchi la prova della ricezione della raccomandata di cui all' art. 169 cod. proc. pen., l'autorità giudiziaria procedente deve disporre nuove ricerche nei luoghi indicati dall'art. 159 cod. proc. pen., al fine della declaratoria di irreperibilità dell'imputato, posto che si tratta di situazione assimilabile a quella in cui risulti o appaia probabile che l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto (art. 157, comma quinto, cod. proc. pen.).
Sicché si è considerato, in tal caso, illegittima la consegna degli atti al difensore, anche secondo il disposto di cui all'art. 169, comma 1, ultima parte, in quanto tale procedura presuppone che l'elezione di domicilio sia insufficiente o non sia stata effettuata e, quindi, presuppone, pur sempre, l'avvenuta ricezione della suddetta raccomandata (Sez. 3, n. 46813 del 10/11/2021, M., Rv. 282462 - 01; Sez. 5, n. 34504 del 11/07/2011, Vezzosi, Rv. 250945 - 01).
Posto ciò, deve considerarsi che l'emissione del decreto di irreperibilità di soggetto destinatario residente o dimorante all'estero dà luogo all'adozione di un atto nullo se il decreto viene emesso prima dell'effettuazione del tentativo di notificazione dell'atto all'estero, come questa risulta disciplinata dall' art. 169 cod. proc. pen. (per la rilevazione di tale fattispecie v. Sez. 5, n. 47542 del 03/10/2016, F., Rv. 268538 - 01; Sez. 2, n. 35712 del 28/05/2013, Nerozzi, Rv. 257399 - 01).
È quanto si è verificato nel caso in esame.
Ne è seguita la violazione della disciplina delle notificazioni, mediante l'adozione del procedimento previsto dall'art. 159 cod. proc. pen. senza che il decreto di irreperibilità fosse stato emesso in costanza dei presupposti stabiliti dalla legge: e tale vulnus ha determinato la conseguente nullità assoluta e insanabile della notificazione attinenti alla citazione dell'imputato (Sez. 5, n. 44374 del 20/06/2014, Iaccarino, Rv. 262112 - 01; Sez. 1, n. 5479 del 10/01/2006, Paulli, Rv. 235098 - 01).
3.3. Assodato quanto precede, non si profilano conducenti le considerazioni svolte dal Tribunale, che, dando per acclarata la mancata integrazione della fattispecie legale dell'irreperibilità e, dunque, dissentendo in modo espresso dal modus procedendi adottato dal Pubblico ministero per instaurare il contraddittorio innanzi al giudice della cognizione, si è concentrato, reputandola ex se esaustiva e, come tale, determinante, sulla valutazione secondo la quale l'atteggiamento serbato da A.A., nel corso dei contatti avuti con gli inquirenti deputati all'effettuazione delle ricerche, fosse da interpretarsi nel senso che l'imputato, venuto a conoscenza del procedimento, aveva inteso sottrarsi allo stesso, con trasparente riferimento alla disciplina dell'art. 420-biscod. proc. pen. (norma che si applica anche al dibattimento in virtù dei richiami di cui agli artt. 555 cod. proc. pen. e 484 cod. proc. pen.).
Tuttavia, questo inquadramento ha omesso di considerare che la disciplina del processo in absentia, di cui agli artt. 420-bis e ss. cod. proc. pen., posta a garanzia dell'effettiva conoscenza da parte dell'imputato del procedimento instaurato nei suoi confronti, non costituisce lo statuto normativo finalizzato a una verifica alternativa a quella inerente alla valida notificazione dell'atto introduttivo all'imputato.
Piuttosto, la suddetta disciplina presuppone che, in primo luogo, si sia accertata la regolare instaurazione del contraddittorio con il perfezionamento della notificazione della citazione nei modo previsti dalla legge - come d'altro canto si desume testualmente dall'intero tessuto normativo della fase introduttiva del giudizio di cognizione, che, limitando l'analisi al rito disciplinante il presente procedimento, impone (ovviamente) la notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 552cod. proc. pen.) - e, in secondo e susseguente luogo, esige la necessità della verifica dell'effettiva conoscenza del processo da parte dell'imputato, da effettuarsi nelle forme di cui agli artt. 420-bis
e ss. cod. proc. pen.
Si deve, dunque, ribadire che l'impostazione del controllo giudiziale, con riferimento alla sedes primaria delle norme in esame, contempla, innanzi tutto, l'accertamento della validità delle notificazioni dell'atto introduttivo, come conferma il disposto degli artt. 420 e 420-quater (nel testo vigente all'epoca dell'effettuazione della formalità, antecedente al nuovo assetto conferito a quest'ultima disposizione dall'art. 23, comma 1, lett. e), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150) cod. proc. pen.
Assodato, pertanto, che la disciplina introdotta con la 28 aprile 2014, n. 67, ha stabilito che il processo può essere celebrato in assenza dell'imputato solo a condizione che vi sia la certezza che il medesimo ne abbia avuto conoscenza o ad esso si sia volontariamente sottratto, deve puntualizzarsi che ciò comporta l'effetto che non è sufficiente la, pur necessaria, regolarità formale della notificazione, ma è indispensabile, allorquando l'imputato non compaia, valutare - per poter procedere ugualmente nei suoi confronti - la sussistenza di elementi dai quali possa fondatamente desumersi l'esistenza delle condizioni sopra indicate, espressive di una rinuncia, successiva o addirittura preventiva, a partecipare al giudizio, oltre all'ipotesi in cui si sia determinata la volontaria sottrazione alla conoscenza del processo (v. la motivazione di Sez. 1, n. 16315 del 10/01/2024, Barjan, Rv. 286246 - 01, in consonanza, del resto, con l'intero impianto della decisione regolatrice resa da Sez. U., n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420 - 01, che ha trattato ampiamente dei presupposti del processo in absentia, tenendo nettamente distinto il piano della regolarità formale della notificazione dell'atto introduttivo da quello, divenuto imprescindibile, della verifica della conoscenza effettiva del procedimento da parte dell'imputato).
3.4. Né, per altro verso, può essere condivisa la posizione assunta dalla Corte di appello, volta ad affermare invece la validità della dichiarazione di irreperibilità di A.A. decretata dal Pubblico Ministero e della notificazione dell'atto introduttivo ai sensi dell'art. 159 cod. proc. pen.
Si sono già evidenziate le ragioni per le quali non può ritenersi essersi perfezionato un valido iter volto a pervenire alla declaratoria di irreperibilità dell'allora indagato.
D'altro canto, se avesse dovuto ritenersi che A.A. era stato dichiarato ritualmente irreperibile e si fosse ammessa la conseguente instaurazione del contraddittorio con la notificazione effettuata ai sensi dell'art. 159 cod. proc. pen., ciò avrebbe dovuto necessariamente far conseguire l'attività di verifica prevista dall'art. 420-quater cod. proc. pen. (sempre nel testo in allora vigente), giacché il processo in absentia non può svolgersi nei confronti di imputato irreperibile, come si desume dall'intero impianto della disciplina introdotta con la legge n. 67 del 2014.
4. Corollario dell'analisi svolta è l'accoglimento del secondo motivo del ricorso dell'imputato con il conseguente, ineludibile accertamento della nullità dai giudizi di primo e di secondo grado, determinata dalla nullità della notificazione del decreto di citazione verificatasi nel giudizio innanzi al Tribunale di Udine, ritualmente eccepita dalla difesa dell'imputato ed erroneamente esclusa dai giudici di entrambi i gradi di merito.
La rilevata nullità ha determinato anche la nullità degli atti susseguenti e, con essa, l'invalidità di entrambe le sentenze di merito che vanno, pertanto, annullate.
Infatti, una volta accertato che il procedimento deve regredire all'esordio del giudizio di primo grado per l'effettuazione di una rinnovata notificazione del decreto di citazione dell'imputato secondo forme del tutto diverse da quelle già praticate e risultate prive di validità, con l'effetto che quell'atto originario è da ritenersi tamquam non esset, non se ne potrebbe considerare una sorta di reviviscenza postuma ad ogni fine.
4.1. Il provvedimento ulteriore dovrebbe essere diretto, quindi, alla trasmissione degli atti al primo giudice per la celebrazione del giudizio di primo grado all'esito del rituale perfezionamento del contraddittorio.
Tuttavia, rileva in via preminente l'esame del primo motivo del medesimo ricorso, in virtù del quale l'imputato ha dedotto, richiedendone l'affermazione, l'intervenuta prescrizione della contravvenzione contestata.
Sulla scorta della contestazione e degli accertamenti susseguenti si è definito il tempo del commesso reato inerente alla contravvenzione oggetto di processo si è protratto fino al 30 aprile 2018; il termine ordinario di prescrizione, vigente per le contravvenzioni è pari a quattro anni; il termine massimo si incrementa fino a un quarto, così pervenendo a cinque anni, ex art 161 cod. pen., in presenza di atti interruttivi.
Nel caso di specie, trattandosi di reato eventualmente abituale, la prescrizione decorre dal momento in cui è stata commessa l'ultima condotta antigiuridica, censita con riferimento alla data del 30 aprile 2018; alla luce di ciò, il termine massimo prescrizionale risulta vanamente spirato il 30 aprile 2023.
È vero che, essendo stato commesso il reato il 30 aprile 2018, al termine massimo quinquennale - ritenendo persistente la vigenza del corrispondente regime per i reati commessi nel periodo dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019 - dovevano essere aggiunti il periodo di sospensione, nella misura massima di un anno e sei mesi, a decorrere dalla sentenza di condanna di primo grado, e il corrispondente, omologo periodo di sospensione, a decorrere dalla sentenza di condanna di secondo grado, contemplati dall'art. 159 cod. pen. nella formulazione vigente all'epoca dei fatti (vale a dire la legge 23 giugno 2017, n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017), norma da intendersi come più favorevole rispetto a quella risultante dall'ulteriore modificazione dell'art. 159 cod. pen., introdotta in forza dell'art. 1, comma 1, lett. e), n. 1, della legge n. 9 gennaio 2019, n. 3, che ha sancito, a far data del 1 gennaio 2020, la sospensione del termine prescrizionale dopo la pronuncia di primo grado sino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio (Sez. 1, n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, Falco, Rv. 285724 - 01, in motivazione).
È però del pari vero che, in applicazione del disposto di cui all'art. 159, comma 3, cod. pen. (sempre come modificato dalla legge n. 103 del 2017), opera il principio secondo cui i periodi di sospensione del corso della prescrizione ivi previsti debbono essere ricomputati ai fini del calcolo del termine di prescrizione, oltre che quando sopravvenga una sentenza di proscioglimento nel grado successivo, anche allorquando ricorrano - come è accaduto nella vicenda processuale in esame - casi di nullità ai sensi dell'art. 604, commi 1, 4 e 5-bis cod. proc. pen. del codice di procedura penale, che implicherebbero la restituzione degli atti al giudice a quo.
4.2. La partecipazione al processo della parte civile B.B. avrebbe imposto, se si fosse trattato di verificare e rilevare soltanto la prescrizione del reato, di procedere in ogni caso alla delibazione necessaria per stabilire l'esito della corrispondente azione civile nel processo penale.
Il vizio radicale nel contraddittorio annidatosi all'origine del giudizio di primo grado preclude tale delibazione.
Invero, quanto alle statuizioni civili emesse in un processo minato da una nullità assoluta e insanabile, si è già precisato che - allorquando la patologia processuale finisca per colpire anche l'avvenuta proposizione dell'azione civile -deve essere pronunciato l'annullamento senza rinvio della decisione impugnata, ferma la prescrizione ai fini penali, con la revoca delle statuizioni civili.
Va, quindi, ribadito che nel giudizio di cassazione l'intervenuta prescrizione del reato non impedisce, pur in presenza di statuizioni inerenti all'azione civile, di rilevare una causa di nullità assoluta ed insanabile, il cui accertamento si riflette, d'altronde, sul mantenimento di tali statuizioni che devono essere revocate, ferma restando la declaratoria di estinzione del reato ai fini penali (Sez. 4, n. 42461 del 09/05/2018, Todaro, Rv. 274764 - 01).
Non si mette in questione, per quanto esso sia ancora operante, l'indirizzo di legittimità secondo il quale la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta e insanabile della sentenza, sempreché non risulti evidente la prova dell'innocenza dell'imputato, dovendo la Corte di cassazione adottare in tal caso la formula di merito di cui all'art. 129, comma 2, cod. proc. pen. (si richiama l'enunciazione ribadita da Sez. U., n. 28954 del 27/04/2017, Iannelli, Rv. 269810 - 01, da leggere ora in uno con la susseguente sentenza n. 111 del 2022 della Corte costituzionale, la quale, dopo aver analizzato il diritto vivente sedimentatosi a partire dalla suindicata decisione delle Sezioni Unite, ha ritenuto l'interpretazione colà validata in contrasto con gli artt. 24, secondo comma, e 111, secondo comma, Cost. e ha dichiarato incostituzionale l'art. 568, comma 4, cod. proc. pen., in quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto dall'imputato avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato).
Specificando il punto, si osserva che - pur muovendosi dal concetto che, nel giudizio di cassazione, qualora il reato sia già prescritto, non è rilevabile la nullità, anche di ordine generale, in quanto l'inevitabile rinvio al giudice di merito risulta incompatibile con il principio dell'immediata applicabilità della causa estintiva - tale enunciazione trova un necessario limite nel caso in cui la sentenza di merito risultata affetta da nullità abbia deciso, non solo in ordine al reato per cui è intervenuta la prescrizione, ma anche in ordine al risarcimento dei danni da esso cagionati o alle restituzioni.
In quest'ultimo caso, la nullità, ove si sia verificata in un momento dell'iter processuale tale da comunicare i suoi effetti invalidanti anche al rapporto inerente alla proposizione dell'azione civile, deve essere comunque rilevata e dichiarata, così riflettendosi sulla validità delle statuizioni civili: essa, quindi, comporta, con l'estinzione del reato per prescrizione, l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e l'eliminazione delle corrispondenti statuizioni civili (Sez. 2, n. 3221 del 07/01/2014, Macchia, Rv. 258817 - 01).
Nel solco di tale principio di diritto, la nullità della vocatio in ius, coniugata con l'accertamento della sopravvenuta prescrizione del reato, non può non imporre la revoca delle statuizioni civili nella loro interezza, essendo la costituzione di parte civile intervenuta senza che si fosse validamente instaurato il rapporto processuale con l'imputato.
Resta intatto, naturalmente, il diritto in capo al soggetto danneggiato dal reato di intraprendere, qualora lo ritenga opportuno, l'azione civile nei confronti del danneggiante.
5. Conclusivamente, in ragione della nullità determinatasi nell'instaurazione del contraddittorio relativa al giudizio di primo grado, deve pronunciarsi l'annullamento senza rinvio delle sentenze pronunciate nei due gradi di merito e la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, con la conseguente revoca delle statuizioni civili emesse dalle sentenze annullate.
6. Secondo quanto stabilisce l'art. 52 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, deve disporsi (in considerazione del fatto che vengono in rilievo circostanze e dati sensibili relativi alla sfera della persona offesa e di un suo congiunto) che in caso di diffusione del presente provvedimento dovranno omettersi le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati.
P.Q.M.
annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado.
Dichiara il reato estinto per prescrizione e, per l'effetto, revoca le statuizioni civili.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'
art. 52
D.Lgs. 196/03
in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 9 luglio 2024.
Depositata in Cancelleria il 30 ottobre 2024.