Non esiste per legge l'obbligo per le persone fisiche o giuridiche di indicare il loro nominativo sulle cassette postali dei luoghi della loro abitazione o sede: l'agente postale non può desumere dalla mera mancanza di indicazione del nome dalla cassetta delle poste.
In caso di impossibilità di consegnare il piego al destinatario o a persona abilitata alla ricezione, il postino deve procedere al deposito della copia dell'atto presso l'ufficio postale e all'immissione dell'avviso nella cassetta o affissione alla porta.
La notifica a mezzo del servizio postale presuppone che il luogo di residenza, dimora o domicilio del destinatario dell'atto sia stato esattamente individuato e che la copia da notificare non possa essere consegnata per mere difficoltà di ordine materiale, quali la momentanea assenza, l'incapacità o il rifiuto delle persone abilitate alla ricezione: invece, in caso di irreperibilità del destinatario, l'avviso di ricevimento con la relativa annotazione deve essere subito restituito, unitamente al piego, al destinatario, postula che l'esecuzione della notificazione nelle forme ordinarie risulti impedita dall'irreperibilità del destinatario.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 28 febbraio – 23 aprile 2013, n. 9798
Presidente Oddo – Relatore Matera
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 1-6-2001 la società R** s.r.l. in liquidazione proponeva opposizione tardiva avverso il decreto ingiuntivo emesso in data 20-12-2000 dal Tribunale di Milano, con il quale gli era stato intimato il pagamento della somma di L. 40.000.000 in favore di D.M.F. .
Nel far presente di aver appreso solo a seguito dell'istanza di fallimento presentata dal D.M. dell'esistenza di tale decreto, notificato a mezzo del servizio postale nelle forme previste dall'art. 8 della legge n. 890 del 1982 per il caso di assenza del destinatario, l'opponente eccepiva che la notificazione era avvenuta in un luogo che non aveva alcuna relazione con la società, e che non era vero che fossero state eseguite le formalità indicate nell'avviso di ricevimento e nella successiva raccomandata. Essa, pertanto, proponeva querela di falso nei confronti delle risultanze della relata di notifica e dell'avviso di ricevimento del decreto, nella parte in cui dichiaravano effettuate le seguenti formalità: "per temporanea assenza del destinatario - per mancanza - immesso avviso cassetta corrispondente dello stabile in indirizzo"; formalità che non potevano essere state eseguite, non essendovi nello stabile in (OMISSIS) , alcun incaricato della società opponente a ricevere atti, né alcuna cassetta riferita alla stessa società.
Nel costituirsi, il convenuto eccepiva l'inammissibilità dell'opposizione e, comunque, la sua infondatezza nel merito.
Con sentenza in data 23-3-2004 il Tribunale rigettava la querela di falso e dichiarava inammissibile l'opposizione.
Avverso la predetta decisione proponeva appello l'opponente, ma il gravame veniva rigettato dalla Corte di Appello di Milano con sentenza in data 7-10-2006. La Corte territoriale, in particolare, con riferimento alla dedotta falsità, rilevava che non vi erano motivi per mettere in dubbio i fatti attestati nella relata di notifica, e cioè che l'agente postale si fosse recato nel luogo indicato ((OMISSIS) ) e avesse immesso l'avviso della giacenza della raccomandata n. 4031 del 29-1-2991 (cioè il plico postale relativo alla copia del decreto ingiuntivo da notificare) nella cassetta della corrispondenza destinata alla società Romea, considerato che l'unicità della cassetta esistente in tale stabile ragionevolmente indicava che il titolare della stessa era anche l'incaricato di ritirare la posta per conto di tutte le persone, fisiche o giuridiche, che avevano recapito in quel luogo. Essa, inoltre, riteneva la ritualità della notifica effettuata ai sensi dell'art. 8 comma 2 della legge n. 890/1982, essendo essa stata eseguita presso la sede legale della società opponente ed essendo stato accertato un effettivo rapporto di collegamento tra la persona che aveva ricevuto l'avviso di deposito del plico postale (rag. L..N. ) e la società destinataria, come risultava dal verbale di pignoramento negativo del 5-3-2001 tentato in via (OMISSIS) , allorché il rag. N. , titolare dello studio aziendale sito nel predetto stabile, aveva dichiarato all'ufficiale giudiziario che in quel luogo la debitrice non aveva alcun bene, in quanto si trattava "di sola sede legale, ai fini contabili, perciò solo domiciliataria".
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la R** s.r.l. in liquidazione, sulla base di otto motivi.
D.M.F. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
1) Con il primo motivo la ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla questione posta dall'appellante riguardo alla falsità ideologica dell'attestazione contenuta nella relata di notifica, che non riguardava la materiale immissione dell'avviso nella cassetta, ma l'indicazione che tale cassetta corrispondesse a quella della R** e.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia l'insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione, in ordine alla ritenuta esistenza all'indirizzo di notifica del decreto ingiuntivo opposto (via (OMISSIS) ) di una sede o recapito effettivi della società R** e all'asserita qualità di domiciliatario di tale società, ai fini legali e contabili, del rag. L..N. , titolare della cassetta in cui era stato immesso l'avviso di ricevimento. Sostiene, in particolare, che la motivazione è contraddittoria nella parte in cui assume che era onere dell'opponente dimostrare l'insussistenza dell'effettivo recapito della società presso l'indirizzo in questione e nel contempo dichiara inammissibili le prove offerte sul punto dalla stessa opponente.
Con il terzo motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 145 comma 1, 140 e 149 c.p.c., 8 e 9 comma 4 l. 890 del 1982, in relazione alla ritenuta ammissibilità della notifica a mezzo posta, con le modalità stabilite dall'art. 8 l. 890/1982, ad una società di capitali nella sede legale non coincidente con quella effettiva ed in assenza del destinatario e di altri soggetti incaricati del ritiro. Sostiene che l'agente postale, ai sensi dell'art. 9 della l. 890/1982, avrebbe dovuto dare atto della irreperibilità del destinatario e restituite al mittente il piego non consegnato. Il motivo si conclude con la formulazione di un quesito di diritto, con cui si chiede se debba considerarsi inesistente, nulla o irregolare, perché in violazione degli artt. 145 comma 1, 140 e 149 c.p.c., 8 e 9 comma 4 legge 890 del 1982, la notifica effettuata a mezzo posta, con le formalità previste dall'art. 8 secondo, terzo, quarto comma della legge 890 del p 1982 (temporanea assenza del destinatario, avviso immesso in cassetta, plico depositato in ufficio) ad una società di capitali quando nel luogo all'indirizzo cui il plico contenente l'atto da notificare è inviato non vi sia alcun segno esteriore, né targa, né campanello, né cassetta della posta che indichi l'esistenza di uffici o di recapiti della società cui la notifica è indirizzata, né venga rinvenuto in loco alcuna persona che si dichiari delegata al ritiro. Se debba invece l'agente postale, in presenza delle circostanze suindicate, ai sensi dell'art. 9 quarto comma della legge 890/1982, annotare sull'avviso di ricevimento la mancata consegna per irreperibilità del destinatario restituendolo subito al mittente unitamente al piego non consegnato.
Con il quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 8 comma 2 l. 890/1982, in relazione alla ritenuta ammissibilità dell'immissione dell'avviso della tentata notifica del piego nella cassetta che, pur trovandosi nell'indirizzo di notifica, risulti destinata al ricevimento della posta di soggetti diversi dal destinatario. Il quesito di diritto posto è il seguente: "Stabilisca la Corte di Cassazione se la notifica di un atto ad una società di capitali presso la sede legale a mezzo del servizio postale sia affetta da nullità o irregolarità qualora risulti che l'avviso di tentata notifica del piego sia stato immesso nell'unica cassetta postale esistente all'indirizzo e che tale cassetta risulti destinata al ricevimento della posta dell'abitazione e dell'ufficio di soggetti diversi dal destinatario, senza che dall'avviso di ricevimento risulti identificata la persona titolare dell'ufficio e dell'abitazione cui la cassetta postale si riferisce e senza che sia possibile stabilire dallo stato dei luoghi che la cassetta della corrispondenza in questione sia pertinente o riferibile direttamente anche al destinatario".
Con il quinto motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell'art. 650 c.p.c., in relazione alla ritenuta inammissibilità dell'opposizione perché proposta fuori termine.
Con il sesto motivo la ricorrente lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla prova della mancata conoscenza della notifica. Deduce che, una volta dimostrata la nullità della notifica, essendo l'avviso di ricevimento finito nella cassetta postale di persona diversa dal destinatario, il nesso di causalità tra il vizio della notifica e la mancata conoscenza del decreto ingiuntivo va desunto presuntivamente.
Con il settimo e l'ottavo motivo, infine, la ricorrente deduce la nullità della sentenza per omessa pronuncia sulle eccezioni di prescrizione dell'azione sia cartolare che di arricchimento e di insussistenza dell'obbligazione dedotta nell'assegno per mancanza di azione causale.
I primi due motivi, che per ragioni di connessione possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
La Corte di Appello ha dato adeguato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto non provata la dedotta falsità delle attestazioni rese dall'agente postale riguardo agli adempimenti dal medesimo compiuti. Essa ha spiegato che non vi sono motivi per mettere in dubbio che l'ufficiale si sia effettivamente recato presso l'indirizzo corrispondente alla sede della Romea Boat Service ((OMISSIS) ) ed abbia immesso nella cassetta della corrispondenza destinata a tale società l'avviso di deposito presso l'ufficio postale dell'atto da notificare; e che, in particolare, il fatto che l'unica cassetta postale esistente presso il predetto stabile non contenesse il nome della società Romea, ma recasse il nominativo del rag. L..N. e l'indicazione di uno studio professionale, lasciava ragionevolmente presumere che il titolare di tale studio fosse anche incaricato di ritirare la posta per conto di tutte le persone, fisiche o giuridiche, che avevano recapito in quel luogo.
Si tratta di argomentazioni esaustive e congrue, che valgono a fornire un idoneo supporto motivazionale alla conclusione cui è pervenuto il giudice di appello, circa la mancanza di prova della falsità dell'attestazione resa dall'ufficiale postale, di avere immesso l'avviso nell'unica cassetta per corrispondenza esistente nell'edificio di via (OMISSIS) , in cui pacificamente ha sede legale la s.r.l. R**.
La sentenza impugnata risulta adeguatamente motivata anche nella parte in cui ha ritenuto irrilevante la prova testimoniale articolata dall'opponente al fine di dimostrare la mancanza di collegamenti tra l'indirizzo di via (OMISSIS) e la società Romea. Premesso, invero, che, come emerge dalla lettura delle conclusioni di appello trascritte a pag. 2 della sentenza impugnata, tale prova riguardava solo la querela di falso, appare immune da vizi logici il ragionamento seguito dalla Corte di Appello, secondo cui le circostanze capitolate apparivano inidonee a dimostrare la falsità dei fatti attestati dall'ufficiale postale. Come è stato rilevato nella sentenza impugnata, infatti, la circostanza che il professionista incaricato della tenuta delle scritture contabili della società Romea (presso il quale quest'ultima, con il capitolo C, ha ammesso di aver fissato il proprio recapito) potesse avere di fatto trasferito la propria attività professionale presso i locali del diverso edificio di via (OMISSIS) , non è incompatibile con la veridicità dell'attestazione resa dall'agente postale, di avere immesso l'avviso nell'unica cassetta postale esistente nello stabile di via (OMISSIS) in cui aveva sede la società Romea, considerato che l'unicità della cassetta postale lasciava ragionevolmente presumere che il suo titolare fosse il soggetto incaricato di ricevere la corrispondenza destinata ai soggetti che avevano recapito in quel luogo.
Non sussistono, pertanto, i vizi di motivazione denunciati con i motivi in esame.
3) Il terzo e quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono privi di fondamento.
Nel dare atto che risulta documentalmente provato, attraverso i certificati della C.C.I.A.A., che all'epoca della notifica del decreto ingiuntivo la società Romea aveva la propria sede legale in via (OMISSIS) , la Corte di Appello ha accertato che, in concreto, tale sede non era mai stata abbandonata, ma continuava a rappresentare un luogo riferibile all'opponente. Essa ha rilevato, infatti, che l'atto di pignoramento promosso ad istanza del D.M. era stato tentato in via (OMISSIS) il 5-3-2001, e che nell'occasione l'ufficiale giudiziario aveva "rinvenuto" il rag. L..N. (cioè il professionista il cui nome era indicato nella targa esposta accanto alla cassetta postale del predetto stabile), il quale aveva dichiarato che in loco la debitrice non aveva alcun bene, "in quanto trattasi di sola sede legale, ai fini contabili, perciò solo domiciliatario", ed ha altresì evidenziato che lo stesso indirizzo di via (OMISSIS) era stato indicato nella nota di iscrizione a ruolo del procedimento di opposizione, predisposta a cura del difensore dell'opponente in data 9-6-2001.
Ciò posto e atteso che, nel caso di società di capitali, il mutamento della sede effettiva, quando la sede legale sia rimasta immodificata, non è opponibile ai terzi, salvo che non si provi che questi siano stati messi a conoscenza di tale circostanza, correttamente il giudice del gravame ha ritenuto valida la notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo, effettuata mediante il servizio postale, nelle forme previste dall'art. 8 della legge n. 890/1982, presso l'indicata sede legale di via (OMISSIS) .
La notifica a mezzo del servizio postale ai sensi del citato art. 8, infatti, presuppone che il luogo di residenza, dimora o domicilio del destinatario dell'atto sia stato esattamente individuato e che la copia da notificare non possa essere consegnata per mere difficoltà di ordine materiale, quali la momentanea assenza, l'incapacità o il rifiuto delle persone indicate nel precedente art. 139 c.p.c. (Cass. 22-5-2006 n. 12002; Cass. 16-7-2004 n. 13183).
L'art. 9 comma 4 della legge n. 890 del 1982, al contrario, nello stabilire che in caso di irreperibilità del destinatario, l'avviso di ricevimento con la relativa annotazione deve essere subito restituito, unitamente al piego, al destinatario, postula che l'esecuzione della notificazione nelle forme ordinarie risulti impedita dall'irreperibilità del destinatario.
Nella specie, non vi era spazio per l'applicazione di tale ultima norma, in quanto l'indirizzo presso il quale è stata eseguita la notificazione corrispondeva alla sede legale della società destinataria, che quest'ultima non aveva affatto abbandonato, e vi è prova di un effettivo collegamento tra l'intestatario della cassetta in cui è stato immesso l'avviso e la **.
E invero, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non esistendo per legge l'obbligo per le persone fisiche o giuridiche di indicare il loro nominativo sulle cassette postali dei luoghi della loro abitazione o sede, l'agente postale non poteva desumere dalla mera mancanza di indicazione del nome della società ** dall'unica cassetta di corrispondenza dello stabile in cui era posta la sede legale di detta società che quest'ultima avesse trasferito altrove la propria sede e predisporre, conseguentemente, una relazione negativa.
Esso, al contrario, stante l'impossibilità di consegnare il piego al destinatario o a persona abilitata alla ricezione, ha ritualmente proceduto, ai sensi dell'art. 8, al deposito della copia dell'atto presso l'ufficio postale e all'immissione dell'avviso nella predetta cassetta, la cui unicità lasciava presumere la sua riferibilità alla predetta società, di fatto confermata dalle dichiarazioni rese nel verbale di pignoramento del 5-3-2001 dal rag. L..N. , il cui nome era indicato nella targa esposta accanto alla stessa cassetta.
4) L'acclarata ritualità della notifica del decreto ingiuntivo comporta l'assorbimento degli altri motivi di ricorso, diretti a sostenere la legittimità e fondatezza nel merito della proposta opposizione tardiva a decreto ingiuntivo.
5) Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dal resistente nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.