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Motivi ostativi MAE, tocca alla difesa (Cass. 10119/24)

8 marzo 2024, Cassazione penale

E' onere della parte interessata fornire alla Corte di Appello gli elementi specifici e debitamente aggiornati in ordine al rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti inumani e degradanti al fine di stimolare eventuali iniziative istruttorie da parte del giudice dwl merito: i giudici di merito sono tenuti a compiere quell'accertamento anche prescindendo da puntuali allegazioni difensive, solamente laddove le gravi situazioni sistemiche delle condizioni carcerarie di un determinato Stato membro costituiscano fatto notorio ovvero abbiano costituito oggetto di recenti pronunce in sede di legittimità.

 

 

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

Sent., (data ud. 07/03/2024) 08/03/2024, n. 10119

sul ricorso proposto da:

A.A., nato in R il (Omissis);

avverso la sentenza del 30/01/2024 della Corte di appello di Firenze;

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Giuseppe Riccardi, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità/il rigetto del ricorso;

udito l'Avv. LM, difensore del ricorrente, che ha concluso chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di Appello di Firenze dichiarava sussistenti le condizioni per l'accoglimento della richiesta di consegna di cui al mandato di arresto europeo esecutivo emesso il 28 settembre 2022 dall'autorità giudiziaria rumena nei confronti di A.A. - tratto in arresto in Italia il 9 agosto 2023 e, in seguito, sottoposto alla misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria - in quanto condannato con due sentenze definitive del 7 aprile 2020 e del 12 dicembre 2018 in relazione rispettivamente ai reati di guida senza patente, di possesso di un ciclomotore privo di immatricolazione e non registrato, e di disturbo alla quiete pubblica mediante aggressione e minaccia: reati per i quali era stata disposta dalla Pretura di Giurgiu l'unificazione delle pene con la determinazione finale di quella di anni due di reclusione.

Precisava la Corte territoriale che la consegna doveva considerarsi disposta esclusivamente in relazione al primo e al terzo dei sopra indicati reati, per i quali vi è corrispondenza con analoghi illeciti penali previsti nell'ordinamento italiano; e che non vi era alcuna delle condizioni, previste dagli artt. 18 e 18-bis della legge n. 69 del 2005, ostative alla consegna.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il A.A., con atto sottoscritto dal suo difensore, il quale ha dedotto i seguenti motivi.

2.1. Violazione di legge, in relazione all'art. 2 legge n. 69 del 2005, per avere la Corte di Appello di Firenze omesso di verificare quali sarebbero le condizioni del trattamento detentivo individuale cui sarebbe sottoposto il A.A. in caso di consegna: tenuto conto che in passato si è verificato che le condizioni di detenzione delle carceri rumene non garantiscono standard tali da assicurare il rispetto dei diritti fondamentali della persona, con specifico riferimento alle dimensioni e allo stato fatiscente delle celle, al limitato accesso in luoghi aperti, al sovraffollamento in quegli istituti, nonché al rischio per i detenuti di essere sottoposti a maltrattamenti da parte del personale addetto.

2.2. Violazione di legge, in relazione all'art. 7 legge n. 69 del 2005, per avere la Corte territoriale disatteso l'eccezione difensiva in ordine al mancato rispetto del requisito della doppia punibilità con riferimento all'illecito di guida di un veicolo senza patente, che solo nell'ordinamento rumeno, e non anche in quello italiano, è ritenuto integrante gli estremi di un reato.

2.3. Violazione di legge, in relazione all'art. 18-bis legge n. 69 del 2005, per avere la Corte distrettuale omesso di accertare la possibilità che il A.A., dimorante stabilmente in Italia da più di cinque anni, dove lavora regolarmente, possa scontare la pena detentiva inflittagli in un istituto di detenzione italiano.

Motivi della decisione

1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse di Ionut A.A. vada rigettato.

2. Il primo motivo del ricorso è infondato, perché formulato con finalità meramente esplorative, avendo la difesa del ricorrente omesso di sollecitare alla Corte territoriale lo svolgimento di specifiche attività istruttorie ovvero l'acquisizione di documentazione integrativa con riferimento al trattamento carcerario al quale il prevenuto sarà sottoposto.

Ed infatti, la legge n. 69 del 2005, come modificata dall'art. 18, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, non solamente ha limitato i motivi del ricorso in cassazione avverso il provvedimento che decide sulla consegna ai casi di difetto di giurisdizione e di violazione di legge, di cui all'art. 606, comma 1, lett. a), b), e c), cod, proc. pen., escludendo la possibilità di dedurre il vizio di motivazione; ma soprattutto ha eliminato la possibilità di impugnare "anche per il merito" la decisione della Corte di appello sulla consegna dell'interessato, dunque di domandare al Supremo Collegio di sostituirsi nel compimento di quelle verifiche che restano riservate alla Corte distrettuale.

In tale ottica, questo Collegio non ha ragione per disattendere l'orientamento giurisprudenziale in base al quale si è sottolineato come, proprio in considerazione dei limiti di ammissibilità del ricorso, correlati al bisogno che il giudizio di legittimità si risolva in un sollecito controllo di legalità del provvedimento senza possibilità di accedere ad una delibazione del merito, sia onere della parte interessata fornire elementi specifici e debitamente aggiornati in ordine al rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti inumani e degradanti, così da indurre, se necessario, l'adozione di eventuali iniziative istruttorie da parte della Corte di appello (così, tra le molte, Sez. 6, n. 29008 del 20/07/2022, Saulea, non massimata; Sez. 6, n. 26318 del 08/07/2021, Mihai, non massimata; Sez. 6, n. 18126 del 06/05/2021, Scutari, Rv. 281305).

Non basta, dunque, che - come è accaduto nel caso di specie - con il ricorso per cassazione la difesa richiami per la prima volta e in forma alquanto indeterminata l'esistenza di pregresse criticità del sistema delle carceri in Romania e la presenza di un rischio di trattamenti disumani e degradanti ai sensi dell'art. 3 CEDU: tanto più ove si rilevi che, a seguito di aspetti di negatività in passato segnalati dalla Corte di Strasburgo, successivamente in Romania sono state adottate iniziative strutturali ed un Piano di azione generale per il quinquennio 2020-2025 già favorevolmente valutato dagli organi europei per le migliorie strutturali degli istituti penitenziari intervenute in quello Stato (in questo senso Sez. 6, n. 20030 del 19/05/2022, Sava, non mass.); circostanze, queste ultime, delle quali manca ogni riferimento nell'atto di impugnazione oggi in esame.

Né può sostenersi che la questione de qua potesse essere, comunque, posta con il ricorso per cassazione perché la stessa era rilevabile d'ufficio dalla Corte di appello.

Al riguardo, questa Corte di cassazione ha chiarito come ciò sia possibile, vale a dire che i giudici di merito sono tenuti a compiere quell'accertamento anche prescindendo da puntuali allegazioni difensive, solamente laddove le gravi situazioni sistemiche delle condizioni carcerarie di un determinato Stato membro costituiscano fatto notorio ovvero abbiano costituito oggetto di recenti pronunce in sede di legittimità (così, tra le molte, proprio con riferimento alle condizioni delle carceri rumene, Sez. 6, n. 46150 del 14/11/2023, Armasu, non mass.; Sez. F, n. 32363 del 26/08/2021, Burlui, non mass.): situazione che, come si è visto, non è configurabile nel caso di specie.

3. Le ragioni in diritto esposte nel punto che precede permettono di considerare inammissibile il terzo motivo del ricorso, con il quale la difesa ha posto per la prima volta, peraltro in forma molto generica, il problema della applicabilità nel caso del A.A. della disposizione dettata dall'art. 18-bis legge n. 69 del 2005, secondo la quale l'autorità giudiziaria italiana può rifiutare la consegna richiesta con un mandato di arresto europeo emesso a fini esecutivi laddove il consegnando sia legittimamente ed effettivamente residente o dimorante in via continuativa da almeno cinque anni nel territorio italiano, se può essere disposta l'esecuzione della pena, inflitta all'estero, in Italia conformemente al diritto interno.

Ed infatti, il predetto art. 18-bis stabilisce, al comma 2-bis, che la corte di appello debba compiere una serie di verifiche in ordine alla effettività della residenza o della dimora del consegnando nel territorio italiano, anche allo scopo di appurare se l'esecuzione della pena in Italia sia "in concreto idonea ad accrescerne le opportunità di reinserimento sociale": accertamenti in fatto che non risultano essere stati sollecitati al giudice di merito e che, per gli argomenti innanzi esposti, non possono essere richiesti per la prima volta nel corso del giudizio di legittimità.

4. Il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato.

Costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione il principio secondo il quale, in tema di mandato di arresto europeo, per la sussistenza del requisito della doppia punibilità di cui all'art. 7 della legge n. 69 del 2005, è necessario che l'ordinamento italiano contempli astrattamente come reato, al momento della decisione sulla domanda dello Stato di emissione, il medesimo fatto per il quale la consegna è richiesta: regula iuris enunciata con riferimento ad una fattispecie relativa ad una consegna richiesta per il reato di guida senza patente, che nell'ordinamento italiano è stato sì depenalizzato ai sensi del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, salvo che non si accerti la sussistenza della recidiva nel biennio che è l'unica ipotesi tuttora costituente reato (in questo senso Sez. 6, n. 3178 del 26/01/2022, Balus, Rv. 282748; Sez. 6, n. 5749 del 09/02/2016, Caldaras, Rv. 266039).

Di tale principio la Corte di appello di Firenze ha fatto corretta applicazione, rilevando come il A.A. fosse stato condannato dall'autorità giudiziaria rumena per il reato di guida senza patente di un veicolo accertato nel settembre 2017, ma dopo avere commesso analogo reato appena tre mesi prima: situazione nella quale in Italia sarebbe stata astrattamente contestabile la recidiva nel biennio, che avrebbe permesso di considerare penalmente rilevante l'analoga condotta se commessa in Italia, giusta la previsione dell'art. 116, comma 15, cod. strada.

5. Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Alla cancelleria vanno demandati per gli adempimenti comunicativi di legge.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Conclusione
Così deciso in Roma il 7 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria l'8 marzo 2024.