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Nomina a difensore valida anche se in lingua straniera (Cass. 21021/03)

13 maggio 2003, Cassazione penale

Nomina a difensore non necessita di autentica e può essere anche redatta in lingua staniera. 

Corte di Cassazione

sez. III penale - sentenza

(data ud. 19/03/2003) 13/05/2003, n. 21021

 

C.J. n. Hampton Coust 15 maggio 1947;

avverso ordinanza Tribunale Bari in data 7 ottobre 2002;

Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ZUMBO;

udito il Pubblico Ministero nella persona del Dott. Antonio Albano che ha concluso per il rigetto.

Udito il difensore Avv. A.P.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con ordinanza in data 7 ottobre 2002, il Tribunale di Bari dichiarava l'inammissibilità dell'istanza di riesame presentata dall'avv. A.P. nell'interesse di E. (UK) LTD avverso il sequestro disposto in data 1 marzo 2002 dal Procuratore della Repubblica di Bari.

Rilevava il Tribunale che non risulta che J.C. sia legale rappresentante della E. in quanto la documentazione prodotta dal difensore è redatta in lingua straniera senza la traduzione in italiano e che non è valida la nomina al difensore mancando l'autenticazione della firma del predetto J.C.

Il difensore proponeva ricorso per manifesta illogicità della motivazione sostenendo che l'obbligo di usare la lingua italiana (art. 109 c.p.p.) si riferisce agli atti da compiere nel procedimento, non agli atti già formati da acquisire e che tra la documentazione depositata all'udienza del 7 ottobre 2002 è compreso regolare atto di nomina a favore del difensore, redatto in lingua inglese e sottoscritto dal sig. J.C. con firma autenticata dal Notaio inglese con "Postille" autentica sul retro della prima pagina nonché verbale di Consiglio di Amministrazione, 14 agosto 2002, di E., anch'esso redatto in lingua inglese, dal quale risulta che il sig. J.C. ha i poteri di rappresentanza della società (la cui traduzione veniva depositata). Il ricorso è fondato.

La nomina del difensore di fiducia è un atto formale per la cui validità processuale è necessaria l'osservanza delle forme e modalità di cui all'art. 96, commi 2 e 3, c.p.p. La nomina va fatta con dichiarazione resa all'autorità procedente o consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata.

La finalità perseguita dalla citata disposizione è volta a garantire la provenienza dall'interessato della nomina del difensore.

Nel caso in specie il difensore ha proposto richiesta di riesame depositando nella cancelleria del Tribunale, oltre a tale atto corredato da alcuni documenti, "in allegato nomina difensore di fiducia" come risulta da specifica annotazione del cancelliere in data 24 settembre 2002.

È stata, pertanto, consegnata all'autorità procedente da parte del difensore dichiarazione di nomina firmata da C.J.

E questo è sufficiente in quanto sono state rispettate le prescrizioni dettate dall'art. 96 c.p.p.

"La nomina del difensore non richiede alcuna speciale formalità; è quindi sufficiente una dichiarazione inserita a verbale o raccolta dall'autorità procedente ovvero un atto sottoscritto e trasmesso con raccomandata senza alcuna necessità di autocertificazione o certificazione" (Cass., 10 dicembre 1992, Della Bona, ANPP 93, 459).

"In virtù del disposto dell'art. 96, comma 2, c.p.p. non è richiesta l'autenticazione della sottoscrizione della dichiarazione di nomina del difensore di fiducia spedita con raccomandata" (Cass., 9 novembre 1992, Gailace, CED 192578; Cass., 7 giugno 1995, Anselmi, CED 201799).

Quando, infatti, l'autenticazione è richiesta, il codice lo ha espressamente previsto (vedi, ad es., art. 337 c.p.p. - formalità della querela -, art. 583 c.p.p. - spedizione dell'atto di impugnazione -). Per quanto riguarda l'altro punto dell'impugnata ordinanza, va osservato:

"L'obbligo di usare la lingua italiana (art. 109, comma 1, c.p.p.) si riferisce agli atti da compiere nel procedimento, non agli atti già formati da acquisire al procedimento medesimo. Ciò deriva, oltre che dal tenore letterale della citata norma e dal principio chiaramente desumibile dall'eccezione stabilita nel comma 2 del predetto articolo, anche dalle espresse e specifiche disposizioni dettate dagli artt. 237, 242 e 143 c.p.p. Secondo il combinato disposto delle predette norme, alla cui osservanza il giudice è tenuto ex art. 124 c.p.p. anche senza richiesta o sollecitazione della difesa, mentre l'acquisizione di qualsiasi documento proveniente dall'imputato può essere disposta anche di ufficio, il giudice "dispone" (cioè deve disporre) la traduzione, a norma dell'art. 143, dei documenti redatti in lingua diversa dall'italiano, se ciò è necessario alla loro comprensione. (Nella fattispecie, il tribunale del riesame aveva rifiutato l'ammissione, perché "incomprensibile, in quanto prodotta in lingua tedesca", di documentazione di cui la difesa aveva chiesto l'ammissione per provare circostanze relative all'alibi, ed aveva rigettato l'istanza di riesame ritenendo l'alibi mancante di prova.

La Corte di Cassazione, in applicazione del principio di diritto di cui in massima, ha annullato con rinvio l'impugnata ordinanza, specificando che la mancata ammissione della documentazione prodotta dall'indagato e la sua mancata traduzione, anche in udienza ad opera di un interprete di facile e pronta reperibilità, in relazione alla disposizione dei giudici, ai fini del termine di cui all'art. 309, comma 10, c.p.p., si riflettono negativamente sulla logica e sulla coerenza della decisione adottata riguardo alla valenza probatoria di detta documentazione)" Cass. sez. 6°, 27 febbraio 1995, n. 758 Ascione).

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione annulla l'impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Bari.

Così deciso in Roma, il 19 marzo 2003.

Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2003